Edith Stein

esempio di libertà spirituale - 2

Sr Licinia Faresin

 

 

 

Edith lavorò alla sua tesi di laurea sul "Problema dell'Empatia", concentrandosi sul soggetto. Col termine "Empatia" si traduce il tedesco "Einfulung", e viene così spiegato dalla stessa Edith: "E' una esperienza sui generis, l'esperienza dello stato di coscienza altrui in generale... l'esperienza che un io in generale ha di un altro io a questo simile".

Rispetto ad un altro studioso dello stesso problema, Theodor Lipps, il quale sostiene che può darsi una perfetta coincidenza fra l'io originano e l'io afferrato nell'Empatia, Edith si trova in una posizione discordante. Sostiene infatti che un'empatia perfetta in questo senso non è possibile. Se si può dare una certa partecipazione allo stato d'animo dell'altro, questo non significa che si possa coglierne perfettamente la situazione, gli impulsi e le motivazioni.

Se l'altro, con il quale il soggetto realizza un contatto, è persona spirituale, comprenderlo significa per Edith penetrare in quel mondo dei valori che costituisce il più intimo fondamento del suo essere. Per questo può bastare un solo gesto, un solo movimento, una sola parola, perché tutto è caratterizzato dalla personalità.

Nel saggio "Causalità psichica" la Stein, che ha appreso dal suo maestro Husserl la fenomenologia come scienza della coscienza, sostiene l'autonomia, e quindi il carattere personale della forza vitale spirituale di ciascuno. Infatti non tutti si aprono a determinati valori con il medesimo slancio e con la medesima capacità recettiva.

Esistono perfino dei fenomeni "unici", come sono quelli del santo e del mistico. Questo saggio risale all'epoca della conversione, ed è qui che Edith, attingendo alla propria esperienza, scrive una celebre pagina sullo "stato di riposo in Dio" che rigenera profondamente la persona.

Si sente qui vibrare l'accento di chi, avendo percepito interiormente una presenza misteriosa, l'azione proveniente dalla forza superiore di Dio, si abbandona liberamente ad un sentimento di intima sicurezza e sperimenta un nuovo senso di libertà, una forza, una rinascita. Edith ha raggiunto così l'unità di vita tra il cammino intellettuale e il cammino religioso: "Esiste uno stato di riposo in Dio, di totale sospensione di ogni attività della mente, nel quale non si possono più tracciare piani, né prendere decisioni, e nemmeno far nulla, ma in cui, consegnato tutto il proprio avvenire alla volontà divina, ci si abbandona al proprio destino. Questo stato un poco io l'ho provato, in seguito a un'esperienza che, oltrepassando le mie forze, consumò totalmente le mie energie spirituali e mi tolse ogni possibilità di azione. Paragonato all'arresto di attività per mancanza di slancio vitale, il riposo in Dio è qualcosa di completamente nuovo e irriducibile. Prima, era il silenzio della morte. Al suo posto subentra un senso di intima sicurezza, di liberazione da tutto ciò che è preoccupazione, obbligo, responsabilità riguardo all'agire. E mentre mi abbandono a questo sentimento, a poco a poco una vita nuova comincia a colmarmi e - senza alcuna tensione della mia volontà - a spingermi verso nuove realizzazioni. Questo afflusso vitale sembra sgorgare da un'attività e da una forza che non è la mia e che, senza fare alla mia alcuna violenza, diventa attiva in me. Il solo presupposto necessario a una tale rinascita spirituale sembra essere quella capacità passiva di accoglienza che si trova al fondo della struttura della persona".

4 - Dalla centralità dell'io-coscienza alla centralità di Dio

Studiando la filosofia di San Tommaso d'Aquino, Edith Stein tracciava il confronto con la teoria fenomenologica di Husserl, e questo studio la portò a sviluppare il suo pensiero sempre più secondo prospettive e implicazioni di carattere religioso.

Scoprirà poco a poco che anche per San Tommaso il vero fondamento della conoscenza è l'incontro con la realtà creata, quindi con il mondo delle cose. Da tale fondamento l'intelligenza umana si eleva a comprendere la necessità di Dio creatore, e il cuore si apre all'accoglienza del suo mistero, che è l'amore infinito.

Nel suo cammino appassionato di ricerca della Verità, non le bastava più la teoria dell'essenza delle cose, per cui Husserl metteva l'essere delle cose stesse come "tra parentesi". Infatti secondo la Stein, l'essere è anteriore allo spirito che gli si pone dinanzi. Non accettava da Husserl una dottrina che pone una trascendenza senza Dio. Né andava d'accordo con Heidegger che puntava tutto sull'esistenza, come se quella potesse "spiegare se stessa" e costruire un sistema di certezze, annullando di fatto la trascendenza.

Cercò allora e trovò la chiarezza per una sua costruzione filosofica: mettere al punto di partenza l'essere che contiene in sé l'essenza, ma anche l'esistere concreto.

5 - "Essere finito ed Essere eterno"

Questo progetto di sintesi è stato attuato da Edith nella sua opera massima che, iniziata prima di entrare al Carmelo di Colonia, fu completata dopo la sua prima professione religiosa, per obbedienza ai suoi superiori. Si intitola: "Essere finito ed Essere eterno". E' un'opera nella quale i problemi della filosofia e i problemi della teologia si accordano.

Nella pace contemplativa della sua cella di carmelitana, Edith sperimenta personalmente cosa significa afferrare Dio nella fede, senza vederlo né possederlo, in quanto già ne siamo stati afferrati per grazia. Questa profonda "oscurità della fede" le fa intuire, al di là dei sensi e della ragione, la chiarezza di Dio verso il quale è incamminata.

E' l'esperienza della "notte", di cui tratta il dottore mistico San Giovanni della Croce. "Ma poiché il cammino nelle tenebre ci diventa difficile, ogni raggio di luce che scende nella notte, come un primo messaggero della chiarezza futura, costituisce un aiuto inestimabile per non smarrirsi. E anche la piccola luce della ragione naturale può rendere dei servizi apprezzabili".

Chiarita la funzione della filosofia, Edith Stein si interroga sull'essere dell'io, cioè l'essere finito, in relazione all'Essere eterno.

"Donde viene questo essere che la persona sperimenta come ricevuto? Il mio essere, per quanto riguarda il modo in cui lo trovo dato e per come vi ritrovo me stesso, è un essere inconsistente. Io non sono da me! Da me sono nulla, in ogni attimo mi trovo di fronte al nulla e devo ricevere in dono, attimo per attimo, nuovamente l'essere. Eppure questo essere inconsistente è essere, e io in ogni istante sono in contatto con la pienezza dell'essere.

Il divenire e il passare rivelano l'idea dell'essere vero, eternamente immutabile [...] In questo mio essere fugace colgo alcunché di duraturo. [...] E' la dolce beata sicurezza del bambino sorretto da un braccio robusto, sicurezza oggettivamente considerata, non meno ragionevole. O sarebbe ragionevole il bambino che vivesse con il timore continuo che la madre lo lasciasse cadere?...

Dio, per bocca dei profeti, mi dice che mi è più fedele del padre e della madre, che egli è lo stesso amore, allora riconosco quanto sia ragionevole la mia fiducia nel braccio che mi sostiene e quanto sia stolto ogni timore di cadere nel nulla, a meno che non mi stacchi io stesso dal braccio che mi sorregge".

Nel trattare dell'immagine della Trinità nella creazione, verso la fine dell'opera, Edith, già carmelitana professa, parla dell'anima nella quale l'io personale è di casa, come di uno spazio al centro di quella totalità che è composta dal corpo, dalla psiche e dallo spirito.

"L'anima in quanto 'castello interiore', come l'ha chiarito la nostra S. Teresa d'Avila, non è puntiforme come l'io puro, ma è uno spazio, un castello con molte abitazioni, dove l'io si può muovere liberamente, andando ora verso l'esterno, ora ritirandosi sempre più verso l'interno. [...] L'anima non può vivere senza ricevere. Essa si nutre infatti dei contenuti che accoglie spiritualmente, vivendoli".

 

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