GIOVANNI PAOLO II
Finalità dell'attività
missionaria
mercoledì, 10 maggio 1995
1. Continuiamo la riflessione avviata nella precedente
catechesi riguardo alle obiezioni e ai dubbi circa il valore dell'attività
missionaria, e in particolare circa la sua finalità evangelizzatrice. Non è mancato chi ha voluto interpretare
l'azione missionaria come un tentativo di imporre ad altri le proprie
convinzioni e scelte, in contrasto con un certo spirito moderno che vanta come
una conquista definitiva l'assoluta libertà di pensiero e di coscienza
personale. Secondo tale prospettiva
l'attività evangelizzatrice dovrebbe essere sostituita da un dialogo
interreligioso, che consisterebbe in uno scambio di opinioni e di informazioni,
con cui ognuna delle parti fa conoscere il proprio “credo” e si arricchisce del
pensiero altrui, senza nessuna preoccupazione di giungere a delle conclusioni.
Ciò dovrebbe comportare - si dice - da parte dei cristiani la rinuncia a
indirizzare i non-cristiani sulla via del Vangelo, l'astensione dal proporre o
favorire la conversione, l'esclusione della prospettiva del battesimo. Così
verrebbe rispettata la via di salvezza seguita da ciascuno secondo la propria
educazione e tradizione religiosa (cf. Giovanni Paolo II, “Redemptoris missio”,
4).
2. Ma una simile concezione appare inconciliabile col
mandato di Cristo agli apostoli (cf. Mt 28,19-20; Mc 16,15), trasmesso alla
Chiesa, e con l'autentica ecclesiologia a cui si è richiamato il Concilio
Vaticano II per mostrare l'indubbia necessità dell'attività missionaria. Si
tratta di alcune verità fondamentali: Dio vuole la salvezza di tutti; Gesù
Cristo è il “solo mediatore”, il quale “ha dato se stesso in riscatto per
tutti” (1Tm 2,5-6), sicché “non esiste in nessun altro la salvezza” (At 4,12); è
perciò necessario “che tutti a lui si volgano, dopo averlo conosciuto
attraverso la predicazione della Chiesa, e a lui e alla Chiesa, suo corpo,
aderiscano vitalmente attraverso il battesimo” (“Ad gentes”, 7). Il Concilio fa riferimento alle parole di
Gesù Cristo sull'irrinunciabile impegno missionario affidato agli apostoli.
Egli, inculcando espressamente la necessità della fede e del battesimo (cf. Mc
16,16; Gv 3,5), ha nello stesso tempo confermato il ruolo della Chiesa, nella
quale è necessario entrare e perseverare se si vuole essere salvi (cf. “Ad
gentes”, 7). Questa necessità della fede accolta mediante la predicazione della
Chiesa, in ordine alla salvezza, non è soltanto una deduzione teologica, ma è
dottrina rivelata dal Signore. Da essa deriva l'urgenza dell'azione missionaria
per la predicazione del Vangelo e il conferimento del battesimo, che assicura
l'ingresso nella comunione della Chiesa. Questa tradizionale dottrina della
Chiesa svela l'inconsistenza e la superficialità di un atteggiamento relativista
ed irenista, circa la via della salvezza in una religione diversa da quella
fondata sulla fede in Cristo.
3. Senza dubbio si deve credere all'esistenza di vie
segrete del disegno divino di salvezza per coloro che senza colpa non possono
entrare nella Chiesa; tuttavia non si può, in nome di queste vie, rallentare o
abbandonare l'attività missionaria. A questo proposito osserva il Concilio:
“Benché Dio, attraverso vie che lui solo conosce, possa portare gli uomini, che
senza loro colpa ignorano il Vangelo, a quella fede senza la quale è
impossibile piacergli (Eb 11,6), è tuttavia compito imprescindibile della
Chiesa, e nello stesso tempo suo sacrosanto diritto, diffondere il Vangelo,
sicché l'attività missionaria conserva in pieno - oggi e sempre - la sua
validità e necessità” (“Ad gentes”, 7).
4. Della “validità e necessità” dell'azione missionaria
il Concilio spiega anzitutto le ragioni ecclesiologiche, riguardanti la vita
interna della Chiesa. “Grazie all'attività missionaria il corpo mistico raccoglie
e dirige ininterrottamente le sue forze per promuovere il proprio sviluppo (cf.
Ef 4,11-16)”. I membri della Chiesa, “animati dalla carità, condividono con
tutti gli uomini i beni spirituali della vita presente e della futura”. Dio
viene glorificato perché grazie a quella attività “gli uomini accolgono in
forma consapevole e completa l'opera salvatrice compiuta nel Cristo”. Si
realizza così il piano di Dio a cui si è consacrato Cristo, cioè “la
costituzione di tutto il genere umano nell'unico popolo di Dio la sua riunione
nell'unico corpo di Cristo, la sua edificazione nell'unico tempio dello Spirito
Santo” (“Ad gentes”, 7). L'attività
missionaria risponde pienamente al disegno del Creatore, messo in luce dalla
tradizione patristica alla quale fa riferimento il Concilio Vaticano II. Esso
si attuerà “quando tutti quelli che sono partecipi della natura umana,
rigenerati in Cristo per mezzo dello Spirito Santo, potranno dire, volgendo
concordi lo sguardo alla gloria di Dio: "Padre nostro"”. Ma, nello stesso
tempo, l'evangelizzazione “risponde all'intimo desiderio di tutti gli uomini”
(“Ad gentes”, 7), che sono più o meno consapevolmente, e - si potrebbe dire -
quasi istintivamente, dei cercatori di Dio, di concordia fraterna, di pace, di
vita eterna. L'attività missionaria mira precisamente a tutto questo.
5. Tra le aspirazioni fondamentali dell'uomo, su cui
l'attività missionaria della Chiesa porta la luce della rivelazione di Cristo,
vi è la conoscenza della verità riguardo a se stesso e al proprio destino.
Afferma il Concilio: “Per il fatto stesso che annuncia loro il Cristo, la
Chiesa rivela agli uomini in maniera genuina la verità intorno alla loro
condizione e alla loro integrale vocazione, poiché è Cristo il principio e
l'esemplare dell'umanità nuova, di quella umanità permeata di amore fraterno,
di sincerità, di spirito di pace, che tutti vivamente desiderano. Cristo e la
Chiesa, che a lui con la sua predicazione evangelica rende testimonianza,
superano i particolarismi di razza e di nazionalità, sicché a nessuno e in
nessun luogo possono apparire estranei” (“Ad gentes”, 8). Occorre a questo punto ripetere quanto
abbiamo fatto notare più volte: la verità del Vangelo non è legata a una
particolare nazione o cultura; è la verità di Cristo che illumina ogni uomo
senza distinzione di tradizioni o di razze. Per tale ragione è necessario che
sia annunciata all'intera umanità: “Il Cristo è la verità e la vita, che la
predicazione evangelica a tutti svela” (“Ad gentes”, 8).
6. Possiamo concludere l'odierna riflessione confermando
anche per il nostro tempo la piena validità delle missioni e dell'attività
missionaria, come eccellente concretizzazione della missione della Chiesa di
predicare il Cristo Verbo incarnato, redentore dell'uomo. Infatti, mediante l'azione
missionaria, la Chiesa applica il potere salvifico del Signore Gesù al bene
integrale dell'uomo, in attesa e in preparazione della sua nuova venuta nel
mondo, nella pienezza escatologica del regno di Dio. Dei missionari si può
ripetere ancora oggi quello che si afferma di Paolo, venuto a Roma come
missionario: “Dal mattino alla sera espose loro accuratamente, rendendo la sua
testimonianza, il regno di Dio, cercando di convincerli riguardo a Gesù” (At
28,23). Nel brano degli Atti degli apostoli si tratta di un incontro con i
fratelli della comunità ebraica di Roma. In quell'occasione “gli uni si
lasciavano persuadere, gli altri erano increduli” (At 28,24). L'Apostolo però
prese in modo definitivo la sua grande risoluzione: “Sia dunque noto a voi che questa
salvezza di Dio viene ora rivolta ai pagani, ed essi l'ascolteranno!” (At
28,28). Possiamo dire che quel giorno
cominciò a Roma, nella casa presa in affitto da Paolo, una nuova tappa dello
sviluppo della storia del cristianesimo: storia di fede, di civiltà e di valori
evangelici, sempre ricca e feconda per il bene dell'umanità.