IL CELIBATO

NELLA FORMAZIONE SEMINARISTICA

 

 

Al celibato nella vita del sacerdote cattolico è una realtà di una tale importanza che è stato sempre una questione di maggiore interesse per la gente sia all'interno sia all'esterno della Chiesa. Questo interesse è cresciuto nei tempi recenti, sebbene spesso per ragioni diverse per differenti popoli. Tuttavia, qualsiasi cosa qualcuno possa dire circa la saggezza, l'opportunità o anche la possibilità del celibato, esso è sempre stato un segno potente che nessuno può fare a meno di notare. Esso è come la «città costruita sulla cima di una collina che non può essere nascosta» (Mt 5,14). C'è perciò l'ironia di una realtà contestata ardentemente e anche largamente ammirata, a volte segretamente. Questo è un'opera propria di Dio, e sarà sempre bello ai nostri occhi.

Per il sacerdote cattolico di rito latino, e anche per alcuni di altri riti, il celibato è una componente necessaria della vita sacerdotale. Poiché esso tocca il sacerdote alla vera radice del suo essere, è importante che il candidato al sacerdozio riceva un'adeguata preparazione ad esso nel corso della sua formazione seminaristica. Questo saggio è una riflessione generale sul ruolo del seminario in questo così importante e delicato compito di preparazione al celibato, un compito che è divenuto particolarmente difficile nelle attuali circostanze.

 

 

1. Che altro c'è da sapere?

 

Poiché il celibato sacerdotale è stato costantemente una questione di attualità da tre o quattro decenni, c'è stato un buon numero di documenti ufficiali della Chiesa su diversi aspetti della materia. Partendo dai documenti del Concilio Vaticano II[1] e dalla classica enciclica papale «Sacerdotalis Caelibatus» di Paolo VI[2], della quale celebriamo ora i trenta anni, ci sono stati parecchi altri documenti sul sacerdozio e sulla formazione sacerdotale, nessuno dei quali ha mancato di trattare il celibato sacerdotale. Per lo meno due Sinodi Generali, 1971 e 1993, e i documenti risultanti da questi Sinodi, hanno trattato la materia[3]. In particolare, la Congregazione per l'Educazione Cattolica ha pubblicato documenti molto importanti sulla formazione sacerdotale in generale, e uno specificamente sulla formazione al celibato[4].

Si potrebbe dire che non c'è molto altro da sapere sulla questione, eccetto sottolineare e dare rilievo ai punti più salienti. Una chiara costante in tutti questi documenti è la riaffermazione della legge per i sacerdoti di rito latino. Vediamo chiaramente ciò nel Sinodo dei Vescovi del 1991, sulla formazione sacerdotale e nell'esortazione apostolica postsinodale «Pastores Dabo Vobis»[5]. Questo è tanto più significativo poiché ci sono sempre state forte correnti, a volte anche in alti ambienti ecclesiastici, che propugnavano un cambiamento nella legge. È ovvio che, per il prevedibile futuro, questa disciplina rimarrà. La celebrazione dei trenta anni della «Sacer-dotalis Caelibatus» potrebbe essere tuttavia un'occasione per ritornare agli insegnamenti di quell'enciclica e per assimilare il suo spirito alla luce degli autentici insegnamenti del Vaticano II e del magistero postconciliare. Troppo spesso, i documenti ufficiali della Chiesa hanno avuto meno attenzione che i libri e le speculazioni di teologi di dubbia autenticità e autorità. Una grande quantità di problemi nel processo di formazione parte proprio di qui: il giovane candidato è condotto a bere in stagni sporchi. È necessario comunicare l'intera verità sul celibato.

 

 

2. Avere idee chiare sul celibato

 

Negli anni immediatamente successivi al Concilio Vaticano II è circolata una grande quantità di dubbi circa il fatto se la legge che unisce il celibato con il sacerdozio nella Chiesa latina dovesse restare. Ricordo il nostro Rettore al Collegio Urbano di Roma, il saggio e santo Mons. Felice Cenci, che ci ammoniva alla vigilia del suddiaconato nel giugno 1968: «Se c'è qualcuno tra voi che intende fare il passo domani con la speranza che la legge possa essere presto abolita, vi consiglio di aspettare il cambiamento della legge prima di decidere cosa fare. Coloro che fanno il .passo domani si devono impegnare per la vita al sacerdozio celibatario». Questo fu un consiglio e ammonimento saggio, come hanno provato più tardi gli eventi. Oggi, il candidato non ha più ragione di dubitare sulla posizione della Chiesa su questa materia, chiarita con forza e ripetutamente. Il seminario ha il dovere di essere ugualmente chiaro e forte sulla materia.

Il seminario deve essere chiaro anche su che cosa significa celibato sacerdotale, il suo valore soprannaturale e le implicazioni naturali per il sacerdote. Sebbene ci sia una dovizia di informazioni sull'argomento nei documenti della Chiesa e in altri libri spirituali e teologici, i candidati devono essere attentamente introdotti agli elementi principali del celibato nella vita del sacerdote e della Chiesa nella sua missione nel mondo. Non può essere preso nulla per certo poiché i candidati spesso hanno parecchie idee strane di cose che dovrebbero essere del tutto ovvie. Tra le cose che devono essere messe in rilievo ci sono le seguenti:

 

I. Il celibato, un dono e una chiamata divini

 

Si dovrebbe sottolineare che il celibato è il primo di tutti i doni e le chiamate divine, non una materia di personale preferenza o inclinazione. Ma al tempo stesso è un dono che deve essere accettato liberamente e felicemente con fede in Dio che chiama. Su ciò è necessaria una forte convinzione per fronteggiare una grande quantità di problemi durante la formazione e, soprattutto, più tardi nel vivere il celibato nell'ambiente esterno.

 

II. La legge e le sue giustificazioni interne

 

Al candidato spesso sarà detto che il celibato è solo una legge della Chiesa, non un dogma. Egli perciò può cominciare a vederlo solo come un'imposizione esterna, al più un vantaggio pratico, e al peggio una restrizione non necessaria alla sua libertà. Per guidare il candidato oltre questa convinzione, deve essere fatto ogni sforzo per informarlo e convincerlo circa le giustificazioni interne della legge, in un linguaggio che sia chiaro ed accessibile. I documenti della Chiesa, a seguito dell'Enciclica «Sacerdotalis Caelibatus», parlano dei fondamenti pastorali, cristologici, ecclesiologici ed escatologici del celibato. Le giustificazioni pastorali sono abbastanza semplici da spiegare. Per le altre sarà necessario un trattamento più elaborato.

In tutto ciò si deve costantemente inculcare la verità sul sacerdozio cattolico come una totale dedizione di sé a Cristo nel servizio della Chiesa e del mondo.

 

III.            Celibato e castità

 

Nell'Esortazione post-sinodale «Ecclesia in Africa» il Papa cita con approvazione la seguente «Proposizione 18» dei Padri del Sinodo Africano: «I seminaristi devono avere chiaro nella loro mente ed essere fortemente convinti che per il sacerdote il celibato è inseparabile dalla castità»[6].

Sebbene ciò possa sembrare ovvio, i Padri del Sinodo Africano, confermati dal Santo Padre, vedevano la necessità di metterlo per scritto. Ci sono almeno due buone ragioni per questo. Primo, ci sono quelli che cercano di fare una distinzione capziosa tra il celibato, cioè non essere sposati, e la continenza sessuale permanente, cioè non avere relazioni sessuali con le donne. Nella Chiesa, una tale distinzione ha difficilmente qualche significato concreto. Il celibato include e richiede una continenza permanente, come insegnano costantemente i documenti della Chiesa. La seconda ragione è simile alla prima. La castità è una virtù cristiana che ognuno deve osservare, secondo il proprio stato di vita. Per il sacerdote nel celibato, che non è e non può essere sposato, non esiste altro modo di essere casto che quello della continenza permanente. Questo deve essere sottolineato per i candidati al sacerdozio.

Essi devono essere anche informati che da questo punto di vista in realtà non stanno facendo niente di eccezionale: stanno solo obbedendo alle norme basilari della morale cristiana che ci si aspetta osservi ogni persona non sposata. Infatti, c'è gente per la quale il peso è più gravoso di quello del prete celibe, coloro per i quali essere casti significa osservare la continenza sessuale non per libera scelta ma in forza di circostanze al di là del loro controllo. Gli esempi comprendono coloro che cercano invano un partner per il matrimonio, sposi separati, vedovi e vedove incapaci di risposarsi.

 

IV.            Rinuncia per il Regno di Dio

 

Il Signore parlava di tre categorie di eunuchi: «Ci sono eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; vi sono eunuchi che sono stati resi così dagli uomini, e ci sono eunuchi che si sono resi eunuchi per il Regno dei Cieli» (Mt 19,12). Il sacerdote celibe appartiene all'ultima categoria. Egli rinuncia a tutto ciò che comporta la bella, buona e nobile istituzione del matrimonio per una libera scelta, in risposta alla chiamata di Dio che offre il carisma del celibato come uno speciale dono di grazia. Questo non è sfuggire alla realtà di rinuncia, sacrificio, ascetismo, parole che non sono molto menzionate nel nostro mondo contemporaneo ma che sono assolutamente necessarie se deve essere vissuto il celibato. Il candidato deve essere introdotto al pieno significato dell'invito di Cristo che ognuno dei suoi seguaci prenda la sua croce e lo segua. Il celibato del sacerdote deve essere visto come un aspetto del mistero della croce.

Il celibato come rinuncia, sfida il sacerdote a diversi livelli della sua esistenza. Un documento del 1974 identifica i seguenti tre livelli:

«Il celibato sacerdotale non può essere identificato semplicemente con il restare non sposati o con la continenza sessuale. Esso è una rinuncia, per amore del regno dei cieli e del servizio dei fratelli, a tre tendenze naturali: funzione genitale, amore coniugale e paternità naturale» (n. 47)[7]. Forse nel periodo della formazione iniziale, il primo livello può apparire molto lontano dall'attenzione del candidato. Ma gli altri due sono ugualmente importanti ed essi devono essere adeguatamente indirizzati. Essi solleveranno la testa più presto di quanto pensiamo. E necessario che il giovane seminarista sia preparato al cambiamento. Qui, le aspettative culturali possono giocare un ruolo importante. Per esempio, per noi in Africa, il terzo livello della paternità naturale è considerato molto importante. Come quando un giovane candidato al sacerdozio, che confuse i miei pagani più anziani nella prospettiva di una vita celibataria che non era né continenza sessuale né il fatto che non ci si può sposare, ma piuttosto che non si possono avere figli. Questo era il più grande sacrificio per tutti. Per un primo figlio, ciò era considerato più irresponsabile. Noi spesso vediamo questo forte istinto di paternità scoppiare in molti modi differenti tra i nostri sacerdoti quando raggiungono una certa età, per esempio circondandosi di uno stuolo di nipoti...

Tutto ciò che abbiamo detto sopra è come se fosse il contenuto del programma di formazione sul celibato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. I segni dei tempi

 

Il seminario riceve i candidati al sacerdozio da ogni tipo di ambiente. Sebbene ci si aspetti normalmente che i seminaristi vengano da esemplari famiglie cattoliche, con una buona educazione e un'esperienza di forte coinvolgimento nella vita della Chiesa, la realtà non è sempre così. Molti candidati, in effetti, provengono da un tale ambiente. Ma ce ne sono molti altri che arrivano in seminario con tante buone intenzioni, grande entusiasmo, profonda ammirazione per il sacerdozio ma quasi nient'altro.

Anche coloro che provengono dall'ambiente che ci si aspetta sono nondimeno prodotti del loro tempo, con tutte le sue luci ed ombre. Perciò, il seminario non può più accettare ogni cosa come vera nell'intera area della formazione sacerdotale. Questo è ancora più chiaro nella formazione al celibato.

Che cosa siano questi «segni dei tempi» sia in positivo sia in negativo, è stato discusso a lungo in molti documenti ufficiali della Chiesa, l'ultimo è l'Esortazione Apostolica post-sinodale «Pastores Dabo Vobis». È sufficiente qui ricordarne solo alcuni.

Dal punto di vista positivo, ci viene in mente il forte idealismo dei giovani moderni, il loro desiderio di autenticità e l'avversione alla menzogna nelle parole e nei fatti, la loro sollecitudine per la giustizia e la pace nel mondo, e un sempre più profondo senso della ricerca dei valori, degli ideali, del trascendente, anzi di Dio. Il seminario non dovrebbe sottovalutare la capacità dei giovani ad essere sfidati dagli alti ideali, inclusi quelli del celibato. Il Signore non ha mai smesso di far funzionare i suoi miracoli di grazia.

Dal punto di vista negativo, ci sono molti problemi da prendere in considerazione nell'educazione al celibato. C'è l'atmosfera di edonismo che abbraccia tutto nella società che offusca la mente e indurisce il cuore di molti giovani. Una decisione permanente che lega una persona per la vita è difficile da prendere in una società «usa e getta» che offre sempre nuove invenzioni e nuove esperienze. Anche all'interno della stessa Chiesa, il messaggio completo circa il significato e la gioia del celibato non sempre è messo chiaramente davanti al candidato. Inoltre, la testimonianza di vita di molti sacerdoti in questa area non è stata sempre incoraggiante. Il seminario deve perciò essere consapevole di avere un compito difficile e non sempre può contare sull'aiuto della comunità esterna al seminario stesso perché il lavoro è duro da fare.

Di qui l'importanza di adottare un metodo di formazione che prenda nota seriamente della storia individuale di ciascun candidato, incontrandolo dove egli vive e guidandolo avanti nel viaggio di piena accettazione della volontà di Dio. Inoltre, mentre i problemi principali circa il celibato sono fondamentalmente umani e sono perciò gli stessi per ognuno in ogni luogo, l'ambiente sociale ed ecclesiale è diverso e richiede un'accurata valutazione del metodo di risposta migliore alle necessità concrete dei candidati. Nel processo di formazione al celibato è richiesta una buona dose di prudente, saggia «inculturazione», specialmente nei luoghi dove la fede è nuova.

 

 

4. Un approccio integrale alla formazione

 

Uno dei maggiori problemi circa la formazione al celibato in seminario è come assicurare che essa sia integrata con tutti gli altri aspetti del programma del seminario: spirituale, accademico, disciplinare, amministrativo. Non è possibile liquidare la materia con pochi corsi o letture. Sebbene sia principalmente all'interno dell'area della formazione spirituale, essa si estende molto più in là di questa. Coinvolge l'intera vita del seminarista, e deve essere pensata in modo coordinato con ciò che succede negli altri corsi e discipline.

Questo problema va anche al di là del seminario. La formazione del candidato dipende da tutto il seminario. Ma la parte giocata dall'esperienza del candidato al di fuori del seminario, durante il suo periodo di formazione, può essere spesso molto cruciale. Per esempio, durante le vacanze egli ha la migliore opportunità di valutare se stesso nelle situazioni della vita reale. Deve essere assistito per fare il miglior uso di questa opportunità. Ma se la comunità diocesana non si assume pienamente la sua responsabilità a questo riguardo, il lavoro del seminario può essere molto compromesso. Ciò è importante specialmente nei paesi dove i candidati si preparano in seminari regionali spesso distanti dalle loro diocesi.

In effetti, poiché è il vescovo che deve assumersi la responsabilità finale di chiamare il candidato al sacerdozio, egli dovrebbe introdurre un sistema di monitoraggio e promozione della crescita spirituale del candidato con particolare riferimento al celibato. Questo non è sempre facile da realizzare. Ma ci si deve sforzare di farlo e l'intero presbiterio diocesano è chiamato a lavorare a questo processo.

 

 

5. Il gruppo di formazione

 

In tutta questa discussione, l'elemento più cruciale è il gruppo di formazione nel seminario. Alla fine, è dal gruppo che dipende ogni cosa. Il loro è un compito gravoso e, a volte, ingrato. Ci si aspetta così tanto da loro che pochi sono pienamente e sempre all'altezza. In teoria, sono tutti d'accordo che i sacerdoti migliori dovrebbero essere assegnati alla formazione sacerdotale. In pratica, spesso dobbiamo arrangiarci con ciò che è disponibile. Non è facile trovare la giusta combinazione di qualità: esemplare vita sacerdotale, alto senso di responsabilità, profonda competenza accademica e teologica, disposizione gioviale e amichevole, spirito di gruppo, ecc. Questo problema è particolarmente acuto nelle terre di missione dove i candidati stanno crescendo di numero e il personale qualificato scarseggia. Al tempo stesso, lo sforzo di cercare aiuto da altri paesi può creare maggiori problemi quando il gruppo che viene da fuori ha competenza di dubbio valore, tale da poter confondere piuttosto che rafforzare i candidati.

Con particolare riferimento al celibato, spesso deve essere messo in rilievo con forza che ogni membro dello staff ha un molo da giocare nella formazione spirituale dei candidati, e in particolare nella loro formazione al celibato. È così non solo perché noi siamo raramente in grado di avere un sufficiente numero di direttori spirituali preparati, ma soprattutto perché la formazione spirituale deve ispirare tutti gli altri aspetti della formazione sacerdotale. Il compito cruciale del rettore è di assicurare che l'intero gruppo formativo collabori con i direttori spirituali in questa materia. La prima collaborazione è una vita di chiara testimonianza di un modo autentico di vivere il celibato sacerdotale.

 

 

Conclusione

 

Le cose suddette sono, e possono essere soltanto, osservazioni generali sull'importante questione del celibato nella formazione seminaristica. Sottolineiamo ancora che il celibato è una realtà soprannaturale, un dono di Dio alla sua Chiesa, che deve essere ricevuto con fede e gratitudine ma deve anche essere nutrito e sviluppato con cura. Non c'è miglior campo per la collaborazione tra la grazia di Dio e lo sforzo umano. Collaborazione è anche necessaria tra i formatori e i candidati poiché questa è una materia molto intima, che richiede una profonda convinzione personale.

Ci siamo concentrati sull'ambito della formazione seminaristica. Ma ciò che cerca di fare il seminario deve essere supportato e integrato da quanto succede fuori del seminario durante la formazione iniziale, e da quanto accade dopo i giorni del seminario, nel contesto del comportamento di formazione spirituale del sacerdote, una formazione che continua per tutta la vita.

Infine, il celibato sacerdotale non può essere vissuto come una virtù isolata: deve procedere con le altre virtù, sia naturali, sia soprannaturali. Tutto questo ha più successo in una buona comunità presbiterale, dove i sacerdoti vivono insieme in mutuo sostegno e incoraggiamento, in gioia ed armonia con e sotto il vescovo locale. A lungo andare, l'immagine del sacerdozio che noi proiettiamo rivelerà al mondo tutto il celibato, e attirerà i giovani a «provare e vedere che il Signore è buono» (Ps 34,8).

 

JOHN ONAIYEKAN,

Arcivescovo di Abuja



[1] CONCILIO VATICANO II, Lumen Gentium, n. 42; Optatati Totius, n. 10; 16; Presbyterorum Ordinis, n. 16.

[2] PAOLO VI, Enciclica «Sacerdotalis Caelibatus», giugno 1967.

[3] SINODO DEI VESCOVI, «Ultimis Temporibus...», sul Sacerdozio Ministeriale, 1971, e GIOVANNI PAOLO II, «Pastores Dabo Vobis», 1992, n. 29.

[4] Cf. specialmente, Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica, «Una guida alla formazione al celibato sacerdotale», 1974 (GFPC).

[5] Giovanni Paolo II, «Pastores Dabo Vobis», n.29.

[6] Giovanni Paolo II, «Ecclesia in Africa», n.95.

[7] GFPC, n. 47.