Il Presbitero

Identità e missione

Riflessioni teologiche in margine alla recente

Istruzione della Congregazione del Clero

Introduzione :

L identità e missione del Presbitero che da diversi decenni si va approfondendo con crescente insistenza, si rivela sempre più come una questione che riguarda non solo un particolare ministero tra i tanti, ma l’identità della Chiesa stessa , nella sua essenza di "comunione e di missione", nel suo rapporto a Cristo, nel mistero trinitario, e nella sua relazione all’umanità ed al mondo intero.

Le odierne concezioni derivanti dalle società democratiche , portano spesso a "trasferire automaticamente alla Chiesa stessa la mentalità e la prassi esistente in alcune correnti culturali socio-politiche del nostro tempo", a sopprimere "ogni differenza di ruolo tra i membri del Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa, negando in pratica la sua dottrina certa circa la distinzione fra il sacerdozio comune e quello ministeriale" , come pure a forme di partecipazione ecclesiale che "tendono a confondere i compiti dei presbiteri e quelli dei fedeli laici" . Oggi, in particolare, afferma la recente "Istruzione" della Congregazione del Clero sul "Presbitero. Pastore e guida della comunità parrocchiale, presentata dal Card. Darío Castrillón Hoyos : "in una società segnata dal pluralismo culturale, religioso ed etnico, parzialmente caratterizzato dal relativismo, irenismo, sincretismo, sembra che alcuni cristiani si siano abituati ad una sorta di cristianesimo privo di reali riferimenti a Cristo ed alla sua Chiesa, si tende così a ridurre il progetto pastorale a tematiche sociali colte in prospettiva esclusivamente antropologica, all’interno di un generico richiamo al pacifismo, all’universalismo e ad a un non ben precisato riferimento ai "valori".

Così, "una cultura largamente secolarizzata, che tende ad omologare il sacerdote all’interno delle proprie categorie di pensiero, spogliandolo della sua fondamentale dimensione misterico-sacramentale" è ampiamente responsabile del fenomeno da cui nascono quegli scoraggiamenti che possono portare all’isolamento, ad una sorta di depressivo fatalismo o ad un attivismo dispersivo. "Ciò non toglie che la larga maggioranza dei sacerdoti, in tutta la Chiesa, corrispondendo alla sollecitudine dei loro vescovi, affronti positivamente le difficili sfide della presente congiuntura storica e riesca a vivere in pienezza e con gioia la propria identità e il generoso impegno pastorale" .

Ci sono pure, oggi in particolare, delle situazioni alle quali l’Istruzione allude apertamente che pongono problemi derivanti dalla grande scarsezza di sacerdoti (n. 23) e che talora portano ad ipotizzare, "come succede in taluni luoghi, che il Vescovo, avendo tutto considerato con prudenza, affidi nelle modalità canonicamente consentite , in una collaborazione ad tempus, l’esercizio della cura pastorale della parrocchia ad una o diverse persone non insignite del carattere sacerdotale ". Ora, in questi casi, vanno osservate e custodite le proprietà originarie di diversità e complementarietà tra i doni e le funzioni dei ministri ordinati e dei fedeli laici, proprie della Chiesa, che Cristo ha voluto organicamente strutturata. Anche se ci sono situazioni oggettivamente straordinarie che giustificano tale collaborazione, non si possono tuttavia legittimamente superare i confini della specificità ministeriale sacerdotale e laicale. Proprio per questo si impone, dice Giovanni Paolo II° , di riservare le espressioni che indicano il senso di "capitalità" - come quelle di "pastore", "cappellano", "direttore", "coordinatore" o equivalenti – esclusivamente ai sacerdoti . In questo campo, oggi molto attuale, l’Esortazione inter-dicasteriale "Ecclesiae de mysterio", approvata in modo specifico, dal Santo Padre il 15 agosto 1997 , costituisce la sicura traccia da seguire .

I Il Presbitero: punto di incontro tra il mistero di Cristo e della Chiesa.

L’importanza della persona e missione del Presbitero, si viene oggi a delineare sempre più nel "punto focale" del rapporto tra il mistero di Cristo e della Chiesa, come punto di sutura tra questi due aspetti essenziali. L’Istruzione alla quale mi sto riferendo, parla a proposito del presbitero, di "una identità tridimensionale, pneumatologica, cristologica ed ecclesiologica " che non bisogna perdere di vista e che costituisce quella "architettura teologica primordiale del mistero del sacerdote", chiamato ad essere ministro della salvezza, che sola consente di chiarire poi, in modo adeguato, il significato del suo ministero pastorale concreto in parrocchia . E’ chiara la priorità del riferimento cristologico, affermata da molti documenti ecclesiali a partire dalla OT, sulla linea del documento finale del Sinodo Episcopale del 1971 e della Esortazione post-sinodale "Pastores dabo Vobis ". Per il "riferimento cristologico" il ministero presbiterale guadagna il rapporto al mistero trinitario, di fondamentale importanza per lo sviluppo ecclesiologico .

L’importanza prioritaria di questa fondazione emerge sia nella "Pastores dabo vobis" (1992), sia nel "Direttorio"(1994) , sia nell’Istruzione de " Ecclesiae de mysterio " (1997), sia nell’ultima Istruzione sul "Presbitero. Pastore e guida della comunità parrocchiale " (2002). Essa ribadisce il "principio teologico del ministero ordinato " consistente nella "configurazione a Cristo", in quanto il sacerdote ordinato è abilitato ad agire "in persona Christi Capitis ", per "un legame ontologico specifico che unisce il sacerdote a Cristo Sommo Sacerdote e Buon Pastore" . Per questo legame il presbitero costituisce, nella Chiesa e per la Chiesa, una immagine vivente e trasparente, una "ripresentazione sacramentale di Cristo Capo e Pastore" (Pastores, 15). Anche la recente "Istruzione sul Presbitero" si muove sulla stessa linea, affermando il principio che il "sacramento dell’Ordine, che configura a Cristo Sacerdote, in modo da poter agire in Persona di Cristo Capo con la sacra potestà, per offrire il Sacrificio e per rimettere i peccati" conferisce sacramentalmente ai battezzati, che hanno ricevuto, in seguito, il dono del sacerdozio ministeriale, "una nuova e specifica missione: quella di impersonare nel seno del popolo di Dio il triplice ufficio - profetico, cultuale e regale - dello stesso Cristo in quanto Capo e Pastore della Chiesa " .

Il Direttorio , seguendo la Pastores dabo Vobis , affermava con chiarezza anche la radice trinitaria della consacrazione presbiterale in quanto "in forza della consacrazione ricevuta col sacramento dell’Ordine, il sacerdote è posto in una particolare e specifica relazione col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo. Infatti "la nostra identità ha la sua sorgente ultima nella carità del Padre. Al Figlio da lui mandato, Sacerdote Sommo e Buon Pastore, siamo uniti sacramentalmente con il sacerdozio ministeriale per l’azione dello Spirito santo. La vita e il ministero del sacerdote sono la continuazione della vita e dell’azione dello stesso Cristo. Questa è la ragione della nostra dignità, la sorgente della nostra gioia, la certezza della nostra vita" " . Sulla stessa linea si colloca l’Istruzione sul Presbitero che dalla fondazione cristologico trinitaria della sua identità trae il fondamento per il suo particolare ed insostibuitbile ministero nella Chiesa (nn. 7-8).

Ma, in consonanza con la PO 2 e LG 28 del Vaticano II°, i documenti recenti sviluppano la prospettiva cristologico-trinitaria di LG 28, alla luce di PO 2, nella linea evangelica del Cristo consacrato ed inviato nel mondo dal Padre (Gv 10, 36), "che ha reso partecipe tutto il suo Corpo mistico di quella unzione dello Spirito con la quale è stato unto: in esso, infatti, tutti i fedeli formano un sacerdozio santo e regale" e che affinchè tutti i fedeli fossero uniti in un corpo solo, di cui però ‘ non tutte le membra hanno la stessa funzione’ (Rom 12,4), istituì alcuni come ministri inviando prima gli apostoli come egli stesso era stato inviato dal Padre, e quindi "rese partecipi della sua consacrazione e della sua missione i loro successori, cioè i Vescovi, la cui funzione ministeriale fu trasmessa in grado subordinato ai presbiteri..".

Nella ricerca della fondazione neotestamentaria del radicamento cristologico-trinitario del sacramento dell’Ordine, in relazione alla prospettiva ecclesiologica, giuoca quindi una importanza particolare il "modello missionario-pastorale" mutuato dalla figura di Cristo inviato dal Padre, consacrato dall’azione dello Spirito Santo in Lui, per annunciare la buona novella ai poveri (Lc 4,18). Per cui il punto di partenza della teologia del sacerdozio ordinato è legato, proprio dalla fondazione cristologica , alla missionarietà , nella quale si integra il valore della "consacrazione e santificazione". Il fondamento cristologico evangelico più aderente al mistero dell’essere e missione del Presbitero ci rimanda, quindi, all’autocomprensione di Gesù come l’Inviato del Padre , che a sua volta invia gli apostoli (Gv 13, 20; 17, 18; 20, 21).

Una "cristologia della missione ", dunque, che affonda trinitariamente le sue radici nel rapporto tra Cristo ed il Padre e nella missione dello Spirito dal Padre e dal Figlio: è questa la prospettiva che consente una più immediata connessione del mistero dell’identità del presbitero con il mistero della Chiesa. "La missione costituisce la natura del ministero e lo colloca in linea vicariale rispetto a Gesù: è sempre Cristo che, presente nel ministro, continua in lui la sua missione. Alla luce della missione e della vicarietà di Cristo si possono rileggere l’ordinazione, il carattere e la sacramentalità in termini che superano l’alternativa tra ontologico e funzionale" . Per questo i documenti pontifici recenti danno risuonanza particolare alla figura biblica di Gesù "Buon Pastore", ed integrano la priorità della missione di proclamazione del Vangelo con la celebrazione dei sacramenti, in particolare dell’Eucarestia e con la diakonia della carità. Come già la PO 2, si riprende l’affermazione che il ministero dei presbiteri "comincia con l’annuncio del Vangelo ", ma "deriva la propria forza e la propria efficacia dal Sacrificio di Cristo ed ha come scopo che "tutta la città redenta, cioè la riunione e società dei Santi offra a Dio un sacrificio universale per mezzo del gran sacerdote, il quale ha anche offerto se stesso per noi con la sua Passione per farci diventare Corpo di così eccelso Capo" " .

II Dal mistero cristologico al mistero ecclesiologico

La fondazione "cristologico-trinitaria" dell’identità del Presbitero, dalla visione dell’essere di Cristo come "missionario del Padre", sviluppa la sua missione verso la Chiesa, non come un’appendice, ma come elemento strutturante del suo stesso essere, come dice la Pastores dabo Vobis , "Capo, Pastore, Sposo della Chiesa" e come ripete efficacemente l’Istruzione attuale sulla identità del Presbitero: "L’essere e l’agire del sacerdote – la sua persona consacrata e il suo ministero – sono realtà teologicamente inseparabili ed hanno come finalità il servizio allo sviluppo della missione della Chiesa": la salvezza eterna di tutti gli uomini. Nel mistero della Chiesa – rivelata come Corpo Mistico di Cristo e Popolo di Dio che cammina nella storia, stabilita come sacramento universale di salvezza , si trova e si scopre la ragione profonda del sacerdozio ministeriale. Per questo, infatti, "la comunità ecclesiale ha assoluto bisogno del sacerdozio ministeriale per avere Cristo Capo e Pastore presente in essa". Si può ben dire, quindi, che "senza la presenza di Cristo, rappresentato dal presbitero, guida sacramentale della comunità, questa non sarebbe in pienezza una comunità ecclesiale" . Nella sua dinamica missionaria, l’essere Pastore, Capo, Sposo confluisce in quella dimensione che dà una singolare impronta ad ogni ministero nella Chiesa e che si esprime in quella dimensione diaconale che scaturisce dallo stile proprio pastorale, sponsale, di missionarietà e potere del Cristo Servitore (diacono ), come si esprime nei ben noti passi evangelici quali Mc 10, 45; Lc 22, 26-27. Quando Paolo afferma che "vi sono diversità di ‘diaconie’, ma uno solo è il Signore" (1 Cor 12,5), esprime pure, con ciò, che l’unità nella diversità dei ministeri ha una sua radice cristologica, quella del Cristo che si è fatto Servo (Fil 2,7) ed è venuto ‘per servire’ (Mc 10,45). Le principali funzioni proprie del ministero presbiterale esercitate nello stile diaconico del Cristo sono così riassunte nella proclamazione evangelizzatrice della Parola, nel compimento delle azioni liturgiche, specialmente nella presidenza Eucarestica, nella guida pastorale della comunità, nel coordinamento dei carismi di ogni battezzato per un loro esercizio nella carità.

III Il presbitero nella Chiesa e di fronte alla Chiesa.

Nel contesto della prospettiva cristologico-trinitaria, la esortazione post-sinodale "Pastores Dabo Vobis "(1992), seguita dal Direttorio (1994: nn.1-11) e dalla recente Istruzione, tende a definire con maggiore chiarezza il rapporto di configurazione sacramentale del presbitero a "Cristo Inviato, Servitore, Capo, Pastore e Sposo della Chiesa", riprendendo l’affermazione sinodale , nella quale si dice che "il sacerdote si pone non soltanto nella Chiesa, ma anche di fronte alla Chiesa " (Pastores , 16 ; 22). Con ciò vengono delineati i due aspetti essenziali del rapporto "Presbitero-Chiesa:

a. Da un lato, infatti, si afferma quel "rapporto di comunione" per il quale il Sacerdote ordinato si colloca nella Chiesa, ed è "l’uomo della comunione" che deve farsi una "trasparenza" di Cristo "in mezzo al gregge" che gli è affidato . La Istruzione descrive questo compito come guida e servizio per tutti, esercitando la stessa funzione pastorale di Cristo (ivi). Questo primo fondamentale aspetto va veduto in prospettiva pneumatologica con particolare riguardo alla "missione dello Spirito" che è già operante nell’evento del Cristo, inviato dal Padre, per donare nel suo "evento pasquale", alla Chiesa, i frutti della sua opera redentrice (LG 4 e 12), suscitando in essa carismi e ministeri per la sua edificazione comunitaria, attraverso proprio il sacramento dell’ordine (1 Cor 12, 28), specialmente nella celebrazione eucaristica e nella vita pastorale (Atti 20, 28). Per questa azione animatrice della comunione, nello Spirito, il presbitero esercita non solo il ministero come repraesentatio Christi , ma anche come repraesentatio Ecclesiae, anch’essa fondata sul Cristo Capo, nel suo rapporto al Corpo. Così il sacerdote ordinato, esercita la sua ministerialità nella forza dello Spirito, donato dal Padre per il Cristo Risorto, come principio animatore della vita della comunità ecclesiale. Rimane "essenziale", allora, per il sacerdote ordinato, che esso si comprenda nel suo inserimento nella Chiesa. Questo esercizio di ministerialità richiede, per il suo successo, che egli sia formato, come insiste la Istruzione (n. 9), seguendo la Pastores dabo vobis, da quella "peculiare spiritualità" che si definisce come "spiritualità di comunione ", tema sul quale ritorna spesso, recentemente, il richiamo dell’insegnamento pontificio di Giovanni-Paolo II°. In forza della sua "repraesentatio Ecclesiae" il presbitero non tende ad una santità puramente personale : egli deve vivere il senso ecclesiale e santificarsi nel suo compito pastorale di promozione del senso ecclesiale nei credenti .

Questo compito egli deve però realizzarlo nella coscienza e responsabilità ecclesiale, descritta dall’Istruzione, in rapporto a quella continua intenzione di "fare ciò che fa la Chiesa", da intendere non solo in senso giuridico per la validità dei suoi atti ministeriali, ma, ancor più, nel senso di un costante sguardo di fede "che illumina la vita spirituale del sacro ministro, invitandolo a riconoscere la personale strumentalità al servizio di Cristo nella Chiesa" (p. 13, n. 13). Ciò comporta sul piano della sua formazione spirituale, "il costante adeguamento della sua volontà, nella coscienza che il suo agire ministeriale sia strumento dell’operare di Cristo e della Chiesa, suo Corpo". Non si tratta, pertanto, di un solo atteggiamento di obbedienza e di disciplina ecclesiastica, assimilata sul piano della formazione spirituale: si tratta molto di più: la Istruzione dice espressamente che questa spiritualità di comunione "esige di respirare un clima di vicinanza al Signore Gesù, di amicizia e di incontro personale, di missione ministeriale "condivisa", di amore e servizio alla sua Persona nella "persona" della Chiesa, Suo Corpo, sua Sposa" (n. 13). Questo amore alla Chiesa, questa "carità pastorale, scaturisce soprattutto dal sacrificio eucaristico", il quale costituisce "il centro e la radice di tutta la vita del presbitero, cosicchè lo spirito sacerdotale si studia di rispecchiare ciò che viene realizzato sull’altare" (ivi 13, cf. Decr. PO, n. 14 ). Questo sentimento si traduce "in una costante e sincera attitudine a sentire con la Chiesa " (Direttorio , n. 56) che comporta il lavorare sempre nel vincolo della comunione ecclesiale con il Papa, i Vescovi, i confratelli sacerdoti, i fedeli consacrati, i fedeli laici (ivi).

b. C’è però un secondo rapporto fondamentale del presbitero in relazione alla Chiesa, sviluppato dai recenti documenti ecclesiali, che riprendono le affermazioni sinodali: è quello riguardante la relazione del Presbitero "dinanzi o di fronte alla Chiesa". La Pastores dabo Vobis in due luoghi (16 e 22) richiama questo aspetto. Questa sottolineatura che si ripete con insistenza, ha un valore non solo strutturale, ma profondamente teologico: esso ribadisce, infatti, nella struttura della Chiesa, il valore del sacerdozio ordinato come "segno della priorità assoluta e della gratuità della grazia, che alla Chiesa viene donata dal Cristo Risorto. Per mezzo del sacerdozio ministeriale, la Chiesa prende coscienza, nella fede, di non essere da se stessa, ma dalla grazia di Cristo nello Spirito Santo. Gli apostoli e i loro successori, quali detentori di una autorità che viene a loro da Cristo Capo e Pastore, sono posti – col loro ministero - di fronte alla Chiesa come prolungamento visibile e segno sacramentale di Cristo nel suo stesso stare di fronte alla Chiesa e al mondo, come origine permanente e sempre nuova della salvezza , ‘ Lui che è Salvatore del suo Corpo’ (Ef 5, 23)" (ivi n. 16).

Così si può dire che in questa sua duplice relazione, il presbitero appare essenzialmente riferito alla Chiesa, nel senso che esso se non va definito in modo "anteriore alla Chiesa" (ivi, 16), non va neppure definito in modo "posteriore alla comunità ecclesiale", "quasi che essa possa essere concepita come già costituita senza tale sacerdozio" (ivi). In realtà la Chiesa nella sua triplice dimensione : sia di "mistero", perché in essa si attuano i segni sacramentali (specialmente l’Eucarestia) della presenza del Cristo Risorto, sia di "comunione", come luogo di unità nell’armonia delle diverse vocazioni, carismi e servizi, sia di "missione", come "comunità annunciatrice e testimone del Vangelo" non può realizzare pienamente se stessa senza il servizio di quel sacerdozio che partecipa intimamente e sacramentalmente alla unzione e missione di Cristo per la Chiesa stessa e per il mondo .

Questo essenziale e molteplice riferimento alla Chiesa si deve definire in rapporto non solo alla Chiesa universalmente considerata , ma anche in rapporto alla Chiesa locale . Nella Pastores dabo vobis questo accento è collocato piuttosto sul piano della formazione spirituale del presbitero per il quale il suo "essere in una Chiesa particolare" costituisce un elemento qualificante per vivere la spiritualità cristiana (Pastores , 31). Dal "punto di vista ecclesiologico" si tende oggi ad affermare che se l’identità del presbitero venisse definita essenzialmente in rapporto ad una sola ‘dignità personale’, aspetto che comunque va rilevato, potrebbe restare definito nella sua completezza, in maniera a-locale ; ma se, seguendo il Concilio e la ricerca successiva, il presbiterato va definito come essenzialmente "ministeriale", perché intrinsecamente riferito al ministero proprio dell’essere di Cristo, l’Inviato del Padre a servire, allora il riferimento ad una Chiesa locale , con il suo vescovo e presbiterio, appare essenziale ed è da questo spessore teologico della Chiesa locale che guadagna valore l’apertura alla Chiesa universale . Così non si può definire l’identità del presbitero, prima ordinato e poi inserito nella Chiesa locale e dentro il suo presbiterio , ma è ordinato nella Chiesa locale e dentro il suo presbiterio. Bisogna però, aver ben chiaro che se sul piano concreto l’appartenenza alla Chiesa locale costituisce una necessaria mediazione, il ministro deve essere sempre consapevole che la Chiesa universale "è una realtà ontologicamente e temporalmente previa ad ogni singola Chiesa particolare" . Per cui "non è la somma delle Chiese particolari a costituire la Chiesa universale". Le Chiese particolari, ribadisce l’Istruzione (n.17), nella e a partire dalla Chiesa universale, devono essere sempre aperte ad una realtà di vera comunione di persone, di carismi, di tradizioni spirituali, senza frontiere geografiche, intellettuali o psicologiche (LG 23). "Al presbitero deve essere ben chiaro che una sola è la Chiesa! L’universalità, ovvero, la cattolicità, deve riempire di sé la particolarità " ( ivi, 17).

IV La dimensione mariana della identità e missione del Presbitero.

Uno tra gli aspetti particolarmente ben rilevati nella recente Istruzione sulla "identità e missione del Presbitero" è quello della sua "dimensione mariana". Non che manchino riferimenti mariani nei documenti precedenti che si sono moltiplicati negli ultimi anni e che seguendo un’antica e continua tradizione ecclesiale fanno della "devozione mariana" un essenziale punto di riferimento della formazione presbiterale, concretamente espressa anche nelle belle preghiere con le quali tali documenti si concludono . Si deve riconoscere, però, che ai richiami devozionali corrispondono in essi, contenuti teologici, anche se questi, sul rapporto "Maria-Presbitero" richiedono sempre maggiori approfondimenti, che mostrino come la dimensione mariana vada intesa non solo come una importante componente affettiva spirituale della coscienza presbiterale, ma, come un elemento costitutivo "dell’essere stesso e dell’operare" del presbitero dal quale l’elemento devozionale scaturisce in modo spontaneo. Questa accentuazione mariana della "Istruzione" è tanto più rilevante, in considerazione proprio del problema della identità del presbitero, che, come osservavo all’inizio, si delinea oggi nel quadro di una certa tensione tra cristologia ed ecclesiologia. Ora , è proprio in questa prospettiva mariana che tale tensione può trovare luce ed equilibrio. Infatti, come osservava Paolo VI°: "la conoscenza della vera dottrina cattolica su Maria , costituirà sempre una chiave per l’esatta comprensione del mistero di Cristo e della Chiesa". Essa perciò costituisce, pure, una indispensabile chiave per l’esatta comprensione dell’identità e missione del presbitero .

Il discorso meriterebbe di essere ampiamente approfondito, ma devo qui, per esigenze di concisione, limitarmi a considerare solo alcuni aspetti che riguardano la dimensione costitutiva mariologica dell’essere del presbitero e del suo agire, più immediatamente richiamati dal Documento in questione. L’Istruzione della Congregazione del Clero sulla identità e missione del Presbitero offre, in realtà , un prezioso contributo circa due punti : che riguardano il rapporto di comunicazione salvifica tra il presbitero e Maria in riferimento al mistero della Chiesa ed il suo rapporto, con Lei, nella cooperazione al mistero della redenzione di Cristo. Parlando, infatti, del ministero del Sacerdote che nella sua potestà di "annunciare autorevolmente il Vangelo, di vincere il male del peccato mediante il perdono sacramentale" (n. 8) agisce "in persona Christi Capitis .." (ivi), afferma che "in Maria, Madre del Sommo ed Eterno Sacerdote, il sacerdote prende coscienza di essere con Lei, "strumento di comunicazione salvifica fra Dio e gli uomini", anche se in modo differente: "la Santa Vergine mediante l’Incarnazione, il sacerdote mediante i poteri dell’Ordine " . Quindi, "la relazione del sacerdote con Maria", prosegue l’Istruzione, "non è solo un bisogno di protezione e di aiuto; si tratta anzitutto della presa di coscienza di un dato oggettivo: "la vicinanza della Madonna" quale "presenza operante, insieme con la quale, la Chiesa vuol vivere il mistero di Cristo"" . Sviluppando questo importante accenno, si possono scorgere profondi rapporti che, pur nelle dovute distinzioni, uniscono intimamente l’opera di comunicazione salvifica nella Chiesa, tra il ruolo materno di Maria e quello derivante dal potere dell’Ordine nel presbitero. Infatti "esiste una "relazione essenziale… tra la Madre di Gesù e il sacerdozio dei ministri del Figlio", derivante da quella che c’è tra la divina maternità di Maria e il sacerdozio di Cristo" .

Il primo importante aspetto di comunione, nel rapporto Maria-presbitero è quello, dunque, fondato sulla "Maternità di Maria" nei confronti del Capo e del Corpo mistico, per cui, nell’Incarnazione, Maria Madre del Sommo Sacerdote diviene anche la Madre di tutta la Chiesa Corpo di Cristo e Madre di ogni "sacerdote ministro", maternità spirituale proclamata dal Cristo Crocifisso (Gv 19, 25-27). La partecipazione di Maria all’azione comunicativa della grazia, dono dello Spirito, si compie, però, secondo la caratteristica propria della sua "mediazione materna", che può descriversi come mediazione "in Cristo", o ancora meglio, come "partecipazione all’unica mediazione del Redentore "(LG 62). Questa espressione, come dice il recente documento della PAMI: è "più conforme al sensus fidelium, e meno soggetta a contestazioni". In forza dell’Incarnazione, e della sua presenza nell’evento di redenzione della croce e nell’evento del dono dello Spirito a Pentecoste, l’azione "vivificante materna di Maria" si esercita nella Chiesa, attraverso quella grazia dello Spirito, per la quale, l’azione sacramentale del ministro ordinato, operante nella "rappresentanza della Persona di Cristo Capo e Pastore", può penetrare intimamente nei cuori, far crescere la comunione di grazia con Cristo e con le membra del suo Corpo. Tutto ciò, per la mediazione del seno materno della Chiesa che non è Madre, se non in Maria.

Se infatti la Chiesa "è segno e strumento dell’intima unione con Dio, lo è a motivo della sua maternità : perché vivificata dallo Spirito, "genera" figli e figlie dell’umana famiglia a una vita nuova in Cristo. Perché, come Maria è al servizio del mistero dell’Incarnazione, così la Chiesa rimane al servizio del mistero dell’adozione a figli mediante la grazia " . In questa opera, dunque, che la Chiesa compie attraverso i suoi sacerdoti ministri, "Maria non solo è modello e figura della Chiesa, ma è molto di più". Infatti, "con amore di Madre ella coopera alla rigenerazione e formazione " dei figli e figlie della Madre Chiesa. La maternità della Chiesa si attua, non solo secondo il modello e la figura della Madre di Dio, ma anche della sua "cooperazione ". La Chiesa attinge copiosamente da questa cooperazione, cioè dalla mediazione materna, che è caratteristica di Maria…" .

Si può dire, pertanto che "nell’economia della grazia, attuata sotto l’azione dello Spirito Santo, c’è una singolare corrispondenza tra il momento dell’incar-nazione del Verbo e quello della nascita della Chiesa. La persona che unisce questi due momenti è Maria: Maria a Nazareth e Maria nel cenacolo a Gerusalemme. In entrambi i casi, la sua presenza discreta, ma essenziale, indica la via della ‘nascita dallo Spirito’. Così, Colei che è presente nel mistero di Cristo come Madre, diventa – per volontà del Figlio e per opera dello Spirito Santo – presente nel mistero della Chiesa. Anche nella Chiesa continua ad essere una presenza materna, come indicano le parole pronunciate sulla Croce: ‘Donna, ecco il tuo figlio’ ; ‘ecco la tua Madre’ " .

Ma c’è un ulteriore aspetto nella relazione "Maria-Presbitero" che si realizza ancora, in modo particolare, come dice l’Istruzione, nella "presenza e partecipazione" di Maria all’agire del sacerdote ordinato: è quello nella vita liturgico-sacramentale della Chiesa . Il Documento al quale mi riferisco (n. 13), nel suo porre l’accento, giustamente, al momento culminante di questa vita ecclesiale che è la celebrazione dell’Eucarestia, afferma, richiamando le parole di Giovanni Paolo II°, che "quando celebriamo la Santa Messa, in mezzo a noi sta la Madre del Figlio di Dio che ci introduce nel mistero della sua offerta di redenzione: in questo modo Ella diviene mediatrice delle grazie che scaturiscono per la Chiesa e per tutti i fedeli da quest’offerta" . Infatti : "Maria è stata associata in modo unico al sacrificio sacerdotale di Cristo, condividendo la sua volontà di salvare il mondo mediante la Croce. Essa è stata la prima e più perfetta partecipe spirituale di questa oblazione di Sacerdos et Hostia. Come tale, essa può ottenere e donare a coloro che partecipano sul piano ministeriale al sacerdozio di suo Figlio, la grazia dell’impulso a rispondere sempre più alle esigenze dell’oblazione spirituale che il sacerdozio comporta: in modo particolare, la grazia della fede, della speranza e della perseveranza nelle prove, riconosciute come stimoli ad una partecipazione più generosa all’offerta redentrice " .

Seguendo questa traccia, si può dire che se nella consegna (parédoken) dello Spirito da parte di Gesù morente sulla croce (Gv 19, 30) si annuncia ed anticipa l’ora di consumazione della sua opera redentiva, che sta per avvenire nella Resurrezione e nella Pentecoste, e che tale consumazione coinvolge l’oblazione della "Madre Maria-Chiesa", a Cristo unita in "modo sponsale" , nella sua azione redentrice. Non c’è, infatti, una consumazione dell’azione sacerdotale di Gesù, che prosegua, nella storia, in una "Chiesa Sacramento", senza la partecipazione attiva di ‘Maria Madre’, ed in Lei, della Chiesa Madre e dell’intero popolo sacerdotale (1 Pt 2, 9-10). La partecipazione attiva, personale, di "Maria" all’evento della croce di Cristo, personalizza ed anticipa l’esistenza oblativa del sacerdozio universale di tutta la Chiesa, offerta, però, che non si compie parallelamente a quella del sacerdozio ministeriale, ma si esercita in comunione con esso (LG 10-11), in un unico atto oblativo, nell’unica offerta sacerdotale di Gesù, elevata, nello Spirito, a lode e gloria del Padre.

Allora, come l’alterità del ministro ordinato di fronte alla Chiesa mantiene viva la coscienza che noi, nella donazione della grazia, nuova creazione, non siamo all’origine di noi stessi, la mediazione materna di Maria ci ricorda pure che siamo sempre, pur nella recezione della grazia , "donati a noi stessi come persone responsabili ", perchè la grazia che Cristo ci offre, si fa grazia che permette e spinge a rispondere. In Maria si unisce, insieme, l’uno e l’altro aspetto nella sua missione di maternità sponsale della Chiesa. Perciò, "ai piedi della croce "sta" Maria, la prima dei discepoli e la Madre del Signore. Ella (…) è allo stesso tempo l’icona dell’Amore trinitario e la primizia dell’umanità nuova rivestita della veste nuziale della carità. In Lei si congiungono il sì dell’amore di Dio ed il sì dell’umanità redenta in Cristo " .

Marcello Bordoni