CAPITOLO I

 

QUALCHE DOMANDA FONDAMENTALE SUL PENTATEUCO

 

Lo scopo di questo primo capitolo sarà di presentare il Pentateu­co nel suo insieme. Una delle prime domande è di sapere che cosa si­gnifica la parola Pentateuco. In seguito, si vedrà per quali ragioni i cinque primi libri della Bibbia Ebraica formano un insieme che dal punto di vista della rivelazione ha un valore diverso da tutto il resto dell'Antico Testamento. La cesura che separa la fine del Deuteronomio e l'inizio del libro di Giosuè non è solo temporale. Segnala anche il passaggio da una prima tappa della storia della rivelazione ad un'altra.

 

A. ORIGINE DELLA PAROLA PENTATEUCO E DEL SUO USO

Per la tradizione rabbinica, la Torà («Legge») comprende i cin­que primi libri della Bibbia e si conclude con la morte di Mosè (Dt 34). I cinque libri si chiamano hamisd humsè torà - «i cinque quinti della Legge». Questa espressione ebraica è probabilmente all'origine dell'espressione greca he pentateuchos (biblos).

La parola greca pentateuchos (biblos), da cui viene il latino pen-tateuchus (liber), «Pentateuco», è una parola composta da penta, che significa «cinque» e teuchos, che significa in genere «strumento», «ar­nese», «utensile» (1). Quest'ultima parola designava prima l'astuccio o contenitore cilindrico dei rotoli, poi, per metonimia, il contenuto, cioè il «rotolo» (2). Pentateuco significa pertanto: «cinque libri» o, meglio, «cinque rotoli».

Il Pentateuco è la prima parte dell'Antico Testamento e della Bib­bia Ebraica. Contiene i primi cinque libri della Bibbia, cioè Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Questi cinque nomi pro­vengono dalla traduzione greca della LXX e sono stati ripresi dalla Vulgata.

In ebraico, invece, i titoli dei libri corrispondono alla prima pa­rola importante dello stesso libro: bresìt («All'inizio» - Genesi); s'mòt («I nomi» - Esodo); wayyiqra' («E chiamò» - Levitico); b'midbar («Nel deserto [del Sinai]» - Numeri); d'barìm («Le parole» - Deuteronomio).

La parola Pentateuco viene adoperata di rado dai Padri della Chie­sa (3), che preferiscono parlare della «legge» o della «legge di Mosè», in opposizione ai «profeti», come gli Ebrei e il Nuovo Testamento (4).

Altri scritti antichi menzionano i «cinque libri» della legge (5). Una prima menzione si trova forse già negli scritti di Qumran ove appare in un frammento l'espressione kwl [s]prym hwmsym che si potrebbe tradurre «tutti i libri del Pentateuco» (6). Questa divisione in cinque li­bri si ritrova anche nel salterio nella Bibbia Ebraica: Sai 1-41; 42-72; 73-89; 90-106; 107-150. L'idea era probabilmente di fare del salterio una meditazione dei cinque libri della Torà («Legge»). Il Sai 1 va cer­tamente in questa dirczione (vedi Sai 1,2).

Il vangelo di Matteo contiene cinque discorsi che si concludono con una formula simile (Mt 7,28; 11,1; 13,53; 19,1; 26,1). Siccome per Matteo Gesù è un «Nuovo Mosè», non è impossibile che abbia fatto del suo vangelo una specie di «Nuovo Pentateuco». L'inizio del suo vangelo: biblos geneseos, «libro della genealogia» corrisponde alla tra­duzione di Gn 2,4 e 5,1 nella LXX.

Le prime parole del vangelo di Giovanni en archèi sono le prime parole della Genesi nella stessa LXX e la traduzione greca del titolo ebraico del libro (b're'sìt).

Filone, che scrisse prima della redazione dei vangeli, dice che U primo dei cinque libri che contengono le leggi sacre è stato chiamato dallo stesso Mosè «Genesi:

«... Mosè, il legislatore degli Ebrei, ha detto nei libri sacri che il mondo era creato e incorruttibile; questi libri sono cinque; al primo di essi, ha dato il nome di'Genesi'...» (7).

Altrove, Filone cita il primo versetto del Levitico e chiama que­sto libro con il suo nome «Levitico» (8). Infine, egli cita anche parecchie volte il libro del Deuteronomio che chiama però «Protrettico», cioè «Esortazione», un titolo assai appropriato per questa opera.

Il nome Deuteronomio si trova nella LXX ove traduce l'espres­sione misneh batterà (Dt 17,18), «una copia della legge», che il re de­ve procurarsi e leggere ogni giorno. Ora, la traduzione più normale di questa espressione sarebbe deuteros nomos, non deuteronomion. Si può spiegare la scelta della LXX se si ammette che il libro si chiamava già a questa epoca «Deuteronomio».

Flavio Giuseppe parla con tutta chiarezza dei «cinque libri di Mo­sè», verso la fine del primo secolo dopo Cristo, in un passo del Con­tro Apione 1, VIIL 37-41 (9):

«Non è permesso a chiunque scrivere la storia e non vi sono discordanze negli scritti ma solamente i profeti hanno appreso per ispirazione divina i fatti più antichi e lontani e hanno scritto con chiarezza come si è svolto ciò che è avvenuto nei loro tempi. Ne consegue naturalmente, anzi di neces­sità, che noi non abbiamo migliaia di libri divergenti e tra loro contrad-dittori, ma solamente ventidue libri cui a ragione si presta fede, che contengono la storia di tutti i tempi. Di questi, cinque sono i libri di Mosè che contengono le leggi e la tradizione dalla creazione dell'uomo alla morte dello stesso Mosè; questo periodo abbraccia quasi tremila anni. Dal­la morte di Mosè fino ad Artaserse, re di Persia dopo Serse, i profeti suc­cessivi a Mosè scrissero gli avvenimenti del loro tempo in tredici libri; i rimanenti quattro comprendono inni al Signore e consigli di vita agli uo­mini. Dal tempo di Serse fino ad oggi, ogni evento è stato narrato. A tali scritti, però, non si attribuisce fiducia quanto ai precedenti, perché la suc­cessione dei profeti non è precisa».

Queste testimonianze confermano che attorno al tempo della na­scita di Cristo, la tradizione giudaica aveva già stabilito che: i libri fondamentali della legge fossero cinque; e fossero opera di Mosè; infine l'autorità dei cinque libri di Mosè è superiore a quella degli altri libri attribuiti ai profeti.

 

B. TETRATEUCO, PENTATEUCO, ESATEUCO O ENNEATEUCO (10)?

 

1. Esateuco

L'antica tradizione che limita a cinque i libri della legge è stata ri­messa in questione dai lavori sulle origini del Pentateuco e del popo­lo d'Israele. H. Ewaid nella sua Geschichte Israels considera che la prima opera storica d'Israele sia «il libro delle origini» (Dos Buch der Ursprùnge). Questa opera comprende il Pentateuco e il libro di Gio­suè (11). La stessa idea era già stata espressa prima da Bonfrere (1625), Spinoza (1670) e Geddes (1792).

Dopo Ewaid si è generalizzato l'uso di unire il libro di Giosuè al Pentateuco. Perciò si è parlato di «Esateuco» («Sei rotoli») e non più di Pentateuco. Per esempio, l'opera classica di Welihausen si intitola Die Composition des Hexateuchs una der historischen Bùcher des Alteri Testaments (12) - «La composizione dell'Esateuco e dei libri storici del­l'Antico Testamento».

Anche il famoso esegeta G. von Rad parla di Esateuco nel suo .studio fondamentale, Dos formgeschichtiiche Problem des Hexateuch (13) - «Il problema della storia delle forme dell'Esateuco». Per von Rad, il nucleo delle tradizioni sulle origini d'Israele si ritrova nel «piccolo cre­do storico» d'Israele, come per esempio in Dt 6,21-23 e soprattutto 26,5-9; cf. Gs 24,2-13.

Ora, questo «credo» si conclude con la menzione del dono della terra. Perciò, conclude von Rad, non si deve parlare di Pentateuco, ma di Esateuco, poiché la tradizione sulle origini d'Israele doveva con­cludersi con un racconto della conquista che si trova adesso nel libro di Giosuè, il sesto libro della Bibbia Ebraica.

2. Tetrateuco

L'idea di von Rad è stata contestata da un suo alunno, Martin Noth, nella sua celebre opera Uberlieferungsgeschichte des Pentateuco (14) - «Storia delle tradizioni del Pentateuco». L'opera di Noth è all'origi­ne della denominazione «Tetrateuco» («Quattro rotoli»), perché egli esclude dal Pentateuco il Deuteronomio. La sua tesi poggia su tre os­servazioni (15):

- Non vi sono testi «deuteronomici» nei quattro primi libri del­la Bibbia, salvo qualche aggiunta senza grande importanza. Perciò non esiste alcun legame letterario stretto fra Gn-Nm da una parte e Deu­teronomio dall'altra.

- Le fonti del Pentateuco non sono presenti nel libro di Giosuè. In altre parole, i racconti iniziati in Gn-Nm non continuano nel libro di Giosuè. Per questa ragione è difficile parlare di Esateuco (16).

- Il Deuteronomio è la prefazione della «storia deuteronomistica» (Gs - 2 Re). Il «codice deuteronomico» viene preceduto da un breve riassunto della storia d'Israele (Dt 1-3) che ripete cose già co­nosciute per il lettore del libro dei Numeri. Questa ripetizione si ca­pisce solo se il Deuteronomio è stato concepito come l'inizio di un'opera nuova che continua nei libri storici, cioè Gs - 2 Re. Dt 1-3 non avrebbe nessun senso se il Deuteronomio fosse davvero la con­clusione di un'opera che comprendeva il libro dei Numeri.

La storia deuteronomistica deve essere letta «alla luce del Deute­ronomio». Per esempio, Giosuè può conquistare la terra perché è fe­dele alla «legge di Mosè» (Gs 1,7-8; 23,6). Il popolo infedele viene punito dal suo Signore con la perdita della terra (2 Re 17,7-23; spec. 17,13.19). La «storia deuteronomistica» è, in gran parte, la storia del­la fedeltà o dell'infedeltà d'Israele alla legge di Mosè contenuta nel Deuteronomio.

Per Noth, il Pentateuco è nato quando i due blocchi Gn - Nm da una parte e Dt con la storia deuteronomistica dall'altra sono stati riuniti in una sola grande opera. A questo momento, il Dt è divenuto la conclusione del Pentateuco e quindi è stato necessario staccarlo dal libro di Gs e dal resto della storia deuteronomistica.

Però Noth non ha mai affermato che fosse esistito un «Tetrateu­co» perché, secondo lui, le antiche fonti, come i libri attuali Gn - Nm, richiedono una continuazione, cioè un racconto della conquista. Sarà l'esegeta svedese Engnell a fare il passo decisivo e ad affermare l'esi­stenza di un Tetrateuco indipendente (17). Per questo esegeta, il Tetra-teuco attuale, cioè Gn - Es - Lv - Nm sarebbe l'opera di P (autore sacerdotale), che avrebbe raccolto e compilato antiche tradizioni ora­li. Accanto a questo Tetrateuco sacerdotale c'era il Dt e la storia deu-teronomistica (18). Purtroppo, Engnell ha solo enunciato la sua tesi e non ha mai fornito un'argomentazione completa per suffragarla.

3. Enneateuco - La tesi

Alcuni esegeti pensano che l'insieme Gn - 2 Re sia da compren­dere come una grande unità letteraria che inizia con la creazione del mondo e finisce con l'esilio babilonese (19). Il tema principale di questa storia sarebbe la terra. All'inizio, JHWH la promette ai patriarchi; in Es - Nm, Israele cammina verso di essa nel deserto; Giosuè la con­quista; i Giudici la difendono; sotto Davide e Salomone, diventa un regno, prima unito, poi diviso fra Nord e Sud; infine, Israele perde questa terra al tempo dell'esilio babilonese.

Secondo D.N. Freedman, questo lungo racconto sarebbe la «Sto­ria Principale» o «prima storia» d'Israele (Pn'mary History (20). Occor­re distinguere questa «Storia Principale» dalla «Storia del Cronista», che consta di 1-2 Cr e Esdra-Neemia.

La seconda storia del Cronista riprende in modo drasticamente abbreviato la narrazione delle origini, dalla creazione sino al regno di Davide, per concentrarsi soprattutto sul regno di quest'ultimo, del suo figlio Salomone e dei loro successori. I libri di Esdra e Neemia de­scrivono la ricostituzione della comunità d'Israele dopo l'esilio.

La «Storia Principale» finisce con la distruzione del tempio e l'e­silio; la «Storia del Cronista» culmina nella ricostruzione del tempio e della comunità postesilica.

- Alcuni dati

* Per alcuni esegeti, la «storia d'Israele» non finisce con la con­quista della terra. Per esempio, Gdc 2,8.10 si riallaccia a Es 1,6.8 (21):

«Giuseppe morì, lui, tutti i suoi fratelli e tutta questa generazione... Esali sul trono dell'Egitto un nuovo re che non conosceva Giuseppe» (Es 1,6.8).

«Giosuè, figlio di Nun, servo di JHWH, morì all'età di cento dieci anni... E anche tutta quella generazione si riunì ai suoi padri e sorse un'altra ge­nerazione dopo di loro che non conosceva ne JHWH ne tutte le opere che egli aveva fatto per Israele» (Gdc 2,8.10; cf. Gs 24,29.31).   

Questi «agganci» letterari creano legami fra vari blocchi narrati­vi e segnalano inoltre il passaggio da un periodo all'altro della storia d'Israele. Es 1,6.8 segnala il passaggio dall'età dei patriarchi a quella dell'esodo; Gdc 2,8.10, quello dall'epoca di Giosuè all'epoca dei Giu­dici (cf. Gs 24,29.31).

* La cronologia dei vari libri è un'altra indicazione di questa vi­sione globale della storia d'Israele. Per esempio, la durata del soggiorno in Egitto è di 430 anni secondo Es 12,40-41 (cf. Gn 15,13: 400 anni). Salomone inizia a costruire il tempio 480 anni dopo l'esodo (1 Re 6,1), cioè 430 +50 anni. Contando gli anni a partire da questa data, cioè il quarto anno del regno di Salomone, fino alla fine del regno di Giuda, si giunge ancora a 430 anni (22). Se si addizionano i cinquant'anni dell'e­silio, si arriva di nuovo a 480 anni. Per arrivare a questa cifra, occor­re però prendere i dati di 1-2 Re senza nessuna correzione.

Vi sono altri dati di questo tipo. Per esempio, secondo la crono­logia dell'autore sacerdotale, l'esodo ha avuto luogo nell'anno 2666 dopo la creazione del mondo. 2666 anni sono i due terzi (2/3) di 4000 anni, un numero probabilmente simbolico. Questo anno 4000 dopo la creazione potrebbe coincidere con la purificazione e la nuova de­dicazione del tempio da parte dei Maccabei (164 avanti Cristo) (23). Oc­corre aggiungere, però, che non tutti questi dati sono univoci. Inoltre, la sola cronologia basta per creare una storia unificata?

* Blenkinsopp elenca tre ragioni per affermare che il Pentateuco non può concludersi con la morte di Mosè (Dt 34) (24):

a) Senza il libro di Giosuè, una promessa della terra, fatta ai pa-triarchi, rimane incompiuta (25). D'altronde, Gs 21,43-45 vede nella con­quista il compimento di una promessa fatta molto prima agli «antenati» d'Israele:

«Così JHWH dette a Israele tutta la terra che aveva promesso di dare ai loro padri; essi la conquistarono e si stabilirono lì. JHWH dette loro ripo­so tutt'intorno come aveva giurato ai loro padri. Nessuno resistette loro fra tutti i loro nemici: tutti i loro nemici, JHWH li consegnò nelle loro mani. Non fallì una sola parola di tutte le buone parole [di tutta la parola] che JHWH aveva detto a Israele: tutto si compì».

b) Vi sono corrispondenze fra l'opera della creazione (Gn 1), la costruzione del santuario nel deserto (Es 35-40) e l'installazione del santuario nella terra promessa (Gs 18-19). Infine, il tempio di Saiomone sarà costruito 480 anni dopo l'esodo (1 Re 6,1). Questo sistema di datazione collega pertanto la creazione, l'esodo e la costruzione del tempio di Salomone in un'unica narrazione.

e) Un tema maggiore nella storia d'Israele è la fedeltà all'allean­za e alla legge. L'infedeltà del popolo è, per la storia deuteronomistica, la causa dell'esilio. Ora, questa tematica appare già in Gn 2-3 con una tonalità universale. Il giardino di Eden corrisponde alla terra, il comando di non mangiare il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male corrisponde alla legge di Mosè, e l'espulsione di Ada­mo ed Èva dal giardino dopo la colpa corrisponde all'esilio (26).

Questi argomenti, però, non sono del tutto convincenti. Il voca­bolario di Gs 21,43-45 è tipicamente deuteronomistico e si ritrova so­lo in parte in alcuni testi tardivi, per esempio in Gn 15,7.18; 26,3:

[JHWH disse ad Abramo:] «Io sono JHWH che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti questa terra in eredità» (15,7).

«In quel giorno JHWH concluse un'alleanza con Abramo dicendo: Alla tua discendenza io do questo paese» (15,18).

[JHWH disse a Isacco:] «... a tè e alla tua discendenza io darò tutti que­sti paesi e manterrò il giuramento che ho giurato ad Abramo tuo padre»

(26,3).

D'altra parte, si discute oggi per sapere se «i padri» sono i pa-triarchi o gli Israeliti in Egitto (27), Inoltre, le promesse di cui parla Gs 21,44 non si trovano in Genesi, ma piuttosto in Dt 12,10b; 25,19, ove appare, come in Gs 21,44, l'espressione: «dare il riposo dai nemici tut­to intorno». In questi due ultimi testi, la promessa è fatta al popolo dell'esodo, non ai patriarchi. Se vi è un legame, è certamente poco ap­parente ed è ad ogni modo tardivo.

Le corrispondenze fra Gn 1 et Es 24-25; 39-40 sono ben note (28). Per esempio, il quadro della settimana in Gn l,l-2,4a riappare in Es 24,16. Però non si ritrova questa tematica in Gs 18,1; 19,51.

Le analogie fra Gn 2-3 e il tema della terra nella storia deutero-nomistica non sono molto specifiche. Il vocabolario è diverso e non vi è alcun richiamo esplicito alla storia della Genesi nella storia deu-teronomistica. D'altronde, mancano in Gn 2-3 riferimenti chiari alla teologia dell'alleanza. In Gn 2,16-17, il castigo promesso per chi non osserva il comandamento non è l'espulsione dal giardino, ma la mor­te (2,17b). Infine, Gn 2-3 è anch'esso, molto probabilmente, un testo relativamente tardivo (29).

In conclusione, occorre chiarire la situazione e definire meglio l'oggetto della discussione. Se, dal punto di vista canonico, si può par­lare di «Enneateuco» o «Storia Principale», non è lo stesso dal pun­to di vista letterario. Lo studio critico dei vari libri mostra, per esempio, i legami fra Dt e Gs, o Dt e 1-2 Re. Non esiste tuttavia alcun lavoro letterario che abbia collegato in un insieme organico tutti i libri della «Storia Principale» d'Israele, cioè Gn - 2 Re. Questi legami rimango­no a livello di tematiche generiche e non hanno veri riscontri nella tes­situra letteraria dei vari libri.

 

C. mosè, IL pentateuco E IL CANONE DELLA bibbia EBRAICA (30)

 

Vi sono alcune ragioni importanti per continuare a parlare di un «Pentateuco». Certo, come vedremo più avanti, questo modo di organizzare i primi libri dell'Antico Testamento non ne esclude altri. Però ha una valore particolare perché tiene conto della forma cano­nica, definitiva e normativa della Bibbia per la comunità di fede, cioè per il popolo d'Israele prima e per le chiese cristiane poi (31).

1. Il Pentateuco - Di 34,10-12

Per quanto riguarda il Pentateuco, esiste un testo fondamentale che funge da «spartiacque» per separare i cinque primi libri della Bib­bia da quelli che seguono (Gs - 2 Re). Si tratta di Dt 34,10-1 (32):

«"Non sorse più in Israele una profeta come Mosè, che JHWH conosce­va faccia a faccia, "per tutti i segni e i prodigi che JHWH lo mandò a com­piere nella terra d'Egitto contro il Faraone, tutti i suoi servi e tutta la sua terra, "e per tutta [la potenza] della sua mano forte e tutta [l'opera] for­midabile [e] grande che Mosè compì agli occhi di tutto Israele».

Questo testo afferma tre cose importanti:

- Mosè è più grande di tutti gli altri profeti. Perciò la «legge di Mosè» è superiore a tutte la altre forme di rivelazione. La sua Torà è imparagonabile, insuperabile e rimarrà sempre valida. In altra parole, la rivelazione che risale a Mosè è superiore a tutte le altre rivelazioni che risalgono ai profeti. Perciò, nel canone, Mosè precede i «profeti anteriori» (Gs - 2 Re) e i «profeti posteriori» (Is - MI). Egli precede anche «gli scritti» o libri sapienziali. L'autorità del Pentateuco dipen­de in fin dei conti dall'autorità superiore di Mosè (33).

- La superiorità di Mosè deriva dalla superiorità della sua rela­zione con JHWH (vedi Es 33,11; Nm 12,6-8; cf. Gv 1,18; 3,11) (34). JHWH e Mosè erano in «contatto diretto», senza intermediari o «schermi» (come nei sogni e nelle visioni; cf. Nm 12,6-8).

- L'esodo è l'evento fondamentale della storia d'Israele. Nessun altro evento può essere paragonato con esso. La fondazione d'Israele risale quindi a Mosè, e non a Davide o a Salomone. Israele è infatti più antico della monarchia e addirittura della conquista della terra pro­messa.

2. La seconda parte della Bibbia Ebraica: i profeti anteriori e posteriori - Giosuè 1,1-8

II testo di Gs 1,1-8 riallaccia chiaramente la figura e l'opera di Giosuè alla figura e all'opera di Mosè:

«'Dopo la morte di Mosè, servo di JHWH, JHWH disse a Giosuè, figlio di Nun, ministro di Mosè: ''Mosè, mio servo, è morto. Ora, alzati, attra­versa questo Giordano, tu e tutto questo popolo, verso la terra che io do a loro, gli Israeliti. ''Ogni luogo che calcherà la pianta dei vostri piedi, ve lo do, come ho detto a Mosè. ''Dal deserto e da questo Libano fino al gran­de fiume, il fiume Eufrate, tutta la terra degli Hittiti, fino al Grande Ma­re all'occidente: tali saranno i vostri confini. Nessuno sarà capace di resistere davanti a tè, durante tutti i giorni della tua vita. Come fui con Mosè, così sarò con tè. Non ti lascerò e non ti abbandonerò. "Sii forte e risoluto, perché tu distribuirai a questo popolo la terra che ho giurato ai loro padri di dare loro. 'Solo, sii forte e molto risoluto, fedele nell'agire

; secondo tutta questa legge che ti ha prescritta Mosè, mio servo. Non de­viare da essa ne a destra ne a sinistra affinchè abbia successo in qualunque tua impresa. "Il libro di questa legge non si allontani dalla tua bocca, ma meditalo giorno e notte, affinchè sii fedele nell'agire secondo tutto quel­lo che vi è scritto, perché allora riuscirai nelle tue imprese e allora avrai successo [...]»,

In questo testo, possiamo leggere almeno quattro affermazioni ba­silari sul libro di Giosuè e sui libri profetici, anteriori e posteriori:

* Giosuè è il successore di Mosè. Il suo compito è di conquista­re, poi di distribuire la terra promessa ai padri.

* Mosè è il servo di JHWH ('ebed jhwh); Giosuè ha un altro ti­tolo «ministro di Mosè» (m'saret moseh). Se Mosè si definisce per la sua relazione con JHWH, Giosuè si definisce per la sua relazione con Mosè. Siamo ad un altro stadio della «rivelazione» e dei rapporti con JHWH. In altre parole, Giosuè è il successore di Mosè, ma non pren­de il suo posto come «servitore di JHWH».

* Vi è continuità fra Giosuè e Mosè: JHWH sarà con Giosuè co­me è stato con Mosè (v. 5). JHWH compirà la promessa fatta a Mo­sè di dare la terra in possesso a Israele (v. 3). Significa però che l'inizio e il fondamento della storia d'Israele è Mosè, non Giosuè.

* II successo di Giosuè dipende dalla sua fedeltà alla «legge di Mosè» (w. 7-8). Questa legge è «scritta» (hakkatùb; v. 8) in un «libro» (seper; v. 7). D'ora in poi, essa diventa la pietra angolare di ogni im­presa della storia d'Israele. Sarà anche il criterio che permetterà di giu­dicare la storia. La storia d'Israele sarà la storia della fedeltà o dell'infedeltà alla legge di Mosè (35).

- Malachia 3,22-24

La conclusione dei libri profetici (MI 3,22-24) contiene una serie di affermazioni simili:

«"Ricordatevi della legge di Mosè, mio servo, che gli consegnai sull'Oreb per tutto Israele: decreti e giudizi. "Ecco, sto per inviarvi Elia, il profeta, prima che venga il giorno di JHWH, giorno grande e terribile. "Egli ri­condurrà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i loro pa­dri, affinchè io non venga a colpire il paese per distruggerlo! (...affinchè io non venga a colpire il paese d'interdetto)».

Questo testo conclude a mo' di inclusione tutti i libri profetici (n'bl'ìm). In merito alla relazione dei libri profetici con la legge di Mo­sè (il Pentateuco), esso contiene quattro elementi essenziali:

* La lettura dei profeti deve essere un modo per «ricordarsi» del­la legge di Mosè. Secondo questa interpretazione «canonica» della Bib­bia, la profezia attualizza la legge e la mantiene viva nella memoria d'Israele.

* La legge di Mosè è legge divina. La sua autorità non è di ori­gine umana, ma divina. In parole più moderne, la legge di Mosè è frut­to di una rivelazione, non della ragione umana.

* Questa legge si trova soprattutto nel Deuteronomio. In questo libro, JHWH appare sul monte Oreb, non sul monte Sinai. Vedi, per esempio, Dt 5,2 e Es 19,1. L'espressione «decreti e giudizi» è tipica­mente deuteronomica (vedi Dt 5,1; 11,32; 12,1; 26,16).

* Fra i profeti, solo Elia viene menzionato perché è il più simile a Mosè. Elia, come Mosè, è andato sul monte Oreb (1 Re 19) ed ha sentito Dio nella caverna (cf. Es 34). Vedi anche i «quaranta giorni e quaranta notti» di Es 24,18; 34,28; Dt 9,9 e di 1 Re 19,8 (36).

H 3. La terza parte della bibbia 'Ebraica: «Gli scritti» (kftubìm)

- Salmo 1

II salmo 1 che funge da introduzione a tutta la terza parte della Bibbia Ebraica contiene anch'esso delle allusioni alla legge:

«Beato l'uomo che non andò al consiglio degli empi che non stette nella via dei peccatori e nel consesso dei beffardi non si sedette ma solo nella legge di JHWH trova il suo piacere e in essa medita giorno e notte.

'[...] In ogni cosa che fa ha sempre successo».

Alcune asserzioni importanti di questo brano hanno lo scopo di situare i salmi e gli scritti in relazione con la legge:

* II criterio che distingue il giusto dall'empio e dal peccatore è la meditazione della legge. La legge sarà anche il criterio del giudizio (Sai 1,5-6). Questo salmo applica all'individuo quello che «i profeti anteriori» (i libri storici) asserivano a proposito del popolo.

* La legge viene chiamata «legge di JHWH» (forai jhwh).

* II salmo 1 invita a leggere tutti i salmi e tutti gli «scritti» come una meditazione della legge di JHWH (37).

- 2 Cronache 36,22-23

La conclusione della Bibbia Ebraica, che coincide con la conclu­sione degli «scritti», si trova in 2 Cr 36,22-23. Il testo fornisce un'ul­tima chiave per capire il significato di tutta la Bibbia secondo il canone ebraico:

«"Nel primo anno di Ciro, re di Persia, in adempimento della parola di JHWH, pronunciata da Geremia, JHWH suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia. Egli fece proclamare per tutto il suo regno, a voce e per iscritto:

""Cosi parla Ciro, re di Persia: JHWH, il Dio dei cieli, ha dato in mio po­tere tutti i regni della terra; egli stesso mi ha incaricato di costruirgli un tempio in Gerusalemme, che si trova in Giuda. Chiunque tra voi appar­tenga al suo popolo, JHWH, suo Dio, sia con lui e salga (si metta in cam­mino per salire a Gerusalemme)».

Possiamo fare tre osservazioni importanti a proposito di questo testo:

* Qui, non si menziona più Mosè e la legge, ma Geremia e Ge­rusalemme. La Bibbia Ebraica si conclude con un appello a «salire» (ufya'al). Questo verbo potrebbe contenere un'allusione all'esodo, per­ché una formula che descrive l'uscita dall'Egitto contiene anche que­sto verbo «salire» {'Ih, hif.; cf. Es 3,8).

* II tempio di Gerusalemme non viene menzionato come tale nel Pentateuco. Tuttavia testi come Es 25-31; 34-40; le prescrizioni cul­tuali del Levitico; la legge sulla centralizzazione del culto in Dt 12 so­no da leggere in relazione con il tempio.

* Comunque, fra gli ultimi libri della Bibbia Ebraica si trovano i libri di Esdra e Neemia che, molto probabilmente in uno stadio an­teriore seguivano i libri della Cronache. L'ordine 1-2 Cr - Esdra - Nee­mia rispecchia meglio la cronologia dei fatti. Ora, i libri di Esd-Ne culminano nella proclamazione solenne della «legge di Mosè», davan­ti a tutto il popolo (Ne 8; cf. 8,1); Questa legge diventa la pietra an­golare della comunità postesilica. È difficile concepire il tempio senza riferimento alla legge e alle prescrizioni cultuali contenute nel Penta­teuco. Nella parte più sacra del tempio, il santo dei santi, si trova l'ar­ca e, nell'arca, vi si trova un solo oggetto: le due tavole che JHWH diede a Mosè sull'Oreb (2 Cr 5,10). La «Legge» sta nel cuore del tem­pio. E il culto segue le prescrizioni della legge di Mosè (2 Cr 8,13). I riferimenti alla legge di Mosè sono anche numerosi nei libri di Esdra e Neemia (Esd 3,2; 6,18; 7,6; Ne 1,7.8; 8,1.14; 9,14; 10,30; 13,1).

Ad ogni modo, il canone ebraico si conclude con una chiamata ri­volta a tutti gli Ebrei della diaspora e che li invita a tornare a Gerusa­lemme per aiutare a ricostruire il tempio. Questo appello finale richiede una risposta che ogni lettore della Bibbia scrive con la propria vita. La Bibbia, nel canone ebraico, ha una struttura aperta sull'avvenire. L'ulti­mo verbo è un iussivo, una forma dell'imperativo, e non un indicativo.

4. Conclusione

Possiamo trarre da queste osservazioni alcune conclusioni essen­ziali per la lettura del Pentateuco all'interno del canone della Bibbia Ebraica.

* Questi vari testi, che incorniciano le tre parti principali della Bibbia Ebraica, sono importanti a causa del loro contenuto e special­mente perché sono posti in punti strategici della Bibbia. La divisione pone in risalto la posizione unica della «Legge» che, secondo la tra­dizione biblica, porta l'impronta della personalità eccezionale di Mo­sè. Il Pentateuco è unico perché Mosè occupa un posto unico nella storia della rivelazione.

- I cinque libri del Pentateuco hanno quindi un carattere «nor­mativo» che gli altri testi biblici non possiedono (38).

- Il Pentateuco, per di più, si presenta in gran parte come una «vita di Mosè» che inizia con la sua nascita in Es 2 e si conclude con la sua morte in Dt 34. Si tratta però anzitutto di una «vita di Mosè al servizio di JHWH e del popolo d'Israele». Il libro della Genesi che precede questa «vita di Mosè» descrive l'origine del mondo (Gn 1-11) e del popolo d'Israele (12-50) (39).

- Dal punto di vista del canone, questo raggruppamento di libri è più importante di altri. Per esempio, i legami del Deuteronomio con Mosè sono più importanti dei legami fra Deuteronomio e storia deuteronomistica. Questo fatto pone un problema serio a proposito del­la terra promessa che rimane in gran parte fuori dal Pentateuco. La promessa della terra, non il suo possesso, è un elemento essenziale del­la fede d'Israele. In altre parole, per il Pentateuco è possibile essere un membro del popolo d'Israele senza abitare nella terra promessa.

Un'affermazione di questo tipo si capisce meglio dopo l'esperienza del­l'esilio e al tempo della diaspora (40).

- Un altro elemento merita di essere sottolineato. Secondo il ca­none delle Scritture ebraiche, la monarchia è subordinata alla legge. Le istituzioni mosaiche sono fondamentali per l'esistenza d'Israele, mentre il popolo può fare a meno della monarchia. Questa verità è il frutto della dura e tragica esperienza dell'esilio. A questo momento, Israele ha scoperto che era più antico di Davide e persino della con­quista di Giosuè. Era nato come popolo molto prima, quando il Si­gnore lo fece uscire dall'Egitto, dalla casa di servitù.

Per ritrovare le più antiche tracce dei suoi antenati, occorre ri­salire più avanti ancora e incontrare i patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe. A loro, il Signore aveva promesso la terra che, prima di morire, Mosè contemplò senza poter entrarvi (Dt 34,1-4). Il Penta­teuco contiene i due elementi assolutamente essenziali per definire l'i­dentità d'Israele: i patriarchi e Mosè. Israele è il popolo che discende dai patriarchi e che ha vissuto l'esperienza dell'esodo sotto la guida di Mosè.

Dal punto di vista teologico, i due elementi basilari sono le pro­messe fatte agli antenati e il binomio esodo/legge (cf. Es 20,2-3). Il Si­gnore d'Israele si definisce come «il Dio d'Abramo, d'Isacco e di Giacobbe» (Es 3,6) e come «il Signore che ha fatto uscire [Israele] dall'Egitto, dalla casa di servitù» (Es 20,2). Queste due affermazioni sono le due travi che sostengono tutto il Pentateuco, salvo la storia delle origini (Gn 1-11). I primi capitoli della Genesi aggiungono un ultimo elemento: il Dio dei patriarchi e il Dio dell'esodo è anche il creatore dell'universo.

La struttura del Pentateuco e l'organizzazione del canone ebrai­co è fondamentale per poter capire il Nuovo Testamento. La vita pub­blica di Gesù, nei quattro vangeli, inizia presso il Giordano, dove Giovanni Battista battezza. Perché questo quadro? Per chi ha letto il Pentateuco, la risposta è immediata. Mosè è arrivato davanti al Gior­dano con il popolo ed è morto senza aver potuto valicare quest'ulti­ma frontiera. La sua opera è pertanto rimasta incompiuta. La conclu­sione del Pentateuco è una conclusione aperta verso la terra che con­templa Mosè. Giosuè finirà l'opera iniziata.

Quando Gesù appare nei vangeli, la sua missione è simile: egli an-nunzia la venuta del «regno», vale a dire il momento in cui Israele po­trà finalmente prendere possesso della sua terra. L'inizio del Nuovo Testamento si presenta come compimento dell'opera incompiuta da Mosè. Gesù è un altro Giosuè.

In realtà i due nomi sono identici: Giosuè ne è la forma ebraica e Gesù la forma aramaica. Gv 5, il racconto della guarigione del pa­ralitico alla piscina di Betesda, accenna a questa tematica quando Ge­sù dice: «Mosè ha parlato di me» (.5,46). Mosè ha annunziato che JHWH aveva scelto Giosuè per compiere la sua promessa ai patriar­chi di dare la terra al popolo (41). Per Gv 5, Gesù è questo Giosuè an­nunziato. Per questa ragione, i vangeli iniziano sulle sponde del Giordano dove il popolo si trova ancora in Dt 34, quando cala il si­pario sul Pentateuco e su Mosè (42).

 

RIFERIMENTI

 

(1) In contesti particolari, la voce greca teuchos può avere quattro significati: al plu­rale, in Omero: «armi»; al plurale, in Omero: «sartiame» (vele, cordame, remi); dopo Omero: «vaso», «contenitore» («brocca», «giara», «tino», «moggio», «astuccio», «al­veare», «arnia»); «rotolo», «libro».

 

(2) C. houtman, Pentateuch, 1.

 

(3) VediJ.-P. bouhout - H. cazelles, «Pentateuque», DBS VII, 687-858, spec. 687 (J.-P. Bouhout). Troviamo la parola «Pentateuco» in oeigene, In lohannem, II; in epi-FANIO, Adversus tìaereses, 33,4; De mens. et pond., 4,5; tolemeo, Lettera a Flora, 4,1 [scrittore gnostico); atanasio, Lettera a Marcellino, 5. Nei Padri latini, si ritrova pri­ma in tertulliano, Adversus Marcionem, 1,10; poi in girolamo, Epistola LII ad Pau-linam, 8; Praefatio in Libro Josue; infine, in isidoro DI SlVIGLIA, Etimologie, VI, 2,1-2.

 

(4) Vedi Mt 5,17; 7,12; 11,13; 22,40; Le 16,16; cf. 24,27 («Mosè e i profeti»); 24,44

(«la legge di Mosè, i profeti e i salmi»); At 13,15; 24,14; 28,23; Rm 3,21.

 

(5) Su questo punto, vedi J. blenkinsopp, Pentateuci, 42-44.

 

(6) D. barthélemy - J.T. milik, Discoveries m thè Judaean Desert I (Oxford 1955)

132-133.

 

(7) Vedi filone DI alessandeia, De Aeternitate Muniti, 19; cf. De Opificio Mundi, 12; De Sostentate Caini, 127. Citato daJ. blenkinsopp, Pentateuch, 44. .

 

(8) De Plantatione, 26.                .                .

 

(9) flavio giuseppe, In difesa degli Ebrei (Contro Apione). A cura di F. calati (Ve­nezia 1993) 60-61; cf. J. blenkinsopp, Pentateuch, 43.

 

(10) Su questo punto, vedi R. smend, Entstehung, 33-35.

 

(11) H. ewald, Die Geschichte des Volkes Israel I (Góttingen '1864) 94.

 

(12) J. wellhausen, Die Composition des Hexateuchs una der historischen Bùcher des Alteri Testaments (Berlin 1866; 1899).

 

(13) G. VON RAD, Das Formgeschichtiiche Problem des Hexateuch (BWANT IV, 26; Stuttgart 1938) = Gesammelte Studien wm Alten Testament (TBù 8; Munchen 1961) 9-86.

 

(14) M. noth, Uberlieferungsgeschichte des Pentateuch (Stuttgart 1948 = Darmstadt 1960) (abbrev. UP).                       

 

(15) M. noth, UP, 5-6; cf. S. mowinckel, Tetmteuch Pentateuci) - Hexateuch. Die Berichte ùber die Landnahme in den drei altisraelitischen Geschichtswerken (BZAW 90;

Berlin 1964) 3.

 

(16) M. noth, UP, 5; cf. id., Das Buch Josua (HAT 1,7; Tubingen 1938) xiii-xiv.

 

(17) I. engnell, Gamia Testamentet. En traditionshistorisk inledning. I (Stockholm 1945) 209-212; id., «Thè Pentateuch», A Rigid Scrutiny (NashviUe 1969) = CriticaiEs-says on thè Oid Testament (London 1970) 50-67.

 

(18) Cf. S. mowinckel, Tetrateuch, 3-4.

 

(19) «Enneateuco» significa «nove rotoli»; Gn, Es, Lv, Nm, Dt, Gs, Gdc, 1/2 Sam, 1/2 Re. Nella Bibbia Ebraica, il libro di Rut fa parte degli «Scritti»; il due libri di Sa-muele sono considerati un solo libro, come i due libri dei Re.

 

(20) D.N. freedman, «Pentateuch», IDB 3 (New York 1967) 711-727, spec. 712-713.

 

(21) J. blenkinsopp, Pentateuch, 36-37, sulla scia di R. rendtokfp, Dos ùberliefe-rungsgeschtiiche Problem des Pentateuch (BZAW 147; Berlin - New York 1977) 166-169.

 

(22) J. blenkinsopp, Pentateuch, 48.

 

(23) Vedi J. blenkinsopp, Pentateuch, 48. Per altri dati, vedi 47-50.

 

(24) J. blenkinsopp, Pentateuch, 34-35.

 

(25) Altrimenti, si deve parlare di «compimento parziale della promessa» o di «pro­roga della promessa». Cf. D.J.A. clines, Thè Theme of thè Pentateuch (JSOTS 10; Sheffield 1978).

 

(26) Vedi L. alonso schókel, «Motivos sapienciales y de alianza en Gn 2-3», Bib 43 (1962) 295-316; N. lohfink, «Die Erzahiung vom Sundenfall», Das Siegeslied am Schiifmeer. Christliche Auseinandersetwng mit dem Alten Testament (Frankfurt 1965) 81-101.

 

(27) th. RÓMER, Israels Và'fer, Untersuchungen zur Vatertbematik im Deuteronomium una in der deuteronomistìschen Tradition (OBO 99; Freiburg Schweiz - Gottingen 1990); su Gs 21,43-45, vedi pp. 358-363; N. lohfink, Die Valer Israels im Deutero-nomium. Mit eine Stellungnahme von Thomas Rómer (OBO 111; Freiburg Schweiz -Gottingen 1991) 81-85 (su Gs 21,43-45).

 

(28) Vedi, per esempio, P.J. kearney, «Creation and Liturgy: Thè P Redaction of Ex 25-40», ZAW 89 (1977) 375-387.

 

(29) Vedi, per esempio, E. otto, «Die Paradieserzahiung Genesis 2-3: Eine nach-priesterschriftliche Lehrerzahiung in ihrem religionshistorischen Kontext», Jedes Ding hat seine Zeit... Studien zur israelitischen und. altorientalischen Weisheit (FS. D. michel) (Hrsg. A.A. diesel u.a.) (BZAW 241; Berlin - New York 1996) 167-192.

 

(30) Riprendiamo, con qualche leggera modifica, zenger, Einleitung, 24-26.

 

(31) Sulla questione del canone, vedi J.A. sandeks, T'orati and Canon (Philadelphia, PA 1972); id., «Adaptable for Lite: Thè Nature and Function of Canon», Magnolia Dei. Essays on thè Bible and Archeology in Memory of G. Ernest Wright (Garden City, NY 1976) 531-560; B.S. childs, Intmduction to thè Oid Testament as Scripture (Phi­ladelphia, PA 1979). Sul suo metodo, vedi P.R. noble, Thè Canonical Approach. A Criticai Reconsfruction of thè Hermeneutics of Brevard S. Chiids (Biblical Interpreta-

tion Series 16; Leiden 1995).

 

(32) Su questo testo, vedi F. garcìa LOPEZ, «De la antigua a la nueva crìtica litera-ria del Pentateuco», EstBzb 52 (1994) 7-35, 25-35; id., «Deut 34. Dtr History and thè Pentateuch», Studies in Deuteronomy (FS. C.J. Labuschagne) (VTS 53; Leiden 1994) 47-61; ch. dohmen - M. oeming, Biblischer Kanon, warum una wozu? (QD 137;

Freiburg 1992).

 

(33) B.S. childs, Introduction, 134-135.

 

(34) Per la figura di Mosè nel NT, vedi, fra gli altri, D.C. allison, Thè New Moses. A Matthean Typology (Minneapolis, MN 1993); M.-E. boismakd, Mosse ou Jésus. Es­sai de Christologie johannique (BETL 84; Leuven 1988).

 

(35) Cf. 1 Re 17,7-23, spec. 17,13-16, che spiega la fine del regno del Nord sulla ba­se di questo principio: l'infedeltà alla legge ha causato la rovina del regno di Samaria.

 

(36) Perciò Mosè ed Elia appaiono assieme nella scena della Trasfigurazione di Ge­sù (Mt 17,3 e //).

 

(37) Vi sono parecchie somiglianze fra il Sai 1 e Gs 1,1-8, come le espressioni «me­ditare la legge giorno e notte» e «riuscire in ogni impresa». I due testi hanno un sa­pore deuteronpmistico innegabile.

 

(38)J. blenkinsopp, Pentateuch, 51-52.

 

(39) Vedi J. blenkinsopp, Pentateuch, 52; E. zenger, Einleitung, 36, e molti altri.

 

(40) Su questo punto, vedi ENNEATEUCO A. sanders, Torah and Canon; sommario in B.S. childs, Introduction, 131-132.

 

(41) VediJ.L. ska, «Dal Nuovo all'Antico Testamento», CivCatt 147,11 (1996) 14-23, spec. 20-23; id., «Il canone ebraico e il canone cristiano dell'Antico Testamento», CivCatt 148, III (1997) 213-225.

 

(42) I libri profetici si concludevano con l'annunzio del ritorno di Elia, che il Nuo­vo Testamento identifica con Giovanni Battista (MI 3,23-24; cf. Le 1,17; Mt 11,14;

17,12-13). Infine, la venuta di Gesù deve permettere di rispondere alla chiamata di Ci­ro in 2 Cr 36,23. Cf. Gv 2,10: Gesù è il nuovo tempio (ci. 4,21-24) e radunerà tutti i figli di Dio dispersi (Gv 10,16; 11,51-52).