COMMENTO AL VANGELO DI GIOVANNI

Sant’Agostino

 

[Omelie 31-40]

 

OMELIA 31

Dove mai sta per andare il Cristo?

Senza saperlo, i giudei predissero la nostra salvezza. A noi che non abbiamo conosciuto il Cristo nella carne, è stato concesso di mangiare la sua carne e di essere membra della sua carne. Egli ha inviato a noi i suoi servi, i suoi fratelli, le sue membra, che è quanto dire se stesso: inviandoci le sue membra, ci ha fatto anche noi sue membra.

1. La vostra Carità ricorda che nei discorsi precedenti abbiamo spiegato, come ci è stato possibile, quanto si era letto nel Vangelo, e cioè che il Signore Gesù si recò alla festa in incognito, non per paura di essere preso, dato che era in suo potere impedirlo, ma per significare che egli stesso era nascosto in quella festa che i Giudei celebravano, festa che costituiva un mistero in relazione a lui. Nel brano di oggi appare come potenza ciò che poteva essere scambiato per debolezza: egli, infatti, insegna in pubblico durante la festa, tanto che le turbe si meravigliano e dicono quanto abbiamo sentito leggere: Non è costui che cercavano di uccidere? Ed ecco parla apertamente e non gli dicono nulla. Che abbiano riconosciuto davvero, i capi, che è il Cristo? (Gv 7, 25-26). Quanti sapevano con quale accanimento veniva ricercato, si meravigliavano del suo potere che impediva loro di prenderlo. Ma, siccome non avevano un'idea chiara del suo potere, pensarono che i capi, meglio informati, l'avessero riconosciuto come Messia; e che avessero perciò deciso di risparmiare colui che in tutti i modi avevano ricercato per ucciderlo.

[L'origine di Cristo.]

2. Inoltre quelli stessi che avevano detto tra loro: Forse i capi hanno davvero riconosciuto che costui è il Cristo, vennero fuori con una questione secondo cui a loro non risultava che egli fosse il Cristo. Dissero: Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia (Gv 7, 27). Vediamo come era nata presso i Giudei questa opinione, che quando il Cristo verrà, nessuno saprà di dove sia; giacché non può esser nata senza motivo. Se esaminiamo attentamente le Scritture, o fratelli, troviamo che esse di Cristo avevano detto: Sarà chiamato Nazareno (Mt 2, 23). In esse, quindi, era stata predetta la sua origine. Se poi cerchiamo il luogo della sua nascita, considerandolo come suo luogo d'origine, neppure esso era ignoto ai Giudei, essendo stato predetto dalle Scritture. Infatti quando i Magi, vista la stella, lo cercarono per adorarlo, si presentarono ad Erode e gli dissero chi cercavano e che cosa volevano; quello allora, convocati gli esperti della legge, chiese loro dove Cristo doveva nascere, ed essi risposero: In Betlemme di Giuda (Mt 2, 5); e citarono la testimonianza profetica (Mic 5, 2). Ora, se i profeti avevano predetto sia la sua patria di origine, sia il luogo dove sua madre lo partorì, donde ha potuto nascere presso i Giudei l'opinione che adesso abbiamo sentito: Il Cristo, quando verrà, nessuno saprà di dove sia, se non dalle stesse Scritture che avevano proclamato e preannunciato l'una e l'altra cosa? Le Scritture avevano predetto la sua origine umana, mentre la sua origine divina rimaneva nascosta agli empi e doveva essere rivelata a chi si accosta a Dio con profondo rispetto. Probabilmente i Giudei dissero: il Cristo, quando verrà, nessuno saprà di dove sia, in quanto questa persuasione era stata originata in loro dalla parola d'Isaia: Chi potrà raccontare la sua origine? (Is 53, 8). Orbene, il Signore stesso spiega ambedue le affermazioni a quelli che conoscevano la sua origine e a quanti non la conoscevano, rendendo così testimonianza alla divina profezia che di lui aveva vaticinato e la sua debolezza umana e la sua maestà divina.

3. Ascoltate dunque il Verbo del Signore, o fratelli, e notate come conferma, tanto l'asserzione: costui sappiamo di dov'è, quanto l'altra: quando verrà il Cristo, nessuno saprà di dove sia. Gesù allora, mentre insegnava, gridò forte nel tempio e disse: Sì, mi conoscete e sapete di dove sono; ma io non sono venuto da me, e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete (Gv 7, 27-28). Come a dire: Voi mi conoscete e non mi conoscete; sapete di dove sono e non lo sapete. Sapete di dove sono io Gesù di Nazaret, di cui conoscete anche i genitori. Sotto questo aspetto rimaneva nascosto solo il parto verginale, del quale tuttavia era testimone lo sposo di Maria: solo lui poteva rivelare secondo verità il segreto che, come marito, gelosamente custodiva. Eccetto dunque il parto verginale, sapevano tutto di Gesù come uomo: era nota la sua faccia, era nota la sua patria, era nota la sua parentela, si sapeva dove era nato. Giustamente egli disse: Voi mi conoscete e sapete di dove sono, secondo la carne e l'aspetto umano. Ma secondo la divinità no: Io non sono venuto da me, e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete; se volete conoscerlo, credete in colui che egli ha mandato e allora lo conoscerete. Nessuno - infatti - ha mai visto Dio, se non l'unigenito Figlio che è nel seno del Padre, e che ce lo ha rivelato (Gv 1, 18); e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo (Mt 11, 27).

4. Infine, dopo aver detto: e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete, per mostrare come essi avrebbero potuto sapere ciò che non sapevano, aggiunge: Io lo conosco. Rivolgetevi, dunque, a me per conoscerlo. Ma perché io lo conosco? Perché vengo da lui, ed è lui che mi ha mandato (Gv 7, 29). Ha dimostrato magnificamente l'una e l'altra verità. Ha detto: vengo da lui, perché il Figlio viene dal Padre, e tutto ciò che il Figlio è, lo è da colui del quale egli è Figlio. Perciò diciamo che il Signore Gesù è Dio che viene da Dio; del Padre non diciamo che è Dio da Dio, ma soltanto Dio. Così diciamo che il Signore è Luce che viene dalla Luce; del Padre non diciamo che è Luce da Luce, ma soltanto Luce. E' in questo senso che dice vengo da lui. Ma in quanto mi vedete rivestito di carne, è Lui che mi ha mandato. Quando senti: Lui mi ha mandato, non pensare ad una creatura diversa, ma all'autorità che è propria del Padre.

[Il Signore non è soggetto al fato.]

5. Allora cercarono di afferrarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora (Gv 7, 30), cioè, perché egli non voleva. Che significa infatti: non era ancora giunta la sua ora? Il Signore, certo, non è nato soggetto al destino. Non devi pensare questo di te, e tanto meno di colui per mezzo del quale sei stato creato. Se l'ora tua dipende dalla sua volontà, dalla sua volontà dipenderà ancor più l'ora sua. Non parlava quindi dell'ora in cui sarebbe stato costretto a morire, ma dell'ora in cui si sarebbe degnato di lasciarsi condurre alla morte. Aspettava il tempo della sua morte, così come aveva aspettato il tempo della sua nascita. Parlando di questo tempo, l'Apostolo dice: Quando venne la pienezza del tempo, Dio inviò suo Figlio (Gal 4, 4). Molti dicono: Perché il Cristo non è venuto prima? Ad essi bisogna rispondere: perché non era ancora giunta la pienezza del tempo, disposta da colui per mezzo del quale tutti i tempi sono stati creati: egli, infatti, sapeva quando sarebbe dovuto venire. Prima doveva essere predetto attraverso una lunga serie di tempi e di anni; non era infatti di poca importanza il suo avvento: a lungo doveva essere predetto, colui che doveva essere posseduto per sempre. Quanto più grande era il giudice che veniva, tanto più lunga doveva essere la serie degli araldi che lo precedeva. Finalmente, quando venne la pienezza del tempo, venne anche colui che doveva liberarci dal tempo. Liberati dal tempo, giungeremo a quella eternità dove il tempo non è più; là dove non si dice: quando verrà l'ora?; perché là il giorno è eterno e non è preceduto da ieri né seguito da domani. In questo mondo, invece, i giorni si succedono rapidamente: uno passa, l'altro viene, nessuno rimane. Gli istanti in cui parliamo si eliminano a vicenda, e perché risuoni la seconda sillaba deve cessare la prima. Dacché abbiamo cominciato a parlare, siamo diventati un pochino più vecchi, e senza dubbio adesso sono più vecchio di stamane, tanto è vero che niente rimane stabile e niente permane nel tempo. Dobbiamo dunque amare colui per mezzo del quale sono stati creati i tempi, se vogliamo essere liberati dal tempo e stabilirci nell'eternità, dove non esiste più alcuna variazione di tempo. E' stato dunque un grande atto di misericordia quello di nostro Signore Gesù Cristo, di essere entrato nel tempo, egli per mezzo del quale furono creati i tempi: che si sia fatto creatura in mezzo a tutte le cose, egli per mezzo del quale sono state create tutte le cose. Egli il creatore si è fatto creatura, si è fatto ciò che aveva fatto: lui che aveva fatto l'uomo si è fatto uomo, affinché non perisse l'opera delle sue mani. Secondo questa economia già era venuta l'ora della sua nascita ed egli era nato; ma non era ancora venuta l'ora della sua passione e perciò egli non aveva ancora patito.

[Libertà sovrana.]

6. Se volete, infine, persuadervi che la sua morte non fu una fatalità ma espressione della sua potenza - dico questo per taluni, che nel sentire non era ancora giunta la sua ora, si sentono incoraggiati a credere al fato, e così diventano fatui i loro cuori -, se volete dunque persuadervi che la morte del Signore è espressione della sua potenza, richiamate alla vostra mente la passione, contemplate il Crocifisso. Disse, mentre pendeva dalla croce: Ho sete. Al sentire questo, i soldati gli porsero sulla croce, con una canna, una spugna imbevuta di aceto; egli lo prese e disse: E' compiuto, e, chinato il capo, rese lo spirito (Gv 19, 28-30). Guardate la potenza del Signore morente, che aspettava, per morire, che fosse compiuto tutto ciò che di lui era stato predetto. Aveva detto infatti il profeta: Misero fiele nel mio cibo, e nella mia sete mi dettero aceto (Sal 68, 22). Aspettava che tutto fosse compiuto; e quando tutto fu compiuto, disse: E' compiuto, e se ne andò per un atto della sua potenza, egli che era venuto senza essere costretto da alcuna necessità. Taluni, anzi, sono rimasti colpiti più dalla potenza manifestatasi nella sua morte che non dalla potenza da lui mostrata nel compiere i miracoli. Giunti infatti presso la croce per deporre i corpi dal legno perché già cominciava il sabato, videro che i briganti erano ancora vivi. Il supplizio della croce, infatti, era particolarmente crudele perché il tormento si prolungava e tutti i crocifissi morivano di morte lenta. Ora, affinché non rimanessero ancora sul legno, furono fatti morire spezzando loro le gambe, per poterli così deporre dalla croce. Il Signore invece fu trovato già morto (cf. Gv 19, 32-33), tanto che gli uomini si meravigliarono; e coloro che lo avevano disprezzato vivo, a tal punto lo ammirarono morto che taluni esclamarono: Veramente costui era Figlio di Dio (Mt 27, 54). La stessa cosa accadde, o fratelli, a quelli che erano andati per arrestarlo. Egli disse: Sono io!, e quelli indietreggiarono e tutti caddero a terra (cf. Gv 18, 6). C'era in lui la suprema potenza. Non era costretto a morire in una determinata ora, ma aspettava l'ora opportuna per realizzare la sua volontà, non un'ora fatale in contrasto con la sua volontà.

7. Però molti della folla credettero in lui. Il Signore salvava gli umili e i poveri. I capi diventavano furiosi, e non solo non riconoscevano il medico, ma anzi volevano ucciderlo. Una parte della folla riconobbe invece la propria malattia, e senza esitazione riconobbe in lui la medicina. Ecco cosa dicevano tra sé quei tali che erano rimasti scossi dai miracoli: Il Cristo, quando verrà, potrà fare prodigi più grandi di quelli che ha fatto costui? (Gv 7, 31). Cioè, se non ce n'è un altro, questo è il Cristo. Coloro che parlavano così credettero, dunque, in lui.

8. Ma i capi, quando si resero conto della fede di molti e sentirono la voce sommessa di quelli che glorificavano Cristo, inviarono delle guardie per catturarlo. Ma chi volevano catturare? Colui che ancora non voleva? Siccome non potevano catturarlo contro la sua volontà, di fatto andarono per ascoltare il suo insegnamento. Che cosa insegnava? Disse allora Gesù: Per poco tempo ancora sono con voi. Ciò che volete fare adesso, lo farete, ma non adesso, perché adesso non voglio. E sapete perché adesso non voglio? Perché per poco tempo ancora sono con voi, poi vado da colui che mi ha mandato (Gv 7, 32-33). Devo compiere la mia missione e giungere così alla mia passione.

[Il visibile e l'invisibile.]

9. Voi mi cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non potete venire (Gv 7, 34). Qui egli già predice la sua risurrezione: non vollero infatti riconoscerlo quando egli era presente, e lo avrebbero cercato più tardi quando avrebbero visto la folla credere in lui. Grandi prodigi infatti sono stati compiuti, anche dopo che il Signore risuscitò e ascese al cielo. Grandi meraviglie sono state compiute allora per mezzo dei discepoli; ma era sempre lui che operava per mezzo loro, lui che aveva operato da solo e che disse: Senza di me non potete far nulla (Gv 15, 5). Quando lo storpio, che stava presso la porta del tempio, si levò alla voce di Pietro e si mise a camminare con i suoi piedi così che tutti rimasero stupiti, Pietro spiegò che non aveva compiuto quel prodigio per suo potere, ma in virtù di colui che essi avevano ucciso (cf. At 3, 2-16). Fu allora che molti, pentiti, dissero: Che dobbiamo fare? (At 2, 37). Sentirono sulla loro coscienza il peso schiacciante del delitto d'empietà per aver ucciso colui che avrebbero dovuto onorare e adorare; e ritenevano inespiabile il loro delitto. E davvero era un enorme delitto il cui pensiero li poteva spingere alla disperazione. Ma non dovevano disperare, perché il Signore si era degnato pregare per essi quando pendeva dalla croce; aveva detto: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno (Lc 23, 34). Vedeva in mezzo alla folla degli estranei qualcuno dei suoi e per essi, che ancora lo insultavano, chiedeva perdono. Non considerava che riceveva la morte da loro, ma che moriva per loro. E' così grande il favore che fu ad essi accordato con la morte di Cristo, da loro inflitta e per loro accettata, che nessuno deve disperare per la remissione dei propri peccati, dal momento che ottennero perdono perfino coloro che uccisero il Cristo. Cristo è morto per noi; ma forse per opera nostra? Essi, invece, videro Cristo morire vittima del loro delitto, e credettero in Cristo che perdonava le loro colpe. Continuarono a disperare della loro salvezza, finché non bevvero il sangue che avevano versato. Perciò egli prosegue: Mi cercherete e non mi troverete, e dove sono io voi non potete venire, perché lo avrebbero cercato, pentiti del loro delitto, dopo la sua risurrezione. Non disse: dove sarò io, ma dove sono io. Cristo era sempre dove sarebbe tornato; è venuto infatti senza allontanarsi di là; perciò in altra circostanza ha detto: Nessuno ascende in cielo, se non chi dal cielo è disceso, il Figlio dell'uomo che è in cielo (Gv 3, 13); non ha detto: che era in cielo. Parlava sulla terra, e affermava di essere in cielo. E' venuto senza allontanarsi di là, e vi tornerà senza lasciarci. Ciò vi meraviglia? E' Dio che fa questo. L'uomo infatti col corpo si trova in un determinato luogo: se si sposta da quel luogo, quando giunge in un altro luogo, non si trova più dov'era prima; Dio, invece, riempie tutto, è tutto dappertutto, e non è circoscritto in nessun luogo dello spazio. Cristo Signore, secondo la carne visibile, si trovava in terra; secondo la maestà invisibile si trovava in cielo e in terra; perciò ha detto: dove sono io, voi non potete venire. Non ha detto: Voi non potrete venire; ma non potete, perché allora, data la loro condizione, non potevano. E perché vi convinciate che non disse questo per scoraggiare, ricordate che qualcosa di simile disse anche ai suoi discepoli: Dove io vado, voi non potete venire (Gv 13, 33); mentre, pregando per loro, disse: Padre, voglio che dove sono io, siano anch'essi con me (Gv 17, 24). E infine a Pietro spiegò il senso delle sue parole dicendo: Dove io vado, tu non mi puoi seguire adesso, però mi seguirai dopo (Gv 13, 36).

10. Dicevano perciò i Giudei - non a lui ma - tra loro: Dove mai sta per andare costui, che noi non potremo trovarlo? Andrà forse da quelli che sono dispersi tra i Gentili e ammaestrerà i Gentili? (Gv 7, 35). Essi non sapevano ciò che dicevano; ma per suo volere essi furono profeti. Il Signore infatti intendeva andare alle genti, non con la presenza del corpo, ma tuttavia con i suoi piedi. Quali erano i suoi piedi? Quelli che Saulo persecutore voleva calpestare quando il capo dal cielo gli gridò: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? (At 9, 4). E che significano queste sue parole: Voi mi cercherete e non mi troverete, e dove sono io voi non potete venire? (Gv 7, 36). Essi non sapevano perché il Signore aveva detto questo, e tuttavia, senza saperlo, profetarono qualcosa che sarebbe avvenuto. Il Signore si espresse così perché essi non conoscevano il luogo, se così si può chiamare il seno del Padre, da cui il Figlio Unigenito non si era mai allontanato; e non riuscivano nemmeno ad immaginare dove fosse il Cristo, da dove mai si era dipartito, dove sarebbe tornato e quale era la sua fissa dimora. Può il cuore umano concepire questo? tanto meno può spiegarlo la lingua. Fatto sta che essi non compresero affatto; e tuttavia, in quella occasione, predissero la nostra salvezza, in quanto il Signore si sarebbe recato fra le genti disperse, e avrebbe realizzato ciò che essi leggevano senza capire: Un popolo che non conoscevo mi ha servito, e ha obbedito alla mia parola (Sal 17, 45). Non lo ascoltarono quelli che lo ebbero davanti ai loro occhi; mentre lo ascoltarono quelli che sentirono risuonare alle loro orecchie la sua parola.

[La fecondità della croce.]

11. La Chiesa proveniente dai popoli pagani era già simboleggiata in quella donna che soffriva di un flusso di sangue; toccava il Signore senza essere vista da lui; era a lui sconosciuta e otteneva la guarigione. E significato simbolico ha la domanda del Signore: Chi mi ha toccato? (Lc 8, 45), come se avesse guarito una sconosciuta senza neppure saperlo: così ha fatto con i popoli pagani. Noi, infatti, non lo abbiamo conosciuto nella carne, e tuttavia ci è stato concesso di mangiare la sua carne e di essere membra del suo corpo. Perché? Perché ha mandato a noi qualcuno. Chi ha mandato? I suoi araldi, i suoi discepoli, i suoi servi, i suoi redenti da lui creati, i suoi fratelli da lui redenti; anzi, poiché dire così è poco, ci ha mandato le sue membra, ci ha mandato se stesso; e mandandoci le sue membra, fece anche noi sue membra. Cristo, tuttavia, non è stato presso di noi secondo la forma corporale che i Giudei videro e disprezzarono, poiché di lui sta scritto, come dice l'Apostolo: Dichiaro che Cristo si è fatto ministro di quelli che appartengono alla circoncisione, a dimostrazione della veracità di Dio, per confermare le promesse fatte ai padri (Rm 15, 8). Doveva recarsi a quelli, ai cui padri e dai cui padri era stato promesso; perciò egli stesso dice: Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d'Israele (Mt 15, 24). Ma che cosa dice, proseguendo, l'Apostolo? I Gentili invece glorificano Dio in virtù della sua misericordia (Rm 15, 9). E che cosa aggiunge il Signore? Ho altre pecore che non sono di questo ovile (Gv 10, 16). Colui che aveva detto non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d'Israele, in che senso dice che ha altre pecore alle quali non è stato mandato, se non per significare che nella sua presenza corporale doveva mostrarsi solo ai Giudei, che lo videro e lo uccisero? E tuttavia molti di essi, prima e dopo, credettero. Sulla croce è stata battuta la prima messe, perché fosse il seme da cui doveva germogliare altra messe. Ma ora che, richiamati dall'annuncio del Vangelo e attratti dal suo buon profumo, fedeli di tutte le nazioni credono in lui, si fa viva l'attesa delle genti (cf. Gn 49, 10) per la venuta di colui che già è venuto. Allora tutti vedranno colui che fu visto da alcuni e da altri no, quando colui che venne per essere giudicato verrà a giudicare, quando colui che venne senza farsi riconoscere verrà per distinguere gli uni dagli altri. Il Cristo infatti non fu distinto dagli empi, ma fu giudicato insieme con gli empi; di lui infatti era stato predetto: E' stato annoverato fra gli iniqui (Is 53, 12). Il ladrone fu liberato e Cristo fu condannato (cf. Mc 15, 15; Gv 18, 40). Il criminale ottenne indulgenza e colui che perdonò le colpe di tutti i peccatori pentiti, fu condannato. Ma se ben consideri, la croce stessa fu un tribunale: il giudice posto in mezzo, ai lati il ladrone che credette e fu assolto (cf. Lc 23, 43), e il ladrone che insultava Gesù e fu condannato. Segno già di ciò che farà con i vivi e con i morti: collocherà gli uni a destra e gli altri a sinistra. Uno dei ladroni è figura di quelli che staranno a destra, e l'altro figura di quelli che staranno a sinistra. Mentre dunque era giudicato, annunciava il suo giudizio.

 

OMELIA 32

Lo Spirito Santo e la Chiesa.

Riceviamo anche noi lo Spirito Santo, se amiamo la Chiesa, se ci lasciamo compaginare dalla carità, se abbiamo la fede e se non siamo cattolici soltanto di nome. E' da credere che uno possiede lo Spirito Santo nella misura che ama la Chiesa.

[Se abbiamo sete, andiamo.]

1. In mezzo ai dissensi e ai dubbi che i Giudei sollevarono nei suoi confronti, il Signore Gesù Cristo, tra le altre cose che disse e che servirono a confondere alcuni e ad illuminare altri, nell'ultimo giorno di quella solennità (Gv 7, 37) che si stava celebrando e che si chiamava Scenopegia, cioè erezione delle tende - la vostra Carità ricorda che di questa festività si è già parlato -, il Signore Gesù Cristo lanciò un appello, non parlando ma gridando: Chi ha sete venga a me! Se dunque abbiamo sete andiamo a lui: e andiamo a lui non coi piedi ma con gli slanci del cuore, non muovendoci materialmente, ma amando. Sebbene anche chi ama, interiormente si muova. Ma altro è muoversi col corpo, altro è muoversi col cuore: si muove col corpo chi si sposta fisicamente da un luogo ad un altro, si muove col cuore chi orienta in modo diverso i propri affetti. Se tu amavi una cosa e ora ne ami un'altra, tu non sei più dov'eri prima.

2. Ecco quanto ad alta voce il Signore ci dice. In piedi, ad alta voce disse: Chi ha sete venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura: "Fiumi d'acqua viva scorreranno dal suo seno". Non occorre soffermarci sul significato di queste parole che l'evangelista ci chiarisce. Perché il Signore disse: Chi ha sete venga a me e beva. Chi crede in me, fiumi d'acqua viva scorreranno dal suo seno, ce lo spiega l'evangelista così proseguendo: Questo disse dello Spirito che dovevano ricevere i credenti in lui; lo Spirito, infatti, non era stato ancora dato, perché Gesù non era stato ancora glorificato (Gv 7, 37-39). C'è dunque una sete interiore e un seno interiore, poiché c'è l'uomo interiore. Quest'uomo interiore è invisibile, mentre quello esteriore è visibile; ma l'uomo interiore è migliore di quello esteriore. E ciò che non si vede, si ama di più; risulta infatti che si ama di più l'uomo interiore di quello esteriore. Come risulta? Ciascuno ne ha la prova in se stesso; perché, quantunque chi vive male abbandoni l'anima al corpo, tuttavia vuol vivere, il che è impossibile senza l'anima, e identifica se stesso più con ciò che regge che con ciò che viene retto. Chi regge è l'anima, chi viene retto è il corpo. Ognuno trova godimento nel piacere, e il piacere lo riceve dal corpo: separa l'anima dal corpo e nulla nel corpo resterà; e benché riceva godimento dal corpo, è l'anima che gode. Ora, se l'anima trova godimento nella sua casa, cioè nel corpo, non lo troverà in se stessa? Se trova diletto fuori di sé, non lo troverà in se stessa? E' troppo evidente che l'uomo ama di più la sua anima che il suo corpo. E anche in un altro, si ama l'anima più del corpo. Cosa si ama infatti nell'amico, quando l'amore è sincero e puro, l'anima o il corpo? Se è la sua fedeltà che si ama, si ama la sua anima; se in lui si ama la benevolenza, questa risiede nell'anima; se ami l'amico perché anch'egli ama te, ami la sua anima, perché non è il corpo ma è l'anima che ama. Lo ami precisamente per questo, perché egli ti ama. Cerca il motivo per cui egli ti ama e troverai che è lo stesso per cui tu ami lui. Lo si ama più vivamente, anche se non lo si vede.

3. Aggiungerò un'altra considerazione, da cui più chiaramente risulterà alla vostra Carità fino a che punto si ami l'anima e come essa venga preferita al corpo. Anche quelli che sono presi da un amore lascivo, che si lasciano sedurre dalla bellezza del corpo e attrarre dalle forme fisiche, essi stessi amano di più allorché sono amati. Al contrario, se uno ama e sente di essere odiato, invece di amore proverà sdegno. Perché invece di amore proverà sdegno? Perché il suo amore non è stato ricambiato. Se dunque quelli stessi che si innamorano dei corpi chiedono una risposta di amore, e nell'essere amati trovano la più grande soddisfazione, che dire di quelli che amano le anime? E se quelli che amano le anime sono tanto grandi, che saranno quelli che amano Dio, che rende belle le anime? E' l'anima che dona decoro al corpo, allo stesso modo che Dio lo dona alle anime. E' l'anima che rende amabile il corpo; tanto che quando l'anima se ne va, ti trovi inorridito davanti ad un cadavere che tu, per quanto possa aver amato quelle belle membra, ti affretti a seppellire. L'anima è la bellezza del corpo, Dio la bellezza dell'anima.

[La fonte non viene meno.]

4. Il Signore dunque ci grida di andare a lui e di bere, se interiormente abbiamo sete; e ci assicura che, se berremo, fiumi di acqua viva scorreranno dal nostro seno. Il seno dell'uomo interiore è la coscienza del cuore. Bevendo a quest'onda, la coscienza limpida si ravviva, e, dovendo attingere, disporrà di una fonte; anzi, sarà essa stessa la fonte. Cosa è questa fonte, cos'è questo fiume che scaturisce dal seno dell'uomo interiore? E' la benevolenza che lo porta ad interessarsi del prossimo. Perché, se uno pensa che ciò che beve è soltanto per lui, non fluirà dal suo seno l'acqua viva; se si affretta, invece, a renderne partecipe il prossimo, allora, appunto perché scorre, la fonte non inaridisce. Vedremo ora che cos'è ciò che bevono quelli che credono nel Signore; se infatti siamo Cristiani e crediamo, dobbiamo bere. E ciascuno in se stesso deve rendersi conto se beve, e se vive di ciò che beve; poiché la fonte non ci abbandona, se non siamo noi ad abbandonarla.

5. L'evangelista ci spiega, come dicevo, il motivo per cui il Signore fece sentire la sua voce, a quale fonte invitava a bere e che cosa offre a chi viene a bere, dicendo: Questo disse dello Spirito che dovevano ricevere i credenti in lui; lo Spirito, infatti, non era stato ancora dato, perché Gesù non ancora era stato glorificato. Di quale Spirito parla se non dello Spirito Santo? Ogni uomo, infatti, ha in sé il proprio spirito, di cui ho parlato quando affermavo il valore dell'anima. L'anima di ciascuno è precisamente il suo spirito, del quale l'Apostolo dice: Chi, tra gli uomini, conosce i pensieri dell'uomo, all'infuori dello spirito dell'uomo che è in lui? E aggiunge: Così, parimenti, le cose di Dio nessuno le conosce, tranne lo Spirito di Dio (1 Cor 2, 11). Nessuno conosce i nostri pensieri, se non il nostro spirito. Io non so, infatti, che cosa pensi tu, né tu sai che cosa penso io: ciò che pensiamo dentro di noi è un nostro segreto, e dei pensieri di ciascuno, solo testimone è il proprio spirito. Così, parimenti, le cose di Dio nessuno le conosce, tranne lo Spirito di Dio. Noi con il nostro spirito, Dio con il suo; però con questa differenza: che Dio con il suo Spirito sa anche ciò che avviene in noi; mentre noi, senza il suo Spirito, non possiamo sapere che cosa avviene in Dio. Dio, anzi, conosce di noi anche ciò che noi stessi ignoriamo. Pietro, ad esempio, non conosceva la sua debolezza, quando apprese dal Signore che per tre volte lo avrebbe rinnegato (cf. Mt 26, 33-35). Il malato non sapeva di essere malato, il medico sì. Ci sono dunque delle cose che Dio sa di noi, e che noi ignoriamo. Tuttavia, per quanto riguarda gli uomini, nessuno si conosce meglio dell'interessato; un altro ignora che cosa avviene in noi, ma il nostro spirito lo sa. Avendo però ricevuto lo Spirito Santo, noi apprendiamo anche le cose di Dio. Non tutto, perché non abbiamo ricevuto la pienezza dello Spirito Santo, ma solamente un pegno. In virtù del pegno, di cui riceveremo poi la pienezza, noi conosciamo già molte cose. Il pegno ci consoli durante questa peregrinazione, pensando che colui che ci ha dato il pegno si è impegnato a darci il resto. Se tale è la caparra, che sarà la pienezza del dono?

6. Ma che significano le parole: Lo Spirito non era stato ancora dato perché Gesù non ancora era stato glorificato? Il senso è evidente. Non vuol dire infatti che non esisteva lo Spirito di Dio, che era presso Dio, ma che ancora non era presente in coloro che avevano creduto in Gesù. Così infatti aveva disposto il Signore Gesù: di dare loro lo Spirito, di cui parliamo, solo dopo la sua risurrezione. E ciò non senza motivo. Se vogliamo conoscere il motivo, egli ci aiuterà a trovarlo. Se bussiamo, ci aprirà e ci farà entrare. E' l'amore filiale che bussa, non la mano; bussa anche la mano, se la mano non si ritrae dalle opere di misericordia. Per qual motivo, dunque, il Signore Gesù Cristo stabilì di dare lo Spirito Santo solo dopo la sua glorificazione? Prima di rispondere in qualche modo a questa domanda, c'è da risolvere un altro problema che potrebbe turbare qualcuno. Come si può dire che lo Spirito Santo non era ancora presente negli uomini santi, se il Vangelo dice che Simeone conobbe il Signore appena nato per mezzo dello Spirito Santo, e così la vedova Anna, profetessa (cf. Lc 2, 25-38), e lo stesso Giovanni che lo battezzò (cf. Lc 1, 26-34)? Zaccarìa, a sua volta, pronunciò molte parole dietro ispirazione dello Spirito Santo (cf. Lc 1, 67-79), e Maria stessa, non concepì il Signore senza aver prima ricevuto lo Spirito Santo (cf. Lc 1, 35). Sicché abbiamo molte prove della presenza dello Spirito Santo, prima che il Signore fosse glorificato mediante la risurrezione della carne. E non fu certo un altro Spirito Santo quello di cui furono dotati i profeti che annunciarono la venuta di Cristo. Ma il modo con cui sarebbe stato dato doveva essere assolutamente diverso dal precedente: è di questo modo che qui si parla. Prima della risurrezione, infatti, in nessuna parte si legge che degli uomini riuniti insieme, ricevuto lo Spirito Santo, abbiano cominciato a parlare nelle lingue di tutte le genti. Dopo la sua risurrezione, invece, la prima volta che apparve ai suoi discepoli, il Signore disse loro: Ricevete lo Spirito Santo. E' in riferimento a questo fatto che l'evangelista dice: Non era stato ancora dato lo Spirito, perché ancora Gesù non era stato glorificato. E alitò su di essi (Gv 20, 22; 7, 39), colui che col suo soffio vivificò il primo uomo, traendolo dal fango (cf. Gn 2, 7); colui che col suo soffio animò le membra del corpo, mostrando col gesto di alitare loro in faccia, di volerli rialzare dal fango e liberarli dalle opere di fango. Fu allora, dopo la sua risurrezione, chiamata dall'evangelista glorificazione, che il Signore donò per la prima volta ai suoi discepoli lo Spirito Santo. Poi, dopo essere stato con essi quaranta giorni, come attesta il libro degli Atti degli Apostoli, alla presenza degli stessi Apostoli, che lo seguivano con gli occhi, salì al cielo (cf. At 1, 3-9). E, dieci giorni dopo, nel giorno di Pentecoste mandò su di essi lo Spirito Santo. Allora, come ho detto, quanti si trovavano riuniti nel medesimo luogo, lo ricevettero, ne furono ripieni e presero a parlare nelle lingue di tutte le genti (cf. At 2, 1-11).

7. Ma allora, o fratelli, siccome adesso chi è battezzato in Cristo e crede in Cristo, non parla le lingue di tutte le genti, si deve pensare che egli non ha ricevuto lo Spirito Santo? Lungi da noi un pensiero così contrario alla fede! Siamo certi che ogni uomo riceve lo Spirito Santo, ma lo riceve secondo la capacità del vaso della fede che egli reca alla fonte. E siccome anche adesso si riceve, qualcuno si domanderà: Come mai nessuno parla le lingue di tutte le nazioni? Perché ormai la Chiesa stessa parla le lingue di tutte le nazioni. Alle origini la Chiesa era presente in una sola nazione, e in essa parlava le lingue di tutte. Parlando le lingue di tutte le nazioni, preannunciava il tempo in cui, crescendo in mezzo ad esse, avrebbe parlato le lingue di tutte. Chi non è in questa Chiesa, neppure adesso riceve lo Spirito Santo. Staccato e separato dall'unità delle membra, da quella unità che parla le lingue di tutti, egli se ne priva, e non ha lo Spirito Santo. Se lo ha, ce ne dia la prova che allora veniva data. In che cosa consiste quella prova? Parli tutte le lingue? E che, mi risponde, tu parli tutte le lingue? Certamente, rispondo, perché ogni lingua è mia, in quanto è la lingua di quel corpo di cui io sono membro. La Chiesa che è diffusa fra tutte le genti, parla la lingua di tutti; la Chiesa è il corpo di Cristo e tu sei membro di questo corpo; essendo membro di quel corpo che parla tutte le lingue, anche tu parli tutte le lingue. L'unità diventa armonia per la carità delle membra che la compongono; e questa unità parla come parlava allora un sol uomo.

 

OMELIA 33

La donna adultera.

Il Signore ha condannato il peccato, non l'uomo. Bisogna tenerne conto per non separare, nel Signore, la verità dalla bontà. Il Signore è buono e retto. Amalo perché è buono, temilo perché è retto.

1. La vostra Carità ricorda che nel precedente discorso, prendendo spunto dal brano evangelico, vi abbiamo parlato dello Spirito Santo. Il Signore aveva invitato i credenti in lui a bere lo Spirito Santo, parlando in mezzo a coloro che avevano intenzione di prenderlo e volevano ucciderlo, ma non ci riuscivano perché egli ancora non voleva. Appena ebbe detto queste cose, nacque tra la folla un forte dissenso intorno a lui. Alcuni sostenevano che egli era il Cristo, mentre altri facevano osservare che il Cristo non poteva venire dalla Galilea. Coloro poi che erano stati mandati ad arrestarlo, ritornarono con le mani pulite e pieni di ammirazione per lui. Resero, anzi, testimonianza alla sua divina dottrina, quando alla domanda di quelli che li avevano mandati: Perché non lo avete condotto?, essi risposero: Nessun uomo ha mai parlato come parla costui. Egli infatti aveva parlato così perché era Dio e uomo. Tuttavia i farisei, rifiutando la testimonianza delle guardie, replicarono: Anche voi siete stati sedotti? Vediamo infatti che vi siete deliziati dei suoi discorsi. C'è forse alcuno dei capi o dei farisei che gli abbia creduto? Ma questa gentaglia, che non conosce la legge, è maledetta! (Gv 7, 45-49). Quelli che non conoscevano la legge, credevano in colui che aveva dato la legge; egli invece veniva disprezzato da quelli che insegnavano la legge, affinché si adempisse ciò che il Signore stesso aveva detto: Io sono venuto perché vedano quelli che non vedono e quelli che vedono diventino ciechi (Gv 9, 39). Ciechi infatti son diventati i dottori farisei, mentre sono stati illuminati i popoli che non conoscevano la legge, ma che hanno creduto nell'autore della legge.

2. Tuttavia uno dei farisei, Nicodemo - quello che si era recato da Gesù di notte, e che probabilmente non era incredulo ma soltanto timido, e perciò si era avvicinato alla luce di notte, perché voleva essere illuminato pur avendo paura di essere riconosciuto -, rispose ai Giudei: La nostra legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa? Perversi com'erano, volevano condannarlo prima di conoscerlo. Nicodemo infatti sapeva, o almeno era persuaso, che se essi avessero avuto soltanto la pazienza di ascoltarlo, probabilmente avrebbero fatto come quelli che, mandati per arrestarlo, avevano preferito credere in lui. Gli risposero, seguendo i pregiudizi del loro animo: Saresti anche tu galileo? Cioè, anche tu sei stato sedotto dal Galileo? Il Signore infatti era chiamato Galileo, perché i suoi genitori erano di Nazaret. Ho detto genitori riferendomi a Maria, non al padre: Gesù ha cercato in terra solo una madre, poiché aveva già in cielo il Padre. La sua nascita infatti fu mirabile in ambedue i sensi: divina senza madre e umana senza padre. E cosa dissero quei sedicenti dottori della legge a Nicodemo? Studia le Scritture, e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea. Ma il Signore dei profeti era sorto proprio dalla Galilea. E ciascuno - nota l'evangelista - tornò a casa sua (Gv 7, 50-53).

3. Gesù, poi, se ne andò al monte degli Ulivi, al monte dei frutti, al monte dell'olio, al monte dell'unzione. Poteva trovare, il Cristo, per insegnare, luogo più adatto del monte degli Ulivi? Il nome Cristo infatti viene dalla parola greca chrisma, che tradotto significa "unzione". Egli infatti ci ha unti per fare di noi dei lottatori contro il diavolo. All'alba, però, era di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, seduto, insegnava ad essi (Gv 8, 1-2). E nessuno poteva prenderlo perché non era ancora giunta l'ora della sua passione.

[Verità, bontà e giustizia.]

4. Osservate ora fino a che punto i suoi nemici misero alla prova la mansuetudine del Signore. Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: Maestro, questa donna è stata colta in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidarle queste tali. Tu che cosa dici? Questo dicevano per metterlo alla prova, onde avere di che accusarlo (Gv 8, 3-6). Accusarlo di che? Forse che avevano sorpreso pure lui in qualche delitto, oppure si poteva dire che quella donna aveva avuto a che fare con lui? In che senso allora essi volevano metterlo alla prova, per avere di che accusarlo? Abbiamo modo di ammirare, o fratelli, la straordinaria mansuetudine del Signore. Anche i suoi avversari fecero esperienza della sua grande mitezza, della sua mirabile mansuetudine, secondo quanto di lui era stato predetto: Cingiti la spada al fianco, potentissimo; e maestoso t'avanza, cavalca, per la causa della verità e della mansuetudine e della giustizia (Sal 44, 4-5). Egli ci ha apportato la verità come dottore, la mansuetudine come liberatore, la giustizia come giudice. Per questo il profeta aveva predetto che il suo regno sarebbe stato totalmente sotto l'influsso dello Spirito Santo. Quando parlava, trionfava la verità; quando non reagiva agli attacchi dei nemici, risaltava la mansuetudine. E siccome i suoi nemici, per invidia e per rabbia, non riuscivano a perdonargli né la verità né la mansuetudine, inscenarono uno scandalo per la terza cosa, cioè per la giustizia. Che cosa fecero? Siccome la legge ordinava che gli adulteri fossero lapidati, e ovviamente la legge non poteva ordinare una cosa ingiusta, chiunque sostenesse una cosa diversa da ciò che la legge ordinava, si doveva considerare ingiusto. Si dissero dunque: Egli si è considerato amico della verità e passa per mansueto; dobbiamo imbastirgli uno scandalo sulla giustizia; presentiamogli una donna sorpresa in adulterio, ricordiamogli cosa stabilisce in simili casi la legge. Se egli ordinerà che venga lapidata, non darà prova di mansuetudine; se deciderà che venga rilasciata, non salverà la giustizia. Ma per non smentire la fama di mansuetudine che si è creata in mezzo al popolo, certamente - essi pensavano - dirà che dobbiamo lasciarla andare. Così noi avremo di che accusarlo, e, dichiarandolo colpevole di aver violato la legge, potremo dirgli: sei nemico della legge, devi rispondere di fronte a Mosè, anzi, di fronte a colui che per mezzo di Mosè ci ha dato la legge; sei reo di morte e devi essere lapidato anche tu assieme a quella. Con tali parole e proposito, s'infiammava l'invidia, ardeva il desiderio di accusarlo, si eccitava la voglia di condannarlo. Ma tutto questo contro chi? Era la perversità che tramava contro la rettitudine, la falsità contro la verità, il cuore corrotto contro il cuore retto, la stoltezza contro la sapienza. Ma come gli avrebbero potuto preparare dei lacci in cui non sarebbero essi stessi caduti per primi? Il Signore, infatti, risponde in modo tale da salvare la giustizia senza smentire la mansuetudine. Non cade nella trappola che gli è stata tesa, ci cadono invece quegli stessi che l'hanno tesa: gli è che non credevano in colui che li avrebbe potuti liberare da ogni laccio.

[La miseria e la misericordia.]

5. Cosa rispose dunque il Signore Gesù? Cosa rispose la verità? Cosa rispose la sapienza? Cosa rispose la stessa giustizia contro la quale era diretta la calunnia? Non disse: Non sia lapidata! Si sarebbe messo contro la legge. Ma si guarda bene anche dal dire: Sia lapidata! Egli era venuto, non a perdere ciò che aveva trovato, ma a cercare ciò che era perduto (cf. Lc 19, 10). Cosa rispose dunque? Guardate che risposta piena di giustizia, e insieme piena di mansuetudine e di verità! Chi di voi è senza peccato - dice - scagli per primo una pietra contro di lei (Gv 8, 7). O risposta della Sapienza! Come li costrinse a rientrare subito in se stessi! Essi stavano fuori intenti a calunniare gli altri, invece di scrutare profondamente se stessi. Si interessavano dell'adultera, e intanto perdevano di vista se stessi. Prevaricatori della legge, esigevano l'osservanza della legge ricorrendo alla calunnia, non sinceramente, come fa chi condanna l'adulterio con l'esempio della castità. Avete sentito, o Giudei, avete sentito, farisei e voi, dottori della legge, avete sentito tutti la risposta del custode della legge, ma non avete ancora capito che egli è il legislatore. Che altro vuol farvi capire, scrivendo in terra col dito? La legge, infatti, fu scritta col dito di Dio, e fu scritta sulla pietra per significare la durezza dei loro cuori (cf. Es 31, 18). Ed ora il Signore scriveva in terra, perché cercava il frutto. Avete dunque sentito il verdetto? Ebbene, si applichi la legge, si lapidi l'adultera! E' giusto, però, che la legge della lapidazione venga eseguita da chi dev'essere a sua volta colpito? Ciascuno di voi esamini se stesso, rientri in se stesso, si presenti al tribunale della sua anima, si costituisca davanti alla propria coscienza, costringa se stesso alla confessione. Egli sa chi è, poiché nessun uomo conosce le cose proprie dell'uomo, fuorché lo spirito dell'uomo che è in lui (cf 1 Cor 2, 11). Ciascuno, rivolgendo in sé lo sguardo, si scopre peccatore. Proprio così. Quindi, o voi lasciate andare questa donna, o insieme con lei subite la pena della legge. Se dicesse: Non lapidate l'adultera! verrebbe accusato come ingiusto; se dicesse: Lapidatela! non si mostrerebbe mansueto. Ascoltiamo la sentenza di colui che è mansueto ed è giusto: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei. Questa è la voce della giustizia: Si punisca la peccatrice, ma non ad opera dei peccatori; si adempia la legge, ma non ad opera dei prevaricatori della legge. Decisamente, questa è la voce della giustizia. E quelli, colpiti da essa come da una freccia poderosa, guardandosi e trovandosi colpevoli, uno dopo l'altro, tutti si ritirarono (Gv 8, 9). Rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia. E il Signore, dopo averli colpiti con la freccia della giustizia, non si fermò a vederli cadere, ma, distolto lo sguardo da essi, si rimise a scrivere in terra col dito (Gv 8, 8).

6. Quella donna era dunque rimasta sola, poiché tutti se ne erano andati. Gesù levò gli occhi verso di lei. Abbiamo sentito la voce della giustizia, sentiamo ora la voce della mansuetudine. Credo che più degli altri fosse rimasta colpita e atterrita da quelle parole che aveva sentito dal Signore: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei. Quelli, badando ai fatti loro e con la loro stessa partenza confessandosi rei, avevano abbandonato la donna col suo grande peccato a colui che era senza peccato. E poiché essa aveva sentito quelle parole: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei, si aspettava di essere colpita da colui nel quale non si poteva trovar peccato. Ma egli, che aveva respinto gli avversari di lei con la voce della giustizia, alzando verso di lei gli occhi della mansuetudine, le chiese: Nessuno ti ha condannato? Ella rispose: Nessuno, Signore. Ed egli: Neppure io ti condanno, neppure io, dal quale forse hai temuto di esser condannata, non avendo trovato in me alcun peccato. Neppure io ti condanno. Come, Signore? Tu favorisci dunque il peccato? Assolutamente no. Ascoltate ciò che segue: Va' e d'ora innanzi non peccare più (Gv 8, 10-11). Il Signore, quindi, condanna il peccato, ma non l'uomo. Poiché se egli fosse fautore del peccato, direbbe: neppure io ti condanno; va', vivi come ti pare, sulla mia assoluzione potrai sempre contare; qualunque sia il tuo peccato, io ti libererò da ogni pena della geenna e dalle torture dell'inferno. Ma non disse così.

7. Ne tengano conto coloro che amano nel Signore la mansuetudine, e temano la verità. Infatti dolce e retto è il Signore (Sal 24, 8). Se lo ami perché è dolce, devi temerlo perché è retto. In quanto è mansueto dice: Ho taciuto; ma in quanto è giusto aggiunge: Forse che sempre tacerò? (Is 42, 14 sec. LXX). Il Signore è misericordioso e benigno. Certamente. Aggiungi: longanime, e ancora: molto misericordioso, ma tieni conto anche di ciò che è detto alla fine del testo scritturale, cioè verace (Sal 85, 15). Allora infatti giudicherà quanti l'avranno disprezzato, egli che adesso sopporta i peccatori. Forse che disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza, della sua longanimità, non comprendendo che questa bontà di Dio ti spinge solo al pentimento? Con la tua ostinatezza e con il tuo cuore impenitente accumuli sul tuo capo l'ira per il giorno dell'ira, quando si manifesterà il giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere (Rm 2, 4-6). Il Signore è mansueto, il Signore è longanime, è misericordioso; ma è anche giusto, è anche verace. Ti dà il tempo di correggerti; ma tu fai assegnamento su questa dilazione, senza impegnarti a correggerti. Ieri sei stato cattivo? oggi sii buono. Anche oggi sei caduto nel male? almeno domani cambia. Tu invece rimandi sempre e ti riprometti moltissimo dalla misericordia di Dio, come se colui che ti ha promesso il perdono in cambio del pentimento, ti avesse anche promesso una vita molto lunga. Che ne sai cosa ti porterà il domani? Giustamente dici in cuor tuo: quando mi correggerò, Dio mi perdonerà tutti i peccati. Non possiamo certo negare che Dio ha promesso il perdono a chi si corregge e si converte; è vero, puoi citarmi una profezia secondo cui Dio ha promesso il perdono a chi si corregge; non puoi, però, citarmi una profezia secondo cui Dio ti ha promesso una vita lunga.

 

OMELIA 34

La luce del mondo.

Rimanendo presso il Padre, Cristo è la verità e la vita; rivestendosi di carne, è diventato la via. Alzati, la via stessa è venuta a te. Alzati e cammina!

1. Certamente, tutti ci siamo sforzati di capire ciò che adesso abbiamo ascoltato e con attenzione abbiamo accolto dalla lettura del santo Vangelo, e ciascuno di noi, secondo la sua capacità, ha preso ciò che ha potuto da una ricchezza così grande; e sono certo che nessuno dovrà rammaricarsi di non aver potuto gustare in qualche modo il pane della Parola che ci è stato messo davanti. Ma non posso credere che qualcuno sia riuscito a capire tutto. Perciò, anche ammesso che ci sia qualcuno che ha compreso sufficientemente tutte le parole di nostro Signore Gesù Cristo, che adesso sono state proclamate, ci consenta di esercitare il nostro ministero, destinato, con l'aiuto del Signore e attraverso il commento del sacro testo, a far comprendere, se non a tutti, almeno a molti, ciò che ora solo pochi sono contenti di aver compreso.

[Cristo luce del mondo, e fonte della vita.]

2. L'affermazione del Signore: Io sono la luce del mondo (Gv 8, 12), ritengo sia chiara a quanti hanno occhi che consentono loro di venire a contatto con questa luce; chi invece possiede soltanto gli occhi della carne, rimane sorpreso di fronte all'affermazione del Signore Gesù Cristo: Io sono la luce del mondo. Probabilmente non manca chi tra sé dice: forse Cristo Signore è questo sole che, sorgendo e tramontando, segna il giorno? Non sono mancati infatti degli eretici che così hanno pensato. I Manichei hanno creduto che Cristo Signore fosse questo sole, visibile agli occhi di carne, che apertamente compare alla vista non solo degli uomini, ma anche degli animali. Ma la retta fede della Chiesa cattolica riprova tale invenzione e sa che è un insegnamento del diavolo. E non soltanto lo sa per fede, ma lo dimostra anche, a chi può, con argomenti di ragione. Respingiamo, dunque, tale errore, che la santa Chiesa condannò fin dall'inizio. Non dobbiamo pensare che il Signore Gesù Cristo sia questo sole che vediamo nascere in oriente e tramontare in occidente, al cui corso segue la notte, i cui raggi vengono coperti dalle nubi e che con determinati movimenti si sposta da un luogo ad un altro. Non è questo Cristo Signore! Non è Cristo Signore un sole creato, ma colui per mezzo del quale il sole è stato creato. Tutto - infatti - per mezzo di lui è stato creato, e senza di lui niente è stato creato (Gv 1, 3).

3. Egli è, dunque, la luce che ha creato quella che vediamo Amiamola, questa luce, aneliamo alla sua comprensione, siamone assetati, affinché, sotto la sua guida, possiamo finalmente pervenire ad essa e vivere in essa, così da non morire mai più. Questa è la luce di cui un'antica profezia in un salmo ha cantato: Salverai gli uomini e gli animali, o Signore; secondo l'abbondanza della tua misericordia, o Dio (Sal 35, 7-8). Son parole del salmo ispirato. E notate come l'antico Testamento si esprime a proposito di questa luce: Tu salverai, o Signore, gli uomini e gli animali; secondo l'abbondanza della tua misericordia, o Dio. Siccome tu sei Dio e la tua misericordia è molteplice, questa tua misericordia si estende, non solo agli uomini che hai creato a tua immagine, ma anche agli animali che hai sottomesso agli uomini. Da chi dipende la salute degli uomini, dipende anche la salute degli animali. Non vergognarti di pensare così del Signore Iddio tuo; anzi sii sicuro, fidati, e guardati dal pensare in modo diverso. Chi dà la salute a te, la dà anche al tuo cavallo, alla tua pecora e, giù giù, fino alla tua gallina. Dal Signore viene la salvezza (Sal 3, 9), e Dio dà la salute anche a queste cose. Vedo che sei perplesso, che hai dei dubbi, ed io mi stupisco dei tuoi dubbi. Disdegnerà di salvare, colui che si è degnato di creare? Dal Signore viene la salvezza degli angeli, degli uomini, degli animali: dal Signore viene la salvezza. Come nessuno ha l'essere da sé, così nessuno si salva da sé; per cui con piena verità e ottimamente il salmo dice: Salverai, o Signore, gli uomini e gli animali. E perché? Perché molteplice è la tua misericordia, o Dio. Siccome tu sei Dio e mi hai creato, tu mi salvi; tu che mi hai dato l'essere, mi dài di essere sano.

[Bevi e vivi!]

4. Se dunque, nella sua molteplice misericordia, Dio salva gli uomini e gli animali; forse gli uomini non hanno qualcosa di particolare che Dio creatore concede ad essi e non concede agli animali? Forse che non esiste alcuna differenza tra il vivente creato ad immagine di Dio e il vivente sottomesso all'immagine di Dio? Certamente sì! Oltre questa salute che hanno anche gli animali, c'è qualcosa che Dio concede a noi e non concede ad essi. Che cos'è? Continua la lettura del salmo: I figli degli uomini, però, si rifugeranno all'ombra delle tue ali (Sal 35, 8). I figli degli uomini, che hanno già in comune la salute con i propri animali, si rifugeranno all'ombra delle tue ali. Possiedono una salute nella realtà presente, un'altra nella speranza: c'è una salute del tempo presente che gli uomini hanno in comune con gli animali, e ce n'è un'altra che gli uomini sperano, e la ricevono quelli che sperano, non quelli che disperano. I figli degli uomini - dice infatti il salmo - spereranno all'ombra delle tue ali. Coloro, dunque, che perseverano nella speranza, godono la tua protezione e il diavolo non può allontanarli dalla speranza: spereranno all'ombra delle tue ali. Ma che cosa spereranno se non ciò di cui sono privi gli animali? Saranno inebriati dall'abbondanza della tua casa, e li disseterai al torrente della tua dolcezza (Sal 35, 9). Che vino è questo di cui è bello inebriarsi? che vino è questo che non perturba ma illumina la mente, che anziché privarti della coscienza inebriandoti ti rende sapiente per sempre? Saranno inebriati. Di che cosa? Dell'abbondanza della tua casa, e li disseterai al torrente della tua dolcezza. In che modo? Perché presso di te è la fonte della vita (Sal 35, 10). La fonte stessa della vita camminava in terra e diceva: Chi ha sete venga a me e beva! (Gv 7, 37). Ecco la fonte. Ma noi si parlava della luce, si trattava il tema della luce propostoci dal Vangelo. Abbiam sentito l'affermazione del Signore: Io sono la luce del mondo. Donde la preoccupazione che qualcuno, guidato dalla sapienza carnale, identificasse questa luce con il sole: siamo giunti poi al salmo, con la guida del quale abbiamo trovato nel Signore la fonte piena della vita. Dunque, bevi e vivi. Presso di te - dice - è la fonte della vita e perciò i figli degli uomini spereranno all'ombra delle tue ali desiderosi di inebriarsi a questa fonte. Ma noi si parlava della luce Ebbene, prosegui la lettura del salmo, che dopo aver detto: Presso di te è la fonte della vita, aggiunge: E nella tua luce vedremo la luce (Sal 35, 10): Dio da Dio, luce da luce. Per mezzo di questa luce è stata creata la luce del sole; e la luce che ha creato il sole, sotto il quale ha creato anche noi, è diventato luce per noi sotto il sole. Sì, è diventato luce per noi sotto il sole colui che ha creato il sole. Non disprezzare la nube della carne: essa copre la luce, non per oscurarla ma per temperarne lo splendore.

5. Parlando, dunque, attraverso la nube della carne, la luce che non conosce tramonto, la luce della sapienza, dice agli uomini: Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nella tenebra, ma avrà la luce della vita (Gv 8, 12). In che modo ti ha distolto dagli occhi della carne per richiamarti agli occhi del cuore? Non si è accontentato di dire: Chi segue me, non camminerà nella tenebra, ma avrà la luce, ma ha aggiunto della vita, in linea col salmo che dice: Presso di te è la fonte della vita. Notate, fratelli, come concordano le parole del Signore con la verità del salmo: nel salmo la luce si trova unita alla fonte della vita, e il Signore parla di luce della vita. Nel linguaggio ordinario e commensurato alle cose d'ogni giorno, una cosa è la luce e un'altra è la fonte: la bocca cerca la fonte, gli occhi cercano la luce; quando abbiamo sete cerchiamo la fonte, quando siamo al buio cerchiamo la luce; e se abbiamo sete di notte, accendiamo la luce per cercare la fonte. In Dio non è così: luce e fonte sono la medesima cosa: colui che ti illumina perché tu veda, egli stesso è la fonte cui puoi dissetarti.

6. Guardate dunque, fratelli miei, guardate, se sapete guardare profondamente, la luce di cui parla il Signore dicendo: Chi segue me, non cammina nella tenebra. Segui questo sole materiale e vediamo se davvero non camminerai nelle tenebre. Eccolo che sorge e avanza verso di te; seguendo il suo corso si dirige verso occidente, e tu probabilmente sei diretto in oriente; se tu non vai in senso contrario al suo, seguendo la sua direzione senz'altro sbaglierai andando in occidente anziché in oriente. Sbaglierai tu che lo segui in terra, sbaglierà il marinaio che lo segue in mare. Insomma, se credi di dover seguire il corso del sole e ti dirigi anche tu verso occidente, al quale esso tende, vedremo, quando sarà tramontato, se tu non camminerai nelle tenebre. Ecco dunque che, anche se tu farai di tutto per non abbandonarlo, sarà lui ad abbandonarti, obbligato com'è a compiere ogni giorno, a nostro servizio, il suo corso. Invece nostro Signore Gesù Cristo, anche quando non si mostrava a tutti, avvolto com'era nella nube della carne, aveva tutto in mano con la potenza della sua sapienza. Il tuo Dio è tutto dappertutto; se tu non ti allontani da lui, egli non tramonterà mai per te.

[Cercare Dio da Dio.]

7. Chi segue me - dice - non camminerà nella tenebra, ma avrà la luce della vita. Ciò che ha promesso lo esprime con un verbo al futuro; non dice, infatti, "ha", ma dice avrà la luce della vita. E tuttavia non dice: chi mi seguirà, ma chi mi segue. Usa il presente per indicare ciò che dobbiamo fare, il futuro per indicare la promessa riservata a chi fa: Chi segue me, avrà. Adesso deve seguirmi, poi avrà; adesso deve seguirmi credendo, poi avrà; vedendo faccia a faccia. Finché siamo nel corpo - dice l'Apostolo - siamo esuli, lontani dal Signore; camminiamo infatti al lume della fede e non della visione (2 Cor 5, 6-7). Quando vedremo faccia a faccia? Quando avremo la luce della vita, quando saremo pervenuti alla visione, quando questa notte sarà trascorsa. Proprio di quel giorno che dovrà spuntare, è detto: Al mattino starò davanti a te, e ti contemplerò (Sal 5, 5). Perché al mattino? Perché sarà trascorsa la notte di questo mondo, saranno finiti gli incubi delle tentazioni, sarà vinto il leone che di notte va attorno ruggendo in cerca di chi divorare (cf. 1 Pt 5, 8). Al mattino starò davanti a te, e ti contemplerò. Adesso però, o fratelli, non credete che questo sia il tempo di fare quanto ancora si dice nel salmo: Vo bagnando ogni notte il mio letto, rigando di lacrime il mio giaciglio (Sal 6, 7)? Ogni notte, dice il salmista, piango; brucio dal desiderio della luce. Il Signore vede il mio desiderio; per questo in un altro salmo gli si dice: Ogni mio desiderio ti sta davanti, non ti è nascosto alcun mio gemito (Sal 37, 10). Cerchi l'oro? Non puoi tener nascosto il tuo desiderio: se cerchi l'oro, tutti se ne accorgeranno. Desideri del grano? Ti rivolgi a chi ce l'ha, manifestandogli il desiderio che hai di averlo. Desideri Dio? Chi vede questo desiderio se non Dio? A chi puoi chiedere Dio, così come chiedi il pane, l'acqua, l'oro, l'argento, il grano? A chi ti rivolgerai per avere Dio, se non a Dio? Si chiede Dio a Dio, che ha promesso se stesso. Si dilati la tua anima per il grande desiderio, si protenda in avanti e sempre più si renda capace di accogliere ciò che l'occhio non vede, ciò che l'orecchio non ode, e di cui il cuore umano non ha esperienza (cf. 1 Cor 2, 9). Dio puoi desiderarlo, puoi appassionatamente cercarlo, puoi anelare a lui con tutta l'anima; ma non puoi concepirlo in maniera adeguata e tanto meno esprimerlo a parole.

8. Dunque, fratelli miei, dato che il Signore dice in breve: Io sono la luce del mondo; chi segue me non cammina nella tenebra, ma avrà la luce della vita, e con queste brevi parole comanda una cosa e ne promette un'altra, facciamo ciò che comanda in modo da non far cattiva figura quando desideriamo ciò che promette, e non dover temere che nel giudizio debba dirci: Hai fatto ciò che ti ho comandato, per esigere ciò che ti ho promesso? Cosa mi hai dunque comandato, Signore Dio nostro? Di seguirmi, ti risponde. Tu hai chiesto un consiglio per avere la vita; ma quale vita, se non quella di cui è stato detto: Presso di te è la fonte della vita? Un tale si sentì dire: Va', vendi ciò che hai e dallo ai poveri, poi vieni e seguimi (Mt 19, 21). Quel tale se ne andò triste e non lo seguì. Era andato a cercare il maestro buono, lo aveva interrogato come dottore e non lo ascoltò come maestro. Si allontanò triste, legato ancora alle sue cupidigie, carico del pesante fardello della sua avarizia. Era affaticato, non ce la faceva più; ma anziché seguire colui che voleva liberarlo dal suo pesante fardello, preferì allontanarsi e abbandonarlo. Ma dopo che il Signore fece sentire la sua voce per mezzo del Vangelo: Venite a me voi tutti che siete stanchi e aggravati, e io vi ristorerò; prendete sopra di voi il mio giogo, e imparate da me che sono mite ed umile di cuore (Mt 11, 28-29), quanti, ascoltando il Vangelo, si misero a fare ciò che non fece quel ricco che aveva raccolto l'invito direttamente dalle labbra del Signore? Mettiamoci a farlo anche noi adesso, seguiamo il Signore, liberandoci dalle catene che ci impediscono di seguirlo. Ma chi potrà liberarsi da tali catene senza l'aiuto di colui al quale è detto: Hai spezzato le mie catene (Sal 115, 16)?, del quale un altro salmo dice: Il Signore scioglie i prigionieri, il Signore raddrizza i curvati (Sal 145, 8)?

9. Cosa seguono coloro che sono stati liberati e raddrizzati, se non la luce dalla quale si sentono dire: Io sono la luce del mondo; chi segue me non cammina nella tenebra? Sì, perché il Signore illumina i ciechi. Noi veniamo ora illuminati, o fratelli, con il collirio della fede. Egli dapprima mescolò la sua saliva con la terra per ungere colui che era nato cieco (cf. Gv 9, 6). Anche noi siamo nati ciechi da Adamo, e abbiamo bisogno di essere da lui illuminati. Egli mescolò la saliva con la terra: Il Verbo si è fatto carne, e abitò fra noi (Gv 1, 14). Mescolò la saliva con la terra, perché era stato predetto: La verità è uscita dalla terra (Sal 84, 12), ed egli dice: Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14, 6). Noi godremo pienamente della verità quando lo vedremo faccia a faccia. Anche questo, infatti, ci è stato promesso. E chi oserebbe sperare ciò che Dio non si fosse degnato promettere o dare? Lo vedremo faccia a faccia. Dice l'Apostolo: Adesso conosco in parte, adesso vedo in modo enigmatico come in uno specchio, allora invece faccia a faccia (1 Cor 13, 12). E l'apostolo Giovanni nella sua epistola aggiunge: Carissimi, già adesso noi siamo figli di Dio, ma ancora non si è manifestato ciò che saremo; sappiamo infatti che quando egli si manifesterà, saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è (1 Io 3, 2). Che grande promessa è questa! Se lo ami, seguilo! Io lo amo, - tu dici - ma per quale via debbo seguirlo? Vedi, se il Signore tuo Dio ti avesse detto soltanto: Io sono la verità e la vita, il tuo desiderio della verità e il tuo anelito per la vita ti spingerebbero a cercare la via per poter giungere all'una e all'altra, o diresti a te stesso: che grande cosa la verità, che grande cosa la vita, oh se l'anima mia sapesse come giungervi! Cerchi la via? Ascolta il Signore; è la prima cosa che egli ti dice. Ti dice: Io sono la via; la via per arrivare dove? e sono la verità e la vita. Prima ti dice che via devi prendere, poi dove devi arrivare: Io sono la via, io sono la verità, io sono la vita. Dimorando presso il Padre, egli è la verità e la vita; rivestendosi di carne, è diventato la via. Non ti è detto: sforzati di cercare la via per giungere alla verità e alla vita; non ti è stato detto questo. Pigro, alzati! la via stessa è venuta a te e ti ha scosso dal sonno; e se è riuscita a scuoterti, alzati e cammina! Forse tenti di camminare e non riesci perché ti dolgono i piedi; e ti dolgono perché, forse spinto dall'avarizia, hai percorso duri sentieri. Ma il Verbo di Dio è venuto a guarire anche gli storpi. Ecco, dici, io ho i piedi sani, ma non riesco a vedere la via. Ebbene, egli ha anche illuminato i ciechi.

10. Fintantoché, dimorando nel corpo, siamo esuli dal Signore, ci tocca camminare nella fede; ma quando avremo percorso la via e saremo giunti in patria, gusteremo la più grande letizia, godremo la più completa beatitudine. Sarà perfetta pace, perché cesserà ogni contrasto. Frattanto, o fratelli, è difficile che riusciamo a vivere senza contesa. Siamo chiamati a vivere nella concordia, ci è comandato di essere in pace con tutti; dobbiamo sforzarci e impegnare tutte le nostre energie nell'intento di giungere finalmente alla pace più completa; e tuttavia litighiamo per lo più con quelli stessi che sono oggetto delle nostre premure. C'è chi sbaglia e tu vuoi ricondurlo sulla retta via; egli ti oppone resistenza e tu litighi; ti oppone resistenza il pagano, e tu polemizzi contro gli errori degli idoli e dei demoni; ti oppone resistenza l'eretico, e tu attacchi altre dottrine diaboliche; il cattivo cattolico non vuole vivere bene e tu rimproveri anche questo tuo fratello che vive con te: è con te sotto il medesimo tetto ed è sulla via della perdizione; ti struggi nel tentativo di correggerlo, dovendo rendere conto di lui al Signore tuo e suo. Quanti motivi di contese d'ogni parte! Qualche volta, stanco di lottare, uno dice: chi me lo fa fare, di continuare a sopportare quelli che mi contrariano e quelli che mi rendono male per bene? Io voglio aiutarli, ma essi vogliono perdersi; passo la mia vita a litigare, non sono mai in pace; inoltre mi faccio nemici quelli stessi che dovrei avere amici, se tenessero conto della mia premura per loro; perché devo sopportare tutto questo? Voglio ritirarmi da tutto, starmene solo, badare a me stesso e invocare il mio Dio. Sì, rifugiati dentro di te, e anche in te troverai la lotta. Se hai cominciato a seguire Dio, in te ci sarà la lotta. Quale lotta? La carne ha desideri contrari a quelli dello spirito, e lo spirito desideri contrari a quelli della carne (cf. Gal 5, 17). Ora eccoti, sei solo, solo con te stesso; non devi sopportare nessuno; ma vedi nelle tue membra un'altra legge in contrasto con la legge del tuo spirito, e che tende a renderti schiavo della legge del peccato che è nelle tue membra. Alza, dunque, la tua voce e, in mezzo alla lotta che è dentro di te, grida verso Dio, affinché egli ti metta in pace con te stesso: Infelice uomo che io sono! Chi mi libererà da questo corpo che mi vota alla morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore (Rm 7, 24-25). Perché chi segue me - dice il Signore - non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita. Una volta risolto ogni contrasto, si conseguirà l'immortalità, perché la morte, ultima nemica, sarà distrutta (1 Cor 15, 26). E quale pace sarà? E' necessario che questo corpo corruttibile rivesta l'incorruttibilità, e questo corpo mortale rivesta l'immortalità (1 Cor 15, 53). Per giungere a questo, che sarà allora una realtà posseduta, seguiamo ora nella speranza colui che dice: Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita.

 

OMELIA 35

Cristo sapienza di Dio.

Come sapienza di Dio, come Verbo di Dio, Cristo è presente dovunque, perché dovunque è la verità, dovunque è la sapienza. Ma egli è venuto in modo tale da aver bisogno della testimonianza della lucerna. La lucerna della profezia era necessaria per noi che, a motivo della nostra debolezza, non riusciamo a sopportare e a vedere lo splendore del giorno.

1. Quanti eravate presenti ieri, ricorderete che ci siamo intrattenuti a lungo sulle parole di nostro Signore Gesù Cristo, là dove egli dice: Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita (Gv 8, 12). Se ancora volessimo intrattenerci su quella luce, avremmo ancora molto da dire, non essendo possibile farlo succintamente. Seguiamo dunque, fratelli miei, Cristo luce del mondo, se non vogliamo camminare nelle tenebre. Le tenebre che dobbiamo temere sono quelle morali, non quelle degli occhi; e se son da temere le tenebre degli occhi, non si tratta qui degli occhi esteriori, ma di quelli interiori, con cui si distingue non il bianco dal nero, ma ciò che è giusto da ciò che non lo è.

2. A questa dichiarazione di nostro Signore Gesù Cristo, i Giudei risposero: Tu rendi testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera (Gv 8, 13). Prima di venire in terra, nostro Signore Gesù Cristo aveva inviato davanti a sé numerosi profeti come lucerne. Faceva parte di quelle anche Giovanni Battista, al quale la massima luce che è Cristo Signore rese testimonianza come a nessuno degli uomini, dicendo: Fra i nati di donna non è apparso uno più grande di Giovanni Battista (Mt 11, 11). Ed egli, il più grande fra i nati di donna, disse del Signore Gesù Cristo: Io battezzo in acqua; ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete: colui che viene, che è più forte di me, al quale non sono degno di sciogliere il legaccio del sandalo (Gv 1, 26-27). Guardate come la lucerna rende omaggio alla luce del giorno. Che Giovanni fosse una lucerna lo attesta lo stesso Signore: Egli era - dice - una lucerna che arde e risplende, e voi per un momento avete voluto esultare alla sua luce (Gv 5, 35). E quando più tardi i Giudei dissero al Signore: Con quale autorità fai questo? (Mt 21, 23), il Signore, sapendo che essi tenevano in gran conto Giovanni Battista, e sapendo che il Battista, da loro tenuto in gran conto, aveva reso testimonianza al Signore, rispose loro: Vi farò anch'io una sola domanda: Il battesimo di Giovanni donde veniva, dal cielo o dagli uomini? (Mt 21, 24-25). Imbarazzati, essi ragionavano dentro di sé: Se diciamo "dagli uomini", la folla ci lapiderà, perché ritiene Giovanni un profeta; se diciamo "dal cielo", ci risponderà: Colui che voi riconoscete aver ricevuto la profezia dal cielo, mi ha reso testimonianza, e da lui avete sentito con quale autorità io faccio questo. Videro dunque che, qualunque cosa avessero risposto, sarebbero caduti nel laccio, e dissero: Non lo sappiamo. E il Signore replicò: Nemmeno io vi dico con quale autorità faccio questo (Mt 21, 27). Io non vi dico ciò che so, perché voi non volete confessare ciò che sapete. Giustamente umiliati e confusi, si allontanarono; e si adempì ciò che nel salmo aveva detto Dio Padre per bocca del profeta: Ho preparato una lucerna - che è appunto Giovanni - per il mio Cristo, e riempirò di confusione i suoi nemici (Sal 131, 17-18).

[Luce che illumina, e luce che è illuminata.]

3. Il Signore Gesù Cristo possedeva dunque la testimonianza dei profeti che aveva inviato innanzi a sé come araldi che precedono il giudice. Possedeva la testimonianza di Giovanni, ma più grande era la testimonianza che egli stesso si rendeva. Quelli, però, cercavano delle lucerne perché, avendo gli occhi malati, non sopportavano la luce del giorno. Lo stesso Apostolo Giovanni, autore di questo Vangelo che abbiamo in mano, nel prologo così parla di Giovanni Battista: Vi fu un uomo mandato da Dio, e il suo nome era Giovanni. Questi venne come testimone, per dar testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui. Non era egli la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Egli era la vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (Gv 1, 6-9). Se illumina ogni uomo, illumina anche Giovanni; per questo lo stesso Giovanni dice: Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto (Gv 1, 16). Tenete dunque presente tutto questo, perché la vostra fede in Cristo diventi più consapevole e matura, e non dobbiate rimanere sempre bambini che cercano il petto materno rifiutando il cibo solido. Presso la santa Chiesa di Cristo, che è vostra madre, dovete ormai svezzarvi e nutrirvi accostandovi, non con lo stomaco ma con la mente, a cibi più solidi. Sappiate ormai distinguere la luce che illumina dalla luce che viene illuminata. Anche i nostri occhi, infatti, vengono chiamati luci, e di solito la gente giura sui propri occhi, che considera luci, e nel giurare se li tocca con la mano. Ed è nota la formula di giuramento: Così possano vivere le mie luci! Ma se aspetti che queste luci, se tali sono, si aprano e ti rischiarino, quando viene a mancare la luce nella tua stanza chiusa, aspetterai invano. Ora, come gli occhi, che abbiamo in faccia e che chiamiamo luci, anche quando sono sani e aperti hanno bisogno della luce che viene dall'esterno - sottraendo o mancando la quale, benché sani e aperti, non vedono -, così la nostra mente, che è l'occhio dell'anima, se non viene irradiata dalla luce della verità e non viene prodigiosamente rischiarata da colui che illumina senza dover essere illuminato, non potrà pervenire né alla sapienza né alla giustizia. E' questa infatti la nostra via: vivere secondo giustizia. Come può non inciampare chi cammina senza luce? E' dunque necessario, ed è un grande dono, poter vedere la via che si deve percorrere. Tobia aveva gli occhi, ma erano chiusi; il figlio teneva per mano il padre, ma il padre, con i suoi insegnamenti, indicava al figlio la via (cf. Tb 2, 1-4).

[La luce rende testimonianza a se stessa.]

4. Gli risposero dunque i Giudei: Tu rendi testimonianza a te stesso; la tua testimonianza non è vera (Gv 8, 13). Sentiamo che risposta ricevono. Ascoltiamo anche noi, ma non come loro: essi con disprezzo, noi con fede; essi col proposito di uccidere Cristo, noi decisi a vivere per lui. Con questa diversa disposizione di animo e di attenzione ascoltiamo la risposta del Signore ai Giudei: Gesù rispose e disse loro: Anche se io rendo testimonianza a me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove vengo e dove vado (Gv 8, 14). La luce fa vedere altre cose e se stessa. Tu, ad esempio, per cercare la tunica, accendi la lucerna e la lucerna accesa ti consente di trovare la tunica; accendi forse un'altra lucerna per vedere quella che hai acceso? No, perché la lucerna accesa, mentre rivela gli oggetti che erano al buio, mostra anche se stessa ai tuoi occhi. Così anche Cristo Signore faceva risaltare il contrasto tra i suoi fedeli e i Giudei ostili, come tra la luce e le tenebre; tra quelli che egli penetrava con il raggio della fede e quelli che tenevano gli occhi chiusi alla luce che li avvolgeva. Anche il sole illumina la faccia tanto di chi ha la vista come di chi è cieco. Ambedue sono lì con la faccia al sole, e questo illumina la loro carne, ma non la vista di tutti e due; uno vede, l'altro non vede: il sole è presente ad ambedue, ma uno di loro è assente al sole che risplende. Così è della sapienza di Dio, il Verbo di Dio, il Signore Gesù Cristo è dovunque presente, perché la verità è dovunque, la sapienza è dovunque. Uno sente parlare di giustizia in oriente, un altro in occidente; ma è forse diversa la giustizia che intende uno dalla giustizia che intende l'altro? Sono distanti fisicamente, ma lo sguardo della loro mente è fisso sulla medesima cosa. La giustizia che io vedo stando qui, se è vera giustizia, la sta vedendo anche il giusto che fisicamente è dislocato chissà dove ma che è congiunto con me nella luce della medesima giustizia. La luce dunque rende testimonianza a se stessa: risplende agli occhi sani e testimonia di se stessa per farsi conoscere. Ma che dire degli infedeli? forse che ad essi la luce non è presente? E' presente anche a loro, ma essi non possiedono gli occhi del cuore che sono necessari per vederla. Ascolta il giudizio che il Vangelo esprime nei loro confronti: La luce splende fra le tenebre, e le tenebre non l'hanno compresa (Gv 1, 5). Pertanto il Signore parla e dice la verità: Anche se io rendo testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so di dove vengo e dove vado. Intendeva riferirsi al Padre: il Figlio rendeva gloria al Padre. Uguale a lui, glorifica il Padre dal quale è stato mandato. Quanto più l'uomo è tenuto a glorificare colui dal quale è stato creato!

5. So di dove vengo e dove vado. Questi che vi parla di persona, è in possesso di qualcosa che non ha mai lasciato, e tuttavia è venuto a noi: venendo in mezzo a noi non si è allontanato di là, né ritornandovi ci lascia. C'è da meravigliarsi? E' Dio. Ciò non è possibile all'uomo; e neppure al sole. Quando il sole va verso l'occidente abbandona l'oriente, e finché non torna a spuntare in oriente, in occidente non c'è. Nostro Signore Gesù Cristo, invece, viene quaggiù e rimane lassù; ritorna lassù e non cessa d'essere quaggiù. Ascolta quello che dice altrove il medesimo evangelista e, se puoi, comprendi; se non puoi, credi: Nessuno ha mai visto Dio; il Figlio unigenito che è nel seno del Padre, lui ce lo ha rivelato (Gv 1, 18). Non dice che "era" nel seno del Padre, quasi che venendo in terra abbia abbandonato il seno del Padre. Parlava qui in terra, e diceva di essere lassù in cielo; e partendo di qua, che cosa ha detto? Ecco, io sono con voi sino alla consumazione dei secoli (Mt 28, 28).

[Il Signore è venuto in modo tale da aver bisogno della lucerna.]

6. E' dunque vera la testimonianza della luce, sia che mostri se stessa, sia che mostri altre cose; poiché senza la luce non puoi vedere la luce, e senza luce non puoi vedere nessuna altra cosa che non sia luce. Se fa vedere le altre cose, che senza di essa non si vedrebbero, forse che non può far vedere se stessa? Se è necessaria per rischiarare le altre cose, non potrà rischiarare se stessa? Il profeta annuncia la verità; ma come la possiederebbe se non l'attingesse alla fonte stessa della verità? Giovanni ha detto la verità; ma domandagli come ha potuto farlo: Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo attinto (Gv 1, 16). Dunque il Signore nostro Gesù Cristo è in grado di rendere testimonianza a se stesso. Pertanto, o miei fratelli, nella notte di questo mondo, cerchiamo di ascoltare attentamente anche la parola profetica; adesso infatti nostro Signore è voluto venire così umile in considerazione della nostra fragilità e per rischiarare le profonde tenebre notturne del nostro cuore. E' venuto come uomo per ricevere disprezzo e onore, per essere negato e riconosciuto; disprezzato e negato dai Giudei; onorato e riconosciuto per essere giudicato e giudicare: essere giudicato ingiustamente e giudicare con giustizia. E' venuto dunque in modo tale da aver bisogno della testimonianza della lucerna. Non sarebbe stato infatti necessario che Giovanni come lucerna rendesse testimonianza al giorno, se la debolezza dei nostri occhi non ci avesse impedito di vederlo. Ma siccome non eravamo in grado di vederlo, egli per i deboli si è fatto debole e per mezzo della sua debolezza ha guarito la nostra, per mezzo della sua carne mortale ha eliminato la morte della carne, e del suo corpo ha fatto un collirio per i nostri occhi. Ora, poiché il Signore è venuto e noi ci troviamo ancora nella notte del secolo. è necessario che teniamo conto anche delle profezie.

7. Nella profezia troviamo gli argomenti per rispondere agli attacchi dei Pagani. Chi è Cristo? domanda il pagano. Rispondiamo: E' colui che fu annunciato dai profeti. E lui: Chi sono i profeti? Citiamo Isaia, Daniele, Geremia e gli altri santi profeti; diciamo quanto tempo prima di lui siano venuti, di quanto precedettero il suo avvento. Questa è la nostra risposta: I profeti sono venuti prima di lui e hanno predetto la sua venuta. E se qualcuno di loro domanda: Quali profeti? Noi possiamo citare quelli che ci vengono citati ogni giorno. E lui: Chi sono questi profeti? Noi potremmo rispondere: coloro che hanno predetto anche tutte queste cose alle quali assistiamo. Il pagano allora dirà: Queste cose ve le siete inventate voi; le avete viste già realizzate e le avete scritte nei vostri libri come fossero predizioni del futuro. A questo punto, contro gli avversari pagani ricorriamo alla testimonianza di altri avversari. Tiriamo fuori i libri dei Giudei e rispondiamo: Essi sono avversari della nostra fede come voi; appunto per questo sono stati dispersi tra i popoli onde avessimo argomenti dagli uni contro gli altri. Tirino fuori, i Giudei, il rotolo di Isaia e vediamo se non è proprio lì che io leggo: Come pecora fu condotto al macello, e come agnello muto tra le mani del tosatore, non aprì bocca. Nella umiliazione è stato consumato il suo giudizio; le sue piaghe ci hanno guariti; tutti noi come pecore ci sbandammo, e lui fu consegnato alla morte per i nostri peccati (Is 53, 5-8). Ecco una lucerna. Tiriamone fuori un'altra, apriamo il salmo in cui è stata predetta la passione di Cristo: Hanno trafitto le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa; essi guardano, si pascono della mia vista, si dividono tra loro i miei panni, e sulla mia veste gettano le sorti. A te sarà rivolta la mia lode, ti celebrerò in una grande assemblea. Ricorderanno e si convertiranno al Signore tutti i paesi del mondo; e si prostreranno innanzi a lui tutte le stirpi delle genti; perché al Signore appartiene il regno ed egli impera sulle genti (Sal 21, 17-29). Arrossisca l'avversario, di fronte alla testimonianza dell'altro avversario. Ma se con i documenti che mi ha fornito un avversario ho ridotto al silenzio l'altro, non risparmio quello che mi ha presentato il testo d'Isaia; tiri fuori un altro testo, che ridurrà al silenzio anche lui. Leggo un altro profeta e vi trovo che il Signore dice ai Giudei: Non trovo compiacimento in voi, dice il Signore, e non accoglierò il sacrificio delle vostre mani; perché da dove sorge il sole fin dove tramonta, un sacrificio mondo verrà offerto al mio nome (Ml 1, 10-11). Tu, o Giudeo, non ti presenti ad offrire questo sacrificio mondo: ciò dimostra che sei immondo.

[Le lucerne rendono testimonianza al giorno.]

8. Vedi dunque come le lucerne rendono testimonianza al giorno a motivo della nostra debolezza, perché non possiamo sopportare e fissare il fulgore del giorno. Già noi Cristiani, confrontati con gli infedeli, siamo luce; per questo l'Apostolo dice: Un tempo foste tenebre; adesso invece siete luce, come figli della luce camminate (Ef 5, 8). E altrove dice: La notte è passata, il giorno si è avvicinato: gettiamo via dunque le opere delle tenebre, e rivestiamoci delle armi della luce; come di giorno comportiamoci onestamente (Rm 13, 12-13). Tuttavia, siccome in confronto a quella luce alla quale dovremo pervenire, è sempre notte anche il giorno in cui ci troviamo, ascolta l'apostolo Pietro, il quale parla della voce scesa su Cristo Signore dalla sublime gloria: Questo è il mio Figlio diletto, nel quale posi le mie compiacenze. E questa voce - dice - noi l'udimmo scendere dal cielo quand'eravamo con lui sul monte santo (2 Pt 1, 17-18). Ma siccome noi sul monte santo non c'eravamo e quindi non abbiamo udito allora scendere dal cielo questa voce, Pietro stesso ci dice: E così abbiamo una conferma della parola profetica. Non avete udito la voce scesa dal cielo, ma possedete la conferma degli oracoli dei profeti. Il Signore Gesù Cristo, infatti, prevedendo che ci sarebbero stati degli empi che avrebbero calunniato i suoi miracoli attribuendoli ad arti magiche, mandò innanzi a sé i profeti. Ammesso che fosse un mago e che abbia compiuto dopo la sua morte tali opere da essere adorato, era forse già un mago prima ancora di nascere? Ascolta i profeti, o uomo morto e corrotto dalla calunnia, ascolta i profeti. Leggo: ascolta coloro che precedettero la venuta del Signore: Abbiamo così meglio confermata la parola profetica, alla quale fate bene a rivolgervi, come a lucerna che brilla in luogo buio, fino a quando spunti il giorno e la stella del mattino si alzi nei vostri cuori (2 Pt 1, 19).

[Sentiamoci pellegrini quaggiù.]

9. Quando dunque sarà venuto il Signore nostro Gesù Cristo, e, come dice anche l'apostolo Paolo, avrà messo in luce i segreti delle tenebre, sicché ciascuno si avrà da parte di Dio la sua lode (cf. 1 Cor 4, 5), allora, giunto quel giorno, non saranno più necessarie le lucerne; non ascolteremo più il profeta, non apriremo più il libro dell'Apostolo, non andremo più a cercare la testimonianza di Giovanni, non avremo più bisogno neppure del Vangelo; allora scompariranno tutte le Scritture che si sono accese per noi come lucerne nella notte di questo mondo, perché non rimanessimo al buio. Venute meno tutte queste cose, della cui luce non avremo più bisogno; venuti meno anche gli uomini di Dio che ne sono stati i ministri, che insieme con noi contempleranno la luce della verità in tutta la sua chiarezza; venuti meno tutti questi aiuti, che cosa vedremo? come si pascerà la nostra mente? come si allieterà il nostro sguardo? donde verrà a noi quel gaudio che né occhio vide, né orecchio udì, né in cuor d'uomo salì (1 Cor 2, 9)? Che cosa vedremo? Vi scongiuro, o fratelli, amate con me, correte credendo con me; desideriamo insieme la patria celeste, sospiriamo verso la patria celeste, sentiamoci pellegrini quaggiù. Che cosa vedremo dunque? Ce lo dica il Vangelo: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio (Gv 1, 1). Giungerai alla fonte, da cui sei stato appena irrorato; vedrai scopertamente la luce, di cui, in modo riflesso e per vie tortuose, appena un raggio ha colpito il tuo cuore immerso nelle tenebre, che dovrà essere purificato per poterla vedere e fissare. Carissimi, - sono parole dello stesso Giovanni, che anche ieri ho ricordato - già adesso siamo figli di Dio, e ancora non si manifestò quel che saremo. Sappiamo che quando si manifesterà, saremo somiglianti a lui, poiché lo vedremo così com'è (1 Io 3, 2). Sento il desiderio del vostro cuore elevarsi con me alle cose superne; anche se il corpo che si corrompe appesantisce l'anima, e il terreno domicilio deprime la mente capace dei più alti pensieri (cf. Sap 9, 15). Io sto per deporre questo volume, e ciascuno di voi tornerà a casa sua. Ci siamo trovati bene nella luce comune, abbiamo goduto profondamente, abbiamo esultato sinceramente; ma separandoci l'uno dall'altro, non allontaniamoci da Lui.

 

OMELIA 36

La medicina che ci guarisce.

Se in Cristo riconosci soltanto la divinità, rifiuti la medicina che ti ha guarito; se riconosci soltanto l'umanità rinneghi la potenza che ti ha creato. Se egli si è umiliato fino alla morte di croce, ha sospeso la potenza per manifestare la misericordia.

1. Fra i quattro Vangeli, o meglio fra i quattro libri dell'unico Vangelo, il santo apostolo Giovanni, giustamente paragonato all'aquila per la sua intelligenza delle cose spirituali, più degli altri tre ha elevato il suo annuncio ad altezze vertiginose, deciso a trascinare nel suo volo anche i nostri cuori. Gli altri tre evangelisti, infatti, hanno seguito il Signore nella sua vita terrena considerandolo quasi solo nel suo aspetto di uomo ed hanno detto poco della sua divinità; mentre questi, quasi sdegnasse di camminare sulla terra - come subito ci appare dalle prime battute - di colpo si sollevò al di sopra della terra e degli spazi celesti, al di sopra delle stesse schiere angeliche e di tutti gli ordini delle potenze invisibili, e pervenne a colui per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose dicendo: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Questo era in principio presso Dio. E ancora: Tutto è stato fatto per mezzo di lui e niente senza di lui è stato fatto (Gv 1, 1-3). A tale sublimità di esordio adeguò tutto il Vangelo, e come nessun altro parlò della divinità del Signore. Con profusione comunicò ciò che aveva bevuto alla fonte. Non per nulla si dice di lui in questo medesimo Vangelo che nell'ultima Cena stava appoggiato sul cuore del Signore (cf. Gv 13, 23): da quel cuore segretamente attinse e, ciò che segretamente aveva attinto, pubblicamente proclamò, affinché fosse nota a tutti i popoli non solo l'incarnazione del Figlio di Dio, la sua passione e risurrezione, ma altresì ciò che era prima dell'incarnazione: Unigenito del Padre, Verbo del Padre, coeterno a colui che lo generò, uguale a colui che lo mandò, ma diventato inferiore nella medesima missione affinché il Padre risultasse maggiore di lui.

[La medicina che ci guarisce e la potenza che ci ha creati.]

2. Tutto ciò che avete sentito dell'umile condizione del Signore Gesù Cristo, è da considerare nella logica del mistero dell'incarnazione, conseguenza di ciò che egli è diventato per noi, non di ciò che era quando ci creò. Tutto ciò invece che di sublime, di superiore ad ogni creatura, di divino, di uguale e coeterno al Padre, di lui sentirete o leggerete in questo Vangelo, sappiatelo riferire alla sua natura divina, non alla sua natura di servo. Ora, se voi che potete capire - non tutti potete capire, ma tutti potete credere -, vi atterrete a questa regola, con sicurezza, come chi cammina nella luce, potrete affrontare le calunnie che nascono dalle tenebre dell'eresia. Non sono mancati, infatti, quelli che, tenendo conto unicamente delle testimonianze evangeliche che si riferiscono all'umiltà di Cristo, sono rimasti sordi di fronte alle testimonianze che si riferiscono alla sua divinità; e appunto perché sordi, hanno parlato a sproposito. Altri invece, tenendo conto unicamente di ciò che è stato detto intorno alla grandezza del Signore, anche se hanno letto quanto riguarda la sua misericordia che lo spinse a farsi uomo per noi, non vi hanno creduto, o lo hanno considerato come inventato dagli uomini e falso, sostenendo che Cristo nostro Signore era soltanto Dio e non anche uomo. Per opposti motivi, entrambi sono in errore. La fede cattolica, invece, mantenendosi nella verità da una parte e dall'altra e predicando ciò che crede, ha sempre ritenuto e creduto che Cristo è Dio ed è uomo; poiché l'una e l'altra verità risulta dalla Scrittura, l'una e l'altra è certa. Se affermi che Cristo è soltanto Dio, vieni a negare la medicina con cui sei stato risanato; se dici che Cristo è soltanto uomo, vieni a negare la potenza con cui sei stato creato. L'una e l'altra verità tieni dunque per certa, o anima fedele, o cuore cattolico; l'una e l'altra verità ritieni saldamente, l'una e l'altra credi, l'una e l'altra fedelmente professa: che Cristo è Dio, che Cristo è uomo. Come Dio, Cristo è uguale al Padre, è una cosa sola con il Padre; come uomo è nato dalla Vergine, assumendo dell'uomo la natura mortale senza contrarne il peccato.

3. Questi Giudei dunque vedevano l'uomo, senza capire né credere che era Dio. Fra le altre cose, avete sentito che cosa gli dissero: Tu rendi testimonianza a te stesso; la tua testimonianza non è vera (Gv 8, 13). Avete sentito anche la sua risposta. Vi è stata letta ieri, e noi, secondo le nostre forze, ve l'abbiamo spiegata. Oggi sono state lette queste sue parole: Voi giudicate secondo la carne (Gv 8, 15). Ecco perché mi dite: Tu rendi testimonianza a te stesso e la tua testimonianza non è vera, perché voi giudicate secondo la carne, perché non capite Dio e vi fermate all'uomo, e perseguitando l'uomo offendete Dio che in esso è nascosto. Voi giudicate secondo la carne; e per il fatto che io rendo testimonianza a me stesso, voi mi considerate arrogante. Ogni uomo, infatti, quando vuole rendere testimonianza a se stesso, appare arrogante e superbo. Non a caso sta scritto: Non sia la tua bocca a lodarti, ma la bocca del tuo prossimo (Prv 27, 2). Ma questo vale per l'uomo. Noi, infatti, siamo deboli e ci rivolgiamo a degli esseri deboli come noi. Possiamo dire la verità e mentire; senza dubbio si deve dire la verità, tuttavia se vogliamo possiamo mentire. La luce non può mentire: non è possibile scoprire tenebre di menzogna nello splendore della luce divina. Colui che parlava era la luce, era la verità; ma la luce splendeva nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno compresa; perciò giudicavano secondo la carne: Voi giudicate secondo la carne.

[Prima salvatore poi giudice.]

4. Io non giudico nessuno (Gv 8, 15). Sicché non giudica nessuno il Signore nostro Gesù Cristo? Non è lui che noi professiamo essere risorto da morte il terzo giorno, asceso al cielo, dove siede alla destra del Padre, donde verrà a giudicare i vivi e i morti? Non è questa la nostra fede, di cui l'Apostolo dice: Col cuore si crede per la giustizia, con la bocca si fa professione di fede per la salvezza (Rm 10, 10)? Allora, con la nostra confessione contraddiciamo Dio? Noi diciamo che egli verrà a giudicare i vivi e i morti, mentre egli dice: Io non giudico nessuno. Questa difficoltà si può risolvere in due modi. Dice: Io non giudico nessuno nel senso che non giudica nessuno "ora", come dice in un altro passo: Io non sono venuto per giudicare il mondo ma per salvarlo (Gv 12, 47): non intende, cioè, negare il giudizio ma differirlo; oppure, siccome prima ha detto: Voi giudicate secondo la carne, aggiunge: io non giudico nessuno, sottinteso "secondo la carne". Non ci rimane dunque alcun dubbio contrario alla fede che abbiamo e che professiamo su Cristo come giudice. Dapprima Cristo è venuto a salvare, poi verrà a giudicare: condannando nel suo giudizio coloro che non hanno voluto essere salvati e conducendo alla vita coloro che, credendo, non hanno rifiutato la salvezza. Il primo avvento di nostro Signore Gesù Cristo è quindi di salvezza, non di giudizio. Se fosse venuto subito per giudicare, non avrebbe trovato nessuno cui dare un giusto premio. Ma siccome vide che tutti erano peccatori e assolutamente nessuno esente dalla morte meritata dal peccato, doveva prima elargire la misericordia e poi pronunciare il giudizio. Di lui il salmo aveva cantato: Canterò la tua misericordia e il tuo giudizio, Signore (Sal 100, 1). Non dice, il salmista, "il giudizio e la misericordia"; perché se ci fosse stato prima il giudizio, non ci sarebbe stata alcuna misericordia; ma prima la misericordia e poi il giudizio. Che significa "prima la misericordia"? Il creatore dell'uomo ha voluto essere uomo: si è fatto ciò che egli aveva fatto, affinché non perisse la sua creatura. Che cosa si può aggiungere a tale misericordia? Eppure egli vi aggiunse qualcosa. Non si accontentò di farsi uomo, ma volle essere anche riprovato dagli uomini; non si accontentò di farsi riprovare, volle anche essere oltraggiato; non si accontentò di farsi oltraggiare, si fece anche uccidere; e, come se neppure questo bastasse, volle subire la morte di croce. Così quando l'Apostolo parla della sua obbedienza fino alla morte, gli sembra poco dire: Si fece obbediente fino alla morte; e siccome non si trattava di una morte qualsiasi, aggiunge: fino alla morte di croce (Fil 2, 8). Fra tutte le morti non ce n'era una peggiore di quella della croce. Tanto che per indicare i dolori più atroci si usa il termine "cruciatus", che deriva da croce. I crocifissi che pendevano dal legno inchiodati alle mani e ai piedi, erano condannati a morire di morte lenta. La crocifissione non provocava subito la morte: si rimaneva vivi a lungo sulla croce, e non perché si volesse prolungare la vita ma perché fosse ritardata la morte, e così il dolore non cessasse troppo presto. E' poco dire che egli volle morire per noi, accettò di farsi crocifiggere facendosi obbediente fino alla morte di croce. Colui che avrebbe annientato la morte, scelse il peggiore e il più ignominioso genere di morte: con la sua orribile morte uccise ogni morte. Era la morte più orribile per i Giudei, i quali non si rendevano conto che appunto per questo era stata scelta dal Signore. Egli avrebbe fatto della sua croce un vessillo, e l'avrebbe posta sulla fronte dei fedeli come trofeo di vittoria sul diavolo, tanto che l'Apostolo dice: Non sia mai che io mi glori d'altro all'infuori della croce del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale il mondo è per me crocifisso ed io lo sono per il mondo (Gal 6, 14). Niente era allora così insopportabile nella carne, niente è adesso così glorioso sulla fronte come il segno della croce. Che cosa non riserverà ai suoi fedeli colui che ha conferito tanto onore al suo supplizio? I Romani stessi ormai non usano più la croce come supplizio ritenendo che, dopo essere stata tanto onorata dal Signore, sarebbe fare onore ad un criminale crocifiggendolo. Colui dunque che è venuto al mondo per essere crocifisso, non giudicò nessuno, anzi sopportò i malvagi. Si assoggettò al giudizio ingiusto per poter giudicare con giustizia. Ma l'assoggettarsi al giudizio ingiusto è stato un atto di misericordia; e umiliandosi fino alla morte di croce, rinviò l'esercizio della sua potenza manifestando la sua misericordia. In che senso rinviò l'esercizio della sua potenza? Perché non volle discendere dalla croce, egli che poté poi risorgere dal sepolcro. E in che modo manifestò la sua misericordia? Perché pendendo dalla croce disse: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno (Lc 23, 34). Perciò le parole Io non giudico nessuno possono significare che non era venuto a giudicare ma a salvare il mondo; oppure avere quest'altro senso: poiché, come ho già ricordato, le parole Io non giudico nessuno fanno seguito alle altre Voi giudicate secondo la carne, vogliono forse farci intendere che il Cristo non giudica nessuno secondo la carne, come secondo la carne egli stesso è stato giudicato dagli uomini.

5. E affinché riconosciate che Cristo è anche giudice, ascoltate ciò che segue: Anche se giudico, il mio giudizio è vero. Eccoti anche il giudice; ma, per non sentirlo giudice, riconoscilo salvatore. E per quale motivo disse che il suo giudizio è vero? Perché - dice - io non sono solo, ma è con me il Padre che mi ha mandato (Gv 8, 16). Vi dicevo, o fratelli, che l'evangelista Giovanni vola così in alto che è difficile seguirlo con la nostra intelligenza. Giova richiamare a vostra Carità il simbolo dell'evangelista che vola più in alto. Nella profezia di Ezechiele, come anche nell'Apocalisse dello stesso Giovanni autore di questo Vangelo, si parla di un animale a quattro facce: di uomo, di vitello, di leone e di aquila (cf. Ez 1, 5-10; Apoc 4, 6-7). Quanti prima di noi si sono occupati dei simboli delle sacre Scritture, solitamente hanno visto in questo animale, o meglio in questi animali, i quattro Evangelisti. Il leone è simbolo del re, in quanto il leone, a motivo della sua terribile forza e potenza, viene considerato il re degli animali. Questa figura rappresenta Matteo che, nella genealogia del Signore, attraverso la successione dei re, dimostra che il Signore discende per via regia dal seme del re Davide. Luca, che esordisce dal sacrificio del sacerdote Zaccaria padre di Giovanni Battista, viene simboleggiato dal vitello, essendo il vitello la vittima principale del sacrificio sacerdotale. Marco giustamente viene caratterizzato dalla figura dell'uomo, perché né parla del potere regale né esordisce dalla dignità sacerdotale, ma precisamente da Cristo come uomo. Si può dire che questi tre evangelisti non si sono scostati dalle cose terrestri, cioè da quanto ha compiuto in terra il Signore nostro Gesù Cristo: come se camminassero con lui sulla terra, parlano pochissimo della sua divinità. Rimane l'aquila, cioè Giovanni, l'araldo delle cose più sublimi, colui che contempla con occhio sicuro la luce invisibile ed eterna. Si dice che il giovane aquilotto viene addestrato in questo modo: il padre con i suoi artigli lo tiene sospeso in alto e lo pone di fronte al sole; l'aquilotto che riesce a fissare il sole fermamente, viene riconosciuto come figlio; quello che sbatte gli occhi viene considerato bastardo e lasciato andare. Pensate dunque quali cose sublimi abbia dovuto annunciare colui che è stato paragonato all'aquila. E tuttavia noi, così terra terra, deboli e di poco conto, osiamo commentare e spiegare queste cose, con la speranza anche di poterle capire quando le meditiamo, e di essere capiti quando le esponiamo.

 

OMELIA 37

Nessuno l'arrestò, perché non era ancora giunta la sua ora.

Non era ancora giunta la sua ora: l'ora della sua morte da lui voluta, non da altri decisa. Non dunque un'ora fatale, ma l'ora da lui voluta e, secondo un disegno divino, preparata.

1. Ciò che il santo Vangelo dice con poche parole, non può essere spiegato brevemente, se si vuole intendere ciò che si ascolta. Le parole del Signore sono poche ma dicono molto, e non si deve considerare il loro numero ma il loro peso, né la loro sobrietà deve impedirci di penetrarne la profondità. Quanti eravate presenti ieri, avete sentito che si è cercato di spiegare le parole: Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. E se anche giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma siamo io e il Padre che mi ha mandato. Nella vostra legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera; ora sono io a rendere testimonianza di me stesso, e c'è anche il Padre, che mi ha mandato, a testimoniare di me (Gv 8, 15-18). Il discorso che ieri abbiamo rivolto alle vostre orecchie e al vostro spirito, era su queste parole. Quando il Signore le ebbe pronunciate, quelli che ascoltarono Voi giudicate secondo la carne, dimostrarono che era vero quanto il Signore diceva di loro, rivolgendogli la domanda: Dov'è tuo padre? Intendevano il Padre di Cristo in senso carnale, perché giudicavano le parole di Cristo secondo la carne. In effetti colui che parlava era manifesto come carne, era occulto come Verbo; era manifesto come uomo, era occulto come Dio. Vedevano il vestito e disprezzavano colui che lo indossava; lo disprezzavano perché non lo conoscevano; non lo conoscevano perché non lo vedevano; non lo vedevano perché erano ciechi; erano ciechi perché non credevano.

2. Vediamo la risposta del Signore. Essi domandano: Dov'è tuo padre? Ti abbiamo sentito dire: Non sono solo, ma siamo io e il Padre che mi ha mandato; noi vediamo te solo, non vediamo tuo padre con te; come fai a dire che non sei solo, ma sei con tuo padre? oppure, mostraci che tuo padre è con te. E il Signore: Come posso mostrarvi il Padre, se voi non vedete neppure me? Questo è ciò che segue, questa è la risposta che egli ha dato e che noi già abbiamo commentato. Notate la sua risposta: Voi non conoscete né me né il Padre; se conosceste me, conoscereste anche mio Padre (Gv 8, 19). Voi domandate: Dov'è tuo padre? come se già mi conosceste, come se io fossi soltanto ciò che voi vedete; ma siccome non mi conoscete, perciò non vi mostro mio Padre. Voi mi considerate un semplice uomo e cercate mio Padre come un uomo, perché voi giudicate secondo la carne. Siccome però io sono una cosa secondo ciò che voi vedete e un'altra cosa secondo ciò che voi non vedete, parlo di mio Padre, a voi sconosciuto, io che sono per voi altrettanto sconosciuto: prima dovete conoscere me, e allora conoscerete anche mio Padre.

3. Se conosceste me, forse conoscereste anche mio Padre (Gv 8, 19). Egli, che sa tutto, dicendo forse, non esprime un dubbio ma un rimprovero. Infatti, l'avverbio forse che di per sé esprime un dubbio, si può usare anche in tono di rimprovero: l'avverbio ha senso dubitativo quando viene usato da un uomo, che dubita perché non sa; ma sulla bocca di Dio, al quale nulla è nascosto, non può essere espressione di incertezza da parte della divinità, ma suona rimprovero per l'incredulità degli uomini. Gli uomini stessi, qualche volta, esprimono un dubbio a riguardo di cose di cui sono più che sicuri, e lo fanno a scopo di rimprovero, usano cioè l'avverbio dubitativo pur non avendo alcun dubbio nel cuore; come se tu, essendo in collera con il tuo servo, gli dicessi: Tu mi disprezzi, ma non dimenticare che forse io sono il tuo padrone. E' in questo senso che l'Apostolo dice a taluni suoi denigratori: Credo di avere anch'io lo Spirito di Dio (1 Cor 7, 40); chi dice credo sembra dubitare, ma quello dell'Apostolo non era un dubbio, era un rimprovero. E lo stesso Cristo Signore, in altra occasione, rimproverando l'infedeltà futura del genere umano, dice: Quando verrà il Figlio dell'uomo, credi forse che troverà della fede in terra? (Lc 18, 8).

4. Suppongo che abbiate capito in che senso egli dice forse, di modo che nessuno di quelli che pesano le parole e analizzano le sillabe, da intenditore venga a criticare la parola usata dal Verbo di Dio e, correggendo il Verbo di Dio, perda la sua eloquenza rimanendo muto. Chi infatti è in grado di parlare come parla il Verbo che era in principio presso Dio? Non fermarti alle parole, con la pretesa di voler misurare con queste tue parole comuni e logore quel Verbo che è Dio. Tu ascolti il Verbo e non gli presti attenzione; ma ascolta Dio che dice: In principio era il Verbo, e temi. Ti richiami al tuo linguaggio, e dici fra te: che cosa è la parola, che consistenza avrà mai la parola? E' un suono che passa: risuona nell'aria, colpisce l'orecchio, e non è più. Ascolta ancora: Il Verbo era presso Dio; permaneva, non cessava come un suono. Forse ancora lo tieni in poco conto; ebbene: Il Verbo era Dio (Gv 1, 1). Anche in te, o uomo, quando la parola è nel tuo cuore, è una cosa diversa dal suono; ma la parola che è in te, per arrivare a me ha bisogno del suono, come di un veicolo: prende il suono e vi monta su come se fosse un veicolo, corre attraverso l'aria e arriva a me, senza allontanarsi da te; il suono invece, per venire a me, si allontana da te e nemmeno presso di me rimane. La parola dunque, che era nel tuo cuore, si è forse dileguata col cessar del suono? Hai detto ciò che pensavi, e perché ciò che stava nascosto dentro di te giungesse fino a me hai pronunciato delle sillabe; il suono delle sillabe ha portato al mio orecchio il tuo pensiero, e attraverso il mio orecchio il tuo pensiero è sceso nel mio cuore. Il suono intercorso è volato via; quella parola, però, che ha preso il suono, prima che risuonasse era dentro di te; dopo che l'hai pronunciata è dentro di me, senza essersi allontanata da te. Tieni conto di questo, tu che analizzi i suoni. Tu che non riesci a spiegarti il verbo, la parola dell'uomo, disprezzi il Verbo di Dio?

[Colui che ha fatto tutto, sa tutto.]

5. Colui per mezzo del quale tutto è stato fatto sa tutto, e il suo dubbio non è che un rimprovero. Le sue parole: Se conosceste me, forse conoscereste anche mio Padre suonano rimprovero per gli increduli. Simile espressione ha usato per i discepoli, ma non in forma dubitativa, perché non c'era motivo di rimproverare la loro incredulità. Infatti ciò che in questa occasione ha detto ai Giudei: Se conosceste me, forse conoscereste anche mio Padre, lo ha detto anche ai discepoli, quando Filippo si rivolse a lui e gli chiese: Signore, mostraci il Padre e ci basta (Gv 14, 8); in altre parole: Noi ormai ti abbiamo conosciuto, ti sei mostrato a noi e noi ti abbiamo visto, ti sei degnato di sceglierci e noi ti abbiamo seguito, abbiamo visto i tuoi miracoli, abbiamo ascoltato le tue parole di salvezza, abbiamo ascoltato i tuoi precetti, speriamo nelle tue promesse, e la tua stessa presenza è stata per noi un bene immenso; ma tuttavia, siccome te ti conosciamo, mentre il Padre ancora non lo conosciamo, desideriamo ardentemente di vedere lui che ancora non conosciamo; l'aver conosciuto te non ci basta, finché non avremo conosciuto anche il Padre. Mostraci il Padre e ci basta! E il Signore, affinché si rendessero conto che ancora non conoscevano ciò che credevano ormai di conoscere, rispose: Da tanto tempo sono con voi e non mi avete conosciuto? Filippo, chi ha veduto me ha veduto il Padre (Gv 14, 9). Queste parole esprimono forse un dubbio? Ha forse detto: Chi ha veduto me, forse ha veduto anche il Padre? Perché? Perché il Signore si rivolgeva ad un fedele, non ad un persecutore della fede, e perciò non doveva rimproverare ma soltanto insegnare. Confrontiamo le due espressioni: Chi ha veduto me, ha veduto il Padre e Se conosceste me, conoscereste anche mio Padre; togliamo da questa l'avverbio che si riferisce all'incredulità degli ascoltatori, e le due frasi sono identiche.

[Evitare l'uno e l'altro scoglio.]

6. Già ieri facevamo osservare alla vostra Carità che non avremmo voluto metterci a spiegare le affermazioni che l'evangelista Giovanni fa narrandoci ciò che apprese dal Signore, se non fossimo costretti dalle interpretazioni che ne danno gli eretici. Ieri brevemente abbiamo anche informato la vostra Carità che esistono degli eretici chiamati patripassiani, o, dal loro corifeo, sabelliani. Costoro sostengono che il Padre è lo stesso che il Figlio; i nomi sono diversi ma la persona è la stessa. Quando vuole è Padre e quando vuole è Figlio; ma è sempre la stessa e unica persona. Ci sono poi altri eretici che si chiamano ariani. Essi confessano che nostro Signore Gesù Cristo è il Figlio unico del Padre; che questo è il Padre del Figlio e quello il Figlio del Padre; che il Padre non è il Figlio e il Figlio non è il Padre: riconoscono la generazione del Figlio da parte del Padre, ma negano l'uguaglianza del Figlio col Padre. Noi, cioè la fede cattolica proveniente dall'insegnamento degli Apostoli, piantata in noi, ricevuta da noi attraverso una successione ininterrotta, e che integra deve essere da noi trasmessa ai posteri, in mezzo ad entrambi gli errori mantiene salda la verità. Secondo l'errore dei sabelliani esiste una sola persona: il Padre è la stessa persona del Figlio; secondo l'errore degli ariani il Padre e il Figlio non sono la stessa persona, però il Figlio non solo è un'altra persona ma anche un'altra natura. Tu che sei in mezzo, che dici? Hai superato la posizione sabelliana, supera anche quella ariana. Il Padre è il Padre, il Figlio è il Figlio: sono distinte le persone ma identica è la natura, perché Io e il Padre - dice il Signore - siamo una cosa sola (Gv 10, 30), così come ieri ho cercato di spiegarvi. Sentendo siamo, si ritiri confuso il sabelliano; sentendo una cosa sola, si ritiri confuso l'ariano. Diriga il cattolico, fra l'uno e l'altro errore, la barca della sua fede evitando il naufragio nell'uno come nell'altro scoglio. Tu dunque sostieni ciò che afferma il Vangelo: Io e il Padre siamo una cosa sola: non dunque una natura diversa, perché una cosa sola; non una sola persona, perché siamo.

7. Poco prima il Signore aveva detto: Il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato, come a dire: Il mio giudizio è vero, perché sono Figlio di Dio, perché dico la verità, perché sono la verità stessa. Quelli, intendendo le sue parole in senso carnale, chiedono: Dov'è tuo padre? (Gv 8, 19). Ascolta bene, ariano, la risposta del Signore: Voi non conoscete né me né mio Padre; perché se voi conosceste me, conoscereste anche mio Padre. Che significa se conosceste me, conoscereste anche mio Padre, se non questo: Io e il Padre siamo una cosa sola? Quando vedi uno che somiglia ad un altro (intenda la vostra Carità: mi riferisco a cose di tutti i giorni e non dovrebbe riuscirvi difficile ciò che vi è familiare), quando dunque vedi uno che somiglia ad un altro, e tu conosci quello cui somiglia, meravigliato dici: come somiglia questa persona a quell'altra! Non diresti così, se non si trattasse di due persone distinte. Uno che non conosce quello cui tu dici che somiglia, chiede: è vero che gli somiglia? e tu rispondi: come, non lo conosci? E lui: no, non lo conosco. Allora tu, cercando di farglielo conoscere mediante quello che ha davanti agli occhi, gli dici: vedendo questo vedi quello. Dicendo così non hai voluto certo affermare che sono una medesima persona, negando che sono due. E' perché si assomigliano molto che hai potuto rispondere: conoscendo questo conosci anche quello; sono infatti così somiglianti che tra loro non c'è alcuna differenza. Così anche il Signore ha detto: Se conosceste me, conoscereste anche mio Padre, non perché il Padre sia il Figlio, ma perché il Figlio è simile al Padre. Si vergogni l'ariano. Ringrazi il Signore per non essere caduto nell'errore sabelliano e per non essere patripassiano: non sostiene che il Padre stesso rivestito di carne è venuto in mezzo agli uomini, che ha sofferto la passione, che è risuscitato e che è salito al cielo come presso se stesso; questo non lo dice; riconosce con me che il Padre è il Padre e che il Figlio è il Figlio. Però, fratello mio, se ti sei salvato da questo naufragio, perché t'incammini verso l'altro? Il Padre è il Padre, il Figlio è il Figlio; perché dici che non è somigliante, che è diverso, che è altra sostanza? Se non fosse simile, come potrebbe dire ai suoi discepoli: chi ha visto me, ha visto il Padre? Come potrebbe dire ai Giudei: Se conosceste me, conoscereste anche mio Padre? Come potrebbe esser vero questo se non fosse vero anche quest'altro: Io e il Padre siamo una cosa sola?

[Non c'è fatalità nella vita del Signore.]

8. Gesù pronunziò queste parole nel Tesoro, insegnando nel tempio (Gv 8, 20), con grande coraggio, senza alcun timore; poiché se non avesse voluto non avrebbe patito, dato che non si sarebbe neppure incarnato, se non avesse voluto. Quale è infatti il seguito del Vangelo? E nessuno lo arrestò, perché non era ancora giunta la sua ora. Taluni, al sentire questo, credono che Cristo Signore fosse soggetto al fato, e dicono: ecco qui la prova. Oh, se il tuo cuore non fosse fatuo, non crederesti al fato! Se è vero che la parola fato viene dal latino "fando", che vuol dire parlando, come può essere soggetto al fato il Verbo di Dio nel quale sono tutte le cose che furono create? Dio non creò nulla che già non conoscesse: era nel suo Verbo tutto ciò che è stato creato. Il mondo è stato creato: è stato creato, ma già in lui esisteva. Come ha potuto essere creato se già in lui esisteva? Allo stesso modo che il costruttore edifica una casa che già prima esisteva come progetto nella sua mente; e lì, anzi, esisteva nel modo migliore, senza deterioramenti, senza crolli. Il costruttore per realizzare il suo progetto fabbrica la casa, e la casa che fabbrica proviene da quella che egli ha nella mente; anche se la casa crolla, il progetto rimane in piedi. Così presso il Verbo di Dio erano tutte le cose che sono state create poiché Dio tutte le ha fatte con sapienza e tutte gli erano note (cf. Sal 103, 24): non le conobbe facendole, ma le fece perché le conosceva. A noi sono note perché sono state fatte; ma non sarebbero state fatte se a lui non fossero già note. Prima d'ogni cosa, dunque, c'era il Verbo. E prima del Verbo che cosa c'era? Assolutamente nulla. Se ci fosse stato qualcosa prima, non si potrebbe dire: In principio era il Verbo (Gv 1, 1); si dovrebbe dire: In principio fu creato il Verbo. Infatti cosa dice Mosè del mondo? In principio Dio creò il cielo e la terra (Gn 1, 1); creò ciò che non era: se creò ciò che non era, prima che cosa c'era? In principio era il Verbo. E come hanno avuto origine il cielo e la terra? Tutto è stato fatto per mezzo di lui (Gv 1, 3). Tu dunque sottometti Cristo al fato. Ma dove si trova il fato? Nel cielo, tu dici, nell'ordine e nella rotazione delle stelle. Come può essere soggetto al fato colui per mezzo del quale sono stati creati il cielo e le stelle, dal momento che la tua volontà, se sei saggio, trascende anche le stelle? E forse perché sai che la carne di Cristo è stata sotto il cielo, tu credi che anche il suo potere sia soggetto al cielo?

9. Ascolta, o stolto: Non era ancora giunta la sua ora (Gv 8, 20), significa non l'ora nella quale sarebbe stato costretto a morire, ma l'ora nella quale avrebbe accettato di farsi uccidere. Egli sapeva quando sarebbe dovuto morire; aveva presente tutto ciò che era stato predetto di lui e ne attendeva il compimento prima che iniziasse la sua passione; di modo che quando tutto si fosse compiuto, solo allora sarebbe cominciata la sua passione, secondo un piano prestabilito e non per fatale necessità. Per rendervene conto, ascoltate ancora: tra le altre cose che di lui furono predette, sta anche scritto: Mi presentarono del fiele, e nella mia sete mi fecero bere dell'aceto (Sal 68, 28). Dal Vangelo sappiamo come si realizzò questa profezia. Prima gli dettero del fiele: egli lo prese, lo assaggiò e non volle berlo. Poi, mentre pendeva dalla croce, affinché si compissero tutte le cose predette, disse: Ho sete (Gv 19, 28). Presero allora una spugna imbevuta di aceto, la legarono ad una canna e gliel'accostarono alle labbra. Ne prese e disse: E' compiuto. Che significa E' compiuto? Significa: Si è compiuto tutto ciò che è stato vaticinato prima della mia passione: cosa faccio ancora qui? E subito, dopo aver detto: E' compiuto, chinato il capo, rese lo spirito (Gv 19, 30). Forse che quei briganti, crocifissi con lui, spirarono quando vollero? Erano trattenuti dai vincoli della carne, perché non erano creatori della carne: inchiodati, i loro tormenti si prolungavano, perché non erano in grado di dominare la loro debolezza. Il Signore, invece, quando volle prese carne nel grembo della Vergine; quando volle si presentò agli uomini; visse tra gli uomini finché volle; quando volle abbandonò la carne. Tutto questo è frutto di potenza, non di necessità. Egli aspettava quest'ora, non come un'ora fatale, ma un'ora disposta dalla sua volontà, in modo che si compisse tutto ciò che doveva compiersi prima della sua passione. Come poteva essere soggetto al fato colui che, in altra occasione, aveva detto: Ho il potere di dare la mia vita e ho il potere di riprenderla di nuovo; nessuno me la può togliere ma da me stesso la do, e di nuovo la riprendo (Gv 10,18)? E mostrò questo potere quando i Giudei lo cercavano per arrestarlo. Chi cercate? disse. E quelli: Gesù. E lui: Sono io. Udita questa voce, indietreggiarono e caddero in terra (Gv 18, 4-6).

[Tratteneva la potenza, per insegnare la pazienza.]

10. Si obietterà: Se c'era in lui questo potere, perché quando egli pendeva dalla croce e i Giudei lo insultavano dicendo: Se è Figlio di Dio, scenda dalla croce (Mt 27, 40), perché non scese dimostrando così la sua potenza? Perché voleva insegnare la pazienza, e per questo rinviava la dimostrazione di potenza. Se infatti fosse disceso cedendo alle loro pressioni, si sarebbe potuto pensare che fosse stato sopraffatto dal dolore degli oltraggi. Perciò non scese, rimase inchiodato, per andarsene quando volle. Era forse difficile scendere dalla croce per lui che poté risorgere dal sepolcro? Cerchiamo dunque di capire noi, per i quali si è compiuto questo disegno, che il potere di nostro Signore Gesù Cristo, allora occulto, si manifesterà nel giudizio, del quale è detto: Dio verrà in maniera palese, il nostro Dio verrà e non tacerà (Sal 49, 3). Cosa significa verrà in maniera palese? Che il nostro Dio, cioè il Cristo, come è venuto prima in maniera occulta, verrà poi in maniera palese. E non tacerà. Che significa non tacerà? Che prima ha taciuto. Quando ha taciuto? Quando è stato giudicato; affinché si compisse ciò che il profeta aveva predetto: Come pecora condotta al macello, e come agnello muto davanti al tosatore, non ha aperto bocca (Is 53, 7). Se non avesse voluto non avrebbe patito; se non avesse patito, il suo sangue non sarebbe stato versato; e se il suo sangue non fosse stato versato il mondo non sarebbe stato redento. Rendiamo dunque grazie tanto alla potenza della sua divinità che alla misericordia della sua debolezza. Grazie all'occulta potenza ignota ai Giudei, egli poté dire loro: Voi non conoscete né me né mio Padre; mentre è la debolezza della carne da lui assunta, che i Giudei conoscevano assieme al suo luogo d'origine, che in altra occasione gli ha fatto dire: Voi mi conoscete e sapete anche di dove sono (Gv 7, 28). Nel Cristo teniamo sempre presente l'una e l'altra origine: quella per cui egli è uguale al Padre e quella per cui il Padre è più grande di lui; quella per cui egli è il Verbo e quella per cui è carne, quella per cui è Dio e quella per cui è uomo; ma uno è Cristo, Dio e uomo.

 

OMELIA 38

Io sono il Principio che vi parlo.

Il Principio non può mutare in sé e rinnova tutto. Egli è sempre lo stesso, e i suoi anni non verranno mai meno.

1. La lettura precedente del santo Vangelo si è conclusa affermando che il Signore, insegnando nel tempio, disse ciò che ritenne opportuno e che voi avete ascoltato; e l'evangelista aggiunse che nessuno lo arrestò perché non era ancora giunta la sua ora (Gv 8, 20). Da queste parole abbiamo tratto il discorso che domenica passata il Signore ci ha concesso di pronunciare. Abbiamo cercato di spiegare alla vostra Carità il significato delle parole: non era ancora giunta la sua ora, al fine di escludere ogni empia insinuazione che Cristo sia soggetto a necessità fatale. Non era ancora giunta l'ora da lui fissata, secondo quanto di lui era stato predetto; l'ora in cui non sarebbe stato costretto a morire contro la sua volontà, ma in cui era disposto a farsi uccidere.

[Come cercare Cristo.]

2. Parlando ora della sua passione, alla quale non era costretto ma che dipendeva dal suo potere, dice ai Giudei: Io vado. Per Cristo Signore infatti la morte è stata una partenza per quel luogo donde era venuto, e dal quale non si era mai allontanato. Io - dice - vado, e voi mi cercherete (Gv 8, 21), mossi non dal desiderio ma dall'odio. Infatti, dopo che egli si fu allontanato dagli occhi degli uomini, si misero a cercarlo sia quelli che lo odiavano sia quelli che lo amavano: i primi perseguitandolo, i secondi desiderando di possederlo. Nei salmi il Signore stesso ha detto per bocca del profeta: Non c'è scampo per me; nessuno si dà pensiero della mia vita (Sal 141, 5). E in un altro salmo: Siano delusi e confusi quelli che cercano la mia vita (Sal 39, 15). Accusa quelli che non lo cercano e condanna quelli che lo cercano. E' male infatti non cercare la vita di Cristo, ma come la cercarono i discepoli; è male cercare la vita di Cristo, come la cercarono i Giudei: i primi la cercavano per averla, gli altri per sopprimerla. Che disse a costoro che lo cercavano con intenzione malvagia, con cuore perverso? Voi mi cercherete, e, affinché non crediate di cercarmi bene, morrete nel vostro peccato (Gv 8, 21). Questo è cercare male Cristo: morire nel proprio peccato; questo è odiare colui per mezzo del quale solo si può essere salvi. Mentre gli uomini che pongono in Dio la loro speranza, non debbono rendere male neppure se ricevono del male, costoro rendevano male per bene. Il Signore preannuncia a costoro la condanna che già conosceva, dicendo che morranno nel loro peccato. Poi aggiunge: Dove io vado, voi non potete venire (Gv 8, 21; 13, 33). Disse così, in altra occasione, anche ai discepoli; ai quali tuttavia non disse: Morrete nel vostro peccato. Che disse invece? Ciò che disse ai Giudei, cioè: dove io vado voi non potete venire. Non toglieva loro la speranza, annunciava solo una dilazione. Quando infatti il Signore parlava così ai discepoli, allora essi non potevano andare dove egli andava, ma ci sarebbero andati dopo; costoro invece, ai quali, conscio del futuro, disse: Morrete nel vostro peccato, non ci sarebbero andati mai.

3. Al sentir queste parole, i Giudei, abituati a pensare e a giudicare secondo la carne e ad interpretare materialmente tutto ciò che ascoltavano, dissero: Vuole forse uccidersi, che dice: Dove vado io voi non potete venire? (Gv 8, 22). Parole stolte e prive di ogni intelligenza. Non potevano forse raggiungerlo, se si fosse ucciso? Non dovevano forse morire anch'essi? Che significa dunque la frase: Vuole forse uccidersi, che dice: Dove vado io voi non potete venire? Se intendeva parlare della morte naturale, quale è l'uomo che non ha da morire? Disse quindi dove vado io, non alludendo alla morte, ma alla sua destinazione dopo la morte. La risposta dei Giudei dimostra che essi non intesero il senso delle sue parole.

[Cristo viene dall'alto, cioè dal Padre.]

4. E che disse il Signore a quella gente così terra terra? E diceva loro: Voi siete di quaggiù; voi non avete che il gusto della terra, perché mangiate la terra come il serpente. Voi mangiate la terra nel senso che vi nutrite delle cose della terra, nel senso che la vostra attenzione e la vostra aspirazione è rivolta alle cose della terra e siete incapaci di elevare in alto il vostro cuore. Voi siete di quaggiù; io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo (Gv 8, 23). Come poteva essere di questo mondo colui per mezzo del quale il mondo è stato fatto? Son tutti del mondo quelli che sono venuti dopo che fu creato il mondo. Il mondo fu creato prima dell'uomo, e quindi l'uomo fa parte del mondo. Ma Cristo era prima, e il mondo è venuto dopo; Cristo era prima del mondo, ma prima di Cristo non c'era niente, perché in principio era il Verbo; e tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui (Gv 1, 1 3). Sicché egli era di lassù. Di quale altezza era mai? Era nell'aria? No certo! Anche gli uccelli volano nell'aria. Nel cielo che vediamo? Neppure: in cielo vi sono anche le stelle, il sole e la luna. Lassù dove sono gli angeli? Neppure così devi intendere: gli angeli sono stati fatti per mezzo di lui, come per mezzo di lui sono state fatte tutte le cose. In che senso dunque Cristo è di lassù? Perché ha origine dal Padre. Nulla è al di sopra di quel Dio che ha generato il Verbo uguale a sé, coeterno a sé, Unigenito, fuori del tempo, per mezzo del quale ha creato tutti i tempi. E' in questo senso che devi intendere che Cristo è di lassù, in modo da trascendere col tuo pensiero tutto ciò che è stato fatto, l'intera creazione, ogni corpo ed ogni spirito creato, tutto ciò che in qualsiasi modo è mutevole; trascendi tutto come ha fatto Giovanni, che arrivò a dire: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio.

5. Io - dice - sono di lassù. Voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Ve l'ho detto: voi morrete nei vostri peccati (Gv 8, 24). Ci ha spiegato, fratelli, come voleva che intendessimo le parole Voi siete di questo mondo; cioè, ha detto voi siete di questo mondo, perché erano peccatori, perché erano malvagi, increduli e avevano il gusto delle cose della terra. Che idea vi siete fatta invece dei santi Apostoli? Che differenza c'era tra i Giudei e gli Apostoli? Quanta ce n'è tra le tenebre e la luce, tra l'incredulità e la fede, tra l'empietà e la pietà, tra la disperazione e la speranza, tra la cupidigia e la carità; c'era dunque molta differenza. E allora? Siccome erano così diversi, forse che gli Apostoli non erano di questo mondo? Se si considera la loro nascita, la loro origine, siccome discendevano tutti da Adamo, essi erano di questo mondo. Ma che disse di loro il Signore? Io vi ho scelti dal mondo (Gv 15, 19). Essi dunque che erano del mondo, hanno cessato di appartenere al mondo per cominciare ad appartenere a colui per mezzo del quale il mondo è stato fatto. Quelli invece, ai quali fu detto: Morrete nei vostri peccati, hanno continuato ad essere del mondo.

6. Nessuno dunque, fratelli, dica: Io non sono del mondo. Chiunque tu sia, per il fatto che sei uomo, appartieni a questo mondo; ma è venuto a te colui che ha creato il mondo, e ti ha liberato da questo mondo. Se ti piace il mondo, significa che vuoi seguitare ad essere immondo; se invece non ti piace più questo mondo, tu sei già mondo. E se la tua debolezza ti mantiene attaccato al mondo, abiti in te colui che ti può mondare, e sarai mondo. Se invece sei mondo, non rimarrai nel mondo e non udrai ciò che si sentirono dire i Giudei: Morrete nei vostri peccati. Tutti infatti siamo nati col peccato; tutti vivendo abbiamo aggiunto qualcosa al peccato di origine, e così siamo diventati del mondo ancor più di quando nascemmo dai nostri genitori. E dove saremmo noi, se non fosse venuto colui che assolutamente non aveva peccato, per assolvere ogni peccato? Siccome i Giudei non credevano in lui, giustamente si sentirono dire: Morrete nei vostri peccati. Non è assolutamente possibile che siate senza peccato, dato che siete nati col peccato; ma tuttavia se crederete in me, dice, benché siate nati col peccato, non morrete nel vostro peccato. La sventura dei Giudei non era quella di avere il peccato, ma di morire nei peccati. E questo è quanto deve evitare ogni cristiano. Per questo si ricorre al battesimo; per questo chi è in pericolo per malattia od altro, invoca soccorso; per questo anche il bambino appena nato viene portato alla Chiesa sulle pie braccia della madre, nel timore che se ne vada senza battesimo, morendo così nel peccato con cui è nato. Infelicissima la situazione, disgraziata la sorte di coloro che ascoltarono dalla bocca della verità le parole: Morrete nei vostri peccati.

[Ridonata la speranza ai disperati.]

7. E spiega il motivo per cui capita loro questa disgrazia: Sì, se voi non credete che io sono, morrete nei vostri peccati. Penso, o fratelli, che in mezzo alla folla che ascoltava il Signore, c'erano anche di quelli che in seguito avrebbero creduto. Siccome quella terribile sentenza: Morrete nel vostro peccato, sembrava non risparmiare nessuno e togliere la speranza anche a quelli che avrebbero creduto, gli uni erano furenti, gli altri spaventati; anzi, più che spaventati erano disperati. Li richiamò alla speranza soggiungendo: Sì, se voi non credete che io sono, morrete nei vostri peccati. Se invece crederete che io sono, non morrete nei vostri peccati. Ridonò la speranza a chi l'aveva perduta e scosse dal sonno i dormienti, che cominciarono a svegliarsi nei loro cuori, tanto che molti, come attesta il seguito del Vangelo, credettero. C'erano là infatti delle membra di Cristo che ancora non si erano unite al corpo di Cristo: anche in mezzo a quel popolo dal quale egli fu crocifisso, appeso ad un legno, irriso mentre pendeva dalla croce, dal quale fu trafitto con la lancia, abbeverato col fiele e aceto, anche in mezzo a quel popolo c'erano delle membra di Cristo, per le quali egli pregò: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno (Lc 23, 34). Quale peccato non sarà perdonato a chi si converte, se ottiene perdono chi ha versato il sangue di Cristo? Quale omicida dovrà disperare, se è stata ridonata la speranza perfino a chi ha ucciso Cristo? Sicché molti credettero: ricevettero il sangue di Cristo come dono affinché, bevendolo, ottenessero la liberazione invece che essere condannati per la colpa di averlo versato: chi potrà dunque disperare? E se sulla croce fu salvato un ladrone, che poco prima aveva ucciso ed era stato accusato, processato, condannato, crocifisso e infine liberato, non ti meravigliare (cf. Lc 23, 39-43). Quando fu giudicato, fu condannato; ma quando si convertì fu liberato. Dunque, tra quella folla alla quale il Signore parlava, c'erano di quelli che sarebbero morti nel loro peccato; ma c'erano anche di quelli che avrebbero creduto in lui che parlava, e che quindi sarebbero stati liberati da ogni peccato.

8. Bada tuttavia a ciò che dice Cristo Signore: Se voi non credete che io sono, morrete nei vostri peccati. Che significa se non credete che io sono? Io sono che cosa? Non ha aggiunto nulla; e siccome non ha aggiunto nulla, è molto ciò che ha voluto richiamare. Ci si aspettava che dicesse che cosa egli era e non l'ha detto. Che cosa ci si aspettava che dicesse? Forse: Se non credete che io sono il Cristo; oppure se non credete che io sono il Figlio di Dio? Oppure che io sono il Verbo del Padre, o il creatore del mondo, o il creatore e salvatore dell'uomo, il creatore e il rigeneratore, colui che lo ha fatto e lo rifà: se non credete che io sono tutto questo morrete nei vostri peccati. Io sono è un'affermazione molto significativa; così infatti Dio aveva detto a Mosè: Io sono colui che sono. Chi potrà adeguatamente spiegare che cosa significa sono? Per mezzo d'un angelo Dio intendeva inviare il suo servo Mosè a liberare il suo popolo dalla schiavitù d'Egitto (vi ricordo ciò che già sapete per averlo sentito leggere); Mosè, tutto tremante, tentò di tirarsi indietro, finché obbedì. Tentando dunque di tirarsi indietro, disse a Dio, che gli parlava per mezzo dell'angelo: Se il popolo mi dirà: E chi è il Dio che ti ha mandato, cosa risponderò? E il Signore a lui: Io sono colui che sono, e aggiunse: Dirai ai figli d'Israele: Colui che è, mi ha mandato a voi. Neppure allora disse: Io sono Dio, oppure, io sono il costruttore del mondo, il creatore di tutte le cose, colui che ha moltiplicato questo popolo che voglio liberare; disse soltanto: Io sono colui che sono, e aggiunse: Dirai ai figli d'Israele: Colui che è ...; non aggiunse: Colui che è il vostro Dio, colui che è il Dio dei vostri padri; ma soltanto questo disse: Colui che è, mi ha mandato a voi. Probabilmente era difficile anche per lo stesso Mosè, come lo è per noi, anzi per noi lo è molto di più, comprendere il significato dell'affermazione: Io sono colui che sono; e: Colui che è, mi ha mandato a voi. E anche se Mosè riuscì a comprendere, come potevano comprendere coloro ai quali egli era stato inviato? Il Signore dunque rimandò la comprensione di ciò che l'uomo non poteva intendere e aggiunse un'affermazione che poteva essere compresa da tutti: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe (Es 3, 14-15). Questa è un'affermazione comprensibile; ma Io sono colui che sono, quale mente può comprenderla?

[Oserò interrogare il Signore?]

9. E noi, allora, come oseremo parlare di questa dichiarazione: Io sono colui che sono, o piuttosto di quanto avete sentito dire dal Signore: Se voi non credete che io sono, morrete nei vostri peccati? Con queste mie forze così scarse e pressoché nulle, oserò io discutere sulla frase di Cristo Signore Se voi non credete che io sono? Oserò interrogare il Signore stesso, e voi ascoltatemi mentre io più che spiegare a voi interrogo lui; più che presumere di sapere cerco, più che insegnare imparo; e con me e per mezzo mio anche voi interrogatelo. Da parte sua il Signore, che è presente ovunque, è lì pronto per ascoltare l'affettuoso desiderio di chi lo interroga e per concedere il dono dell'intelligenza. Con quali parole, infatti, ammesso che io arrivi ad intendere qualcosa, riuscirò a far giungere quanto intendo ai vostri cuori? Quali suoni basterebbero? Quale eloquenza riuscirebbe? Quale capacità per intendere e quale facondia per esprimere?

10. Parlerò dunque al Signore nostro Gesù Cristo, mi rivolgerò a lui ed egli mi ascolterà. Io credo che egli è presente, non ho il minimo dubbio: è lui che ha detto: Ecco, io sono con voi sino alla consumazione dei secoli (Mt 28, 20). O Signore Dio nostro, che vuoi dire con le parole: Se voi non credete che io sono? C'è qualcosa, di quanto hai fatto, che non è? Forse che il cielo non è? forse che la terra non è? Non sono forse le cose che stanno in terra e in cielo? Forse che l'uomo stesso, al quale tu parli, non è? Non è l'angelo, che tu mandi? Se sono, tutte queste cose che per mezzo di te sono state create, che cos'è l'essere stesso che ti sei riservato come tuo proprio, che non hai dato ad altri sì che tu solo veramente sei? Quando ascolto: Sono colui che sono, debbo forse pensare che le altre cose non esistono? Come posso allora intendere le parole se non credete che io sono? Forse che non erano, quelli che ti ascoltavano? Anche se peccatori, erano uomini. E allora? Egli stesso dica al cuore, glielo dica dentro, glielo comunichi dentro, che cos'è l'essere stesso; l'uomo interiore ascolti, la mente comprenda che cosa sia il vero essere. Essere significa esistere sempre nel medesimo modo. Prendiamo una cosa qualsiasi (ho iniziato quasi un'esposizione piuttosto che continuare la ricerca: forse perché vorrei parlarvi di quanto ho già appreso; il Signore procuri letizia a voi che ascoltate e a me che vi parlo), qualunque cosa, per eccellente che sia, se è soggetta a mutamento, non si può dire che veramente è; poiché non esiste il vero essere dove esiste anche il non essere. Tutto ciò che può cambiare, una volta cambiato non è più ciò che era; e se non è più ciò che era, lì è intervenuta come una morte; lì è venuto meno qualcosa che c'era e non c'è più. E' morto il nero sul capo dell'uomo canuto, è morta la bellezza nel corpo del vecchio stanco e curvo, sono morte le forze nel corpo che languisce, è morta la immobilità nel corpo di chi cammina, è morto il movimento nel corpo di chi sta fermo, sono morti il moto e la posizione eretta di chi sta sdraiato, è morta la parola sulla lingua che tace. Tutto ciò che muta, è ciò che non era: e vedo una certa vita in ciò che è, e morte in ciò che fu. Del resto, quando di uno che è morto si chiede: dov'è il tale? si risponde che "fu". O Verità, che sola veramente sei! Poiché in tutte le nostre azioni e in tutti i nostri movimenti, e in ogni cambiamento delle creature si distinguono due tempi: il passato e il futuro. Cerco il presente, nulla sta fermo: ciò che ho detto già non è più; ciò che sto per dire non è ancora; ciò che ho fatto non è più; ciò che sto per fare non è ancora; la vita che ho vissuto non è più; quella che sto per vivere non è ancora. In ogni movimento delle cose trovo passato e futuro; nella verità che permane non trovo né passato né futuro ma soltanto il presente, un presente incorruttibile, quale non si trova in nessuna creatura. Esamina i cambiamenti delle cose, troverai "fu" e "sarà"; pensa a Dio e troverai che egli "è", e che in lui non può esserci né "fu" né "sarà". Se anche tu vuoi essere, trascendi il tempo Ma chi può trascendere il tempo con le sue forze? Ci elevi su in alto colui che ha detto al Padre: Voglio che dove sono io, siano anch'essi con me (Gv 17, 24). Con questa promessa, che non saremmo morti nei nostri peccati, mi pare che il Signore Gesù Cristo, dicendo Se non credete che io sono, non abbia voluto dirci nient'altro che questo: Sì, se non credete che io sono Dio, morrete nei vostri peccati. Bene, siano rese grazie a Dio perché ha detto se non credete; e non ha detto invece "se non capite". Chi infatti può capire ciò? O, forse, siccome io ho osato parlarne e voi ritenete di aver capito le mie parole, siete riusciti a capire qualcosa di una realtà così ineffabile? Ma, se non capisci, la fede ti libera. Il Signore infatti non ha detto: Se non capirete che io sono; ma ha detto ciò che a noi è possibile: Se non credete che io sono, morrete nei vostri peccati.

[Stabile in se stesso e rinnovatore di ogni cosa.]

11. E quelli che sempre si fermavano alle cose della terra e sempre ascoltavano e rispondevano secondo la carne, cosa gli dissero? Tu chi sei? Dicendo infatti Se non credete che io sono, non hai aggiunto chi sei. Devi dirci chi sei, se vuoi che crediamo. Egli rispose: Il Principio. Ecco cos'è l'essere. Il principio è stabile; stabile in se stesso e rinnovatore di ogni cosa. E' il principio di cui è detto: Tu sei sempre lo stesso, e i tuoi anni non vengono meno (Sal 101, 28). Io sono - dice - il Principio che anche parlo a voi (Gv 8, 25). Credete che io sono il Principio, se non volete morire nei vostri peccati. Come se con quella domanda Tu chi sei?, gli avessero chiesto: chi dobbiamo credere che sei? Egli rispose: Il Principio; cioè credetemi il Principio. Il testo greco è più chiaro di quello latino. Presso i greci infatti "principio" è di genere femminile, come presso di noi è di genere femminile la legge, che invece presso di loro è di genere maschile; sapienza invece è di genere femminile tanto presso di noi che presso di loro. Il modo di esprimersi cambia in ciascuna lingua, perché le cose non hanno sesso. Così non si può dire davvero che sapienza è di genere femminile; infatti per Cristo, Sapienza di Dio (cf. 1 Cor 1, 24), si usa il maschile mentre per la sapienza il femminile. Quando dunque i Giudei gli chiesero Tu chi sei?, egli che sapeva che tra quelli c'erano alcuni che avrebbero creduto e che gli avevano chiesto Tu chi sei? appunto per sapere che cosa dovevano credere di lui, egli rispose: il Principio; non tanto per affermare che era il Principio, quanto per esortarli a credere in lui come Principio. Questo, come dicevo, appare più chiaro nel testo greco, dove la parola principio è di genere femminile. Come, per esempio, volendo dire che egli è la verità, a chi gli domandasse: Tu chi sei? risponderebbe: Io sono la verità. Ora, ci sembra che alla domanda tu chi sei? avrebbe dovuto rispondere: la Verità; cioè: Io sono la Verità. Diede invece una risposta più profonda; la loro domanda tu chi sei? sembrava voler dire: Siccome ti abbiamo sentito dire se non credete che sono, chi dobbiamo credere che tu sia? Al che egli rispose: il Principio; cioè: Credetemi il Principio. E aggiunse: che anche parlo a voi; cioè, che umiliandomi per voi, mi sono abbassato fino ad usare il vostro linguaggio. Se infatti, essendo il Principio, fosse rimasto presso il Padre e non avesse preso la forma di servo per venirci a parlare da uomo a uomo, come avrebbero creduto in lui, non potendo il cuore debole degli uomini ascoltare il Verbo che senza voce sensibile nessuno può intendere? Pertanto, dice, credete che io sono il Principio; in quanto, affinché crediate, non soltanto sono ma anche parlo a voi. Ma su questo argomento dovremo intrattenerci ancora a lungo; e così, se piace alla vostra Carità, ci riserviamo, con l'aiuto del Signore, di riprendere domani ciò che resta.

 

OMELIA 39

Chi mi ha mandato è verace; le cose che ho udito da lui, queste dico nel mondo.

Se la carità di Dio, riversata nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che a noi fu donato, fa di molte anime un'anima sola e di molti cuori un cuore solo, non saranno, a maggior ragione, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo un solo Dio, una sola luce, un unico principio?

1. Nostro Signore Gesù Cristo, dosando il suo linguaggio in modo che i ciechi non vedessero e i fedeli aprissero gli occhi, rivolse ai Giudei queste parole che oggi sono state proclamate dal santo Vangelo: Gli dissero i Giudei: Tu chi sei? (Gv 8, 25). Poco prima il Signore aveva detto: Se voi non credete che io sono, morrete nei vostri peccati (Gv 8, 24). Essi allora gli chiesero: Tu chi sei? come cercando di sapere in chi dovevano credere per non morire nel loro peccato. Alla domanda tu chi sei? egli rispose: Il Principio, che anche a voi parlo (Gv 8, 25). Se il Signore ha detto di essere il principio, ci possiamo chiedere se anche il Padre è il principio. Se infatti il Figlio, che procede dal Padre, è il principio, tanto più facilmente si può pensare che anche Dio Padre è il principio. Egli ha un Figlio di cui è Padre, ma non procede da nessuno. Il Figlio infatti è Figlio del Padre, e il Padre a sua volta è Padre del Figlio; ma del Figlio si dice che è Dio da Dio, luce da luce; del Padre che è luce; ma non da luce; si dice che è Dio, ma non da Dio. Se dunque colui che è Dio da Dio, luce da luce è principio, a maggior ragione si può pensare che è principio la luce da cui ha origine la luce, e Dio da cui ha origine Dio. E così sembra assurdo, o carissimi, dire che il Figlio è il principio, senza ammettere che anche il Padre è il principio.

2. Ma allora? ci sono due principi? Bisogna guardarsi bene dal dire questo. Ma se il Padre è il principio e il Figlio è il principio, come si fa a dire che non ci sono due principi? Allo stesso modo che diciamo che il Padre è Dio e il Figlio è Dio, e tuttavia non diciamo che vi sono due dèi. Sarebbe un'eresia dire che vi sono due dèi, come è un'eresia dire che ve ne sono tre: eppure ciò che è il Padre non è il Figlio, e ciò che è il Figlio non è il Padre; lo Spirito Santo, poi, non è né Padre né Figlio, ma è lo Spirito del Padre e del Figlio. Sebbene dunque, secondo l'istruzione che i cattolici hanno ricevuto in grembo alla madre Chiesa, il Padre non sia il Figlio e il Figlio non sia il Padre, e lo Spirito del Padre e del Figlio non sia né il Padre né il Figlio, tuttavia non affermiamo che sono tre dèi; e quando veniamo interrogati circa le singole persone, quale che sia, non possiamo fare a meno di riconoscere che è Dio.

[Partire dalla fede per giungere alla perfezione.]

3. Ciò sembra assurdo a chi giudica le cose straordinarie alla stregua di quelle abituali, le invisibili alla stregua di quelle visibili, paragonando le creature al Creatore. Accade che gli infedeli ci chiedano: quello che voi chiamate Padre, dite che è Dio? E' Dio, rispondiamo. Quello che voi chiamate Figlio, è Dio? Sì, è Dio. Quello che voi chiamate Spirito Santo, è Dio? E' Dio, rispondiamo ancora. Allora, essi dicono, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono tre dèi? No, rispondiamo noi. Rimangono sconcertati, perché non sono illuminati; hanno il cuore chiuso, perché non possiedono la chiave della fede. Noi invece, o fratelli, guidati dalla fede, che risana l'occhio del nostro cuore, accogliamo senza oscurità ciò che intendiamo; crediamo senza esitazione ciò che non intendiamo; e non ci scostiamo dal fondamento della fede per poter giungere al vertice della perfezione. E' Dio il Padre, Dio il Figlio, Dio lo Spirito Santo; e tuttavia il Padre non è il Figlio, né il Figlio è il Padre, e neppure lo Spirito Santo del Padre e del Figlio è il Padre o il Figlio. La Trinità è un solo Dio, una sola eternità, una sola potestà, una sola maestà; tre, ma non tre dèi. E non venga a dirmi l'eretico: Allora perché tre? Se sono tre, devi dirmi chi sono. Rispondo: il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Ecco, insiste, se sono tre, spiegami: tre di che cosa? Ed io rispondo: Intanto cerca tu di contare; perché io arrivo a tre dicendo: Padre e Figlio e Spirito Santo. Considerato il Padre in sé, egli è Dio; in relazione al Figlio è Padre. Il Figlio in sé è Dio, in relazione al Padre è Figlio.

4. Ciò che dico potete riscontrarlo nelle cose di tutti i giorni. Prendete due individui, di cui uno sia padre e l'altro figlio; il primo è uomo in se stesso ed è padre in relazione al figlio; così il figlio è uomo in se stesso ed è figlio in relazione al padre. Il nome padre infatti dice relazione ad un altro, e così il nome figlio; però ambedue sono uomini. Orbene, Dio Padre, è Padre in relazione ad un altro, al Figlio; e Dio Figlio è Figlio in relazione ad un altro, cioè al Padre; questi però non sono due dèi, come quelli sono due uomini. Perché qui non è la stessa cosa che là? Perché là si tratta di una cosa e qui di un'altra, come è appunto la divinità. Ci troviamo davanti a qualcosa di ineffabile, che non si può spiegare a parole, e il numero c'è e non c'è. Sì, il numero c'è: Padre e Figlio e Spirito Santo sono Trinità. Sono tre, ma che sono questi tre? Qui il numero non serve più. Così Dio non rifugge dal numero né si lega al numero. Siccome sono tre, sembra che si tratti di numero; se vuoi sapere che cosa sono i tre, il numero non serve più. Per questo è scritto: Grande è il Signore nostro, grande è il suo potere, e la sua sapienza non ha numero (Sal 14, 6 5). Quando cominci a pensare, cominci a contare; ma quando hai contato, non sei in grado di tirar le somme. Il Padre è il Padre, il Figlio è il Figlio, lo Spirito Santo è lo Spirito Santo. Ma che cosa sono questi tre, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo? Non sono tre dèi? No. Non sono tre onnipotenti? No. Non sono tre creatori del mondo? No. Allora il Padre è onnipotente? Certo, è onnipotente. Il Figlio è onnipotente? Sì, anche il Figlio è onnipotente. E lo Spirito Santo? Anch'egli è onnipotente. Allora sono tre onnipotenti? No, un solo onnipotente. Il numero serve soltanto a indicare i loro rapporti reciproci, non ciò che sono in sé. Il Padre in sé è Dio assieme al Figlio e allo Spirito Santo, ma non sono tre dèi; egli è in sé onnipotente assieme al Figlio e allo Spirito Santo, ma non sono tre onnipotenti. Siccome, però, non è Padre in sé ma in relazione al Figlio; e il Figlio non è Figlio in sé ma in relazione al Padre; e lo Spirito non è Spirito in sé ma in quanto è lo Spirito del Padre e del Figlio, non si può dire che sono tre, ma solo che il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio, un solo onnipotente. Quindi c'è un solo Principio.

[Il mistero della Trinità.]

5. Prendiamo un testo della sacra Scrittura che ci aiuterà, alla men peggio, a capire ciò che stiamo dicendo. Dopo la risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, e dopo la sua ascensione al cielo, che avvenne nel giorno da lui fissato, trascorsi dieci giorni egli inviò lo Spirito Santo: quanti si trovavano riuniti nella medesima sala, ripieni di Spirito Santo, cominciarono a parlare nelle lingue di tutte le genti. Coloro che avevano ucciso il Signore, sbigottiti da tale prodigio e profondamente scossi, si pentirono di quanto avevano fatto, pentiti si convertirono, e, convertitisi, credettero. Si unirono al corpo del Signore, cioè al numero dei fedeli, che arrivarono a tremila, e, in seguito ad un altro prodigio, a cinquemila. Si formò così un solo popolo, numeroso, in cui tutti, ricevuto lo Spirito Santo che accese in essi l'amore spirituale, mediante la carità ed il fervore dello spirito, diventarono una cosa sola: in quella comunità perfetta cominciarono a vendere tutto ciò che possedevano e a deporre il ricavato ai piedi degli Apostoli perché fosse distribuito a ciascuno secondo il bisogno. Di essi la Scrittura dice che erano un cuor solo e un'anima sola protesi verso Dio (At 4, 32). Fate dunque attenzione, o fratelli, e da questo prendete motivo per riconoscere il mistero della Trinità, cioè per affermare che esiste il Padre, esiste il Figlio, esiste lo Spirito Santo, e tuttavia Padre e Figlio e Spirito Santo sono un solo Dio. Ecco, quelli erano diverse migliaia ed erano un cuore solo, erano diverse migliaia ed erano un'anima sola. Ma dove erano un cuor solo e un'anima sola? In Dio. A maggior ragione questa unità si troverà in Dio. Sbaglio forse dicendo che due uomini sono due anime, e tre uomini tre anime, e molti uomini molte anime? Certamente dico bene. Ma se essi si avvicinano a Dio, molti uomini diventano un'anima sola. Ora, se unendosi a Dio, mediante la carità, molte anime diventano un'anima sola e molti cuori un cuore solo, che cosa non farà la fonte stessa della carità nel Padre e nel Figlio? Non sarà lì con maggior ragione la Trinità un solo Dio? E' da quella fonte, e precisamente dallo Spirito Santo, che ci viene la carità, come appunto dice l'Apostolo: La carità di Dio è riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5, 5). Se dunque la carità di Dio, riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato, fa di molte anime un'anima sola e di molti cuori un cuore solo, non saranno a maggior ragione il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo un solo Dio, una sola luce, un solo Principio?

6. Ascoltiamo dunque il Principio che ci parla. Su di voi - dice - ho ancora molto da dire e da giudicare (Gv 8, 26). Ricordate che ha detto: Io non giudico nessuno (Gv 8, 15); ecco che ora dice: Su di voi ho ancora molto da dire e da giudicare. Ma una cosa è dire non giudico nessuno, e un'altra cosa ho da giudicare. Non giudico significa ora, al presente; è venuto infatti per salvare il mondo, non per giudicarlo (cf. Gv 12, 47); invece quando dice su di voi ho molto da dire e da giudicare si riferisce al giudizio futuro. Egli infatti è salito al cielo per venire a giudicare i vivi e i morti. Nessuno giudicherà più giustamente di lui che fu giudicato ingiustamente. Su di voi - dice - ho molto da dire e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è verace. Vedete come il Figlio, uguale al Padre, glorifica il Padre. Insegna a noi, è come se dicesse nei nostri cuori: O uomo fedele che ascolti il mio Vangelo, ecco cosa ti dice il Signore Dio tuo: se io che in principio sono il Verbo, Dio presso Dio, uguale al Padre, coeterno a colui che mi ha generato; se io glorifico colui di cui sono Figlio, come oserai tu, che sei il suo servo, metterti orgogliosamente contro di lui?

 

OMELIA 40

Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi.

Cosa ha promesso il Signore ai credenti? Conoscerete la verità. Crediamo infatti per conoscere, non conosciamo per credere. Se perseverate nella mia parola, sarete davvero miei discepoli, tanto da poter conoscere la verità così com'è; non attraverso il suono delle parole, ma attraverso lo splendore della sua luce, quando vi sazierà.

1. Del santo Vangelo secondo Giovanni, che voi vedete nelle nostre mani, la vostra Carità ha già ascoltato molte letture. Con l'aiuto di Dio e secondo le nostre possibilità, ve le abbiamo spiegate, facendovi notare che questo evangelista ha preferito parlare principalmente della divinità del Signore, per la quale egli è uguale al Padre e Figlio unico di Dio: per questo motivo S. Giovanni è stato paragonato all'aquila, che si dice sia l'uccello che vola più alto. Perciò ascoltate con molta attenzione ciò che viene per ordine, con l'aiuto che il Signore ci darà nell'esporlo.

[L'esaltazione sulla croce.]

2. Ci siamo intrattenuti con voi sulla lettura precedente, suggerendovi come debba intendersi che il Padre è verace e che il Figlio è la verità. Quando il Signore Gesù disse ai Giudei: Colui che mi ha mandato è verace (Gv 8, 26), essi non compresero che egli parlava del Padre. Egli allora aggiunse ciò che ora avete sentito leggere: Quando avrete levato in alto il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che io sono e nulla faccio da me, ma dico ciò che il Padre mi ha insegnato (Gv 8, 28). Che cosa ha voluto dire? Credo abbia voluto dire che soltanto dopo la sua passione essi avrebbero conosciuto chi egli fosse veramente. Senza dubbio vedeva che c'erano alcuni, che egli conosceva già e che prima della creazione del mondo aveva eletto assieme a tutti i suoi santi, i quali dopo la sua passione avrebbero creduto. Essi sono quelli che costantemente ricordiamo e con vive esortazioni proponiamo alla vostra imitazione. Quando, dopo la passione, la risurrezione e l'ascensione del Signore, fu inviato dal cielo lo Spirito Santo; davanti ai prodigi compiuti nel nome di colui che i Giudei avevano perseguitato e poi, morto, avevano disprezzato, alcuni di essi furono toccati nel profondo del cuore; e quelli che crudelmente lo avevano ucciso, si convertirono e credettero, e, credendo, bevvero il sangue che crudelmente avevano versato. Erano quei tremila e quei cinquemila Giudei (cf. At 2, 37-41; 4, 4) che egli vedeva allorché diceva: Quando avrete levato in alto il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che io sono; come a dire: Differisco il vostro riconoscimento nei miei confronti in modo da condurre a termine la mia passione; a suo tempo conoscerete chi sono io. Non che tutti quelli che allora ascoltavano, avrebbero creduto in lui solo dopo la sua passione, perché poco più avanti l'evangelista dice: A queste sue parole, molti credettero in lui (Gv 8, 30); cioè credettero in lui senza aspettare che il Figlio dell'uomo fosse levato in alto. Si riferisce all'esaltazione della passione, non della glorificazione; della croce, non del cielo; perché anche quando fu appeso al legno, fu esaltato. Però quella esaltazione fu un'umiliazione; fu allora infatti che Cristo si fece obbediente fino alla morte di croce (cf. Fil 2, 8). Ed era conveniente che questo si compisse per mano di coloro che poi avrebbero creduto in lui, ai quali disse: Quando avrete levato in alto il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che io sono. Perché disse questo se non perché nessuno disperasse, di qualunque delitto fosse cosciente, vedendo perdonato l'omicidio commesso da quanti uccisero Cristo?

3. Riconoscendoli in mezzo alla folla, il Signore disse: Quando avrete levato in alto il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che io sono. Ormai sapete che significa io sono; e non è il caso di ripeterlo ad ogni passo, affinché una cosa tanto sublime non abbia ad annoiarvi. Richiamate alla mente la frase Io sono colui che sono, e l'altra Colui che è mi ha mandato (Es 3, 14), e comprenderete il significato di quest'altra: Allora conoscerete che io sono. Naturalmente, non soltanto lui è; anche il Padre è, anche lo Spirito Santo è: a tutta la Trinità appartiene questo medesimo essere. Ma siccome il Signore parlava in quanto Figlio, onde evitare che in questa sua dichiarazione: allora conoscerete che io sono, si insinuasse l'errore dei sabelliani o patripassiani - l'errore di quanti sostengono che il Padre è lo stesso che il Figlio, cioè due nomi ma una sola persona -; onde evitare quest'errore dal quale vi ho raccomandato tanto di stare ben lontani, il Signore, dopo aver detto: Allora conoscerete che io sono, perché non lo si confondesse col Padre subito aggiunge: Nulla faccio da me, ma dico ciò che il Padre mi ha insegnato. Il sabelliano aveva già cominciato a gongolare, credendo di aver trovato un appiglio per il suo errore; ma aveva appena alzato la testa nell'oscurità di quel passo che subito è rimasto confuso dalla luce dell'affermazione successiva. Tu avevi creduto che egli fosse il Padre, perché aveva detto Io sono; ma ascolta come mostra di essere Figlio: nulla faccio da me. Che significa nulla faccio da me? Che da me non sono. Il Figlio infatti è Dio dal Padre; il Padre invece non è Dio dal Figlio; il Figlio è Dio da Dio, il Padre invece è Dio, ma non da Dio; il Figlio è luce da luce, il Padre è luce ma non da luce; il Figlio è, ma riceve il suo essere dal Padre; mentre il Padre è, senza ricevere da nessuno il suo essere.

4. Nessuno di voi, fratelli, si lasci sorprendere da pensieri carnali davanti alla sua dichiarazione: Io dico ciò che il Padre mi ha insegnato. Non può l'uomo, nella sua limitatezza, pensare se non a ciò che è solito fare o ascoltare. Non immaginatevi perciò di avere davanti come due uomini, uno padre e l'altro figlio, e che il padre parli al figlio, come fai tu quando parli con tuo figlio: tu dai a tuo figlio avvertimenti e istruzioni su ciò che deve dire, onde ritenga nella memoria quanto ha sentito da te, dalla memoria passi alla lingua, e mediante suoni faccia arrivare alle orecchie degli altri ciò che ha percepito con le proprie. Non fatevi di queste idee, fabbricandovi falsi idoli nel vostro cuore. Non attribuite alla Trinità forma umana, tratti fisici, sembianze e sensi umani, statura e movimenti del corpo, uso della lingua, articolazione di suoni: tutto ciò appartiene alla forma di servo che prese l'unigenito Figlio quando il Verbo si fece carne per abitare fra noi (cf. Gv 1, 14). Per quanto riguarda la carne che assunse il Verbo non solo non t'impedisco, o umana debolezza, di pensare in base alla tua esperienza, ma anzi ti ordino di pensare così. Se possiedi la vera fede, pensa che Cristo è così: è così in quanto è nato dalla vergine Maria, non in quanto è stato generato da Dio Padre. Egli fu bambino e crebbe come ogni uomo; come ogni uomo camminò, ebbe fame e sete, dormì e infine, come uomo, patì; come uomo fu appeso al legno, fu ucciso e fu sepolto; nella medesima forma umana risuscitò, ascese in cielo sotto gli occhi dei discepoli, e nella medesima forma verrà per il giudizio; così infatti è stato annunciato per bocca degli angeli nel Vangelo: Verrà nella stessa forma in cui l'avete visto andare in cielo (At 1, 11). Quando dunque pensi a Cristo nella forma di servo, se hai la fede, pensa ad un volto umano; quando invece pensi che In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio (Gv 1, 1), scompaia dalla tua mente ogni figura umana; venga eliminato dai tuoi pensieri tutto ciò che viene rinchiuso nei limiti del corpo, tutto ciò che occupa un luogo nello spazio, tutto ciò che si estende materialmente: una simile concezione deve scomparire dal tuo cuore. Pensa, se ci riesci, alla bellezza della sapienza, cerca di immaginare lo splendore della giustizia. Possiede una forma, una statura, un colore? Niente di tutto questo, e tuttavia essa esiste; perché se non esistesse, non si potrebbe amare e non si potrebbe, come merita, lodare, e non potendola né amare né lodare non la si potrebbe conservare nel cuore e nei costumi. Ora invece gli uomini diventano sapienti, e come potrebbero diventarlo se la sapienza non esistesse? Pertanto, o uomo, se non riesci a vedere la tua sapienza con gli occhi della carne né immaginarla come immagini le cose corporee, oserai introdurre la forma del corpo umano nella Sapienza di Dio?

[L'intelligenza è dono di Dio.]

5. Che diremo dunque, o fratelli? In che modo il Padre ha parlato al Figlio, dal momento che egli afferma: Dico ciò che il Padre mi ha insegnato? Il Padre gli ha forse parlato? Quando il Padre ha insegnato al Figlio, ha pronunciato delle parole come fai tu quando insegni a tuo figlio? Come si possono dire parole al Verbo? E quali molteplici parole si potrebbero dire all'unico Verbo? Il Verbo del Padre ha forse avvicinato l'orecchio alla bocca del Padre? Sono immagini puerili queste, che devono rimanere estranee al vostro cuore. Io voglio dirvi questo: se voi comprendete quello che dico, io ho parlato, le mie parole hanno risuonato, per mezzo di questi suoni hanno bussato alle vostre orecchie, e, se voi mi avete compreso, per mezzo del vostro udito hanno portato il mio pensiero al vostro cuore. Immaginate che un uomo di lingua latina mi senta parlare, ma che mi senta soltanto e che non mi capisca: per quanto riguarda il suono emesso dalla mia bocca, egli che non ha capito, l'ha percepito come voi: ha udito il suono, le medesime sillabe hanno colpito le sue orecchie, ma nulla hanno suscitato nel suo cuore. Perché? Perché non ha capito. E se voi avete capito, come avete potuto capire? Io ho fatto giungere un suono al vostro orecchio; ma ho forse acceso una luce nel vostro cuore? Senza dubbio, se è vero ciò che ho detto e se questa verità non soltanto l'avete udita ma l'avete anche capita, sono avvenute due cose distinte: voi avete sentito e avete capito. Per mezzo mio avete sentito, ma per mezzo di chi avete capito? Io ho parlato alle vostre orecchie in modo da farvi sentire, ma chi ha parlato al vostro cuore in modo da farvi capire? Senza dubbio qualcuno ha detto qualcosa anche al vostro cuore, affinché, non solo le vostre orecchie fossero colpite dallo strepito delle parole, ma anche nel vostro cuore penetrasse un po' di verità. Anche se voi non lo vedete, qualcuno ha parlato al vostro cuore: se voi avete compreso, fratelli, è certamente perché qualcuno ha parlato anche al vostro cuore. L'intelligenza è dono di Dio. Se voi avete compreso, chi vi ha parlato dentro al cuore? Colui al quale il salmo dice: Dammi intelligenza, affinché possa apprendere i tuoi precetti (Sal 118, 73). Ecco, il vescovo vi ha parlato. Cosa ha detto? Se uno ti chiede cosa abbia detto, tu glielo racconti e aggiungi: Ha detto la verità. Ma l'altro, che non ha capito, replica: Cosa ha detto che meriti tanta lode? Tutti e due mi hanno udito, a tutti e due io ho parlato, ma Dio ha parlato solo a uno di loro. Se è lecito paragonare le piccole cose alle grandi - che siamo noi infatti di fronte a Dio? - Dio compie in noi un non so che di immateriale e spirituale, che non è il suono che percuote il nostro orecchio, né il colore che si distingue mediante gli occhi, né l'odore che si percepisce con le nari, né il sapore che si gusta con la bocca, né qualcosa di duro o di morbido al tatto; è tuttavia qualcosa che è facile sentire, impossibile spiegare. Se dunque Dio, come stavo dicendo, parla nei nostri cuori senza articolare alcuna parola, in che modo parla al Figlio? Sforzatevi di entrare in questo modo di pensare, fratelli, se è lecito - ripeto - paragonare le cose piccole alle grandi. Non materialmente il Padre ha parlato al Figlio, poiché non materialmente l'ha generato. E non gli ha insegnato, quasi lo avesse generato ignorante: avergli insegnato vuol dire appunto averlo generato pieno di sapienza; dicendo: che il Padre mi ha insegnato, è come se dicesse: il Padre mi ha generato sapiente. Se infatti, cosa che pochi comprendono, la natura della verità è semplice, nel Figlio l'essere è la stessa cosa che il conoscere. Riceve il conoscere da colui stesso dal quale riceve l'essere; non in modo da ricevere da lui prima l'essere e poi il conoscere; ma allo stesso modo che generandolo gli ha dato l'essere, così generandolo gli ha dato il conoscere; perché essendo, come si è detto, semplice la natura della verità, l'essere e il conoscere non sono due cose diverse, ma la medesima cosa.

6. Questo disse ai Giudei, e aggiunse: Colui che mi ha mandato è con me (Gv 8, 29). E' quanto aveva già detto prima, ma, data l'importanza della cosa, ci ritorna su con insistenza: mi ha mandato ed è con me. Ma se è con te, o Signore, allora non è stato mandato uno dall'altro, ma siete venuti tutti e due. Se non che, pur essendo insieme, uno è stato mandato e l'altro lo ha mandato, perché la missione è l'incarnazione, e l'incarnazione è soltanto del Figlio, non anche del Padre. Il Padre ha mandato il Figlio, senza separarsi dal Figlio; e in questo senso il Padre non era assente là dove ha mandato il Figlio. Dove non è infatti colui che ha creato tutto? Dove non è colui che ha detto: Io riempio il cielo e la terra (Ger 23, 24)? Ma forse il Padre è dappertutto e il Figlio non è dappertutto? Ascolta l'evangelista: Era nel mondo, e il mondo per mezzo di lui è stato fatto (Gv 1, 10). Dunque, disse il Signore, chi mi ha mandato e per la cui paterna autorità io mi sono incarnato è con me, e non mi ha lasciato solo. Perché non mi ha lasciato solo? Non mi ha lasciato solo perché io faccio sempre ciò che a lui piace (Gv 8, 29). La parola sempre esprime piena uguaglianza, in cui non c'è inizio e continuazione, non c'è né principio né fine. La generazione da parte di Dio, infatti, non ha inizio nel tempo, perché tutti i tempi furono creati per mezzo di colui che fu generato.