GIOVANNI PAOLO II
Lo spirito, fonte dei doni spirituali e dei carismi
nella chiesa
mercoledì, 27 febbraio 1991
1. Abbiamo concluso la
precedente catechesi con un testo del Concilio Vaticano II, che occorre
riprendere come punto di partenza per la catechesi presente. Leggiamo nella
costituzione “Lumen gentium”: “Lo Spirito Santo dimora nella Chiesa e nei cuori
dei fedeli come in un tempio, e in essi prega e rende testimonianza della loro
adozione filiale. Egli guida la Chiesa alla verità tutta intera, la unifica
nella comunione e nel ministero, la istruisce e dirige con diversi doni
gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti”. Dopo aver parlato,
nella precedente catechesi della struttura ministeriale della Chiesa, animata e
sostenuta dallo Spirito Santo, parliamo ora, seguendo la linea del Concilio,
dei doni spirituali e dei carismi che egli elargisce alla Chiesa, come “dator
munerum”, datore dei doni, secondo l'invocazione della sequenza della
Pentecoste.
2. Anche qui possiamo
attingere alle lettere di san Paolo la dottrina da esporre nella forma
sintetica richiesta dalla catechesi. Leggiamo nella Prima lettera ai Corinzi:
“Vi sono... diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di
ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno
solo è Dio, che opera tutto in tutti”. L'accostamento, in questi versetti,
della diversità dei carismi e di quella dei ministeri e delle operazioni ci
suggerisce che lo Spirito Santo è il Datore di una multiforme ricchezza di doni
che accompagna i ministeri e la vita di fede, di carità, di comunione e
collaborazione fraterna dei fedeli, come già si vede nella storia degli
apostoli e delle prime comunità cristiane. San Paolo si sofferma a sottolineare
la molteplicità dei doni: “A uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio
della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il
linguaggio della scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un
altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito; a uno il potere
dei miracoli; a un altro il dono della profezia;... a un altro la varietà delle
lingue”. Qui occorre notare che l'enumerazione dell'Apostolo non ha carattere
limitativo: Paolo indica i doni particolarmente significativi nella Chiesa di allora,
doni che non hanno cessato di manifestarsi anche nelle epoche successive, ma
senza esaurire, né alle origini né in seguito, tutto lo spazio aperto verso
sempre nuovi carismi che lo Spirito Santo può concedere in rispondenza a nuovi
bisogni. Poiché “a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito
per l'utilità”, quando sorgono nuove esigenze e nuovi problemi della
“Comunità”, la storia della Chiesa ci attesta la presenza di nuovi doni.
3. In ogni caso, di qualunque
specie siano i doni, anche quando sembrano servire prima di tutto alla persona
che ne è privilegiata (per esempio nella “glossolalia” di cui parla l'Apostolo,
tuttavia confluiscono tutti, in qualche modo nell'utilità comune, servono per
edificare “un corpo”: “E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo
Spirito per formare un solo corpo... e tutti ci siamo abbeverati a un solo
Spirito”. Di qui la raccomandazione di Paolo ai Corinzi: “Poiché desiderate i
doni dello Spirito, cercate di averne in abbondanza, per l'edificazione della
comunità”. Nello stesso contesto si trova l'esortazione a “ricercare il dono
della profezia”, più “utile” alla comunità che non quello delle lingue. “Chi
infatti parla con il dono delle lingue non parla agli uomini, ma a Dio, giacché
nessuno comprende, mentre egli dice per ispirazione cose misteriose. Chi
profetizza, invece, parla agli uomini per loro edificazione, esortazione e
conforto... edifica l'assemblea”. Evidentemente Paolo preferisce i carismi
dell'edificazione, potremmo dire dell'apostolato. Ma al di sopra di tutti i
doni egli raccomanda quello che ancora più serve al bene comune: “Ricercate la
carità”. La carità fraterna, radicata nell'amore di Dio, è la “via ancor più
perfetta”, che a Paolo preme indicare e che esalta con un inno di alto lirismo
oltre che di sublime spiritualità.
4. Il Concilio Vaticano II
nella costituzione sulla Chiesa riprende l'insegnamento paolino sui doni
spirituali e in particolare sui carismi, per precisare: “Questi carismi,
straordinari o anche più semplici e più comuni, siccome sono soprattutto
adattati e utili alle necessità della Chiesa, si devono accogliere con
gratitudine e consolazione. I doni straordinari però non si devono chiedere
imprudentemente, né con presunzione si devono da essi sperare i frutti dei
lavori apostolici; ma il giudizio sulla loro genuinità e ordinato uso
appartiene all'Autorità ecclesiastica, alla quale spetta soprattutto di non
estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono”. E un
testo di saggezza pastorale, che si colloca sulla linea delle raccomandazioni e
norme che, come abbiamo visto, san Paolo dava ai Corinzi, per aiutarli in una
giusta valutazione dei carismi e nel necessario discernimento dei veri doni
dello Spirito. Sempre secondo il Concilio, tra i carismi hanno un'importanza
particolare quelli che servono alla pienezza della vita spirituale,
specialmente quelli che si esprimono nelle varie forme di vita “consacrata”
secondo i consigli evangelici, che lo Spirito Santo suscita da sempre in mezzo
ai fedeli. Leggiamo nella costituzione “Lumen gentium”: “I consigli evangelici
della castità consacrata a Dio, della povertà e dell'obbedienza, essendo
fondati sulle parole e sugli esempi del Signore e raccomandati dagli apostoli,
dai Padri e dai Dottori e pastori della Chiesa, sono un dono divino che la
Chiesa ha ricevuto dal suo Signore e con la sua grazia sempre conserva. La
stessa autorità della Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo, si è data
cura di interpretarli, di regolarne la pratica e anche di fissarne forme
stabili di vita... Lo stato religioso... dimostra pure a tutti gli uomini la
preminente grandezza della virtù di Cristo regnante, e la infinita potenza
dello Spirito Santo, mirabilmente operante nella Chiesa. Lo stato dunque, che è
costituito dalla professione dei consigli evangelici, pur non concernendo la
struttura gerarchica della Chiesa, appartiene tuttavia fermamente alla sua vita
e alla sua santità... Essa (la gerarchia ecclesiastica) inoltre, docilmente
seguendo gli impulsi dello Spirito Santo, accoglie le regole proposte da esimi
uomini e donne, e... le approva autenticamente”. E particolarmente importante
questa concezione dello stato religioso come opera dello Spirito Santo,
mediante la quale la Terza Persona della Trinità quasi visibilizza l'azione che
svolge in tutta la Chiesa per portare i fedeli alla perfezione della carità.
5. E pertanto legittimo
riconoscere la presenza operante dello Spirito Santo nell'impegno di quanti -
vescovi, presbiteri, diaconi, laici di qualunque categoria - si sforzano di
vivere il Vangelo nel proprio stato di vita. Si tratta di “vari ordini”, come
dice il Concilio, che manifestano, tutti, la “multiforme grazia di Dio”. Ciò
che conta, per tutti, è che “ognuno metta a servizio degli altri il suo dono
secondo che lo ha ricevuto”. Dall'abbondanza e dalla varietà dei doni risulta
la comunione della Chiesa, una e universale nella varietà dei popoli, delle
tradizioni, delle vocazioni, delle esperienze spirituali. L'azione dello
Spirito si manifesta e opera nella molteplicità e ricchezza dei carismi che
accompagnano i ministeri svolti nelle varie forme e misure richieste dalle
necessità dei tempi e dei luoghi: per esempio, con l'aiuto ai poveri, agli
ammalati, agli infortunati, agli handicappati o “impediti” nei diversi modi;
oppure, a un livello ancora più alto, col consiglio, la direzione spirituale,
la pacificazione tra i contendenti, la conversione dei peccatori, l'attrazione
alla parola di Dio, l'efficacia della predicazione e della penna, l'educazione
nella fede, l'infervoramento nel bene, ecc.: è una rosa vastissima di carismi,
con i quali lo Spirito Santo partecipa alla Chiesa la sua carità e santità, in
analogia con l'economia generale della creazione, nella quale, come osserva san
Tommaso, l'unico Essere di Dio partecipa alle cose la sua perfezione infinita.
6. Questi carismi non vanno
contrapposti ai ministeri di carattere gerarchico e, in generale, agli
“uffici”, stabiliti anch'essi per l'unità, il buon funzionamento e la bellezza della
Chiesa. Anche l'ordine gerarchico e tutta la struttura ministeriale della
Chiesa è sotto l'azione dei carismi, come si rileva dalle parole di Paolo nelle
lettere a Timoteo: “Non trascurare il dono spirituale che è in te e che ti è
stato conferito, per indicazioni di profeti, con l'imposizione delle mani da
parte del collegio dei presbiteri”; “Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che
è in te per l'imposizione delle mie mani”. Vi è dunque un carisma di Pietro, vi
sono i carismi dei vescovi, dei presbiteri, dei diaconi; vi è un carisma
concesso a chi è chiamato ad assumere un ufficio ecclesiastico, una mansione di
ministero. Si tratta di scoprire e di riconoscere questi carismi e di
assecondarli, senza mai presumere. Per questo l'Apostolo scrive ai Corinzi:
“Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio che restiate
nell'ignoranza”. E qui Paolo dà inizio alla sua istruzione sui carismi, per
segnare una linea di comportamento ai convertiti di Corinto, i quali, quando
erano ancora pagani, si lasciavano “trascinare verso gli idoli muti sotto
l'impulso del momento” (manifestazioni anomale da cui ormai dovevano
rifuggire). “Ebbene, io vi dichiaro: nessuno può dire Gesù è Signore se non
sotto l'azione dello Spirito Santo”. Si tratta di una verità che, con quella
della Trinità, è fondamentale per la fede cristiana. La professione di fede in
questa verità è un dono dello Spirito Santo, per cui si colloca ben al di sopra
di un atto di conoscenza puramente umano. Già in questo atto di fede, che è e
dev'essere sulla bocca e nel cuore di tutti i veri credenti, “si manifesta” lo
Spirito Santo. E la prima e più elementare realizzazione di ciò che diceva Gesù
nell'ultima cena: “Egli (lo Spirito Santo) mi glorificherà, perché prenderà del
mio e ve l'annunzierà”.