Prof. Paolo Scarafoni L.C., Roma

GIOVANNI PAOLO II E IL DIALOGO INTERRELIGIOSO

  1. La continuità con il Concilio Vaticano II
  2. La linea conciliare dell’apertura al mondo e alle religioni viene confermata nella dottrina e nell’azione di Giovanni Paolo II. Il Pontificato di Giovanni Paolo II ha confermato con parole, azioni e gesti concreti, le tre finalità del dialogo con il mondo e con le religioni indicate dal Concilio (Nostra Aetate 2; Ad Gentes 11.12; Gaudium et Spes 21.92; Apostolicam Auctositatem 14): la reciproca conoscenza, la scoperta e valorizzazione di ciò che è buono e vero fuori della Chiesa, la collaborazione.

  3. La dottrina di Giovanni Paolo II
  4. 2.1) La scoperta e valorizzazione riguarda non soltanto i singoli non cristiani, ma anche gli aspetti delle stesse religioni. Nella Redemptor Hominis si parla dei "tesori della religiosità umana" e del "magnifico patrimonio dello spirito umano, che si è manifestato in tutte le religioni" (6.12). Nella Redemptoris Missio il Papa afferma che "la presenza e l’attività dello Spirito non toccano solo gli individui, ma la società e la storia, i popoli, le culture, le religioni" (28).

    Nell’ultimo decennio del pontificato viene accentuato il riconoscimento degli elementi positivi delle religioni, specialmente nelle esortazioni apostoliche post-sinodali Ecclesia in Africa (1995), Ecclesia in America (1999), Ecclesia in Asia (1999), Ecclesia in Oceania (2001). Nella Ecclesia in Asia si affronta il tema del pluralismo religioso: "L’Asia è anche la culla delle maggiori religioni del mondo, quali il giudaismo, il cristianesimo, l’islamismo, l’induismo. È luogo di nascita di molte altre tradizioni spirituali, quali il buddismo, il taoismo, il confucianesimo, lo zoroastrismo, il giainismo, il sikhismo e lo shintoismo, … La Chiesa ha il rispetto più profondo per queste tradizioni e cerca di intrecciare un dialogo sincero con i loro seguaci. I valori religiosi che esse insegnano attendono il loro adempimento in Gesù Cristo" (6).

    Nell’enciclica Fides et Ratio (1998), al n. 1 abbiamo il più dettagliato elenco nel magistero papale sulle religioni: "Questi interrogativi sono presenti negli scritti sacri di Israele, ma compaiono anche nei Veda non meno che negli Avesta; li troviamo negli scritti di Confucio e di Lao Tze come pure nella predicazione di Tirthankara e di Budda".

    2.2) Vengono anche per la prima volta nel magistero approfonditi e definiti gli elementi positivi delle altre religioni: essi sono la preghiera, i testi religiosi e i precetti morali. Il valore della preghiera in tutte le religioni viene sottolineato ad Assisi il 27 ottobre 1986 nel gesto concreto di "stare insieme per pregare": "ogni preghiera autentica – disse il papa – si trova sotto l’influsso dello Spirito Santo, il quale è misteriosamente presente nel cuore dell’uomo". Riguardo ai testi sacri non cristiani abbiamo un approfondimento in due documenti: Il cristianesimo e le religioni della Commissione Teologica Internazionale, e nella Dominus Iesus del 6 agosto del 2000, della Congregazione per la dottrina delle fede. Il valore dei precetti morali delle religioni vengono sottolineati dal Papa nell’ultimo messaggio per la giornata mondiale della pace (1 gennaio 2002) e nell’omelia e nel discorso dell’Angelus tenuto quel giorno. Il Papa sottolinea come le religioni propongono il precetto del perdono e della misericordia, che deve accompagnare la realizzazione della giustizia.

  5. Distinzione e cammino comune fra cristianesimo e altre religioni
  6. La dottrina di Giovanni Paolo II non manca di chiarire, secondo la tradizione, che il cristianesimo è la religione della vera comunione con Dio, e non è una religione che parla "in nome di Dio", "su" Dio, o "in vece sua". Il mistero dell’incarnazione indica il punto di distinzione fondamentale del cristianesimo dalle altre religioni, e chiarisce il tema della rivelazione. Ciò viene sottolineato anche nella Dominus Iesus 7, con la distinzione fra fede teologale (accoglienza della verità rivelata da Dio uno e trino), e credenza nelle altre religioni (esperienza religiosa ancora alla ricerca della verità assoluta e priva ancora di assenso a Dio che si rivela". Viene ribadita l’unica mediazione di Cristo per la salvezza, e la Chiesa come riferimento necessario, come sacramento universale della salvezza: tutti coloro che si salvano hanno una relazione reale con la Chiesa, anche se talvolta rimane misteriosa (Redemptoris Missio 10). Riguardo all’azione dello Spirito Santo si mette in evidenza la misteriosa presenza nell’uomo e la sua azione universale. Però essa non va disgiunta dall’incarnazione del Figlio e dall’opera di Cristo, secondo la autentica dottrina delle missioni divine.

  7. Il dialogo come parte della missione evangelizzatrice della Chiesa
  8. Giovanni Paolo II definisce con chiarezza e serenità il ruolo del dialogo con le altre religioni e con il mondo, nell’ambito della missione evangelizzatrice della Chiesa. "Alla luce dell’economia della salvezza, la Chiesa non vede un contrasto fra l’annuncio di Cristo e il dialogo interreligioso; sente però la necessità di comporli nell’ambito della sua missione ad gentes". "Le altre religioni costituiscono uno stimolo positivo per la Chiesa: la stimolano, infatti, sia a scoprire i segni della presenza di Cristo e dell’azione dello Spirito, sia ad approfondire la propria identità e a testimoniare l’integrità della rivelazione, di cui è depositaria per il bene di tutti" (Redemptoris Missio 55-57). Il dialogo non esaurisce la missione della Chiesa; dialogo e annuncio vanno insieme, e l’annuncio costituisce il culmine dell’azione della Chiesa.

  9. I fatti concreti

Giovanni Paolo II ha saputo dare con gesti e fatti concreti un volto e un metodo al dialogo con le altre religioni. I cristiani hanno compreso che l’interesse e la risposta da parte delle altre religioni è molto più lenta di quanto si pensasse in un primo momento. L’iniziativa è però intensa e costante da parte della Chiesa, specialmente con l’azione del Santo Padre e del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. I due incontri di preghiera ad Assisi, a ottobre 1986 e a gennaio 2002, la visita alla moschea di Damasco nell’ambito del viaggio pontificio sulle orme di San Paolo nel 2001, i numerosi incontri con gli esponenti delle altre religioni nei viaggi di Giovanni Paolo II in Asia, Africa e America, costituiscono un modello concreto di applicazione della dottrina del Concilio Vaticano II, in piena docilità alle ispirazioni dello Spirito Santo.