SIRACIDE
(Ecclesiastico)
"Sapienza di Gesù, figlio di Sirach". Questo
è in greco il titolo dell’opera. Esso indica subito la particolarità del libro
nel contesto biblico: abbiamo infatti a che fare con un’opera d’autore, che,
alla fine del libro, si designa lui stesso, precisando che risiede a
Gerusalemme. Il Siracide si presenta come una raccolta disordinata di sentenze
diverse. Vi riconosciamo, secondo le categorie moderne, dei frammenti di
morale, di spiritualità, di sociologia, di psicologia e di filosofia. Tuttavia
l’opera ha una sua unità, poiché ogni riflessione tende alla ricerca del bene
più prezioso: la Sapienza.
Proprio come Qoelet, Gesù figlio di Sirach è tutto teso
alla ricerca della Sapienza, che sembra confondersi a volte con Dio stesso.
Qui, come nell’Ecclesiaste e in generale nei libri
sapienziali, la Sapienza ha valore solo perché è divina: rivelazione della
scienza di Dio, comunione con il Creatore. Siamo lontani dalla concezione greca
della sapienza come somma di sapere e di conoscenze, acquisita con sforzi
intellettuali o ascetici. Il sapiente del Siracide non è colui che si innalza
alla conoscenza superiore, ma colui che teme Dio e cerca la sua presenza in
ogni cosa. La Sapienza non è accumulazione laboriosa, ma dono di Dio, dono che
si riceve in umiltà.
È del resto certo che l’autore, vivendo all’epoca dei
Maccabei, quando il giudaismo tradizionale e l’ellenismo si combattevano, ha
volontariamente distinto la Sapienza ebraica dalla sapienza pagana.
Onnipresente è il timor di Dio. Esso è l’inizio della
Sapienza (Sir 1,14) e la sua condizione sine qua non. In altre parole, la fede
nel Dio vivente e l’obbedienza alla sua Torah sono assolutamente necessarie
nella ricerca della Sapienza. Questo passo è esigente e richiede, da parte di
chi ricerca la verità, un’assoluta fiducia e un totale abbandono fra le braccia
del Signore.
Il sapiente occupa un posto eminente nella società;
meditando giorno e notte i misteri divini, ne è quasi l’anima, la guida
spirituale; mediante l’insegnamento, fa partecipi della Sapienza ricevuta tutti
coloro che hanno sete di verità. In questo modo contribuisce a mantenere il
popolo nelle vie del Signore. Grazie alla sua conoscenza e alla sua santità,
continua l’opera di Dio, al quale è associato in modo molto particolare. In
un’epoca in cui i re sono scomparsi, in cui i profeti tacciono, il sapiente
prende il loro posto e diventa l’intermediario privilegiato tra Dio e il suo
popolo.
Fino alla fine del XIX secolo, il Siracide era
conosciuto soltanto nella versione greca. Il testo ebraico, cui faceva
riferimento san Girolamo, era scomparso. Esso riapparve nei manoscritti dell’XI
e del XII secolo, scoperti in una sinagoga del Cairo. In seguito, i frammenti
di Qumran e quelli di Masada ci hanno affidato una versione ebraica del
Siracide che data dal I secolo a. C.
La storia dell’opera può essere tracciata nel modo
seguente: Gesù figlio di Sirach scrive il proprio libro in ebraico nella prima
metà del II secolo a. C.; verso il 132 a. C., come testimoniano il prologo e la
versione greca, suo nipote lo traduce; numerosi esemplari circolano in
Palestina nel primo secolo della nostra era; alla fine del I secolo, i rabbini
escludono l’opera dal Canone, condannando alla clandestinità i manoscritti.
Alcuni di essi vengono così nascosti in grotte non lontano da Gerico. Ne
saranno fatte delle copie che verranno conservate preziosamente in ambienti
ebraici.
Per la stesura della propria opera, il figlio di Sirach
si è ispirato ai libri sapienziali biblici, in particolare ai Proverbi. Agli
occhi di alcuni, esso appare come il primo libro dello scriba, di cui traccia
il ritratto: uomo del Libro, che medita sulla Legge per scoprirvi la Sapienza
divina, che riunisce i discepoli in una "scuola", chiamata
"dimora del Midrash".
Scartato dal Talmud sotto l’accusa di misoginia, di
epicureismo e di misantropia, il Siracide esercitò comunque un’influenza
considerevole sui commenti del Midrash e sugli scritti di celebri autori ebrei
del Medioevo.
I Padri della Chiesa, come Clemente alessandrino,
presero molto dal Siracide, e la liturgia cristiana ne riprende molti brani.