GERALD O'COLLINS

EDWARD G. FARRUGIA

 

 

D I Z I O N A R I O

S I N T E T I C O

D I T E O L O G I A

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G

Gallicanesimo. (inizio)

Si tratta di un movimento che durò a lungo in Francia, ma che riscontrò tendenze analoghe in altri paesi. Esso rivendicava una forte indipendenza dal papato. La forma classica in cui venne espresso si trova nei Quattro Articoli Gallicani:

a) essi furono redatti dal vescovo di Meaux, Jacques-Bénigne Bossuet (1627-1704) ed approvati da un'assemblea del clero di Parigi nel 1682;

b) fra le altre cose, si affermava che i concili generali avevano un'autorità superiore a quella del papa (DS 2281-2285).

Sebbene questi articoli siano stati revocati dal re Luigi XIV e dal clero nel 1693, la loro influenza continuò nel XIX secolo finché un papato energico e l'insegnamento del Concilio Vaticano I posero fine al Gallicanesimo. Cf Conciliarismo; Concilio di Costanza; Concilio Vaticano I; Febronianesimo.

Generazione. (inizio)

Si tratta dell'insegnamento del Concilio di Nicea (325) (" generato, non creato ") circa il modo con cui il Figlio ha origine da tutta l'eternità dal Padre senza essere da lui creato (cf DS 125; FCC 0.503) Cf Arianesimo; Concilio di Nicea I; Omooùsios.

Genere letterario. (inizio)

È uno stile o una forma particolare di scrivere. Può essere più breve (come un salmo di lamentazione o una parabola dei Vangeli), o più lungo (come un Vangelo o una omelia di un Padre della Chiesa). Un genere letterario va interpretato secondo quelle norme comuni che reggono questa forma di scritto e ne fanno un genere che si distingue dagli altri. Cf Esegesi; Ermeneutica.

Geova. (inizio)

Un nome ibrido per indicare Dio. Fu forgiato al tempo del Rinascimento col fondere due parole ebraiche per designare Dio: le consonanti provenienti dal nome sacro JHVH o YHWH, e le vocali di Adonài (" Signore ") con l'iniziale "a" cambiata per ragioni eufoniche in una " e ". Cf Iahvè.

Gerarchia (Gr. " origine sacra ", " ordine "). (inizio)

Principio di ordine che regge l'universo, gli angeli, la società umana e la Chiesa. Lo Pseudo-Dionigi (V o VI secolo) ha reso popolare il concetto di una gerarchia tra gli angeli. Mediante l'Ordine sacro (gerarchia di ordine), la Chiesa comprende i gradi di vescovi, presbiteri e diaconi (cf CIC 330-572). Nella gerarchia di giurisdizione, l'autorità spetta al papa e ai vescovi; le altre forme di governo della Chiesa derivano da essi (cf CIC 1008-1054). L'unione gerarchica tra il papa e i vescovi e tra un vescovo e i suoi presbiteri viene espressa attraverso la collegialità (cf DS 1767-1770; FCC 9.291-9.295; LG 18-29). Il concetto di gerarchia con le tre classi di vescovi, presbiteri e diaconi, la cui autorità non proviene dalla base, distingue la Chiesa Cattolica e quelle Ortodosse dai Protestanti (cf anche DS 2595). Nel linguaggio popolare, per " gerarchia " si intendono solo il papa e i vescovi. Cf Collegialità; Cori degli angeli; Episcopato; Ordine; Ordinazione; Vescovo.

Gerarchia delle verità. (inizio)

È un principio per interpretare (non per selezionare) le verità di fede in base alla loro vicinanza al mistero centrale della fede: la rivelazione della Trinità portata da Cristo e mediante cui siamo salvi nello Spirito. Enunciato chiaramente dal Concilio Vaticano II (UR 11), questo principio ha dei precedenti biblici, in particolare quando il NT stabilisce sinteticamente i punti essenziali della fede (per es., Rm 1,3-4; 1 Cor 15,3-5). Tutte le verità vanno credute, è ovvio, ma il fatto di classificare e di interpretare queste verità secondo la loro relativa importanza può eliminare false sottolineature e facilitare il dialogo ecumenico (cf DS 3016; FCC 1.081) Cf Analogia della fede; Dialogo; Dogma; Ecumenismo; Fede; Professione di fede; Rivelazione.

Gerusalemme (Ebr. " città " di pace "). (inizio)

La città del re e sacerdote Melchisedech il quale benedisse Abramo (Gn 14,18-20). Situata in una posizione strategica sul Monte Sion e sulle colline circostanti, Gerusalemme fu una roccaforte della resistenza dei Gebusèi contro l'invasione degli Israeliti. Verso il 1000 a.C., Davide espugnò la città e ne fece la capitale del Regno di Giuda (2 Sam 5,6-7). Salomone vi costruì un " tempio grandioso " (1 Re 6,1-38), e Gerusalemme fu esaltata come la Città di Dio (Sal 48; 87). È, però, probabile che Salomone non abbia fatto altro che trasformare un santuario già esistente dei Gebusèi in una specie di cappella regale. Dopo la caduta nel 586 a.C. (2 Re 24-25), Gerusalemme divenne la patria verso cui sospiravano gli esiliati (Sal 137). Quando ritornarono, ricostruirono il Tempio (Cf Esd 3,1-13; 4,246,22). Dopo la presa della città per opera dei Romani nel 64 a.C., Erode il Grande (che regnò dal 37 al 4 a.C.) costruì un Tempio ancora più maestoso. Gesù fanciullo visitò Gerusalemme e il suo Tempio (Lc 2, 22-38.41-50). Pianse sopra Gerusalemme (Lc 19, 41-44) e ivi morì crocifisso. I Romani distrussero la città nel 70 d.C. Al tempo della rivolta di Bar Kocheba (132-135 d.C.), ricostruirono Gerusalemme chiamandola Aelia Capitolina e proibirono agli Ebrei di ritornarvi sotto pena di morte. Gerusalemme è la Chiesa Madre e il luogo più importante di pellegrinaggio per tutti i cristiani. Fu riconosciuta come Patriarcato dal Concilio di Calcedonia (451). In Gerusalemme, la chiesa del Santo Sepolcro che abbraccia sia la tomba di Cristo sia il luogo del Calvario, manifesta le divisioni attuali dei cristiani e ha sei gruppi separati di cristiani che l'occupano: i Cattolici latini, i Greci Ortodossi, gli Armeni, i Siri, i Copti e gli Etiopici. Ci sono oggi tre patriarchi a Gerusalemme: quello Greco Ortodosso, quello Apostolico Armeno (= Ortodosso Orientale) e quello Latino. La " nuova " e " santa " città di Gerusalemme sarà la patria finale di tutti i beati (Gal 4,25-26; Ap 3,12; 21,2.10). Cf Concilio di Calcedonia; Chiese Orientali; Pentarchìa; Tempio (Il).

Gesù Cristo (Ebr. " Dio salva " e Gr. " l'Unto). (inizio)

Nato circa nel 76 a.C. e crocifisso circa nel 30 d.C., fondatore del cristianesimo e confessato come una Persona divina (il Figlio di Dio) in due nature (essendo veramente e pienamente divino e umano). Una sintesi storica di Gesù comprende almeno questi dati: fu un Ebreo della Galilea, discendente di Davide, figlio di una donna chiamata Maria che era sposata a Giuseppe che faceva il carpentiere. Dopo essere stato battezzato da Giovanni, Gesù predicò il Regno di Dio, frequentò in particolare i peccatori pubblici e altri emarginati, chiamò alcuni discepoli alla sua sequela, scelse un gruppo di dodici, compì miracoli e narrò alcune parabole famose. La sua critica a certe forme di pietà (Mt 6,1-18), il suo desiderio di correggere certe tradizioni (Mc 7,1-23), la sua trasgressione di certe osservanze sabbatiche (Mc 2,23-27), il suo atteggiamento nei riguardi del Tempio di Gerusalemme (Mc 14,58; 15,29), il suo appellarsi all'autorità divina nel cambiare la legge (Mc 10,2-12; Mt 5,21-48) e nel rimettere i peccati (Mc 2,17; Lc 7,48) e il suo comportamento di intima familiarità con Dio suscitò la reazione di alcuni capi e maestri Giudei. A Gerusalemme (dove istituì una nuova alleanza con Dio nel contesto della celebrazione pasquale), fu tradito, arrestato, interrogato dai membri del Sinedrio, condannato da Ponzio Pilato, messo a morte su una croce (che portava la motivazione scritta della sua condanna: un sedicente messia) e fu sepolto lo stesso giorno. Pochi giorni dopo, egli apparve gloriosamente vivo a molti individui e a gruppi. Maria Maddalena (Gv 20,1-2), probabilmente accompagnata da altre donne (Mc 16,1-8), trovò la tomba aperta e vuota. Con la forza dello Spirito, una comunità di discepoli si raccolse attorno a Pietro e ai Dodici per riconoscere e proclamare il risorto e glorificato Gesù come Cristo (o Messia), Salvatore, Signore divino e Figlio di Dio. Cf Abbà; Communicatio idiomatum; Concilio di Calcedonia; Cristologia; Enipostasi; Kyrios; Lògos; Messia; Pasqua ebraica; Preghiera di Gesù; Soteriologia; Unione ipostatica; Teologia Trinitaria.

Gesù storico. (inizio)

Il Gesù terrestre come è conosciuto attraverso una ricerca " puramente " storica senza ricorrere alla fede. Spesso il " Gesù storico " è stato contrapposto al " Cristo del kèrigma ", o " Cristo della fede " (= il Cristo in cui si crede e che viene predicato dalla Chiesa). Oggi, si è generalmente d'accordo nel ritenere impossibile scrivere una " vita " genuina di Gesù. Però, un consenso con basi serie difende molte conclusioni storiche intorno a Gesù: il fatto che era Ebreo, che annunciò il Regno, che compì miracoli, che narrò parabole e che fu crocifisso a Gerusalemme sotto Ponzio Pilato. La sfida reale al problema del Gesù storico viene, comunque, da questa domanda: È realmente possibile costruire uno studio puramente critico su Gesù che consideri unicamente i fatti e rifiuti di valutarli teologicamente? Cf Cristo della fede; Cristologia.

Giacobiti. (inizio)

Cf Chiesa Ortodossa Siriana.

Giansenismo. (inizio)

Movimento teologico e spirituale, caratterizzato dal rigorismo morale e dal pessimismo sulla condizione umana. Il suo nome gli viene da Cornelio Otto Jansen (Giansenio) (1585-1638). Questi fu ordinato vescovo di Ypres, in Belgio, nel 1636. Con il suo amico Jean Duvergier di Hauranne, abate di san Cirano (1581-1643), Giansenio volle incoraggiare una riforma autentica della dottrina e della morale cattolica. Siccome il Protestantesimo si richiamava spesso a sant'Agostino di Ippona (354-430), Giansenio studiò a fondo i suoi scritti, specialmente quelli diretti contro Pelagio. Nella sua opera postuma Augustinus (1640), tra gli altri punti Giansenio sostenne che la grazia di Dio determina irresistibilmente le nostre libere scelte, e senza una grazia speciale è impossibile osservare i comandamenti. Cinque proposizioni tolte dall'Augustinus di Giansenio furono condannate nel 1653 (DS 2001-2005; FCC 8.136-8.140), nel 1656 (DS 2010-2013; FCC 8.143-8.145) e nel 1690 (DS 2301-2332). Nonostante l'insistenza sulla forza della grazia di Dio, i Giansenisti predicavano e praticavano una moralità rigorosa ed un approccio scrupoloso alla recezione dei sacramenti. Cf Agostinianismo; Determinismo; Grazia; Libertà; Pelagianesimo; Riforma (La).

Giovanni. (inizio)

Cf Teologia giovannea.

Giudaismo. (inizio)

Religione dei Giudei, popolo che discende da Abramo, e che fu liberato dall'Egitto e scelto unicamente da Dio (Rm 9-11). Divenne strettamente e chiaramente monoteista al tempo dell'esilio di Babilonia (587-538 a.C.). Dopo aver subito per vari secoli la dominazione straniera e la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C., i Giudei perdettero la loro terra con la rivolta di Bar Kocheba (132-135) e la riebbero solo nel 1948 con la fondazione dello Stato d'Israele. L'identità religiosa e culturale del giudaismo fu conservata attraverso la Bibbia giudaica, il Sabato, la circoncisione e la fedele osservanza della legge mosaica e della dottrina tradizionale. Il Concilio Vaticano II sottolineò la comune storia religiosa che lega insieme Giudei e cristiani e che viene ricordata nell'AT (cf NA 4; LG 9). Cf Antico Testamento; Diàspora; Ebrei; Haggadah; Monoteismo; Olocausto; Sabato; Shemà; Sinagoga.

Giudeo, giudaico. (inizio)

Uno che discende dagli Ebrei eo la cui religione è il giudaismo. Secondo una legge decretata nel 1962 dallo Stato d'Israele, giudeo è colui che è nato da una madre giudea o che si è convertito al giudaismo. Cf Ebrei; Giudaismo.

Giudizio universale. (inizio)

Si crede che Cristo verrà di nuovo alla fine dei tempi a giudicare i vivi e i morti (cf DS 10, 13-14, 76, 150; FCC 0.509, 0.514, 5.004). I profeti dell'AT annunciano la venuta del " Giorno del Signore "; sarà allora manifestata la volontà di Dio, le nazioni saranno giudicate e saranno elargite benedizioni in abbondanza (Is 2,6-22; Ger 17,16-18; Gl 2,283-21; Am 5,18-20). Sviluppando spesso le immagini dell'AT, i Vangeli sinottici parlano del grano che alla fine sarà separato dalla pula (Lc 3,17), della zizzania che sarà bruciata mentre il grano sarà riposto nel granaio (Mt 13,24-30.36-43), dei pesci buoni che saranno raccolti mentre saranno buttati via quelli cattivi (Mt 13,47-50). Pure affermando un giudizio futuro (Gv 5,28-29), il Vangelo di Giovanni sottolinea anche come il giudizio avviene già nel presente quando qui ed ora si crede o si rifiuta di credere nel Cristo (Gv 3,18-19). Il Concilio di Firenze ha insegnato che, oltre ad un giudizio universale alla fine dei tempi, c'è anche un giudizio particolare per i singoli immediatamente dopo la morte (cf DS 1304-1306; FCC 0.022-0.024). Tuttavia, data la natura sociale degli esseri umani e la loro redenzione, il giudizio universale alla fine dei tempi rimane fondamentale. Cf Avvento; Eschata; Parusìa; Teologia giovannea.

Giurisdizione (Lat. " Giudizio che riguarda ciò che è legale "). (inizio)

L'autorità legale di giudicare ciò che è retto e ciò che non lo è e di agire conseguentemente. Nella legge canonica, " giurisdizione " significa il diritto e il dovere di governare all'interno della Chiesa. L'autorità va intesa come propriamente pastorale e va esercitata con umiltà e amore (Gv 2,15-17; 1 Pt 5,1-4). Pure essendo ordinati, i " chierici " hanno, però, bisogno generalmente di ricevere la facoltà prima di esercitare il loro ministero: per es., prima di udire le confessioni (cf CIC 966, 967). I parroci hanno un'autorità ordinaria delegata dal loro vescovo e possono delegare il diritto di battezzare e di benedire i matrimoni ad altri presbiteri e diaconi. Quelli che sono stati ordinati possono ricevere una giurisdizione; i laici possono collaborare nell'esercizio della stessa giurisdizione: per es., come giudici in tribunale (CIC 274, 129). Cf Clero; Ordine.

Giuseppinismo. (inizio)

Un tentativo dello Stato di diventate sovrano nelle cose ecclesiastiche, ispirato dall'Illuminismo e adottato da Giuseppe II d'Austria (Imperatore del Sacro Romano Impero dal 1765 al 1790). Questi, per le sue interferenze in materie ecclesiastiche, fu soprannominato " l'Imperatore Sacrestano ". Col suo Editto di Tolleranza del 1781, furono soppressi gli Ordini religiosi contemplativi, ridotti i pellegrinaggi, e la giurisdizione sui benefici e sulle proprietà della Chiesa fu trasferita dal papa allo Stato. Sebbene in punto di morte Giuseppe II abbia ufficialmente revocato una parte di questa legislazione, il Giuseppinismo fu ufficialmente abolito soltanto nel 1850. Cf Chiesa e Stato; Illuminismo; Febronianismo; Gallicanesimo; Illuminismo.

Giustificazione. (inizio)

Il dono salvifico di integrità che rende gli esseri umani accetti a Dio. La rettitudine proviene dalla fede in Cristo (Rm 1,17; 9,30-31) e non dalle opere della legge (Rm 3,28; Gal 2,16). I Luterani hanno enfatizzato il giudizio giustificante di Dio su coloro che hanno peccato (Rm 3,9-12.23), mentre i Cattolici (e gli Ortodossi) hanno illustrato la grazia ricevuta che effettivamente trasforma i peccatori per opera dello Spirito Santo (Rm 5,5; 6,4; 2 Cor 5,17; DS 1580-1581; FCC 8.113-8.114). I due approcci, sebbene siano stati visti spesso come escludentisi reciprocamente, possono essere intesi come complementari e non come contraddicenti l'uno all'altro. Cf Deificazione; Fede e Opere; Grazia; Imputazione; Luteranesimo; Opere buone; Santificazione.

Giustizia. (inizio)

La caratteristica di rettitudine e di imparzialità di un buon giudice. Nell'AT, la giustizia di Dio è spesso sinonimo di fedeltà divina e di amore saldo (Mi 7,8-20), ed è strettamente collegata con la misericordia (Sir 35,11-24). Il re messianico manifesterà giustizia e sapienza (Is 11,3-5; At 7,52). La giustizia di Dio si rivela nella salvezza elargita a coloro che credono in Gesù Cristo (Rm 3,1-26) e che conducono una vita irreprensibile (Mt 5,6). La tradizione cristiana chiama la giustizia, insieme alla prudenza, alla temperanza e alla fortezza, una delle quattro virtù cardinali (Lat. " cardine "), perché un comportamento umano retto pratica queste virtù. Il papa Giovanni Paolo II, nella sua Enciclica Sollicitudo rei socialis (1987) ha evidenziato il male collettivo e le strutture di peccato che ostacolano la realizzazione della giustizia sociale, sia nazionale che internazionale. Cf Dottrina sociale; Opzione per i poveri; Teologia della liberazione; Virtù cardinali.

Giustizia originale. (inizio)

La situazione privilegiata dei primi esseri umani prima che cadessero nel peccato. Intesa per secoli come un periodo storico di tempo, questa giustizia originale va meglio intesa come un modo di parlare della nostra bontà in quanto creata e santificata da Dio (Gn 1,26-31). Fino a tempi recenti, i teologi hanno elaborato un intero elenco di doni " preternaturali " o speciali che si ritenevano essere stati elargiti ad Adamo ed Eva. Cf Adamo; Caduta (La); Concupiscenza; Doni preternaturali; Eva; Grazia; Peccato originale.

Gloria (Lat. " gloria "). (inizio)

Inno molto antico ispirato dal canto degli angeli quando nacque Cristo (Lc 2,14). Nella Messa latina, viene recitato o cantato nelle solennità, domeniche (eccetto in Avvento e in Quaresima) e feste. In Oriente, fa parte delle preghiere del mattino. Cf Avvento; Domenica; Festa; Quaresima.

Gloria di Dio. (inizio)

Nell'AT, si chiama così la manifestazione radiante e maestosa della presenza di Dio (Es 33,8-23). Con l'Incarnazione, la gloria del Figlio di Dio è già stata rivelata in questa vita (Gv 1,14), una gloria che ha raggiunto la sua pienezza nella sua morte e risurrezione (Gv 17,1.4-5). Come gli angeli (Lc 2,14), anche gli uomini sono chiamati a dare gloria e lode a Dio (Lc 17,18; At 12,23). Cf Dossologia; Doxa; Epifania; Grazia.

Glossolalia (Gr. " parlare in lingue "). (inizio)

Suoni spezzati e incomprensibili di coloro che hanno questo carisma dello Spirito Santo nel lodare e nel pregare Dio (1 Cor 12,10.28.30; 13,1.8; 14,1-27; cf Rm 8, 26). L'ispirazione profetica, un carisma più profondo e più utile, può interpretare per gli altri questi suoni. Nell'interpretare il fenomeno delle lingue come un miracolo che permetteva di parlare lingue straniere (At 2,4; cf Mc 16,7), san Luca si riferisce anch'egli alla glossolalia in un modo che assomiglia a quanto sappiamo da san Paolo nella prima lettera ai Corinzi (At 10,46; 19,6). Cf Carismi; Pentecoste; Pentecostali; Profeta; Spirito Santo.

Gnosi (Gr. " conoscenza "). (inizio)

È un modo di descrivere la vita eterna (Gv 17,3). Questa conoscenza vitale del Padre e del Figlio non è una pura percezione intellettuale delle cose, ma sorge da una relazione personale profonda (Gv 10,14-15; 14,9). Per san Paolo, la conoscenza è imperfetta e addirittura inutile se non è animata dall'amore (1 Cor 13,2.9.12).

Gnosticismo. (inizio)

Movimento religioso dualistico, il quale

a) attingeva dall'ebraismo, dal cristianesimo e dal paganesimo;

b) emerse con chiarezza nel II secolo;

c) presentava la salvezza come un complesso di elementi spirituali liberi dalla materia ambientale malvagia.

Gli gnostici cristiani negavano l'incarnazione reale di Cristo e la salus carnis (Lat. " salvezza della carne ") da lui realizzata. Rifiutavano (o modificavano) la tradizione e le scritture sulle linee portanti del cristianesimo, vantavano una conoscenza privilegiata (di Dio e della nostra sorte umana) come frutto di tradizioni segrete e di rivelazioni. Gli scrittori ortodossi cristiani, specialmente sant'Ireneo (circa 130 - circa 200) ci forniscono molte informazioni sullo gnosticismo. Una conoscenza diretta più profonda di questo movimento fu possibile dopo il 1945, quando cinquantadue scritti che trattavano dello Gnosticismo, in lingua copta e del IV secolo dopo Cristo, furono trovati a Nag Hammadi (Egitto). Cf Albigeismo; Bogomili; Demiurgo; Dualismo; Manicheismo; Regola di fede; Valentiniani.

Grazia (Lat. " favore "). (inizio)

Qualsiasi dono non dovuto o aiuto concesso da Dio liberamente e per amore, ma soprattutto il dono massimo e fondamentale di essere salvi in Cristo mediante la fede (Rm 3,21-26; 4,13-16.25; Ef 2,5-8). Dio desidera elargire questa grazia a tutti gli uomini (1 Tm 2,4-6). La pienezza di grazia di Cristo (Gv 1,16-17) ci reca una nuova nascita (Gv 1,13; 3,3; 1 Pt 1,3-5), e il dono dello Spirito Santo (Rm 5,5), ci rende figli adottivi di Dio (Rm 8,14-16) e membra del Corpo di Cristo (1 Cor 12,27). L'autocomunicazione di Dio (chiamata spesso grazia increata) significa la deificazione della vita umana e innalza ad un livello nuovo e non dovuto il rapporto della creatura verso il Creatore, trasformando così la natura umana (= grazia creata) e anticipando la vita futura del paradiso. Fin dalle origini, i cristiani hanno riconosciuto il ruolo speciale dei sacramenti nella vita di grazia. Per esempio, è mediante la grazia del battesimo che i nostri peccati sono perdonati e che noi veniamo giustificati e santificati (1 Cor 6,9-11). Cf Adozione a figli di Dio; Cielo; Deificazione; Doni dello Spirito Santo; Esistenziale, soprannaturale; Fede; Giustificazione; Pelagianesimo; Sacramento; Santificazione; Sistemi della grazia; Visione beatifica.

Grazia abituale. (inizio)

Termine che indica la vita nuova in Cristo recata dalla grazia (increata). È chiamata spesso grazia santificante perché è lo stato di chi è fondamentalmente santificato ossia reso santo dallo Spirito Santo. Distinta dalla grazia abituale, si ha la grazia attuale: questa è l'effetto dello Spirito Santo che viene incontro ad una necessità particolare o sostiene un'azione specifica. Cf Abito; Santità; Spirito Santo.

Grazia efficace. (inizio)

Qualsiasi grazia offerta da Dio e che venga liberamente accettata. Quando gli uomini rifiutano questa grazia che viene loro offerta, la grazia si chiama (puramente) sufficiente.

Gregoriano. (inizio)

Cf Canto gregoriano.

Guerra giusta. (inizio)

È una guerra che può essere considerata moralmente legittima. Sebbene il concetto fondamentale si trovi già in Cicerone (106-43 a.C.), sant'Agostino di Ippona (354-430) è ritenuto l'autore della teoria della guerra giusta. Egli riteneva la guerra un male minore quando la metteva a confronto con la selvaggia crudeltà di certe orde di barbari da cui era legittimo difendersi. Nel secolo XX, le condizioni che possono giustificare una guerra furono fissate in questo modo:

a) la guerra deve essere una difesa ed una risposta ad un'aggressione ingiusta;

b) ci deve essere una reale possibilità di successo per giustificare tutti i sacrifici del tempo di guerra;

c) ci deve essere una proporzione tra il costo morale e fisico delle ostilità e la pace con il migliore ordine sociale che ne conseguirà;

d) solo gli obiettivi militari, non i civili inermi, possono essere bersaglio delle azioni militari;

e) la forza non deve mai essere usata come mezzo a sé stante o per infierire brutalmente contro l'ordine sociale e il personale militare.

Siccome alcune di queste condizioni possono difficilmente riscontrarsi in una guerra nucleare, questo tipo di guerra non è ritenuto legittimo dalla maggioranza dei moralisti. Però, il problema di un deterrente nucleare è tuttora dibattuto (GS 79-82). Cf Pace.

H

Haggadah (Ebr. " narrazione "). (inizio)

Interpretazione ebraica delle Scritture col narrare leggende, atti folcloristici, parabole e altro materiale non giuridico. Insieme all'Halachah, forma il Talmud. Cf Talmud.

Hagios (Gr. " santo "). (inizio)

Acclamazione greca che esalta Dio tre volte intendendo così esprimere la pienezza della santità divina (cf Is 6,3). È conosciuta più comunemente col nome di Trisagio (Gr. " tre volte santo "):

" Hàgios o Theòs. Sanctus Deus (Dio santo) ".

" Hàgios ischyròs. Sanctus fortis (Santo forte) ".

" Hàgios athànatos, elèison himàs. Sanctus immortalis, miserère nobis (Santo immortale, abbi pietà di noi) ".

Mentre nella liturgia latina questo ritornello è usato soltanto il Venerdì Santo, le liturgie orientali lo cantano abitualmente. Cf Santità; Trisagio; Venerdì Santo.

Hallel (Ebr. " lode "). (inizio)

Nome dato dagli Ebrei ai Salmi 113-118, che erano cantati in certe festività, come la Pasqua (cf Mt 26,30), Pentecoste e la Festa dei Tabernacoli (cf Gv 7,2). " Hallelujah " (Ebr. " lode al Signore "): è una parola che ricorre spesso, nei Salmi, ed è usata dalle liturgie cristiane, specialmente nel tempo pasquale. Cf Liturgia; Pasqua ebraica; Pentecoste.

Hanukkah. (inizio)

Cf Tempio (Il).

Heilsgeschichte. (inizio)

Cf Storia della salvezza.

Hesed (ebr. " gentilezza amorosa "). (inizio)

Parola che indica una caratteristica di Dio e che ricorre duecentoquarantacinque volte nell'AT, fra cui centoventisette volte nei Salmi. Dio è anche invocato come " mia hesèd " (Sal 144,2). Hesèd indica la fedeltà misericordiosa di Dio nel mantenere le promesse dell'Alleanza, nonostante l'infedeltà dei " partners " umani. Cf Alleanza; Berith.

Hussiti. (inizio)

Si chiamano così i seguaci di Giovanni Hus (circa 1369-1415), un sacerdote boemo che insegnava filosofia e teologia all'Università di Praga. Venne a conoscenza delle idee della riforma di Giovanni Wycliffe (circa 1330-1384) e le diffuse. Fu giudicato e bruciato sul rogo nel Concilio di Costanza (cf DS 1201-1230; 1247-1279; FCC 7.075-7.086, 9.096-9.098), divenendo così un eroe nazionale Ceco. Gli Hussiti adottarono le sue posizioni, tra cui la predestinazione e la Scrittura come unica norma di fede. La loro eredità continua in varie Chiese della Moravia sparse nel mondo. Nel 1920, la Chiesa cecoslovacca hussita, che affermava di esserne la rappresentante, si staccò dalla Chiesa Cattolica, dopo aver chiesto una liturgia in lingua volgare, il celibato libero per il clero e la partecipazione dei laici nel governo della Chiesa. Queste richieste non vennero accolte. Hus rigettò erroneamente la validità dei sacramenti amministrati da preti simoniaci. La priorità che egli diede alla Scrittura come unica norma di fede fece di lui un precursore dei Riformatori (cf DS 1480; FCC 7.098). Egli sostenne che i laici potevano comunicarsi sotto le sue specie. Questo fu ammesso nel Concilio Vaticano II (cf DS 1725; FCC 9.160; SC 55). Cf Concllio di Costanza; Donatismo; Lingua volgare; Predestinazione; Riforma (La); Simonìa; Sola Scrittura.

I

Iahvè (origine incerta). (inizio)

È il nome proprio che gli Ebrei dànno a Dio, che è anche chiamato frequentemente Elohim (= il nome semitico che indica comunemente Dio). Il nome " Iahvè " si trova nei racconti della creazione e dei patriarchi (cf Gn 2,4; 4,26; 12,8; 26,25). Potrebbe, però, essere un anacronismo, essere, cioè, un nome dato a Dio in una data posteriore, quando le tradizioni e i testi originali furono poi composti da un redattore chiamato iahvista. Secondo un altro redattore (chiamato elohista, perché fino allora aveva usato il nome " Elohim " per designare Dio), Iahvè come nome di Dio fu rivelato per la prima volta a Mosè e fu spiegato come " Io sono colui che sono ", o " Io sarò quello che sarò " (Es 3,13-15). Comunque, invece di aver ricevuto il nome " Iahvè " da una rivelazione speciale, gli Israeliti potrebbero averlo mutuato da altri. Se lo si intende in senso causativo, cioè come " colui che fa essere ", il nome indica Dio come creatore e signore della storia. Verso la fine dell'esilio di Babilonia (587-538 a.C.), gli Ebrei cessarono di pronunciare questo nome e lo scrissero col tetragramma (Gr. " parola di quattro lettere ") YHWH. Ogni volta che lo incontravano, invece di nominarlo, dicevano: " Adonài " (Ebr. " Signore "). Un rispetto del genere per il nome di Dio è manifestato nelle versioni che traducono " Iahvè " con " Signore ". Cf Israele; Pentateuco; Geova.

Icona (Gr. " immagine "). (inizio)

Immagine sacra, dipinta sul legno o formata da un mosaico. Le icone sono normalmente dipinti piatti, anche se alle volte i contorni degli abiti possono essere dipinti su uno scudo protettivo. Più che rappresentare realisticamente persone o scene, le icone le presentano simbolicamente ed hanno una funzione integrativa per il culto sia privato che pubblico nelle Chiese orientali. I produttori delle icone rimangono spesso anonimi perché è centrale la fedeltà alla tradizione più che l'originalità. Gli artisti creano queste opere come un'attività religiosa e vi si preparano con la preghiera e il digiuno. La venerazione per le icone non si riferisce alle immagini in sé, ma alle persone sacre che rappresentano; il Dio vivente, la Vergine Maria, gli angeli o i Santi. Cf Adorazione; Culto; Teologia orientale; Venerazione dei santi.

Iconoclasmo (Gr. " distruzione delle immagini "). (inizio)

Un movimento ostile all'uso delle immagini nel culto cristiano che turbò l'impero bizantino dal 725 circa all'843. In una prima fase, le icone furono distrutte in quanto ritenute inconciliabili con la fede cristiana e oggetto di scandalo per gli Ebrei e per i Musulmani. Dal monastero di San Saba, vicino a Gerusalemme, san Giovanni Damasceno (circa 675 - circa 749) sostenne che l'uso delle immagini per rappresentare Cristo ed altre persone sacre era una conseguenza necessaria dell'incarnazione. Dopo che l'iconoclasmo fu accettato dal sinodo eretico di Ieria (753), il concilio ecumenico di Nicea II (787) riabilitò le immagini e la loro venerazione (DS 600-603; 2532; FCC 7.336-7.338). In una seconda fase della crisi (814-843), le icone, mentre furono tollerate per intenti didattici, non furono ritenute convenienti per il culto pubblico e perciò vennero rimosse dalle chiese. Fin dall'inizio, i monaci furono perseguitati e talvolta uccisi dagli iconoclasti. Una difesa importante delle immagini si ebbe anche con san Teodoro Studita (759-826). Per segnare la fine della controversia, fu stabilita la Festa dell'Ortodossia ed è tuttora celebrata la prima domenica di Quaresima nelle Chiese Orientali. Cf Concilio di Nicea II; Immagine di Dio; Islamismo; Ortodossia.

Iconostasi (Gr. " collocamento di immagine "). (inizio)

Nelle chiese d'Oriente, si tratta di uno schermo o muro con icone che separa la navata dal presbiterio. Il presbiterio simboleggia il cielo; la navata, la terra. Però, entrambi si trovano sotto lo stesso tetto, per indicare che nella liturgia noi della terra siamo uniti col cielo. L'iconostasi ha tre porte: la porta regale, al centro, riservata al celebrante principale, vescovo o presbitero, porta direttamente all'altare; la porta di destra conduce al diakonikon, una specie di sacrestia per i diaconi che assistono il celebrante; la porta di sinistra conduce alla prothesis, o stanza riservata per la preparazione dei doni.

Idealismo. (inizio)

Qualsiasi interpretazione comprensiva della realtà e della storia in cui predominano le idee e gli ideali sull'esperienza concreta e sugli oggetti percepiti esternamente. Più specificamente, l'idealismo si riferisce a qualsiasi sistema filosofico che abbracci tutto sotto la coscienza, il pensiero e la ragione. In questo senso, l'idealismo si oppone al realismo di senso comune, come anche al naturalismo e al materialismo, che interpretano il reale come costituito, rispettivamente, di natura e di materia. L'idealismo ha subìto molte variazioni, da Platone (427-347 a.C.) che riteneva inaffidabile l'esperienza del mondo sensibile e trovava la vera conoscenza nel regno più elevato delle idee eterne, a Giorgio Guglielmo Federico Hegel (1770-1831) per il quale tutta la storia è la manifestazione evolutiva dell'Assoluto. Tra questi due, ci sono delle varianti, come in René Descartes (1596-1650), che proclamava la certezza nell'atto individuale di conoscere, ed in Immanuel Kant (1724-1804), che mostrava fino a che punto la mente umana costruisce quella che chiamiamo realtà esterna. L'insegnamento della Chiesa ha condannato l'idealismo in quelle forme estreme (DS 3878, 3882; FCC 1.096) che escludono l'assoluta libertà di Dio e la nostra libertà limitata. Ha respinto, in particolare, il tentativo razionalistico di Anton Günther (1783-1863) di adattare la teologia all'hegelianismo (DS 2828-2831, 2914, 3025; FCC 1.024, 3.025). Cf Filosofia; Razionalismo.

Idolatria (Gr. " adorazione di immagini "). (inizio)

È il culto di divinità false, non esistenti. L'AT condanna severamente l'adorazione di idoli o immagini di falsi dei (Es 20,3-4; Dt 5,7-9; Sal 115,4-8). Il NT non solo denuncia l'idolatria (1 Cor 5,10; Ap 21,8; 22,15), ma anche, sviluppando l'estensione del concetto (cf Is 2,6-11), respinge l'attaccamento al denaro come idolatria (Ef 5,5; Col 3,5). Cf Adorazione; Culto; Giudaismo; Icona; Iconoclasmo.

Ignoranza invincibile. (inizio)

Mancanza di conoscenza che rimane anche dopo seri sforzi per informarsi adeguatamente. Essa scusa da ogni colpa di fronte a Dio. Così, nonostante l'interessamento coscienzioso e senza che vi sia colpa loro propria, ci possono essere di quelli che sono incapaci di accettare la Chiesa e il suo insegnamento. Ciò può provenire dall'educazione ricevuta, da pregiudizi sociali, o da semplice mancanza di contatto col messaggio cristiano (cf DS 2865-2867; FCC 7.030-7.031; LG 16; GS 16). L'ignoranza invincibile può essere fisica, come nel caso di bambini e di malati mentali; negli altri casi, è morale. Cf Errore; Tolleranza.

Ilemorfismo. (inizio)

Cf Materia e forma.

Illuminismo. (inizio)

Movimento cominciato nel XVII secolo in Europa (e diffusosi nel Nord America). Questo movimento, contrario all'autorità e alla tradizione, difendeva la libertà e i diritti umani, incoraggiava i metodi empirici nella ricerca scientifica, e pretendeva di risolvere i problemi con il solo uso della ragione. In campo religioso, molti seguaci di questo movimento sostenevano la critica biblica, negavano la rivelazione divina e i miracoli, e si opponevano tenacemente alle linee portanti del cristianesimo. Le figure più importanti dell'Illuminismo furono: Denis Diderot (1713-1784), Benjamin Franklin (1706-1790), David Hume (1711-1776), Immanuel Kant (1724-1804), Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781), Giovanni Locke (1632-1704), Mosè Mendelssohn (1729-1786), Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) e François-Marie Arouet (= Voltaire) (1694-1778). Sebbene l'Illuminismo abbia predicato false speranze per il progesso sociale ed abbia incoraggiato un razionalismo antidottrinale, ha tuttavia sostenuto un sano rispetto per la ragione umana e per la libertà religiosa. Cf Autonomia; Autorità; Deismo; Libertà religiosa; Miracolo; Razionalismo; Rivelazione.

" Imitazione di Cristo ". (inizio)

Un testo molto influente per la ricerca della perfezione spirituale attraverso la sequela di Cristo come modello. Attribuito comunemente a Tommaso da Kempis (circa 1380-1471), il libro esprime in maniera classica la devotio moderna (Lat. " devozione moderna "), una forma di preghiera profonda e di pietà personale che, alla fine del XIV secolo, si diffuse dall'Olanda nel resto dell'Europa. Cf Devozione.

Imitazione di Cristo. (inizio)

L'ideale e la pratica di seguire Gesù Cristo che si trova nel primissimo documento cristiano (1 Ts 1,6) e nelle lettere di Paolo è anche collegato con l'imitazione dello stesso apostolo (1 Cor 4,16; 11,1; 2 Ts 3,7). Per Paolo l'imitazione di Cristo significa la liberazione dal peccato e la rinuncia di sé che conforma i credenti al modello della crocifissione e risurrezione (Rm 6,11), la disponibilità a lasciarsi plasmare dallo Spirito Santo che abita in noi (cf Rm 8,4.11), e il servizio oblativo di amore verso gli altri (1 Cor 13; Gal 5,13). Il Vangelo parla in modo caratteristico di un discepolato personale che è pronto a servire il prossimo che si trova nel bisogno (Lc 10,29-37) e a seguire il Figlio dell'Uomo sulla strada che dalla sofferenza porta alla gloria (Mc 8,31-38). Invece di " imitazione " di Cristo, l'Oriente cristiano preferisce parlare di " vita in Cristo " (cf Gv 15,1-17; 1 Gv 2,1-6): è un tema che si trova in molte opere di scrittori orientali circa la vita spirituale. Cf La vita in Cristo, di Nicola Cabasila (nato nel 1332 circa) e La mia vita in Cristo, di Giovanni di Kronstadt (1829-1908).

Immacolata Concezione. (inizio)

Festa dell'Occidente celebrata l'8 dicembre riguardante il fatto che, per un privilegio unico e in considerazione dei meriti del Figlio suo, Maria di Nazaret è stata immune da ogni peccato, anche da quello originale, fin dal primo istante della sua concezione (cf DS 2800-2804; FCC 5.023-5.026). Molti passi della Scrittura sono stati costantemente intesi come un orientamento in quel senso (Gn 3,15; Lc 1,28). Sebbene il dogma in quanto tale sia stato definito da Pio IX solo nel 1854, la festa risale almeno al VII secolo. In parte a motivo di differenze sulla nozione di peccato originale, gli Ortodossi non onorano la Madre di Dio come " concepita immacolata ", ma come achrantos (Gr. " immacolata ") e Panaghia (" Tutta-Santa "). Cf Peccato originale; Theotòkos.

Immaginazione. (inizio)

La capacità creativa di andare oltre ai dati immediati, così da formare, richiamare e riferire idee e oggetti presentati qui e ora dai sensi. Sebbene alcuni filosofi e teologi di valore abbiano respinto l'immaginazione per il suo influsso pericoloso e fuorviante, sono sempre più numerosi oggi quelli che vedono il ruolo positivo dell'immaginazione nella vita religiosa, nel pensiero e nel culto. È essenziale per la comunicazione della fede. L'esercizio disciplinato dell'immaginazione porta a conoscere e ci aiuta a percepire, interpretare e integrare la verità. Cf Estetica; Icona; Teologia della bellezza.

Immagine di Dio. (inizio)

La dottrina secondo cui gli esseri umani, uomini e donne, furono creati a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,26-27). Alcuni Padri della Chiesa e più tardi vari teologi distinsero fra

a) l'" immagine " di Dio che spetta agli esseri umani, creature dotate di ragione e di libera volontà. Questa immagine può soltanto essere oscurata dal peccato;

b) e la " somiglianza " con Dio. Questa, se viene perduta col peccato, può essere restaurata con la grazia mediante il battesimo e la vita di fede.

Il NT riconosce Cristo come la vera immagine di Dio (Col 1,15). Egli è il modello a cui devono conformarsi tutti gli esseri umani (Rm 8,29). Cf Caduta (La); Corruzione totale; Creazione; Deificazione; Grazia; Peccato originale.

Immanenza divina (Lat. " rimane dentro "). (inizio)

La presenza di Dio dovunque e in ogni cosa (cf Sal 139). Se non è completata dal senso della trascendenza divina, che significa che Dio esiste anche come totalmente diverso e superiore all'intero universo, la nozione di immanenza può sfociare nel panteismo. Cf Onnipresenza; Panenteismo; Panteísmo; Trascendenza; Trinità immanente.

Immensità di Dio. (inizio)

L'attributo divino dell'Essere immensurato e immensurabile. Essendo al di là di ogni misura, Dio è la misura di ogni cosa e di ognuno. Questa tematica è sviluppata in un modo particolarmente drammatico in Giobbe 38-42 (cf DS 800; 3001; FCC 3.018, 6.060). Cf Attributi divini; Dio.

Immolazione. (Lat. " offrire una vittima in un pasto sacrificale "). (inizio)

Sacrificio che comprende una vittima, un sacerdote e il popolo in una offerta fatta a Dio. Nell'Eucaristia, il sacrificio di Cristo, che è stato espresso ritualmente nell'Ultima Cena ed è stato consumato sul Calvario, viene ri-presentato (non ripetuto) e i suoi effetti sono validi oggi (cf 1 Cor 11,23-26; DS 1740-1741; FCC 9.172-9.173). Cf Eucaristia; Sacrificio.

Immortalità. (inizio)

Cf Anima; Morte; Risurrezione; Vita dopo morte.

Immutabiltà. (inizio)

Immune da cambiamenti e dalla possibilità di cambiamenti. Strettamente parlando, solo Dio perfettissimo è completamente immutabile (cf Mal 3,6; Sal 102,27; DS 285; 294; 800; 3001; FCC 4.010; 6.060, 3.018). Come uomo, Cristo era soggetto al cambiamento e alla morte. Cf Incarnazione.

Impassibilità (Lat. traduce la parola greca apatheia). (inizio)

Immunità dalla possibilità di soffrire e dal subire cambiamenti per opera di una causa esterna. Solo Dio perfettissimo e immutabile è impassibile (cf DS 16, 166, 293 300, 358-359; FCC 4.009). Questo però non vuol dire che Dio sia indifferente e disinteressato. L'amore divino lo ha portato all'incarnazione (Gv 3,16), mediante cui il Figlio di Dio venne a soffrire e a morire a motivo della sua natura umana. Cf Apatia; Controversia teopaschita; Immutabilità; Passione.

Impedimenti del matrimonio. (inizio)

Ci sono casi o circostanze personali che impediscono di contrarre matrimonio. Si chiamano impedimenti dirimenti e rendono invalido il matrimonio. Gli impedimenti dirimenti comprendono l'insufficienza di età, gli ordini sacri, l'impotenza, un matrimonio già esistente, il voto pubblico perpetuo di castità, una stretta consanguineità (cf CIC 1073-1094). Cf Rato e consumato; Validità.

Imperativo Categorico. (inizio)

Secondo Immanuel Kant (1724-1804), è un principio morale incondizionato che obbliga in modo assoluto, mentre l'imperativo ipotetico obbliga solo in forza di una meta che uno si è scelto. Cf Etica.

Imposizione della mani. (inizio)

Una forma di benedizione che si trova nell'AT (Gn 48), adottata da Gesù nel compiere miracoli (per es., Mc 1,41; 5,41) e usata dai suoi discepoli (At 13,3; 1 Tm 4,14; 5,22), in particolare per comunicare lo Spirito Santo (At 8,17s; 19,6). L'imposizione delle mani divenne il rito principale nel conferire gli Ordini sacri (cf DS 3858-3860; FCC 9.314-9316). Senza insistere sull'accettazione da parte dei Greci del rito latino e delle sue cerimonie circa l'ordinazione (DS 1326; FCC 9.287), il Concilio di Firenze (1439) approvò il modo con cui i Greci venivano ordinati, e cioè con l'imposizione delle mani. I riti del battesimo e della cresima comprendono pure un'imposizione delle mani. Questa è raccomandata anche nel nuovo rito della penitenza. Cf Concilio di Firenze; Ordine.

Imputazione. (inizio)

Attribuire legalmente a qualcuno la colpa o la giustizia di un altro. Questa nozione è fondamentale nella visuale protestante della giustificazione. La giustizia di Cristo viene a noi peccatori attribuita (più che impartita). Però, il dialogo di oggi tende a mitigare le distinzioni troppo rigide che esistono tra la visuale protestante (Dio dichiara semplicemente giusti i peccatori) e quella cattolica (Dio rende veramente giusti i peccatori). Cf Deificazione; Giustificazione; Luteranesimo; Protestante.

Incarnazione (Lat. " prendere carne "). (inizio)

È verità di fede che la salvezza del mondo fu operata dal Figlio di Dio, il quale, pur rimanendo pienamente divino, divenne veramente e pienamente uomo (Gv 1,14; Gal 4,4-5). In un luogo specifico e in un tempo preciso della storia, egli nacque da Maria Vergine, morì su una croce sotto Ponzio Pilato e risuscitò dai morti con un corpo glorificato (Rm 1,3-4). Dal Concilio Niceno I (325) al Costantinopolitano III (680), i Concili della Chiesa hanno respinto vari tentativi di attenuare o di negare la piena umanità e la piena divinità di Gesù Cristo. Cf Concilio di Calcedonia; Concilio Costantinopolitano III; Concilio di Nicea I; Docetismo.

Incomprensibilità. (inizio)

Ritenere che Dio è il mistero assoluto che oltrepassa la comprensione umana. Quello che conosciamo della rivelazione ci rende capaci di riconoscere ancora più profondamente che non conosciamo realmente Dio (cf DS 800, 3001; FCC 3.018, 6.060). Cf Mistero; Teologia apofatica; Teologia negativa.

Inculturazione. (inizio)

Termine nuovo per indicare l'obbligo che è sempre esistito di contestualizzare e portare nelle diverse culture e nei diversi popoli il messaggio e lo stile di vita cristiani. San Paolo e gli altri primi missionari hanno dovuto affrontare il compito di adattare alle masse di credenti non Ebrei (cf At 15,1-29; 17,16-34; Gal 2,1-10) l'annuncio del vangelo. Dopo che il cristianesimo ebbe messo salde radici in Europa, esso divenne troppo strettamente identificato con la cultura europea. Il Concilio Vaticano II (1962-1965) insegnò che il vangelo non prende nessuna cultura come normativa, ma che esso va incarnato in ogni cultura per la salvezza di tutti (cf LG 13; 17; 23; GS 39, 55, 58; AG 9-11, 21-22). Cf Cattolicità; Evangelizzazione; Teologia della missione.

Indefettibilità " Lat. " immune dall'essere soggetto al venir meno, a decadere e a morire ".

(inizio)

Cristo ha promesso alla sua Chiesa che durerà sino alla fine del mondo (cf Mt 16,18; 28,18-20; Gv 14,16-17). Con la presenza del Signore risorto e sotto la guida dello Spirito Santo, la Chiesa, presa nella sua globalità, non può venir meno alle sue qualità fondamentali e ad essere testimone della verità rivelata (cf DS 3050-3052; FCC 7.176-7177; LG 12). L'infallibilità è un aspetto di questa guida generale operata dallo Spirito Santo. Cf Infallibilità; Note (segni) della Chiesa.

Indifferenza. (inizio)

Mancanza di interesse nelle questioni religiose. Ciò proviene dal secolarismo, dall'assenza di una formazione religiosa conveniente, o da una defezione personale alla pratica della fede in Dio (cf DS 2915-2918; FCC 7.035-7.038). " Indifferenza " può anche significare un distacco da tutte le creature ed esperienze, permettendo così alla volontà divina di guidare le nostre scelte. In questo senso, l'" indifferenza " caratterizza la spiritualità di sant'Ignazio di Loyola (1491-1556). Cf Apatia; Esicasmo; Secolarismo.

Induismo. (inizio)

Una delle religioni principali del mondo e la religione principale del subcontinente indiano. L'Induismo non è stato fondato da una persona singola in un punto preciso della storia; non ha un sistema preciso di verità; accetta molte divinità, in particolare Brahma che ha creato l'universo, Visnù che lo protegge e Siva che lo distrugge. Eppure, queste divinità sono intese soltanto come manifestazioni differenti di un Unico Dio Supremo (Siva per il Saivismo, o Visnù per il Vaishnavismo), nella corrente teista, o di un Assoluto divino, impersonale (Brahman) nella corrente non dualista. I primi scritti sacri dell'Induismo sono i Vedas; poi si ebbero trattati più mistici chiamati Upanishads; l'opera religiosa più popolare è la Bhagavad-gita. L'Induismo è stato trasmesso mediante la tradizione di maestri spirituali e di insegnanti nelle differenti caste e nei vari contesti socio-culturali. Le sue pratiche ascetiche e la meditazione (" dhyana ") mediante lo yoga mirano a liberare dalla passione e dall'ansia per unirsi a Dio nell'amore e nell'abbandono (corrente teista) o a venire assorbiti nel definitivo Assoluto divino (corrente non dualista). Si ritiene che la libertà avvenga di solito dopo una serie di re-incarnazioni (cf NA 2). Cf Religione; Religioni del mondo.

Indulgenze. (inizio)

Si tratta della remissione della pena temporale dovuta a causa dei peccati per i quali è già stato espresso il pentimento e di cui si è già ricevuto il perdono. Questa remissione della pena proviene dal tesoro dei meriti infiniti di Cristo e della partecipazione dei Santi alla sua passione e gloria. Nella Chiesa dei primi secoli, l'intercessione di coloro che affrontavano il martirio poteva ridurre la penitenza severa imposta ai peccatori penitenti. Nel secolo XVI, l'abuso scandaloso delle indulgenze favorì l'esplosione della Riforma. Il diritto di concedere indulgenze è riservato in linea di principio alla Santa Sede. A differenza delle indulgenze parziali, quelle plenarie rimettono l'intero debito della pena purché siano adempiute tutte le condizioni richieste per il loro acquisto. Sia le indulgenze parziali che quelle plenarie possono essere applicate ai defunti che si trovano in Purgatorio. Nella Costituzione Apostolica Indulgentiarum Doctrina (1967), Paolo VI ridusse il numero di indulgenze plenarie e sottolineò la necessità della conversione personale del cuore (cf DS 1467; CIC 929-997). Cf Merito; Purgatorio; Peccato; Sacramento della penitenza.

Indurimento del cuore. (inizio)

Il rifiuto peccaminoso di vedere la mano di Dio all'opera (Es 11,10), o di aiutare i poveri (Dt 15,7). Il NT usa un linguaggio simile per coloro che rifiutano di aprirsi alla fede in Cristo e al suo messaggio (Mt 13,13-15; Mc 16,14). Cf Corruzione totale.

Ineffabilità (Lat. " essere inesprimibile, indescrivibile "). (inizio)

L'essere di Dio è tremendamente misterioso, e, nonostante i nomi divini, è in definitiva innominabile (Es 3,34; Gv 1,13; 1 Tm 1,17; Rm 11,33-36). Dio si può conoscere, ma rimane indescrivibile, o al più si può descrivere solo negativamente (cf DS 800, 3001; FCC 3.018-6.060). Nelle Sinagoghe, quando si deve leggere il nome di Dio, non lo si pronuncia, ma lo si sostituisce con Adonài (Ebr. " Signore "). Cf Iahvè; Incomprensibilità.

Inerranza. (inizio)

Termine che si riferisce innanzitutto ad una conseguenza importante dell'ispirazione biblica: la verità salvifica della Scrittura (DV 11). Questa verità emerge progressivamente dal ricordo ispirato, è centrata su Cristo e va cercata nella Bibbia presa nella sua globalità. Per valutare la verità contenuta nei libri particolari della Bibbia, occorre esaminare gli intenti, i presupposti, il contesto, i modi di espressione degli autori e le tradizioni soggiacenti (DV 12). L'inerranza caratterizza anche la sensibilità che l'intero popolo di Dio manifesta per la verità. Guidata dallo Spirito, la Chiesa non può errare in materie di fede (cf 1 Gv 2,20.27; LG 12). Cf Bibbia; Esegesi; Ispirazione; Sensi della Scrittura; Sensus fidelium; Verità.

Infallibilità. (inizio)

L'immunità dalla possibilità di sbagliare in materia di fede rivelata e di costumi. Questa prerogativa è stata elargita da Cristo alla Chiesa tutta intera attraverso lo Spirito Santo (Gv 10,12-15; LG 12), e in particolare all'intero collegio dei vescovi in unione col papa, successore di Pietro (cf At 15,1-29; 1 Cor 15,3-11; LG 25). Le definizioni infallibili sono venute di solito da concili ecumenici (cf DS 265, 363-364; FCC 7.141), raramente dal papa. Il Concilio Vaticano I ha insegnato che il papa è infallibile quando, come pastore di tutti i cattolici e successore di Pietro (cf Mt 16,18-19; Lc 22,31-32), insegna solennemente ex cathedra come rivelato un punto che riguarda la fede o i costumi (DS 3065-3075; FCC 7.190-7.199). Nel suo magistero ordinario, l'intero collegio dei vescovi in unione col papa insegna infallibilmente quando tutti " convengono su una sentenza da ritenersi come definitiva " (LG 25). Nell'interpretare gli asserti infallibili, bisogna distinguere il punto della definizione dalla sua formulazione che è condizionata dalle circostanze storiche del tempo. Cf Collegialità; Concilio ecumenico; Concilio Vaticano I; Definizione ex cathedra; Magistero; Verità.

Inferno. (inizio)

Il " luogo " o lo stato dove i demoni e i peccatori morti senza pentirsi soffrono per sempre (DS 1002; FCC 0.019). Questo castigo eterno, che varia a seconda della gravità dei peccati commessi (cf DS 1306; FCC 0.024), consiste nell'esclusione dalla presenza di Dio (poena damni = dannazione vera e propria), e nel soffrire un " fuoco " inestinguibile, ma non specificato (poena sensus; cf DS 443, 780; FCC 9.036) L'insegnamento della Chiesa si basa sul NT (Mt 13,36-43; 25,31-46) nell'insistere sulla possibilità dell'inferno per coloro che con deliberata cattiveria rifiutano di amare Dio e il loro prossimo. Non si pronuncia, invece, sul numero dei dannati. L'amore salvifico di Dio verso tutti rimane una forza fondamentale ed efficace (1 Cor 15,28; 1 Tm 2,3-6). Cf Apocatastasi; Escatologia; Indurimento del cuore.

Infinità (Lat. " senza limiti "). (inizio)

È la qualità dell'Essere illimitato e senza fine. Strettamente parlando, solo Dio è pienamente illimitato e perfettamente infinito, in quanto è illimitato nello spazio e nel tempo e immensurabilmente superiore a tutte le creature. Nella filosofia aristotelica, la materia prima, o potenza pura, " precedente " a qualsiasi determinazione, è indefinita nel senso che manca ogni specificazione o qualità che la renda concreta e limitata. Cf Aristotelismo; Eternità; Immensità.

Infuso. (inizio)

Cf Abito infuso.

Iniziazione. (inizio)

Introduzione graduale ai misteri della religione. Quando ebbe inizio il cristianesimo, esso dovette affrontare la rivalità delle religioni del Medio Oriente caratterizzate da dottrine e culti esoterici a cui venivano iniziati gradualmente i neofiti. Come queste religioni, anche l'iniziazione cristiana praticava una disciplina dell'arcano. Prima della recezione del battesimo, il simbolo di fede era spiegato solo in sintesi; l'istruzione dettagliata della fede seguiva di solito il battesimo. Cf Battesimo; Catecumenato; Disciplina dell'arcano; RICA.

Inquisizione (Lat. " indagine "). (inizio)

Tribunale speciale ecclesiastico per scoprire, esaminare e punire gli eretici. Questo procedimento si diffuse a partire dal papa Innocenzo III (1160-1216), e si basava sulla convinzione che l'eresia, in quanto minaccia per l'ordine sociale, andava soppressa. Nel 1479, con l'approvazione del papa Sisto IV, Ferdinando V e Isabella introdussero l'Inquisizione spagnola contro i " relapsi " convertiti dal Giudaismo e dall'Islamismo, conosciuti rispettivamente come Marrani e Moreschi. Quelli che erano riconosciuti colpevoli dagli inquisitori venivano di solito consegnati allo Stato per la punizione. Nel 1542, il papa Paolo III fondò il Santo Ufficio come tribunale supremo di appello nelle questioni di eresie. Nel 1967, Paolo VI non solo cambiò il suo nome chiamandolo Congregazione per la Dottrina della Fede, ma gli diede anche il compito più positivo di incoraggiare e di salvaguardare la solida dottrina dalla fede e della morale. Cf Eresia.

Insediamento. (inizio)

Dopo l'ordinazione episcopale, il nuovo vescovo si diede sulla cattedra della propria cattedrale, come simbolo dell'inizio del suo insegnamento e del governo pastorale nella sua diocesi. Cf Cattedra; Cattedrale; Diocesi.

Integrità. (inizio)

Cf Giustificazione.

Intenzione. (inizio)

Il proposito per cui uno agisce. La " rettitudine " d'intenzione proviene dall'agire per motivi pienamente validi. L'amministrazione valida dei sacramenti richiede che il ministro abbia almeno l'intenzione di fare quello che fa la Chiesa (DS 1611; FCC 9.017). Oltre ad esprimere il proposito deliberato, l'intenzione (e l'intenzionalità) si riferisce anche in vari modi ai concetti umani, alla conoscenza e alla coscienza. Cf Epistemologia; Etica; Teologia morale.

Intercessione (Lat. " passare tra "). (inizio)

Preghiera di petizione per altri. L'intercessione si riferisce primariamente alla continua mediazione del Cristo risorto per la nostra salvezza (cf 1 Tm 2,5; Eb 7,25; 9,24; DS 1523; FCC 8.056). Anche la Madre sua, Maria, intercede per noi (DS 1400; 3274-3275; 3370; 3916); anche gli angeli e i santi (DS 3320-3321). L'intercessione è parte integrante del culto cristiano. Cf Liturgia; Mediazione; Preghiera; Preghiera impetratoria.

Intercomunione. (inizio)

Cf Communicatio in sacris.

Interconfessionale e interreligioso. (inizio)

Cf Dialogo; Religioni del mondo.

Interdetto (Lat. " proibizione per decreto "). (inizio)

È un castigo ecclesiastico usato raramente e chiamato scomunica " minor " nel CCEO che, per un determinato tempo, priva quanti ne sono colpiti di certi diritti e funzioni, senza, però, escluderli dalla Chiesa. Generalmente, l'interdetto sospende il diritto di celebrare i sacramenti (in questo caso, riguarda il clero) e di riceverli (nel caso di laici). Questa proibizione cessa automaticamente in pericolo di morte. Un interdetto può colpire una persona singola o alcune persone che formano un luogo (come una chiesa, un cimitero o un convento), una città ed anche un'intera nazione (cf CIC 915, 1109, 1331-1332, 1370, 1373, 1374). Cf Scomunica.

Interpretazione. (inizio)

Cf Ermeneutica.

Intinzione (Lat. " immergere dentro "). (inizio)

L'atto di intingere il pane consacrato nel vino consacrato per la distribuzione della Comunione. È uno dei modi principali con cui viene distribuita la Comunione sotto le due specie. Questa prassi è comune nelle Chiese orientali. Cf Comunione.

Introito (Lat. " ingresso "). (inizio)

Conosciuto anche come " antifona d'ingresso ", è il versetto che viene cantato o recitato quando il celebrante fa l'ingresso per la Messa. È tolto molto spesso da un salmo ed è destinato a dare il tono alla celebrazione. Le parole d'inizio dànno alle volte il nome alla festa: " Gaudete ": si chiama così la terza domenica d'Avvento. " Laetare " è la quarta domenica di Quaresima. Cf Cantillazione.

Intuizione (Lat. " guardare attentamente "). (inizio)

È un afferrare immediato della realtà con la mente o coi sensi. L'apprensione intellettuale immediata è attribuita di solito agli angeli: in quanto puri spiriti, non hanno bisogno di ragionamento deduttivo. In un senso inferiore, la capacità d'intuizione appartiene anche agli esseri umani. Nella teologia, il tomismo nega che possiamo godere su questa terra di una intuizione immediata di noi stessi o di Dio senza una mediazione dei sensi. L'agostinianismo ne ammette, invece, la possibilità. Quest'ultima teoria corre il rischio di conclamare una specie di illuminismo o diretto accesso a Dio libero dalla mediazione delle creature e della stessa Chiesa. La nostra visione intuitiva di Dio in cielo è stata comunque insegnata ufficialmente (cf DS 990-991, 1000; FCC 0.016). Cf Agostinianismo: Tomismo; Visione.

Io e tu. (inizio)

È il titolo di un breve lavoro di un pensatore di religione ebrea, Martin Buber (1878-1965). Pubblicato la prima volta in Germania nel 1923, esercitò un grande influsso sulla successiva filosofia e teologia.3 Buber insiste sulla differenza qualitativa tra il riferirsi a e il servirsi di una cosa (Io - Esso) e il riferirsi ad una persona. Nel trattare con persone che si rivolgono a me e che ottengono risposta, sono possibili le autentiche inter-relazioni Io - Tu. L'inter-reazione Io - Tu è la via per diventare pienamente se stessi. In ultima analisi, la propria identità è resa possibile attraverso il rapporto integrante con Dio. Cf Mistica.

Ipapante (Gr. " incontro "). (inizio)

È il nome greco dato alla festa della Presentazione del Signore al Tempio e dell'incontro avvenuto con Simeone e Anna (Lc 2,22-38). In Occidente, nel Medioevo, la festa era nota come occursus Domini (Lat. " incontro del Signore "). Celebrata in Gerusalemme almeno dal IV secolo, questa festa divenne universale nel secolo VII.

Iperdulia (Gr. " super-venerazione "). (inizio)

La devozione particolare che si dà a Maria in quanto Madre di Dio. È più della semplice dulìa (Gr. " venerazione " o onore dato agli altri santi, ma è inferiore alla latrìa (Gr. " adorazione ") o adorazione dovuta a Dio solo. Cf Adorazione; Theotòkos; Venerazione dei Santi.

Ipostasi (Gr. " sostanza ", " che sta o è situato sotto "). (inizio)

La natura sostanziale o la realtà che sottostà a qualcosa (cf Eb 1,3). Il termine creò problemi nelle controversie cristologiche e trinitarie dei secoli IV e V, quando venne a significare una " realtà concreta e singola ", o una " esistenza distinta personale ". Alla fine, l'insegnamento ufficiale della Chiesa parlò di Dio come di tre " ipostasi " che condividono l'unica sostanza o natura, e di Cristo come di due nature in una " ipostasi " o persona (cf DS 125-126; 300-303; 421; FCC 0.503-0.504, 4.012-4.013). Cf Concilio di Calcedonia; Concilio di Nicea I; Monofisimo; Neo-calcedonismo.

Ira di Dio. (inizio)

Questo sentimento è attribuito a Dio in vari passi biblici (Es 4,14; Dt 11,17; 2 Sam 24,1; Rm 1,18; 2,5-8). Oltre ad essere un antropomorfismo, un simile modo di parlare (come riguardo alla creazione, all'incarnazione, e ad altri misteri), suscita il problema dell'immutabilità divina, come quando Dio minaccia di distruggere Ninive peccatrice e poi si " pente " (Gio 3,1-10). L'ira di Dio va interpretata in senso analogico in quanto vuole indicare l'assoluta incompatibilità della santità divina con il peccato dell'uomo. Hans Urs von Balthasar (1905-1988) ha dato un grande spazio all'ira di Dio nel dramma della salvezza per ricordare che questa abbraccia sia la libertà divina che quella umana. Cf Analogia; Antropomorfismo; Immutabilità.

Irenismo (dal Gr. " pace "). (inizio)

Un approccio pacifico o conciliante sui problemi riguardanti l'unità della Chiesa, col rischio di sottovalutare le differenze reali esistenti tra i cristiani, o di promuovere una comprensione a scapito della verità. Questo comportamente è stato giustamente condannato (cf DS 3880; UR 11). Però, questo termine può anche significare la serenità con cui vengono analizzati i problemi controversi, con la speranza di finire per raggiungere l'unità. In questo caso, non si distingue praticamente dal vero ecumenismo. Cf Dialogo; Ecumenismo.

Islamismo (Arabo " sottomissione ", in particolare alla volontà di Dio). (inizio)

È quella religione del mondo che riconosce Maometto (circa 570-632) come l'ultimo profeta nella linea che cominciò con Abramo e che continuò attraverso Gesù. Maometto criticò gli Ebrei per non aver voluto accettare Gesù e i cristiani per essere ricaduti nel politeismo con il loro insegnamento sulla Trinità. Il monoteismo assoluto islamico nega che Dio o Allah possa avere un Figlio. Gesù è onorato come profeta. La sua morte in croce è negata e ritenuta solo apparente. È assolutamente proibito rappresentare Dio con immagini. L'arte islamica in genere non ritrae nemmeno gli esseri umani, in quanto sono creati ad immagine di Dio. Si ritiene che Maometto abbia ricevuto la rivelazione che più tardi fu scritta nel Corano (Arabo: " recital "), il quale riporta alcune tradizioni dell'Antico e del NT ed è diviso in 114 sezioni, o sure, tutte accettate come divinamente ispirate parola per parola.

L'Islamismo comprende cinque obblighi principali:

1) la confessione dell'unità di Dio e di Maometto come l'ultimo messaggero o profeta di Dio;

2) la preghiera rituale cinque volte al giorno; il venerdì è il giorno speciale per la preghiera comune di mezzogiorno nelle moschee;

3) l'elemosina per aiutare i poveri;

4) il digiuno durante l'intero mese del ramadàn che comporta l'astensione completa dai cibi, dalle bevande e dai rapporti sessuali dal sorgere del sole fino al tramonto;

5) il pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita.

Oltre alla sharia (Arabo " sentiero della legge "), l'Islam ha sviluppato una tradizione mistica, il sufismo (Arabo " indumento di lana ascetico "), che cerca l'unione con Dio attraverso l'auto-rinuncia. Pur professando la stessa fede, i Musulmani si sono divisi in vari gruppi, soprattutto i Sunniti (gli ortodossi) e gli Sciiti. I primi seguono la Sunna, ossia le tradizioni autorevoli che furono stabilite da Maometto e dai suoi primi quattro successori, o califfi, ma che non sono state scritte nel Corano. Gli Sciiti, che si trovano specialmente in Iran, ritengono che Maometto abbia nominato soltanto suo cugino Alì per successore e non accettano gli altri tre califfi. Mentre affermano la libertà religiosa ai "popoli della Scrittura" (= Ebrei e cristiani), l'Islam aspira a conquistare il mondo intero al suo messaggio. I Musulmani si ritengono gli eredi della fede di Abramo (cf Gn 16,1-16; 21,1-21). Il Concilio Vaticano II sottolineò che la fede di Abramo e l'attesa del giudizio sono elementi che i cristiani hanno in comune coi Musulmani (cf LG 16; NA 3). Cf Docetismo; Monoteismo; Politeismo; Profeta; Religione; Religioni del mondo; Teologia; Trinitari.

Ispirazione biblica. (inizio)

È l'impulso speciale e la guida dello Spirito Santo mediante cui furono composti i libri della Sacra Scrittura che così possono essere chiamati Parola di Dio (cf Gv 20,31; 2 Tm 3,16; 2 Pt 1,19-21; 3,15-16; e anche Ger 18,18; Nee 8,1). Quello che Dio voleva dire si trova in quello che è stato detto dagli scrittori umani che furono autori genuini e non semplici stenografi che scrissero sotto dettatura di Dio (cf DV 11; DS 3006, 3629; FCC 2.015). L'ispirazione dei 72 libri dell'Antico e del NT fa parte dell'azione di Dio che portò la Chiesa ad un'esistenza piena. Perciò la Bibbia può anche essere chiamata il Libro della Chiesa. Cf Bibbia; Critica biblica; Eremeneutica; Inerranza; Sensi della Scrittura.

Israele (Ebr. " Dio regna "). (inizio)

Si chiama così la nazione ebraica, o giudaica, che discende da Giacobbe, il quale ricevette questo nome che significa: " colui che ha combattuto con Dio " (Gn 32,28-29). Dopo la morte di Salomone (circa 933 a.C.), le dodici tribù di Israele si divisero in Regno del Sud (Giuda) con Gerusalemme per capitale e Regno del Nord (Israele) con capitale Samaria. Quest'ultimo fu conosciuto come Israele per le sue strette relazioni con l'eredità di Giacobbe (per es., il pozzo di Giacobbe a Sichem). Dopo la caduta di questo Regno nel 722 a.C., il Regno del Sud venne alle volte chiamato Israele (per es., Is 1,3-4; 30,11-12; Ez 2,3; 6,2-3). Il NT applica questo nome ai discendenti di Giacobbe (Mt 10,6; 15,24; Lc 1,16) e alla nazione ebraica (Mc 12,29; Lc 1,54). La Chiesa comprende se stessa come il nuovo e vero Israele (Gal 6,16). Verso la fine del XVIII secolo, le speranze per l'emancipazione portarono molti Ebrei a parlare di " Israele " più che di " Giudaismo ". Cf Ebrei; Giudaismo; Giudeo.

K

Kairós (Gr. " tempo giusto "). (inizio)

Questo termine non è soltanto sinonimo di krònos (Gr. " tempo ") con cui si indica il susseguirsi storico degli eventi (2 Tm 4,3), ma sottolinea anche gli interventi speciali di Dio nelle svolte decisive della storia della salvezza (Mc 1,15). In particolare, kairós (al singolare e al plurale) denota le azioni decisive di Dio verso gli esseri umani mediante Cristo nella pienezza dei tempi (Ef 1,10; 1 Ts 5,1-2; Ap 1,3; 22,10). Cf Escatologia; Parusìa; Storia della salvezza; Tempo.

Kènosi (Gr. " svuotamento "). (inizio)

L'auto-abbassamento a cui si sottopose la seconda Persona della Trinità nell'Incarnazione (Fil 2,5-11, cf 2 Cor 8,9). Ciò non significa (e non poteva significare) l'abbandono della natura o sostanza divina. Comportò piuttosto l'accettare i limiti dell'esistenza umana che di fatto raggiunsero il culmine con l'umiliazione suprema della morte di croce. Cf Croce; Gloria; Incarnazione; Pre-esistenza; Sofferenza di Dio.

Kèrigma (Gr. " l'atto di proclamare " o " il messaggio proclamato "). (inizio)

Il messaggio centrale che annuncia l'azione e l'offerta decisiva di Dio di salvare con la morte e risurrezione di Gesù (Rm 16,25; 1 Cor 1,21; 15,3-5), e che precede l'istruzione dettagliata intorno a Gesù e al Cristianesimo. Nei " Settanta ", la parola " kèrigma " può essere un annuncio ufficiale da parte di un presbitero (cf Es 32,5), o la parola ispirata di un profeta (cf Is 61,1). I Vangeli sono eminentemente kerigmatici, in quanto sviluppano l'annuncio della buona novella (per es., Mc 1,1.14). Cf Omelia; Predicazione; Settanta; Teologia kerigmatica.

Kiddish (Ebr. " santo "). (inizio)

Una dossologia ebraica usata per la preghiera quotidiana nella Sinagoga. Glorifica il nome di Dio per la sua grandezza e santità e riecheggia Ez 38,23: " Io mostrerò la mia potenza e la mia santità e mi rivelerò davanti a genti numerose e sapranno che io sono il Signore ". Cf Dossologia; Doxa; Sinagoga.

Kiddush. (inizio)

Il nome dato al modo antichissimo con cui gli Ebrei osservano il Sabato e altre feste di precetto. Nella cena della vigilia della festa (per es., per il Sabato, il venerdì sera), il capofamiglia offre una coppa di vino a tutti i presenti e pronuncia una benedezione.

Koinonia (Gr. " comunione ", " sequela "). (inizio)

Termine usato nel NT per indicare la partecipazione alle sofferenze di Cristo (Fil 3,10), l'aiuto a coloro che si trovano nel bisogno (Rm 15,26), la partecipazione all'Eucaristia (1 Cor 10,16), la comunione con (o realizzata da) lo Spirito Santo (2 Cor 13,13). Usato come aggettivo, significa la partecipazione dei credenti alla vita genuina di Dio (2 Pt 1,3-4). Oggi, koinonìa indica spesso l'unione che esiste e che dovrebbe esistere tra le Chiese, unite dall'amore di Gesù Cristo presente mediante il suo Spirito. Cf Conciliarità; Deificazione; Sobornost.

Kondàkion (dal Gr. " breve "). (inizio)

Una delle forme più antiche e più importanti degli inni liturgici nella Chiesa Orientale, che risale al V o VI secolo. Probabilmente si chiama così a motivo del breve bastoncino di legno attorno a cui era avvolto il testo. Però, il nome potrebbe anche venire dal fatto che la composizione stabilisce succintamente il tono per la celebrazione liturgica che segue. Un kondàkion può contenere da 18 a 30 (o anche più) strofe. La composizione ha un titolo, seguito da un incisivo " proiomion ", o introduzione che sintetizza lo spirito della festa e l'apogeo nell'" ephymnion " o ritornello. Segue poi una serie di " oikòi " (case) o stanze, la prima delle quali è chiamata " hirmos ", e ognuna termina con il ritornello. Gli " oikòi " sono spesso collegati acrosticamente, in quanto ogni strofa comincia con una lettera differente dell'alfabeto. San Romano il Melode, nato a Oms, vicino a Edessa, verso la fine del V secolo e che servì come diacono a Costantinopoli, è il compositore più famoso di kondakia. Il kondàkion più celebre è l'inno Akathistos. Cf Akathistos; Cantillazione.

Kyrie eleison (Gr. " Signore, pietà "). (inizio)

Triplice invocazione per chiedere misericordia, rivolta in origine a Cristo Signore (quantunque in seguito sia stata intesa come rivolta alle tre Persone della Trinità), intonata dal celebrante (o dal coro) e ripetuta dall'assemblea. Nella Messa latina, viene dopo l'antifona d'ingresso e il rito penitenziale (se non è inserita in quest'ultimo) e prima del Gloria e della Colletta. Nelle liturgie orientali, è il responso più comune usato nelle litanie. Il Kyrie si trova nella liturgia di Antiochia-Gerusalemme almeno prima del 350. Cf Colletta; Gloria; Preghiera di Gesù.

Kyrios (Gr. " Signore "). (inizio)

a) È uno che ha diritti sovrani e pieni poteri su qualcuno o qualcosa.

b) È una formula cortese che si rivolge a qualcuno. Nell'AT, Dio è chiamato " Signore " e (specialmente nei libri profetici) " Signore degli eserciti ". Quando Gesù riceve il titolo di " Signore " (Mc 12,36; Lc 19,31; Gv 20,18; 1 Cor 12,3; Fil 2,11; 2 Pt 2,20; Ap 22,20-21), è chiaramente riconosciuto come uno che non è un semplice uomo. Che questo titolo cristologico abbia un'origine veterotestamentaria e ebraica o un'origine ellenistica-pagana (dove si chiamava così l'imperatore ritenuto divino), è ancora oggetto di dibattito. Cf Cristologia; Geova.

L

Laico (Gr. " popolo "). (inizio)

Il fedele che è stato pienamente incorporato nella Chiesa attraverso il battesimo, la cresima e l'Eucaristia (1 Pt 2,9-10), ma non ha ricevuto gli Ordini sacri e non è divenuto chierico. Per designare Israele come popolo scelto di Dio, l'ebraico dell'AT usa il termine " ’am ", tradotto dai Settanta con " laòs " (cf Es 19,3-7; Dt 7,6; 14,2). Questa parola, sia quella ebraica che quella greca, può riferirsi anche al popolo in quanto distinto dai suoi capi: sacerdoti, profeti e principi (cf Is 24,2; Ger 26,11). Il NT riconosce vari uffici, ministeri e doni dello Spirito che vengono distribuiti in una collaborazione armoniosa per il bene dell'intera Chiesa (cf 1 Cor 12,4-31; Rm 12,3-8). Una ulteriore distinzione tra clero e laicato ha comportato alle volte una sottolineatura del clero, come se i chierici soli fossero la Chiesa reale (cf DS 3050-3075; FCC 7.176-7.199). Questa visione unilaterale fu controbilanciata dal Concilio Vaticano II il quale insistette non solo sul fatto che " la Chiesa " consiste nell'intero Popolo di Dio e non nella sola gerarchia (cf LG 9), ma anche ricordò che i laici sono chiamati alla santità e ad un'ampia responsabilità nella vita della Chiesa e del mondo (LG 30-38; 39-42; AG 41; anche CIC 224-231). Cf Chierico; Clero; Comunità di base; Gerarchia; Ministero; Ordine; Riduzione allo stato laicale; Sacerdoti.

Lambeth. (inizio)

Cf Conferenza di Lambeth.

Lassismo (Lat. " rilassatezza "). (inizio)

Si chiama così una tendenza della teologia morale del secolo XVII che dispensava facilmente i cristiani dai loro doveri per motivi fragili e insufficienti. Nelle sue Lettere provinciali (1657), Blaise Pascal attaccò la casistica dei Gesuiti, interpretata erroneamente come una forma di lassismo. Il lassismo fu condannato da Alessandro VII nel 1655 (DS 2021-2065) e da Innocenzo XI nel 1679 (DS 2101-2165). Cf Casistica; Probabilismo.

Latae sententiae (Lat. " sentenza imposta "). (inizio)

Sanzione ecclesiastica in cui si incorre automaticamente " per il fatto stesso d'aver commesso il delitto, sempre che la legge o il precetto espressamente lo stabilisca " (CIC 1314; cf 1318). Il Codice del 1983 ha ridotto il numero di simili sanzioni. Esempi che rimagono sono le scomuniche in cui incorrono automaticamente coloro che profanano il Santissimo Sacramento (CIC 1367) o che collaborano all'aborto (CIC 1398). Nel CCEO non ci sono sanzioni " latae sententiae. Cf Ferendae sententiae.

Lateranense. (inizio)

Cf Concili lateranensi.

Latria. (inizio)

Omaggio religioso dovuto a Dio in quanto Creatore, Redentore e Santificatore. Questo omaggio insiste sulla lode e sul ringraziamento più che sulla petizione. Cf Adorazione; Culto.

Legge. (inizio)

Un modello comune che traccia la via secondo cui gli esseri umani devono agire (come si può vedere, per es., nelle leggi della storia e nelle leggi fisiche). In un senso normativo, la legge riconosce e regola i diritti e i doveri dei cittadini o dei credenti in modo da rendere possibile e promuovere il bene comune nell'umana società e nella Chiesa. " La Legge " può anche designare la religione ebraica (At 23,29), così come " il santo precetto " fu un modo di riferirsi al cristianesimo (2 Pt 2,21). La legge dell'amore (Mt 22,36.38) deriva dall'AT, ma ha ricevuto una nuova forza in quanto fu personificata in Cristo (Gv 13,34; 15,12-13). Cf Antinomianismo; Autonomia; Decalogo; Diritto Canonico; Eteronomia; Legge naturale; Legge e Vangelo; Torah.

Legge e vangelo. (inizio)

Il contrasto enfatizzato da Martin Lutero (1483-1546) tra

a) gli sforzi vani di essere redenti mediante il proprio operato religioso e

b) la giustificazione che proviene solo dalla fede, in quanto il vangelo " è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede " (Rm 1,16).

Secondo questo schema, la legge, anche quella data da Dio a Mosè, accresce la nostra consapevolezza di essere radicalmente legati al peccato. La Parola di Dio annuncia che siamo resi liberi mediante i meriti di Gesù Cristo i quali ci vengono graziosamente imputati e così diveniamo partecipi, mediante la fede, della giustizia di Cristo. Sebbene lo si intenda come principio per interpretare l'intera Scrittura e la vita stessa, il concetto di " Legge e Vangelo " ha portato alle volte ad un contrasto esagerato tra AT e NT. Cf Concilio di Trento; Fede e Opere; Giustificazione; Imputazione; Legge; Luteranesimo; Riforma; Torah.

Legge naturale. (inizio)

La legge morale universale data da Dio nello stesso atto di creare gli esseri umani e conoscibile alla luce della ragione (cf GS 79; DH 2). La letteratura pagana, come nel passo famoso dell'Antigone di Sofocle (circa 497-406 a.C.), la tradizione giuridica occidentale, la Bibbia (per es., Rm 2, 14-15) ed altri ancora rendono testimonianza alla legge naturale che indica la retta via per agire liberamente e responsabilmente come esseri umani. Il peccato rende più difficile il discernere e l'obbedire alla legge naturale (cf Mt 19,1-9). I princìpi più importanti della legge naturale sono elencati nel Decalogo. Alla luce della sola legge naturale, è spesso difficile raggiungere la certezza morale su problemi specifici di aree come quelle rapporti internazionali, la giustizia sociale e il comportamento sessuale. Cf Decalogo; Legge; Libertà; Peccato; Teologia morale.

Leggi della Chiesa. (inizio)

Precetti particolari che obbligano tutti i membri della Chiesa Cattolica. Comprendono l'obbligo della Messa nella domenica e nelle feste di precetto (CIC 1246), l'obbligo di confessare i peccati gravi e di comunicarsi almeno una volta all'anno (CIC 920, 989), di osservare i precetti dell'astinenza e del digiuno e di contribuire al sostentamento della Chiesa e al soccorso dei poveri (CIC 222). Cf Diritto Canonico; Matrimonio.

Lettera. (inizio)

Cf Epistola.

Letteratura apocalittica (Gr. " scoprire ", " rivelare "). (inizio)

È un genere letterario che va dal 200 a.C. al 100 d.C. e che intende rivelare misteri divini, soprattutto i segni che precederanno la fine (già stabilita) di tutta la storia, la risurrezione dei morti e giudizio finale che porterà alla trasformazione finale del mondo. Gli scritti apocalittici comprendono sia opere non canoniche (per es., Enoc), sia opere canoniche (per es., Daniele, Apocalisse e Marco 13). Cf Escatologia; Parusìa; Risurrezione dei morti; Rivelazione.

Letteratura sapienziale. (inizio)

Un genere di letteratura che si è sviluppato nell'antico Medio Oriente (ed altrove) e a cui appartengono cinque libri dell'AT: Giobbe, Proverbi, Qohèlet (o Ecclesiaste), Siracide (o Ecclesiastico) e Sapienza. (Qualche volta, il Cantico dei Cantici e i Salmi sono aggiunti a questo elenco). La parola ebraica che sta per sapienza è hokmàh, e può riferirsi all'abilità di un artigiano (Es 31,6), alla capacità amministrativa (Gn 41,39) e alla guida politica (Dt 34,9). Pur non evitando problemi etici e religiosi, l'antica sapienza ha illustrato spesso massime e proverbi per progredire. La sapienza d'Israele è andata più a fondo e ha perfino affrontato problemi come quello della sofferenza inspiegabile di persone che, come Giobbe, sono irreprensibili dinanzi a Dio. Il re Salomone (morto nel 931 circa) fu considerato il saggio per eccellenza (cf il suo famoso giudizio in 1 Re 3,16-28). La vera sapienza viene da Dio e aiuta gli esseri umani a discernere il bene dal male (1 Re 3,5-9). È una delle qualità spirituali del Messia (Is 11,2). Come la Parola di Dio, la sapienza tende ad essere personificata nell'AT e prepara la rivelazione del NT del Figlio di Dio eternamente preesistente (Prv 8,22-31; Sap 7,228,1 Sir 24,1-22). Le parabole di Cristo riflettono la sapienza dell'AT; per esempio, la parabola del fattore infedele (Lc 16,1-8) e quella delle vergini stolte e delle vergini prudenti (Mt 25,1-12). Eppure, la sapienza di Dio è stoltezza per i sapienti (Mt 11,25; 1 Cor 1,18-2,5). Cf Sophìa; Stolti per amore di Cristo.

Lettore. (inizio)

Colui che legge la Scrittura durante i servizi liturgici. Le Chiese orientali hanno conservato questo ufficio antico come uno degli Ordini minori. La riforma del 1972 nella Chiesa Cattolica ha conservato due degli Ordini minori come ministeri: l'ufficio di lettore e quello di accolito. Durante la Messa, anche i laici possono leggere la Scrittura, eccetto il Vangelo che è riservato ai diaconi e ai presbiteri. Cf Chierico; Liturgia; Ordine.

Lettura. (inizio)

Brani scelti (primariamente dalla Bibbia) da leggersi durante gli uffici liturgici. Questa prassi risale alla Sinagoga in cui si leggevano la legge e i profeti. Nella celebrazione eucaristica, un brano dell'AT precede l'epistola e il vangelo. Per l'Ufficio divino, o Liturgia delle Ore, le letture sono tolte non solo dalla Bibbia ma anche dai Padri, da Santi e da altri autori spirituali. Cf Epistola; Vangelo.

Lex orandi - lex credendi (Lat. " La legge della preghiera è la legge della fede "). (inizio)

La forma completa di questo assioma è: " Legem credendi lex statuat supplicandi " (" La legge della preghiera stabilisca la legge della fede ") e risale a san Prospero di Aquitania (circa 390 - circa 463). Segretario del papa Celestino I, egli compose l'Indiculus, un volumetto sulla grazia tratto da sant'Agostino di Ippona (354-430) (DS 246; FCC 8.017). Dalla necessità di pregare per tutti (1 Tm 2,1-4), Prospero dedusse la necessità universale della grazia. La preghiera, specialmente la preghiera eucaristica, ha un ruolo essenziale nell'interpretazione della fede cristiana come ha riconosciuto da sempre la teologia orientale. La teologia occidentale, invece, ha dato tante volte una scarsa importanza a questo principio, e alle volte nessuna. Nel suo classico lavoro sulle fonti e argomenti teologici, Melchior Cano (1509-1560) non elenca la liturgia come locus theologicus (Lat. " luogo teologico "), e molti lo hanno seguito in questa omissione. Cf Liturgia; Metodi in teologia; Sviluppo della dottrina.

Lezionario. (inizio)

Libro liturgico che contiene le letture ufficiali per le varie feste e periodi dell'anno. Cf Calendario liturgico; Festa.

Liberalismo. (inizio)

Una tendenza spinta in politica e in religione che ha seguito l'Illuminismo nel sostenere la libertà e il progresso e nell'accogliere le nuove idee provenienti dalla scienza e dalla cultura del giorno. Nel suo aspetto migliore, il liberalismo ha promosso la giustizia sociale e un'educazione aperta. Nel suo aspetto peggiore, è divenuto una forma di umanesimo secolare che respinge l'autorità religiosa, giudica il cristianesimo dallo spirito del tempo, ed è incompatibile con la fede ortodossa. Cf Illuminismo; Modernismo; Protestantesimo liberale; Umanesimo.

Liberazione. (inizio)

Cf Teologia della liberazione.

Libertà. (inizio)

Il potere di auto-determinazione, cioè, di scegliere deliberatamente e di seguire lo svolgersi di un'azione. Creati ad immagine di Dio, gli esseri umani hanno questa capacità che è stata intaccata, ma non distrutta dal peccato (DS 1965-1967; FCC 8.124, 8.132). Mediante la redenzione, Cristo ci ha resi liberi (Gal 5,13; 1 Pt 2,16) e questa libertà è la caparra della nostra libertà futura nella gloria (Rm 8,18-25). Cf Antropologia; Concupiscenza; Immagine di Dio; Libertà religiosa; Peccato; Toràh.

Libertà religiosa. (inizio)

Il diritto di ogni persona umana e di ogni gruppo di praticare la propria religione senza alcuna interferenza da parte di altri gruppi. Dopo secoli di persecuzioni, la Chiesa ha ottenuto la libertà con il cosiddetto Editto di Milano del 313, godendo tolleranza e sostegno da parte di Costantino il Grande (morto nel 337), il quale è onorato come santo dagli Ortodossi. In un tempo in cui il cristianesimo dominava nella vita d'Europa, san Tommaso d'Aquino (circa 1225-1274) affermò che, siccome la loro defezione costituiva una minaccia per l'edificio sociale, i cristiani apostati dovevano essere riconquistati anche con la forza sostenendo d'altra parte che un'interferenza del genere sui non cristiani sarebbe stato un peccato contro la giustizia naturale. Secoli di guerre di religione, di persecuzioni e discriminazioni in nome delle religioni stabilite hanno ripetutamente messo in evidenza il male di una simile intolleranza. Purché i seguaci di una data religione non infrangano i diritti degli altri, la loro libertà va rispettata e protetta. Il Concilio Vaticano II ha affermato il diritto di libertà nella pratica della propria religione, in particolare per i gruppi minoritari (cf DH 2-8; 15; NA 4-5). Il mondo ricorda con riconoscenza difensori contemporanei della libertà religiosa, come Roger Williams (circa 1604-1684), Thomas Jefferson (1743-1826), Mohandas Gandhi (1869-1948) e John Courtney Murray (1904-1967). Cf Chiesa e Stato; Diritti umani; Libertà; Tolleranza.

Libri deuterocanonici. (inizio)

Termine cattolico con cui si indicano quei libri che si trovano nella versione greca dell'AT (" la versione dei Settanta "), ma non nella versione ebraica. Cf Apocrifi; Settanta.

Limbo (Lat. " frangia del vestito "). (inizio)

Il " luogo " dove si suppone che vadano i bambini non battezzati che muoiono col peccato originale, ma con nessuna colpa personale (limbus puerorum, limbo dei bambini). Quanto alle anime delle persone rette che sono morte prima della venuta di Cristo, si pensa che abbiano atteso la sua venuta nel limbo dei Padri, limbus Patrum. I teologi hanno pensato comunemente che il limbo non comportasse nessun castigo, ma una felicità naturale che, però, è priva della felicità piena proveniente dalla visione beatifica.4 Cf Discesa agli inferi; Peccato originale; Visione beatifica; Vita dopo morte.

Lingua volgare. (inizio)

È la lingua del luogo che viene usata nella liturgia. Le liturgie sono cominciate di solito con la lingua del luogo, eccetto quando un'altra lingua fu introdotta dai missionari o imposta da un popolo conquistatore. La storia della liturgia illustra, però, costantemente un fenomeno religioso più profondo: la tensione tra la necessità che ha il popolo di capire i testi e il desiderio di riconoscere la misteriosa alterità di Dio con l'uso di un linguaggio classico, numinoso. In Occidente, il greco era usato nella liturgia nei primi secoli fino a quando il latino prese gradualmente il sopravvento. Roma incoraggiò i santi Cirillo (circa 826-868) e Metodio (circa 815-885) a usare lo slavone tra gli Slavi dell'Europa centrale. I promotori della Riforma, mentre continuarono ad usare il latino in teologia, introdussero la lingua volgare per il culto pubblico. Nel 1963, il Concilio Vaticano II approvò ufficialmente la lingua volgare per i cattolici (cf SC 36, 54, 63, 101) nel rito romano. In Oriente, le varie Chiese nazionali usavano la lingua del popolo: l'arabo, l'armeno, il copto, il Ge'ez, il greco, il siriaco e così via. Però, col passare dei secoli, i testi liturgici erano diventati arcaici e di difficile comprensione. Molti cristiani orientali negli USA, in Canada e in Australia, per esempio, sono passati semplicemente all'inglese. Il problema dell'uso di una lingua arcaica o invece volgare non sarà mai pienamente e definitivamente risolto. Cf Evangelizzazione; Liturgia; Liturgia delle Ore; Riforma (La).

Lione. (inizio)

Cf Concilio di Lione.

Litania (Gr. " petizione ", " processione religiosa "). (inizio)

Preghiera dialogata in cui un sacerdote, o un diacono o un cantore recita una serie di domande, o, in Occidente, invoca i titoli di Gesù o i nomi dei santi, e l'assemblea risponde con un responso fisso. La radice si trova nelle acclamazioni ripetute che sono frequenti in vari salmi (per es., Sal 118; 136). Le litanie dei cristiani, dapprima associate con processioni, sembrano aver avuto origine verso la fine del secolo IV ad Antiochia. La Chiesa bizantina fa uso frequente di litanie come le ectenìe e le sinaptè. Il responso più frequente è Kyrie eleison (Gr. " Signore, pietà "). In Occidente, le litanie hanno un posto importante nella Veglia pasquale, nelle canonizzazioni dei santi, e nell'ordinazione dei vescovi, presbiteri e diaconi. Le litanie mariane, che hanno un vincolo speciale col santuario di Loreto, in Italia, sono state modellate sull'Akàthistos. Cf Akàthistos; Kyrie eleison.

Liturgia (Gr. " servizio pubblico "). (inizio)

Nel NT indica l'attività cultuale dei sacerdoti (Lc 1,23; Eb 8,6), o atti più ampi di servizio cristiano (Fil 2,17.30). Presso i Bizantini, a partire dal secolo IX, la parola " liturgia " si riferisce al culto comunitario, soprattutto indica la liturgia eucaristica o Messa. Originariamente, la Chiesa Latina parlava di divina officia, uffici divini, ma a partire dal secolo XVI adottò la terminologia bizantina. Il primo documento promulgato dal Concilio Vaticano II fu dedicato alla liturgia (cf SC 5-13). Cf Culto; Eucaristia; Lex orandi - Lex credendi; Movimento liturgico; Sacramento.

Liturgia della parola. (inizio)

Si chiama così la prima parte della celebrazione eucaristica. È così composta: preghiere d'introduzione dell'assemblea radunata per il culto e letture della Bibbia. L'ultima lettura è sempre il Vangelo. L'ideale è che questo sia seguito dall'omelia. In alcuni giorni, c'è anche il Credo e la preghiera dei fedeli. Cf Colletta; Epistola; Eucaristia; Messa dei catecumeni; Omelia; Parola di Dio; Professione di fede; Vangelo.

Liturgia delle ore. (inizio)

La preghiera ufficiale della comunità, che si riunisce in differenti ore del giorno o della notte per ascoltare passi della Scrittura (e altri) e recitare o cantare insieme salmi e altre preghiere. I partecipanti danno lode a Dio, compiono l'ufficio sacerdotale di Cristo, e intercedono per la salvezza del mondo intero (CIC 1173). Gli Ebrei ricordavano le benedizioni divine nel sacrificio del mattino e della sera nel Tempio (cf Es 29,38-42; Nm 28,3-8), mentre quelli che erano in esilio osservavano tempi fissi di preghiera (Dn 6,10). Le comunità cristiane, sia quelle di secolari che quelle monastiche, hanno sviluppato un programma quotidiano di preghiera comune. Quando i chierici non potevano essere presenti ai servizi comunitari, l'Occidente sviluppò il breviario (Lat. " abbreviato ") o versione breve delle ore canoniche per la recita privata. In Occidente, le ore canoniche dell'Ufficio divino sono diventate così: il Mattutino (o preghiera della notte), le Lodi, la Prima (o prima preghiera), la Terza (o preghiera delle ore nove), la Sesta (o preghiera del mezzogiorno), la Nona (o preghiera delle ore quindici), i Vespri e la Compieta (o preghiera finale di notte). Cf Breviario; Lodi; Monachesimo; Secolarismo; Vespri.

Liturgia di san Giovanni Crisostomo. (inizio)

Una liturgia attribuita al patriarca di Costantinopoli, san Giovanni Crisostomo (circa 347-407). È questa la liturgia più comune nel rito bizantino. Quella di san Basilio entra in vigore il 1o gennaio, le domeniche di Quaresima (eccetto la Domenica delle Palme), il Giovedì Santo, il Sabato Santo, la vigilia di Natale e dell'Epifania (eccetto che cadano di sabato o di domenica), e nelle due stesse feste se cadono di domenica o di lunedì. Le liturgie di san Giovanni Crisostomo e di san Basilio hanno entrambe la seguente struttura: la pròthesis, o preparazione privata del pane e del vino; l'enarxis, o il servizio introduttivo di tre antifone; la sinassi, o letture della Scrittura (= liturgia della Parola); e la liturgia eucaristica (= pre-anafora, anafora, comunione, ringraziamento e congedo). Cf Chiese Orientali; Eucaristia; Messa; Rito.

Liturgia eucaristica. (inizio)

Termine usato per la seconda parte della Messa; viene dopo la liturgia della Parola. Consiste nell'offerta del pane e del vino che vengono cambiati nel corpo e sangue di Cristo. Questa celebrazione ri-presenta la morte sacrificale e la risurrezione di Cristo, e termina con la partecipazione al banchetto sacrificale della Comunione. Cf Comunione; Eucaristia; Liturgia della Parola; Messa; Sacrificio; Transostanziazione.

Locus theologicus (Lat. " luogo teologico "). (inizio)

I temi principali della fede cristiana (= luoghi comuni), o anche i princìpi fondamentali e le fonti per la teologia medievale, barocca e neoscolastica (e umanesimo del Rinascimento) nel presentare la dottrina in modo sistematico. In un'opera postuma, De locis theologicis (1563), Melchior Cano ha sviluppato l'impatto del nuovo umanesimo. Ha elencato sette loci che dipendono, direttamente o indirettamente, dall'autorità divina e dalla rivelazione:

a) la Parola di Dio nella Scrittura;

b) la tradizione degli Apostoli;

c) la Chiesa universale;

d) i Concili;

e) l'insegnamento del Papa;

f) i Padri della Chiesa;

g) i teologi e i canonisti. Come aiuti aggiunti, Cano ricordava:

h) la ragione naturale;

i) i filosofi e i giuristi;

j) la storia e la tradizione.

Il metodo di Cano esercitò un grande influsso. Deve, però, lasciare più posto al mistero e inserire i temi della storia della salvezza e della liturgia. Cf Deposito della fede; Dogma; Dossologia; Lex orandi - Lex credendi; Liturgia; Metodi in teologia; Neoscolastica; Rivelazione; Tradizione.

Lodi. (inizio)

Preghiera del mattino antica e ufficiale nella Chiesa d'Occidente. Si chiama " lodi mattutina " o " lodi dell'alba ". La preghiera del " Mattutino " si riferiva alla prima preghiera del mattino nei monasteri, mentre negli uffici delle cattedrali si chiamava " lodi ". Queste due preghiere si sono fuse nella preghiera del mattino che, dopo la riforma del Concilio Vaticano II, presenta questa struttura: l'invitatorio, un inno, tre salmi (uno dei quali può essere un cantico), una lettura tolta dalla Scrittura, un breve responsorio, il Benedictus, le intercessioni, il Padre nostro, la Colletta del giorno e la benedizione finale. Il " Mattutino " ha preso il nome di " Ufficio delle letture " ed è la preghiera della notte o della meditazione. Nel rito bizantino, l'Orthros (Gr. " alba "), o preghiera del mattino, è più lungo. Cf Colletta; Liturgia delle Ore.

Logos (Gr. " parola ", " messaggio ", " discorso ", " ragione "). (inizio)

Nella filosofia greca, è il motivo che permea e regge il cosmo. I libri sapienziali dell'AT parlavano del Lògos come della sapienza personificata che Dio manifestava nel creare l'universo (Prv 8,31-36; Sap 7,22-30; 9,1-2). Il filosofo ebreo Filone (circa 20 a.C. - circa 50 d.C.) collegò la filosofia greca con la letteratura sapienziale dell'AT per presentare il Lògos come modello divino e attività finale nel creato. Nel pensiero di Giovanni, il Lògos è la Parola divina preesistente mediante cui " tutto è stato fatto " e che " si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi " (Gv 1,1-14; 1 Gv 1,1-2; Ap 19,11-16). Il carattere " verbale " di questo titolo cristologico vuole insinuare che la divina auto-rivelazione ha raggiunto il suo vertice con l'incarnazione storica del Lògos. Dopo Nicea, i termini " Lògos " e " Figlio di Dio " furono usati indifferentemente per designare la seconda persona della Trinità. Cf Apollinarismo; Appropriazione; Arianesimo; Concilio di Nicea I; Cristologia del Logos-anthropos; Cristologia del Logos-sarx; Parola di Dio; Titoli cristologici; Teologia giovannea.

Luce di gloria. (inizio)

Quella luce di cui hanno bisogno quanti sono in cielo per vedere Dio nella visione beatifica. Il Salmo 36,10 dice: " Alla tua luce vediamo la luce ". L'Apocalisse parla della luce divina che sostituisce la luce normale nella nuova Gerusalemme (Ap 21,23; 22,5). Contro gli errori attribuiti ai Begardi e alle Beghine, l'insegnamento ufficiale del Magistero definì che l'intelletto umano non può vedere Dio senza la speciale luce di gloria (cf DS 895). L'Occidente tende ad interpretare questa luce come qualcosa di creato, un abito soprannaturale che trasforma il nostro intelletto. L'Oriente identifica questa luce con Dio, mentre ammette una distinzione tra l'essenza divina inaccessibile e l'energia di Dio che è trasformante. Cf Abito; Esicasmo; Essenza ed energie; Palamismo; Visione beatifica.

Lumen gloriae. (inizio)

Cf Luce di gloria.

Luteranesimo. (inizio)

Quella forma di cristianesimo che si ispira a Martin Lutero (1483-1546), iniziatore della Riforma in Germania. Dopo essere entrato negli Eremiti Agostiniani nel 1505, finì per diventare professore di Sacra Scrittura a Wittenberg, dove nel 1517 affisse le famose 95 tesi per protestare contro lo scandaloso commercio delle indulgenze. Fu scomunicato dal papa Leone X nel 1521. Il luteranesimo si diffuse in gran parte della Germania, come anche nei paesi della Scandinavia e della Finlandia. Assieme a comunità degli Stati Uniti e altrove, quasi tutte queste Chiese formano ora la Federazione Mondiale Luterana. Le dottrina tipiche del luteranesimo si possono trovare negli scritti di confessione luterana, specialmente la Confessione di Augusta (1530), l'Apologia della Confessione di Augusta (1531), gli Articoli di Smalcalda (1536) e i catechismi di Lutero. Possono essere sunteggiate in questo modo: la sola fede, o la giustificazione mediante la fede sola (non mediante le buone opere); la sola grazia, ossia la giustificazione unicamente mediante la grazia di Dio; la sola Scrittura, cioè la Bibbia (non le tradizioni umane) come unica norma autorevole della fede. Il Luteranesimo enfatizza la Croce di Cristo e l'asservimento umano al dominio del peccato. Accetta solo il battesimo e l'Eucaristia come sacramenti veramente istituiti dal Signore. Cf Concilio di Trento; Confessione di Augusta; Fede e Opere; Imputazione; Indulgenze; Legge e vangelo; Protestante; Riforma; Sola fede; Sola grazia; Sola Scrittura; Tradizione.