CAPITOLO III

 

I PROBLEMI LETTERARI DEL PENTATEUCO 1.1 TESTI LEGISLATIVI

 

La lettura della «forma canonica» del Pentateuco ha già eviden­ziato la varietà di contenuto nei cinque primi libri della Bibbia.

In questo capitolo, vorremmo mostrare che è impossibile attri­buire il Pentateuco a un solo «autore».

Molti testi legislativi e narrativi, da una parte, si rassomigliano e, dall'altra, contengono delle differenze palesi. Sono i famosi «doppio­ni» del Pentateuco. La spiegazioni più semplice è di dire che questi testi sono stati scritti da vari autori in varie epoche.

Prenderemo i primi esempi dai testi legislativi (1). In seguito, ana­lizzeremo alcuni testi narrativi.

I testi legislativi hanno un valore particolare perché sono presen­tati tutti come «parola» di JHWH, rivelata a Mosè e trasmessa da que­st'ultimo al popolo d'Israele (vedi Es 20,18-21; Dt 5,23-31).

Benché i testi legislativi godano tutti di questa stessa autorità, vi sono delle divergenze evidenti fra le varie leggi, soprattutto fra i tré codici maggiori, cioè il «codice dell'alleanza» (Es 20,22-23,33), il «co­dice deuteronomico» (Dt 12,1-26,15), e la Legge di santità (Lv 17-26).

L'analisi mostra che alcune leggi sono state scritte in riferimento ad altre per correggerle. Le leggi sugli schiavi, sul prestito, sull'amo­re del nemico e il decalogo sono fra gli esempi più chiari di questo fe­nomeno.

 

A. le LEGGI RELATIVE AGLI SCHIAVI (3)

 

1. Il codice dell'alleanza (Es 21,2-11)

La legge sugli schiavi nel codice dell'alleanza distingue il caso del­lo schiavo da quello della schiava:

<<'Se acquisterai un servo ebreo, ti servirà sei anni. Il settimo anno, uscirà libero senza pagare niente. 'Se è venuto solo [non sposato], uscirà solo. Se era sposato, sua moglie uscirà con lui. '"Se il suo padrone gli da una mo­glie e se essa gli da dei figli o delle figlie, la moglie e i figli saranno pro­prietà del padrone e lui [il servo] uscirà solo. 'Ma se il servo dice: "Amo il mio padrone, la mia moglie e i miei figli, non voglio uscire libero", 'il suo padrone lo farà avvicinarsi a Dio, lo farà avvicinare alla porta o allo stipite e il suo padrone forerà il suo orecchio con il punteruolo e [il ser­vo] sarà sempre al suo servizio.

Se un uomo deve consegnare la sua figlia come serva, essa non uscirà co­me escono i servi. 'Se non piace al suo padrone che se l'è destinata [come concubina], sarà riscattata. Il padrone non ha il diritto di consegnarla a un'altra famiglia, agendo in modo sleale verso di essa. Se la destina a suo figlio, si agirà secondo il diritto delle figlie. Se [il padrone] ne prende un'altra, non potrà diminuire [il suo diritto] al cibo, al vestito e al domi­cilio. "Se la priva di queste tre cose, uscirà senza alcun pagamento, senza pagare danaro».

La legge di Es 21,2-11 tratta delle persone che vengono conse­gnate o acquistate per saldare debiti, non di «schiavi permanenti», co­me per esempio i prigionieri di guerra.

L'interpretazione dei particolari di questa legge non è sempre fa­cile (3). Un punto, però, è abbastanza chiaro: la legge mette in rilievo i diritti e i doveri dei padroni nei riguardi dei servi e delle serve. Il suo primo scopo è di proteggere i diritti delle famiglie. Perciò regola an­zitutto i problemi di matrimonio.

2. Il codice deuteronomico (Dt 15,12-18)

La legge di Dt 15,12-18 è simile a quella del codice dell'alleanza su alcuni punti; su altri, invece, diverge sostanzialmente. La traduzio­ne evidenzia in corsivo i passi comuni alle due leggi:

«"Se il tuo fratello ebreo o tua sorella ebrea si consegna a tè, ti servirà sei anni. Il settimo anno tu lo rinvierai libero da tè. "Quando lo rinvierai li­bero, non lo rinvierai con le mani vuote. "Tu lo caricherai [con il prodot­to] del tuo gregge, della tua aia e del tuo frantoio, tu gli darai di quello con cui JHWH tuo Dio ti ha benedetto. "Tu ti ricorderai che sei stato ser­vo nella terra d'Egitto e che JHWH tuo Dio ti ha riscattato. Perciò ti do oggi questo ordine. "E se ti dice: "non uscirò da tè", poiché ama tè e la tua casa, se sta bene con tè, "tu prenderai il punteruolo, tu forerai l'orecchio contro la porta e sarà tuo servo per sempre. E anche per la tua serva farai così. "Che non ti sembri troppo difficile di rinviarlo libero da tè, perché [vale] due volte il salario di un bracciante il servo [che ti ha servito] per sei anni. E JHWH tuo Dio ti benedirà in tutto quello che farai».

Il confronto fra Es 21,2-11 e Dt 15,12-18 evidenzia quattro cose essenziali (4): su alcuni punti, le due leggi convergono; su altri, invece, la legge del Dt corregge la legge del codice dell'alleanza; in genere, la legge del Dt è meno dettagliata di quella del codice dell'alleanza; tut­tavia, contiene anche alcuni elementi nuovi.

- Somiglianze

Le convergenze importanti sono tré: le due leggi trattano dello schiavo ebreo {Librì); la durata della servitù è di sei anni e lo schiavo viene liberato il settimo anno; se il servo vuoi rimanere dal suo pa­drone, si effettua la stessa operazione: si fora l'orecchio del servo con un punteruolo contro la porta.

- Differenze

* La prima, e la più importante, è il modo di trattare le serve. Il codice dell'alleanza tratta i servi e le serve in modo opposto, poiché la serva non può essere liberata dopo sei anni («non uscirà come esco­no i servi» - Es 21,7). Nel codice deuteronomico, invece, la legge vale per il servo come per la serva: «Se il tuo fratello ebreo o la tua so­rella ebrea si consegna a tè...». Ambedue serviranno sei anni e ver­ranno liberati il settimo (Dt 15,12). Lo stesso vale per il caso del servo che vuoi rimanere dal suo padrone e si fa forare l'orecchio con un punteruolo: «e anche per la tua serva agirai così» (Dt 15,17).

* II servo e la serva non sono delle persone qualsiasi, sono dei «fratelli» o delle «sorelle» («tuo fratello» - Dt 15,12). Il codice deu-teronomico insiste sulla fraternità e la solidarietà che devono unire tut­ti i mèmbri del popolo d'Israele.

* Quando il servo e, la serva finiscono il loro tempo di servizio, la legge deuteronomica introduce il diritto alla «buona uscita» (5). Se­condo questo diritto, lo schiavo e la schiava possono disporre di al­cuni beni per poter sopravvivere subito dopo il loro servizio. Per sei anni hanno lavorato per un padrone e perciò dispongono di ben po­che cose. Se non vengono aiutati, sono quasi certamente condannati alla miseria.

* II «rituale della porta» nel Dt comporta una novità: si svolge non più «presso Dio» (Es 21,6), cioè molto probabilmente in un san­tuario locale, ma alla porta della casa del padrone (Dt 15,16), perché nel Dt ci può essere un solo santuario centrale (Dt 12).

- Omissioni nella legge deuteronomica

La legge deuteronomica è più semplice di quella del codice del­l'alleanza: tratta soltanto dalla durata del servizio e delle condizioni della liberazione, lasciando fuori tutte le clausole pertinenti al matri­monio dello schiavo e della schiava, che occupano molto spazio nella legge di Es 21,2-11.

- Aggiunte nella legge deuteronomica

La legge deuteronomica è più teologica di quella del codice del­l'alleanza. Per esempio, Dt 15 menziona tré volte JHWH (15,14.15.18). Due volte parla della benedizione (15,14.18). Inoltre, riallaccia la leg­ge sugli schiavi all'esperienza dell'esodo, cioè alla storia della salvezza (15,15). Siccome Israele è stato schiavo in Egitto ed è stato liberato da JHWH suo Dio, deve ora liberare i propri schiavi e non deve man­darli via a mani vuote.

Conclusione. Il problema principale della legge del Deuteronomio è quello della liberazione dei servi e delle serve. Il Dt insiste molto di più della legge del codice dell'alleanza sui diritti dei servi e delle serve.

3. La Legge di santità (Lv 25,39-55)

Questa legge non ha legami così stretti con Es 21,2-11 o Dt 15,12-18. Ciononostante, i rapporti fra la legge del Levitico e le altre sono innegabili. La prima parte della legge (Lv 25,39-43) tratta degli schia­vi ebrei e contiene alcuni elementi simili alle leggi precedenti. Nella traduzione che segue, le parole in corsivo sono comuni alla legge del Lv e a quella del Dt:

«"Se il tuo fratello [che è in rapporto] con tè sta nel bisogno e si consegna a tè, non ti servirà come serve un servo. "Sarà per tè un salariato, come un ospite. Servirà da tè fino all'anno del giubileo. "Uscirà da tè, lui e i suoi fi­gli con lui, e tornerà al suo clan e ritroverà la proprietà dei suoi padri. ""Poi­ché siete i miei servi, che ho fatto uscire dalla terra d'Egitto. Non saranno consegnati come si consegnano i servi. ""Non dominerai su di lui con bru­talità e temerai il tuo Dio».

* Questa legge parla di nuovo del «fratello», come Dt 15,12, però non menziona la serva. Inoltre, nel contesto di Lv 25, «fratello» si­gnifica soprattutto «ebreo», «non straniero» (cf. 25,44). La legge del Lv tratta, come la legge del Dt, delle persone che si devono «conse­gnare» per saldare debiti, e della loro liberazione. Vi è una differenza . maggiore con le leggi precedenti: la legge del Lv in realtà abolisce la schiavitù all'interno del popolo d'Israele. Chi deve saldare debiti vie­ne assunto come un salariato o un residente, non come uno schiavo {'ebed), come dice espressamente Lv 26,3 9-40 (6).

* La «liberazione», tuttavia, ha luogo soltanto ogni cinquant'an-ni, per l'anno del giubileo (Lv 26,40b). In questo momento, il «sala­riato» ritrova il suo clan e, più importante ancora, il suo patrimonio.

* Come in Dt 15,15, la legge invoca l'esperienza dell'esodo per giustificare le sue norme: siccome tutti i mèmbri del popolo d'Israele sono «servi» di Dio, non possono essere servi gli uni degli altri (25,42; cf. 25,55). Davanti al Dio dell'esodo, tutti i mèmbri del popolo d'I­sraele sono uguali.

Le altre leggi di Lv 25 contemplano il caso del servo straniero e quello dell'ebreo che diventa servo di uno straniero. Queste situazio­ni non esistono nel codice dell'alleanza e nel codice deuteronomico, o, almeno, non causano alcun problema giuridico.

«Il tuo servo e la tua serva di tua proprietà verranno dai popoli che abi­tano attorno a voi. Da loro acquisterai servi e serve. "'Anche fra i figli de­gli ospiti che risiedono fra di voi potrete acquistarli, e dalle loro famiglie che si trovano da voi e che hanno generato figli nelle vostre terre. Saranno vostro possesso. '"'Li lascerete in eredità ai vostri figli, dopo di voi, per­ché li assumano in possesso eterno. Loro, li potete asservire, ma fra i vo­stri fratelli, gli Israeliti, che nessuno domini duramente sul suo fratello».

Lv 25,39-43 e 25,44-46 distinguono chiaramente il caso dell'ebreo, che può diventare un «salariato», ma non uno schiavo, e lo straniero che sarà «schiavo permanente». Lv 25,47-55 prevede il caso di un Israe­lita che diventa schiavo di uno straniero e le modalità del suo riscatto. Come le leggi del Deuteronomio, il Levitico cerca anzitutto di proteg­gere gli Israeliti contro le conseguenze dell'indebitamento. Perciò insi­stono più sui diritti degli Israeliti poveri che su quelli dei padroni.

Conclusione. Le somiglianze e le differenze fra queste leggi sono inconfutabili. Questo fatto pone un problema giuridico abbastanza se­rio: quale legge vige in materia di servitù? Per esempio, bisogna libe­rare lo schiavo dopo sei anni (Es e Dt) o quando si celebra l'anno del giubileo (Lv)? Dopo sei anni, bisogna liberare solo lo schiavo (Es) o anche la schiava (Dt)? È lecito acquistare uno schiavo ebreo (Es, Dt) o, non lo è (Lv)?

Queste leggi contraddittorie si trovano nello stesso Pentateuco e godono della stessa autorità divina e mosaica, poiché tutte sono state trasmesse da JHWH a Mosè sul Sinai. Queste leggi sono state scritte dallo stesso autore, alla stessa epoca? Se così fosse, la legislazione d'I­sraele sarebbe confusa e inapplicabile.

 

B. le leggi sul prestito (Es 22,24; Dt 23,20-21; Lv 25.35-36) (7)

 

Le leggi sul prestito hanno come primo scopo di arginare gli ef­fetti dell'indebitamento e dell'impoverimento delle fasce più deboli della popolazione.

1. Il codice dell'alleanza (Es 22,24)

«Se dai in prestito danaro a [un membro del] mio popolo, al povero che sta con tè, non ti comporterai con lui come un usuraio. Non gli imporre­te interesse».

La legge è chiara e semplice: tratta soltanto del prestito di dana­ro e proibisce il prestito a interesse all'interno del popolo d'Israele, specialmente nei confronti dei più deboli.

2. Il codice deuteronomico (Dt 23,20-21)

«"Non esigerai dal tuo fratello un interesse, ne in danaro, ne in viveri, ne in qualsiasi cosa per cui vi può essere un interesse. "Dallo straniero, inve­ce, potrai esigere un interesse, ma dal tuo fratello non l'esigerai, affinchè JHWH, tuo Dio, ti benedica in ogni impresa delle tue mani sulla terra che tu vai a conquistare».

Tré punti meritano attenzione. La legge del Deuteronomio è più dettagliata e più specifica di quella del codice dell'alleanza, perché esclude ogni genere di interesse, mentre Es 22,24 parlava solo di da­naro. Inoltre la legge introduce una chiara differenza fra Israelita (il famoso «fratello» della legislazione deuteronomica) e lo straniero (23,2 la). Infine, la legge introduce una motivazione teologica: «affin­chè JHWH, tuo Dio, ti benedica...» (23,21b).

3. La Legge di santità (Lv 25,35-36)

«"Se il tuo fratello è in difficoltà e se la sua mano è debole con tè [ed è privo di mezzi], tu lo sostenterai, anche se è ospite e residente, ed egli vi­vrà con tè. "Non prenderai da lui [qualche cosa] per interesse e per pro­fitto. Tu temerai il tuo Dio e il tuo fratello vivrà presso di tè».

La legge del Lv introduce un cambiamento essenziale: non sol­tanto il prestito a interesse non è lecito, ma occorre aiutare il fratello in difficoltà. L'interpretazione delle parole «ospite e residente» non è del tutto chiara. Sembra comunque che la legge estenda la norma an­che agli «ospiti», cioè agli emigrati. Infine, la legge del Lv contiene, come la legge del Dt, una motivazione teologica.

Le tré leggi concordano su un punto essenziale: il divieto del pre­stito a interesse.

Su altri punti, vi sono delle differenze. Per esempio, qual è il do­vere del creditore: non prestare a interesse (Es, Dt) o, inoltre, aiutare il debitore (Lv)? La legge vale soltanto per gli Israeliti (Dt) o ancora per gli emigrati e i residenti (Lv)? Il divieto del prestito a interesse va­le solo per il danaro (Es) o per qualsiasi cosa (Dt)?

Le ripetizioni e le differenze creano problemi di non poca im­portanza per chi deve applicare la legge.

 

C. le LEGGI SULL'ASINO DEL NEMICO O DELL'AMORE DEL NEMICO (Es 23,4-5; Dt 22,1-4; Lv 19,17-18) (8)

 

1. Il codice dell'alleanza (Es 23,4-5) (9)

«'*Se incontri per caso il bue del tuo nemico o il suo asino che sono di­spersi, tu glielo riporterai. 'Se vedrai un asino di chi ti odia giacere sotto il suo carico, astieniti di trascurarlo: lo slegherai con lui».

In questo testo, il «nemico» deve essere un vicino, probabilmen­te un avversario nel tribunale o un membro di un clan rivale. La leg­ge mostra che la solidarietà deve essere più forte della «faida» o desiderio di vendetta in certe circostanze. Si parla solo dell'asino del nemico, perché chi incontra «l'asino dell'amico» gli riporterà senz'altro l'animale. L'asino e il bue sono due animali essenziali nell'econo­mia agricola e pastorale.

2. Il codice deuteronomico (Dt 22,1-4)

«'Se vedi il bue del tuo fratello o un capo di bestiame minuto che vagano, non ti tirerai indietro: riportali al tuo fratello. ''Se tuo fratello non è tuo vi­cino e non lo conosci, raccogli l'animale in casa tua e esso rimarrà con tè finché tuo fratello non lo cerchi. Alloro glielo restituirai. 'Così farai per ;'/ suo asino, così farai per il suo mantello, così farai per ogni oggetto smarri­to da tuo fratello e che tu ritroverai. Non puoi tirarti indietro. Se vedi che l'asino di tuo fratello o il suo bue sono caduti sulla strada, non tirarti in­dietro. Lo aiuterai a rialzarli».

- Nel Dt, il «nemico» o «quello che tu odi» del codice dell'al­leanza è divenuto «il fratello». La legge di Es 23,4-5 esorta ad aiuta­re il nemico; la legge di Dt 22,1-4 esorta piuttosto all'amore fraterno (10). Nel Dt, questo dovere di solidarietà si estende a tutti i mèmbri del popolo.

- La legge prevede il caso di un animale che non appartiene a una persona che abita nelle vicinanze. Il Dt legifera in un'epoca in cui vi sono grandi movimenti di popolazione, mentre il codice dell'alleanza tratta soprattutto i problemi della comunità locale.

- Come nella legge sul prestito, la legge deuteronomica è più spe­cifica: estende il dovere al mantello e a qualsiasi oggetto smarrito.

3. La Legge di santità (Lv 19,17-18)

«"Non odierai tuo fratello nel tuo cuore. Correggerai il tuo compatriota e non ti caricherai di un peccato nei suoi confronti. "Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i mèmbri del tuo popolo. Amerai il tuo pros­simo come tè. Io sono JHWH».

La legge del Lv non menziona più gli animali e gli oggetti smar­riti. Essa tratta dei doveri all'interno del popolo. Tra fratelli e compa­trioti, l'odio non può esistere. Invece, è importante correggere e rimproverare chi non sta sulla via giusta. Anche la vendetta e il ran­core devono essere sradicati. La legge tende a creare fra i mèmbri del popolo una solidarietà che possa superare tutte le altre esigenze, persino il desiderio di «vendetta» o le «falde». La solidarietà nazionale diventa il compito primordiale per tutti.

Conclusione. Queste leggi non sono contraddittorie, ma difficil­mente possono risalire allo stesso autore poiché le situazioni e le for­mulazioni sono troppo differenti. Perché, per esempio, avere tré leggi sullo stesso argomento in tré posti diversi del Pentateuco?

 

D. il DECALOGO (11)

 

D decalogo è il testo fondamentale di tutta la legge dell'Antico Testamento. E l'unico testo che JHWH trasmette direttamente al po­polo, senza la mediazione di Mosè (Es 20,1; soprattutto Dt 5,4). Per di più, secondo varie attestazioni, Dio stesso l'ha scritto su due tavo­le di pietre (Es 24,12; 31,18; 32,15; Dt 5,22).

Questo «decalogo etico» esiste sotto due forme nel Pentateuco: in Es 20,1-17 e in Dt 5,6-21. Siccome in entrambi i casi, lo stesso JHWH proclama lo stesso decalogo allo stesso momento sullo stesso monte Si-nai davanti allo stesso popolo d'Israele, sarebbe normale trovare due volte lo stesso testo. Invece, non è così. Gli esegeti hanno elencato una ventina di differenze fra la versione di Es 20 e quella di Dt 5 (12). Il te­sto del Dt contiene una serie di «aggiunte» in confronto con il testo di Es 20; in sette casi, si tratta soltanto della particella di coordinazio­ne uf («e»). Fra queste divergenze, tré sono più significative.

1. il comandamento del sabato (Es 20,8-11; Dt 5,12-15)

In Es 20,8-11 e Dt 5,12-15, la motivazione è diversa. Es 20,8-11 riallaccia il comandamento al riposo di Dio il settimo giorno della crea­zione (20,11), mentre Dt 5,15 lo riallaccia all'esperienza dell'esodo.

Es argomenta a partire dalla teologia della creazione, mentre Dt preferisce la teologia della storia della salvezza.

2. La struttura del decalogo (13)

11 decalogo di Es 20,1-17 distingue dieci comandamenti che ini­ziano ciascuno con un imperativo o con quello che le grammatiche chiamano un «vetitivo» {lo' seguito da un yiqtoi), Es 20,2 è un «tito­lo». Abbiamo quindi:

20,2:    Titolo

20,3:    Divieto di adorare altri dèi

20,4-6: Divieto di fabbricare immagmi

20,7:    Divieto di usare invano il nome divino

20,8-11: Comandamento del sabato

20,12:  Comandamento di onorare i genitori

20,13:   Divieto di uccidere

20,14:   Divieto di commettere adulterio

20,15:   Divieto di rubare

20,16:   Divieto di dire falsa testimonianza

20,17:   Divieto di concupire il bene altrui

Il decalogo del Dt non è strutturato in questo modo. Si divide piuttosto in tré parti (14). Il comandamento del sabato si trova al centro ed è collegato da richiami verbali con l'inizio e la conclusione del bra­no. Il verbo «far uscire» appare in 5,6 («ti ho fatto uscire») e in 5,15 («e ti ha fatto uscire [JHWH, tuo Dio]»). Questo verbo lega l'inizio del decalogo con il comandamento del sabato. D'altra parte, lo stesso comandamento del sabato e il comandamento finale, il divieto di con­cupire il bene altrui, hanno due parole in comune: «servo e serva»

('ebed, 'ama; Dt 5,14.21). Queste due parole sono assenti nella ver­sione di Es 20.

La seconda parte del decalogo deuteronomico (Dt 5,16-21) for­ma una catena coordinata. Dt ha sei volte welo' («e non...») dopo il lo' («non...») iniziale di Dt 5,17, mentre i cinque lo («non...») di Es :  20,13-17 si susseguono senza coordinazione. In Dt 5, questa seconda parte distingue un comandamento positivo, il comandamento di rispettare i genitori, e una serie di sei divieti. La prima parte (Dt 5,6 11) inizia pure con un'affermazione (5,6) seguita da cinque divieti, tutti relativi a JHWH.

Abbiamo dunque la macrostruttura seguente (15):

A. Dt 5,6-11: i comandamenti relativi a JHWH X. Dt 5,12-15: il sabato A'. Dt 5,16-21: i comandamenti sociali

II testo del Dt è più strutturato, più organico, specialmente nella sua seconda parte, dove appaiono anche le differenze maggiori, stili­stiche e contenutistiche, con il testo di Es 20. La struttura di Dt 5 po­ne in risalto il comandamento del sabato che è, allo stesso tempo, un comandamento verso JHWH e un comandamento sociale.

Imperniato sull'esperienza dell'esodo, questo comandamento di­venta il simbolo dei doveri verso JHWH, il Dio liberatore (5,6.15), e verso il prossimo «liberato» (5,14.21).

3. La seconda parte del decalogo (16)

Le differenze maggiori fra le due versioni del decalogo appaiono soprattutto nella seconda parte. Perciò vale la pena studiarlo più da vicino. Il testo di Es 20,13-17 contiene cinque comandamenti sociali non coordinati e senza apparente ordine. In Dt 5,17-21 invece, i sei comandamenti sono coordinati e formano due serie successive che si corrispondono (5,17-19 e 5,20-21ab). La prima tratta dei delitti come tali e la seconda delle loro cause principali (17). Per di più, la prima se­rie comprende divieti brevi (due parole in ebraico), mentre la secon­da è più lunga:

Delitti                          Causa principale

Assassinio: 5,17            Falsa testimonianza:

5,20 Adulterio: 5,18      Desiderare la moglie altrui:

5,21a Furto: 5,19          Concupire il bene altrui: 5,21b

La falsa testimonianza nel giudizio è uno dei mezzi più semplici per vendicarsi di un nemico o di un avversario. Essa conduce spesso all'omicidio, come nel famoso esempio di Nabot (1 Rè 21: «La vigna di Nabot»). Il desiderio della moglie altrui conduce all'adulterio, e il concupire i suoi beni porta naturalmente al furto. In confronto con Es 20,13-17, il Dt sembra rispecchiare una riflessione più approfon­dita e una maggiore sensibilità pedagogica (18).

4. Il «decalogo cultuale» (Es 34,11-26) (19)

Dopo l'episodio del vitello d'oro (Es 32), in cui Mosè distrugge le tavole della legge (32,15-16.19), egli, poi, intercede per il popolo e ottiene il perdono divino. Per suggellare questa riconciliazione, JHWH dice a Mosè in Es 34,1: «Scolpisciti due tavole di pietra, come le pri­me. Scriverò sulle tavole le parole che erano sulle prime tavole che hai rotto».

Dopo questa affermazione, il lettore si aspetta di ritrovare il de­calogo di Es 20,1-17. Però non è affatto così. Il «decalogo» di Es 34,11-26 contiene delle prescrizioni che toccano soltanto il culto esclusivo di JHWH: divieto del culto di altri dèi, leggi sui sacrifici e il calen­dario liturgico. Perciò si chiama «decalogo cultuale».

In Es 34, persino il divieto di rendere un culto agli altri dèi è for­mulato in modo diverso da quello di Es 20,3. Per di più, Es 34,11-26 ha un suo parallelo nella parte finale del «codice dell'alleanza» (Es 23,10-19) (20). Vi sono delle corrispondenze verbali, ma anche differen­ze nell'ordine dei comandamenti e nelle formulazioni. Infine, vi sono molti contatti fra questo «decalogo cultuale» e la seconda parte del «codice dell'alleanza» e del «codice deuteronomico».

Conclusione. Queste ripetizioni, tensioni e contraddizioni fra «di­scorsi divini» pongono un problema serio alla critica. Dal punto di vi­sta letterario, è difficile attribuire tutti questi testi alla stessa mano. Un autore avrebbe evitato queste difficoltà. E più semplice pensare che i testi sono stati scritti in varie epoche e corrispondono a differenti si­tuazioni e preoccupazioni.

Dal punto di vista teologico, la varietà delle leggi che si correg­gono mutuamente pone un altro problema, quello dell'autorità divina della legge. In Israele, solo JHWH poteva cambiare la legge che ve­niva da lui ed era stata trasmessa da Mosè. Si accetta una modifica della legge divina quando la modifica viene promulgata da JHWH tra­mite Mosè e risale alla rivelazione del Sinai. Il problema dell'inter-pretazione è di sapere quale «legge divina» vige.

Per lo stesso motivo, una nuova legge non abolisce una legge più antica: la legge è di origine divina e pertanto ha valore «perenne» e non può essere abrogata. La «nuova legge» viene considerata come un'altra forma della legge antica. E allo stesso tempo identica e diffe­rente. Per l'applicazione vale soltanto la formulazione nuova, «attua­lizzata» (21). Anche il Nuovo Testamento si capisce sotto certi aspetti come un'attualizzazione dell'Antico Testamento (cf. Mt 5,17).

La ragione di questo fenomeno è duplice. Da una parte, la legge è valida solo se gode di un'autorità divina. Perciò deve essere antica e far parte della rivelazione mosaica e «sinaitica». D'altra parte, per essere applicata, la legge deve essere costantemente attualizzata e in­terpretata in funzione delle varie situazioni in cui vive il popolo d'I­sraele.

 

RIFERIMENTI

 

(1) Per una breve presentazione, vedi E. zenger, Einleitung, 54-61.

 

(2) Su questo punto, vedi I. cardellini, Die biblischen «Sklaven»-Gesetze im Lichte des keilschriftlichen Skiavenrechts. Ein Beitrag wr Tradition, Uberlieferung unì Redaktion der alttestamentlichen Rechtstexte (BBB 55; Konigstein - Bonn 1981); G.C. chirichigno, Debt-Slavery in Israel and in thè Ancient Near East (JSOTS 141; Shef-field 1993); B.S. jackson, «Biblical Laws of Slavery: A Comparative Approach», Slav­ery and Other Forms of Un/ree Labour (ed. L.J. archer) (London 1988) 86-101; J.M. hamilton, Social ]ustice and Deuteronomy. Thè Case ofDeuteronomy 15 (SBLDS 136; Atlanta, GA 1992); N.P. lemche, «Thè "Hebrew Slave"», VT 25 (1975) 129-144; id., «Thè Manumission of Slaves - Thè Fallow Year - Thè Sabbatical Year - Thè Yobel Year», VT 26 (1976) 38-59; I. mendelsohn, Slavery m thè Ancient 'Near East (New York 1949); A. phillips, «Thè Laws of Slavery; Ex 21,2-11», ]SOT 30 (1984) 51-66;

J.P.M. VAN DER ploeg, «Slavery in thè Oid Testament», Congress Volume. Vppsala

1971 (VTS 22; Leiden 1972) 72-87.

 

(3) Vedi i commentari per una discussione dettagliata; vedi anche J.L. ska, II codi­ce dell'alleanza. Il diritto biblico e le leggi cuneiformi. Esegesi di Es 21,2-32 (Dispense; Roma 1996).

 

(4) Su questa legge deuteronomica, vedi J.M. hamilton, Social Justtce and Deutero­nomy.

 

(5) Indennità che si paga quando finisce il contratto di lavoro, al momento della «li­quidazione». Si parla anche di «trattamento fine rapporto» (TFR).

 

(6) Vedi, fra gli altri, E CsOSEMANN, «Exodus», 124-125.

 

(7) Vedi E. zenger, Einleitung, 54; per più particolari, vedi i commentari e E. neu-FELD, «Thè Prohibitions Against Loans at Interest in Ancient Hebrew Laws», HUCA 26 (1955) 355-412.

 

(8) Vedi E. zenger, Einleitung, 54-58. Su queste leggi, vedi anche G. barbiero, L'asino del nemico. 'Rinuncia alla vendetta e amore del nemico nella legislazione del­l'Antico Testamento (Es 23,4-5; Dt 22,1-4; Lv 19,17-18) (AnBib 128; Roma 1991).

 

(9) La traduzione è incerta. Vedi i commentari e l'opera di Barbiere segnalata nel­la nota precedente.

 

(10) Contro Barbiere; vedi A. schenker, ree. di Barbiere, in Bib 73 (1992) 263-265, spec. 264.

 

(11) Vedi E. zenger, Einleitung, 58-60; per una bibliografia recente sul decalogo, vedi W.H. schmidt - H. delkurt - A. graupner, Die Zehn Gebote im Rahmen Alt-testamentlicher Ethik (Ertrage der Forschung 281; Darmstadt 1993). Per un paragone delle due forme del decalogo, vedi F.-L. hossfeld, Der Dekalog: seine spàten Fas-sungen, die originale Komposition und seine Vorstufen (OBO 45; Freiburg Schweiz -Góttingen 1982); ch. levin, «Der Dekalog am Sinai», VT 35 (1985) 165-191; A. graupner, «Zum Verhaitnis der beiden Dekalogfassungen Ex 20 und Dtn 5. Ein Ge-sprach mit Frank-Lothar Hossfeld», ZAW99 (1987) 308-329; F.-L. hossfeld, «Zum synoptischen Vergleich der Dekalogfassungen. Eine Fortfiihrung des begonnenen Ge-spràchs», Vom Sinai wm Horeb. Stationen alttestamentlicher Glaubensgeschichte (ed. F.-L. hossfeld) (Wiirzburg 1989) 73-118; J. loza, La Palabras de Yahve: Estudio del Decalogo (Biblioteca Mexicana; México 1989); B.Z. segal (ed.), Thè Ten Command- ments in History and Tradition (Jerusalem 1990); R.G. kkatz, «Der Dekalog im Exo-dusbuch», VT44 (1994) 205-238.

 

(12) Vedi, per esempio, J.J. stamm, Der Dekalog im Lichte der neueren Forschung (Bern 1958) 5 (20 differenze); J. loza, Palabras, 99-102 (22 differenze); W.H. schmidt - H. delkurt - A. graupner, Zehn Gebote, 34-35 (smossi).

 

(13) Vedi E. zenger, Eznleifung, 60; per altre proposte, vedi R. meynet, «Les dix cómmandements, loi de liberto. Analyse rhétorique d'Ex 20,2-17 et Dt 5,6-21», Mé-langes de l'Université Saint-Joseph 50 (Beyrouth 1984) 405-421; H.J. koorevaar, «De opbouw van de tien woorden in Exodus 20:1-17», AcT 15 (1995) 1-15.

 

(14) Cf. N. lohfink, «Zur Dekalogfassung von Dt 5», BZ 9 (1965) 17-32 = Studien I, 193-209, che struttura il testo del Dt in cinque parti (203 ):

I.  Adorazione di JHWH    5,6-10          lungo IL II nome di JHWH               5,11            breve

III. Il sabato                                   5,12-15         lungo

IV. I genitori                          5,16             breve

V. Comandamenti morali    5,17-21         lungo

La difficoltà di questa struttura viene dal fatto che non vi è alcuna ragione di or­dine stilistico per separare 5,11 dal resto. La costruzione di Dt 5,6-11 è identica a quel­la di Es 20,3-7.

 

(15) Non escludo la possibilità di suddividere il testo. Importa solo vederne le mag­giori divisioni.

 

(16) E. zenger, Einleitung, 59.

 

(17) E. zenger, Einleitung, 59, parla piuttosto di delitti segreti e di delitti pubbli­ci. Però questa distinzione non mi pare cogliere la vera differenza fra le due serie. De­siderare la moglie altrui o concupire i suoi beni sono dei delitti pubblici?

 

(18) Nel Dt, il decalogo è la legge che deve essere osservata da ogni membro del po­polo d'Israele, in qualsiasi luogo. Le altre leggi, invece, devono essere osservate solo da chi abita nel paese (cf. 5,1 e 6,1).

 

(19) Vedi E. zenger, Einleitung, 60; su Es 34,11-26, vedi J. halbe, Das Privileg-recht Jahwes: Ex 34,10-26. Gesta! f und Wesen, Herkunft und Wirken in vordeuterono-mischer Zeit (FRLANT 14; Gòttingen 1975); E. blum, «Das sog. "Privilegrecht" in Exodus 34,11-26: Ein Fixpunkt der Komposition des Exodusbuches?», Studies in thè Book ofExodus. Redaction - Reception - Interpretation (ed. M. vervenne) (BETL 126; Leuven 1996) 347-366.

 

(20) Vedi 34,18 e 23,15; 34,20 e 23,15; 34,23 e 23,14.17; 34,25 e 23,15; 34,26 e 23,19.

 

(21) Su questo punto, vedi M. fishbane, Biblical Interpretation in Ancient Israel (Oxford 1985) 91-277.