LA PRESENZA DI CRISTO NELLA LITURGIA

 

L’opera della salvezza compiuta da Cristo «una volta per sempre», è continuata-attuata «ogni volta» nella Liturgia della Chiesa. Il Signore Risorto, infatti, ha inviato gli Apostoli, ripieni di Spirito Santo, non solo per predicare l’Evangelo a tutti gli uomini (Mc 16,15), ma anche per attuare, per mezzo del sacrificio e dei sacramenti, l’opera della salvezza che annunziavano. Da allora, la Chiesa mai ha tralasciato di riunirsi in assemblea per celebrare il mistero pasquale mediante la lettura di quanto «nella Scrittura lo riguardava» (Lc 24,27), mediante la celebrazione dell’Eucaristia e mediante l’azione di grazie nello Spirito Santo (SC 6).

Per realizzare un'opera così grande, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, ed in modo speciale nelle azioni liturgiche. Secondo questa espressione di Sacrosanctum concilium 7, appare chiaro che la liturgia non esaurisce tutto il mistero della presenza di Cristo nella sua Chiesa, pur restando la liturgia il «luogo speciale» dove tale presenza si realizza. All’interno dell’azione liturgica, poi, c’è la presenza del tutto particolare di Cristo nelle specie eucaristiche.

Sorgono allora alcune domande legate alla presenza di Cristo nella sua Chiesa: dove è presente Cristo? Come è presente?

I luoghi della divina presenza.

Come la liturgia non esaurisce tutta l’attività della Chiesa (SC 9), così la stessa liturgia non esaurisce da sola tutta la divina presenza di Cristo. I testi del Nuovo Testamento sono molto significativi a questo proposito e indicano la presenza del Risorto attorno all’espressione «ogni volta», espressione che ricorre per indicare sia la presenza di Cristo nel suo Corpo ecclesiale, sia la sua presenza nel suo Corpo eucaristico.

Il Corpo ecclesiale di Cristo sono principalmente i poveri ed i bisognosi di carità. Ebbene, proprio in questa espressione privilegiata del suo Corpo ecclesiale Egli ha promesso di essere presente ricorrendo all’espressione «ogni volta»: «ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Nel povero, nel prigioniero, nell’ammalato, nel carcerato… è Cristo stesso che noi aiutiamo, visitiamo. E per rendere più forte la validità di tale sua divina presenza, Cristo aggiunge che «ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me» (Mt 25, 45). La vita dei Santi è ricca di tali episodi, come nel caso di San Martino di Tours che nel povero a cui aveva dato la metà del suo mantello riconobbe la persona di Cristo.

Anche la divina presenza di Cristo nel suo Corpo eucaristico è sottolineata dall’espressione «ogni volta»: «ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga» (1 Cor 11,26). Dal momento che tale annuncio è anamnesi-memoriale della sua morte e risurrezione (cf vv 24.25), quel pane e quel vino diventano, per la potenza dello Spirito Santo (epiclesi), lo stesso corpo e sangue di Cristo. Temibile conseguenza per chi non riconosce tale divina presenza: «chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1 Cor 11, 27-29). Non sfugga tuttavia la ricchezza dell’argomentazione di S. Paolo in questo messaggio alla comunità di Corinto; l’Apostolo, infatti, aveva appena rimproverato le «divisioni» (skismata: v. 18) all’interno delle assemblee eucaristiche che si celebravano a Corinto. Tali divisioni consistevano nella discriminazione che ivi si faceva tra poveri e benestanti: mentre quelli restavano affamati, questi mangiavano e bevevano fino ad ubriacarsi (v. 21); pretendevano però di partecipare insieme alla stessa eucaristia. Argomenta in modo forte ed inequivocabile l’Apostolo: come potete pretendere di riconoscere Cristo nel suo Corpo eucaristico, quando non siete capaci di riconoscerlo nel suo Corpo ecclesiale? Fate dunque bene attenzione: in questo modo voi mangiate il pane e bevete il calice in modo indegno, senza riconoscere il Corpo del Signore; questa comunione non porta la vita, ma la morte e la condanna.

In questo testo di S. Paolo ai Corinzi appare dunque chiaro il duplice modo e l’inseparabilità della divina presenza di Cristo: nel suo Corpo ecclesiale e nel suo Corpo eucaristico.

L'Eucaristia è il sacramento della carità, è il luogo dell’incontro tra Corpo eucaristico e Corpo ecclesiale di Cristo secondo l’affermazione patristica che dice: la Chiesa fa l’Eucaristia, l’Eucaristia edifica la Chiesa. Se viene meno questa bipolarità, se una delle due divine presenze è messa in sordina, si corre il rischio che “il culto si rivesta di ipocrisia e contraddica nei fatti a quella comunione che l'Eucaristia significa e realizza”. Il culto si riveste di ipocrisia quando viene a mancare il legame stretto che unisce Eucaristia e carità, celebrazione e testimonianza della vita.

 

La presenza speciale nelle azioni liturgiche.

Resta vero che la liturgia non esaurisce tutta la divina presenza di Cristo nella sua Chiesa; ciò non toglie che si possa e si debba parlare di una presenza «speciale» di Cristo nelle «azioni liturgiche» secondo il testo sopra citato di Sacrosanctum concilium n.7.

Questo luoghi speciali della presenza di Cristo nelle azioni liturgiche sono così elencati:

·        Cristo è presente nella persona del ministro: Egli che, offertosi una volta per sempre sulla croce, offre ancora se stesso per il ministero dei sacerdoti. Ogni azione sacramentale compiuta dal ministro, è da lui compiuta in Persona Christi. E’ significativa l’espressione del papa Innocenzo III: «non per merito del sacerdote agisce il sacramento, ma per la parola del Creatore; pertanto non l’iniquità del sacerdote impedisce l’effetto del sacramento, come l’infermità del medico non corrompe la medicina». Il ministro è come il segno sacramentale attraverso cui Cristo stesso compie la sua opera di salvezza. Cristo agisce nella persona del ministro; il ministro agisce nella Persona di Cristo.

·        Cristo è presente nei Sacramenti: di modo che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza. S. Agostino diceva: «Pietro battezza? Ma è Cristo che battezza. Coloro che ha battezzato Giovani Battista, li ha veramente battezzati Giovanni. Coloro invece che ha battezzato Giuda, li ha battezzati Cristo». Il Vaticano II ha a affermato che «Cristo è presente nella comunità dei suoi pontefici e per mezzo dell’eccelso loro ministero predica la parola di Dio a tute le genti e continuamente amministra ai credenti i sacramenti della fede» (LG 21; cf PO 2).

·        Cristo è presente nella sua parola: giacché è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura. In un altro passaggio di Sacrosanctum concilium si dice che nell’annuncio delle mirabili opere di Dio è in noi sempre presente e operante (praesens semper adest et operatur) lo stesso mistero di Cristo compiuto nella storia della salvezza. La Chiesa sempre ha creduto a questa divina presenza di Cristo nella sua Parola, tanto che «Alla parola di Dio e al mistero eucaristico la Chiesa ha tributato e sempre e dappertutto ha voluto e stabilito che si tributasse la stessa venerazione, anche se non lo stesso culto; mossa dall’esempio del suo Fondatore, essa non ha mai cessato di celebrare il mistero pasquale, riunendosi insieme per leggere "in tutte le Scritture ciò che a lui si riferiva" (Lc 24,27), e attualizzare, con il memoriale del Signore e i sacramenti, l’opera della salvezza» (OLM 10). Al seguito della tradizione patristica il Vaticano II insegna che la Chiesa continua a nutrirsi «all’una e all’altra mensa»: la mensa della Parola e la mensa dell’Eucaristia, dove viene offerto come cibo l’unico Corpo di Cristo.

·        Cristo è presente nell'assemblea della Chiesa che prega e loda: Lui che ha promesso che dove due o tre sono riuniti nel suo nome, si fa presente in mezzo a loro (Mt 18,20). Il Risorto ha pure promesso che «io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Durante il tempo dell’esodo nel deserto il Signore si rendeva presente in mezzo al suo popolo e si faceva incontrare nella tenda del convegno (cf Es 33,7). Nella pienezza del tempo si è fatto presente nella tenda dell’umanità del Verbo fatto carne (Gv 1,14). Nell’oggi della Chiesa  continua a farsi presente in mezzo al suo popolo, quanto questo popolo si riunisce in assemblea liturgica per pregare e lodare il Signore.

·        Cristo è presente soprattutto (tum maxime, praesertim) sotto le specie eucaristiche. "Intimamente credo e apertamente confesso che il pane e il vino posti sull’altare, per il mistero della orazione sacra e le parole del nostro Redentore, si convertono sostanzialmente nella vera e propria e vivificante carne e sangue di nostro Signore Gesù Cristo; e che dopo la consacrazione c’è il vero corpo di Cristo, che è nato dalla Vergine e per la salvezza del mondo fu offerto e sospeso sulla croce e ora siede alla destra del Padre; e c’è anche il vero sangue di Cristo, che uscì dal suo fianco, non soltanto come segno e virtù del sacramento, ma anche nella proprietà della natura e nella realtà della sostanza" (Professione di fede di Gregorio VII circa la presenza di Cristo nell’Eucaristia). E nella solenne professione di fede di Paolo VI si dice: «L’unica ed indivisibile esistenza del Signore glorioso nel cielo non è moltiplicata, ma è resa presente dal sacramento nei numerosi luoghi della terra dove si celebra la messa. Dopo il sacrificio, tale esistenza rimane presente nel santo sacramento, che è, nel tabernacolo, il cuore vivente di ciascuna delle nostre chiese. Ed è per noi un dovere dolcissimo onorare e adorare nell’ostia santa, che vedono i nostri occhi, il Verbo incarnato, che essi non possono vedere e che, senza lasciare il cielo, si è reso presente dinanzi a noi» (n.26).

Si è cercato fin qui di rispondere alla domanda: dove è presente Cristo? Abbiamo visto che i luoghi della sua divina presenza si riducono essenzialmente al suo Corpo ecclesiale, al suo Corpo eucaristico, alle azioni liturgiche. Resta ora da rispondere all’altra domanda: come è presente Cristo in questo differenti luoghi?

 

I modi della divina presenza.

La varietà dei «luoghi» esige in qualche modo anche una varietà di «modi» di presenza. Parliamo di «modi» e non di quantità, quasi che l’uno lo contenga più dell’altro. Il problema del modo della divina presenza di Cristo si fece particolarmente acuto subito dopo la promulgazione della Costituzione liturgica (4.12.1963). Proprio a seguito dell’indicazione dei vari luoghi di presenza che abbiamo sopra commentato (SC 7), si levarono non poche voci di dissenso che dicevano: questo allargamento di presenze finirà per danneggiare la presenza per eccellenza che è quella eucaristica. Dovette intervenire lo stesso Paolo VI che in una apposita Enciclica, Mysterium fidei[1], offrì le seguenti chiarificazioni:

·        queste varie forme di presenza sono tutte «reali»; la realtà della presenza di Cristo nell'Eucaristia, tuttavia, è una presenza reale non «per esclusione» (quasi che le altre presenze non siano ugualmente reali), ma «per eccellenza» (tum maxime, praesertim);

·        l’eccellenza e la particolarità di tale presenza reale è dovuta al «modo» con cui Cristo è presente nell’Eucaristia, un modo che non hanno le altre presenze reali; solo nell’Eucaristia Cristo è presente in modo sostanziale (tutta la sostanza del pane e del vino diventano sostanza del suo Corpo e del suo Sangue; questa conversione è comunemente chiamata transustanziazione ed avviane in forza dell’invocazione dello Spirito Santo [epiclesi] e delle parole di consacrazione), permanente (rimane anche dopo la celebrazione, nelle ostie consacrate che si conservano nel tabernacolo: per la comunione ai malati, il Viatico, e l’adorazione eucaristica), tutto e intero (nelle sacre specie c’è tutto Cristo: corpo, sangue, anima e divinità; non separato né spezzato, tanto nell’intero quanto nelle parti: la frazione non lo divide, la comunione non lo consuma).

Possiamo concludere questa riflessione sulla presenza di Cristo nella liturgia, richiamando, come una icona, l’immagine evangelica di Marta che, in occasione della visita di Gesù a seguito della morte di Lazzaro, va dalla sorella Maria e le dice: «Il Maestro è qui e ti chiama» (Gv 11, 28). La liturgia, in quanto anamnesi-memoriale, fa sì che il Risorto sia ancora qui presente e ci chiami per nome e ci inviti a riconoscerlo nel suo Corpo-Parola e del suo Corpo-Pane; ovviamente senza dimenticare l’altro suo Corpo che è quello ecclesiale, soprattutto nei fratelli bisognosi.

Anche la risposta deve essere la stessa: «Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui» (Gv 11, 29). Ben si è espresso S. Ambrogio quando scrive: «Io trovo te nei tuoi misteri», realmente presente anche nella povertà dei segni dal momento che il Misericordioso per divina condiscendenza ha voluto piantare la sua tenda in mezzo a noi (Gv 1,14) per farsi trovare da chiunque lo cerchi con cuore sincero.

 

 

Ottobre 1999

Paolo Giglioni

 



[1]) PAOLO VI, Lett. Enc. Mysterium Fidei sulla dottrina e il culto della ss. Eucaristia (3.IX.1965): AAS 57 (1965) 753-774; Enchiridion Vaticanum  2, 406-443.