TESTIMONI DEL POPOLO DI DIO IN ALBANIA

di Robert Ashta

 

L'Albania è un piccolo paese nel Sud dell'Europa, con una superficie di 28 mila chilometri quadrati e una popolazione dì tre milioni di abitanti, dei quali il 70% sono musulmani, il 18% ortodossi e il 12% cattolici.

Nel 1944 in questo piccolo paese balcanico fu instaurata una delle più feroci dittature dell'era moderna. L'undici di gennaio 1946 l'Albania fu proclamata Repubblica popolare. Iniziò così il primo periodo del terrore diretto contro la religione che si è protratto fino al 1948.

In questo periodo la Chiesa cattolica era organizzata in due arcidiocesi, tre diocesi, un'abbazia nullius e un'amministrazione apostolica per il Sud del paese.

C'erano 131 parrocchie, il clero contava 5 vescovi, 93 sacerdoti diocesani, 94 religiosi; le religiose erano 161. Tra gli istituti di vita consacrata presenti possiamo menzionare:

- i padri francescani minori, con 80 frati, tutti albanesi;

- i padri gesuiti, con 25 religiosi dei quali 16 italiani e 9 albanesi;

- la congregazione di don Orione con 5 religiosi italiani.

Tra gli istituti femminili che avevano una presenza consolidata c'erano le Stimmatine, che contavano 98 suore, quasi tutte albanesi. Poi venivano le Servite, con 27 religiose e le Ancelle della carità di Brescia, con 71 italiane e 5 albanesi. Erano altresì presenti le Figlie di Maria ausiliatrice, quasi tutte missionarie italiane.

Verso la metà dello stesso anno si intravidero, nel Sud del paese, i primi segnali di un programma di distruzione delle istituzioni ecclesiastiche. In due mesi furono chiuse le chiese, gli orfanotrofì, le scuole e gli asili.

La protesta dell'amministratore apostolico, monsignor Nigris, ebbe come risposta la sua espulsione dal paese, esattamente il 24 maggio 1945. Subito dopo in tutta l'Albania furono chiuse le scuole cattoliche.

Nel 1946 furono condannati e fucilati due gesuiti, un francescano, due seminaristi e dieci fedeli scutarini stimati da tutti.

Nel gennaio dello stesso anno furono espulsi dall'Albania 80 religiosi italiani.

Appena neutralizzato il clero estero, il governo concentrò la propria ferocia sui sacerdoti albanesi. Entro un anno furono incarcerati 32 sacerdoti e 15 furono fucilati. In questo stesso anno morì agli arresti domiciliari l'arcivescovo di Scutari, monsignor Gaspare Thaci, con il processo contro alcuni suoi membri accusati come spie del Vaticano.

Dopo questa circostanza qualsiasi accusa generica fu usata come pretesto per sopprimere, con ordinaria procedura, i sacerdoti cattolici.

Durante il periodo gennaio-marzo 1948 i comunisti riuscirono a far dissolvere l'episcopato cattolico albanese.

Ci atteniamo solo alle statistiche per mostrare le scene orrende del martirio dei cattolici albanesi che ci ricordano quelle compiute sui primi cristiani.

Due vescovi furono uccisi dopo processi-farsa messi in scena dai comunisti; altri due prelati morirono in prigione per le torture; 29 sacerdoti furono fucilati; altri 8 morti per le torture e 4 furono uccisi senza processo.

Furono 20 coloro che morirono nei campi di sterminio e 40 quelli che spirarono subito dopo essere stati rilasciati, dopo aver subito torture atroci.

Il totale fu di 106 sacerdoti. Erano le promesse di una nuova primavera per la nostra Chiesa, ma sigillarono con il sangue la loro consacrazione.

La dittatura non risparmiò neppure i fedeli, molti dei quali morirono, dando la loro vita seguendo l'esempio dei loro pastori.

Non di meno furono attaccate dal regime le religiose: infatti una giovane probanda meritò degnamente la palma del martirio.

Tutti coloro che furono martirizzati, morirono gridando: " Viva Cristo re ".

Portiamo qui solo un esempio della persecuzione dei fedeli cattolici. In una famiglia furono trovati un rosario e una croce: ebbene il capo di quella famiglia fu ammanettato e in prigione gli fu chiesto di calpestare la croce, altrimenti nessuno di essi avrebbe ottenuto la libertà. Essi non accettarono, per cui subirono una condanna di 12 anni ciascuno.

A un altro fedele fu chiesto dagli uomini del regime di fornire una falsa testimonianza contro un sacerdote, ma questi non accettò e fu condannato a vita; vecchio e malato, poté vedere la libertà solo dopo la caduta del comunismo.

Mentre a Roma la Santa Sede ravvivava la vita della Chiesa con i documenti del concilio Vaticano IL in Albania si preparava l'attacco finale contro la Chiesa e i suoi membri.

Nel 1967 vennero chiusi tutti gli edifici del culto e il governo proibì con decreto-legge qualsiasi celebrazione religiosa come atto criminale contro lo Stato. Gli edifici di culto furono trasformati in palestre, luoghi di ristoro, teatri e centri del partito.

Fu distrutto il santuario della Madonna del Buon Consiglio a Scutari9 i comunisti violarono anche il cimitero cattolico di Scutari e vietarono l'uso dei nomi cristiani; imprigionarono anche i pochi sacerdoti scampati alle persecuzioni. Tra gli arrestati c'era anche monsignor Ernesto Coba, l'ultimo vescovo di Scutarì che doveva morire poco dopo, in prigione.

Negli anni 1969-72 furono fucilati 6 sacerdoti solo perché avevano amministrato i sacramenti.

La nuova Costituzione albanese del 1976 proclamò l'Albania come " paese ateo " e qualsiasi pratica religiosa venne condannata come un crimine contro lo Stato. Ai trasgressori si comminava una pena che andava da 10 anni di detenzione fino alla pena capitale.

I fedeli rimasero così senza pastori e senza chiese. Furono distrutti i frutti di una lunga tradizione e di un faticoso lavoro missionario, come scuole, seminari, conventi, biblioteche, tipografie, giornali e riviste. La tradizione cattolica rimase solo un ricordo nella memoria dei fedeli.

La libertà ci trovò ricchi di martiri, ma poveri di sacerdoti, di chiese, di mezzi e persino affamati. Però il comunismo non potè far scomparire il sacerdote dalla terra albanese.

Ricordiamo solo i momenti principali della rinascita della Chiesa cattolica in Albania:

- 1989: Madre Teresa visita l'Albania;

- 1990, 4 novembre: nel vecchio cimitero cattolico di Scutari viene celebrata la prima messa.

- 1991, 20-23 marzo: la prima delegazione della Santa Sede, presieduta da monsignor Celli, visita l'Albania. Visita che sarà seguita da una seconda, durante la quale verrà fondata l'Azione cattolica a Scutari e a Tirana.

Vengono cosi aperte le chiese rimaste ancora in piedi e viene altresì aperto un seminario a Scutari per la formazione dei futuri sacerdoti.

Il 28 ottobre 1991 si ristabilirono le relazioni diplomatiche con la Santa Sede, la quale nominò come nunzio apostolico S. E. monsignor Ivan Diaz.

La data più memorabile, però, per ogni albanese è il 25 aprile dei 1993, quando Giovanni Paolo II, primo pontefice a visitare l'Albania, ha consacrato quattro nuovi vescovi.

Nel novembre del 1994 l'Albania ebbe il suo primo cardinale, nella persona di monsignor Michele Koliqi.

Sin dai primi giorni della rinascita della vita della Chiesa iniziarono a fiorire le prime vocazioni sacerdotali. Ormai abbiamo un seminario dove studiano 80 candidati che dovrebbero ricevere il sacramento dell'ordine nell'anno 2000. Alcuni hanno finito gli studi nel seminario minore e ora proseguono in quello maggiore.

In tutto il paese lavorano diverse congregazioni religiose femminili, le quali danno un contributo prezioso alla formazione della persona secondo l'ideale cristiano.

Ora possiamo dire che tutto è passato e che non ci sono più problemi?

No, questo non lo possiamo dire, perché come il paese è stato distrutto, cosi lo è stato anche il senso cristiano negli animi degli uomini. La Chiesa, infatti, trova grandi difficoltà nell'edificare dimore dello Spirito Santo.

Però il sacerdote è sempre presente nelle montagne albanesi e con lui anche il vangelo di Cristo. Entro cinque anni avremo i nuovi sacerdoti, formati secondo gli insegnamenti del concilio Vaticano II, insegnamenti che certamente verranno accolti anche da coloro che, quando a Roma veniva promulgato il documento conciliare Presbyterorum Ordinis, aspettavano nelle celle la sentenza di morte, oppure marcivano vivi nelle paludi ai lavori forzati.

La Chiesa d'Albania necessita di tante cose, e tra queste le più importanti sono: essere costantemente presente tra il popolo, combattere le conseguenze devastanti del comunismo e affrontare con coraggio le sfide della modernità. Infatti, il consumismo sta cercando di riempire il vuoto del comunismo con un altro vuoto, ma noi al consumismo risponderemo con lo spirito della carità che ci alimenta anche nel dialogo sempre aperto con i fedeli delle altre religioni.