Il celibato sacerdotale nel Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1994, pp. 108.

 

Il Direttorio, nato dalle richieste di numerosi Vescovi durante il Sinodo del 1990 e fratto di una Assemblea Plenaria e di una consultazione promossa dalla Congregazione per il Clero presso l'intero Episcopato, non intende essere un'esposizione esaustiva, quanto, piuttosto, una risposta ai principali interrogativi dottrinali, disciplinari e pastorali che il nostro tempo pone ai presbiteri, i primi responsabili della nuova evangelizzazione del terzo millennio. Per realizzare tale missione essi sono chiamati a crescere in una vita che sia piena trasparenza della loro identità attraverso una più stretta unione con Gesù Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote, Sposo e Pastore della Chiesa (Intr., p. 4).

In questa prospettiva, allora, assume grande importanza l'esplicita te-matizzazione del celibato sacerdotale, che il Direttorio articola in quattro momenti distinti.

S'inizia col ribadire la ferma volontà della Chiesa: «Il celibato è un dono che la Chiesa ha ricevuto e vuole custodire convinta che esso è un bene per se stessa e per il mondo» (n. 57). Tale ferma volontà esprime la convinzione circa le profonde motivazioni teologiche, spirituali e pastorali che sostengono il rapporto celibato e sacerdozio.

Ed è proprio questa volontà della Chiesa, prima ancora della disponibilità del singolo, ad essere manifestata nella disciplina ecclesiastica; in ultima istanza, questa volontà - giova ribadirlo - si radica nello strettissimo legame tra celibato e ordinazione sacra, attraverso la quale il sacerdote è realmente configurato a Gesù Cristo Capo e Sposo della Chiesa (cf. n. 58). La motivazione che fonda la legge ecclesiastica sul celibato rientra, così, nella logica della consacrazione sacerdotale e della totale appartenenza a Cristo; quindi se la perfetta continenza non fa parte dell'essenza del sacerdozio come Ordine, tuttavia tra quella e le esigenze dell'Ordine sacro sussiste una vera e propria convenienza o, più esattamente, congruenza (cf. Giovanni Paolo II ai presbiteri e ai diaconi, Libreria Editrice Vaticana, p. 73). D'altronde, sul piano storico, la stima che la Chiesa dei tempi antichi ha sempre manifestato nei confronti della continenza dei chierici esprime bene, a livello ecclesiale, la chiara consapevolezza circa la connessione strettissima tra Sacerdozio e stato celibatario. Il vincolo che il presbitero liberamente contrae, dopo una seria e prudente preparazione, si caratterizza sul piano teologale, ed è segno della sponsalità che si attua nel sacramento e che dona una reale paternità spirituale nei confronti della comunità a cui il presbitero è inviato (cf. n. 58).

L'origine storica del celibato risale allo stesso «Esempio di Gesù» (n. 59). Egli, unico ed eterno sacerdote (cf. Eb. 9, 26), in discontinuità con il comune sentire del suo tempo e in contrasto con la cultura allora dominante, ha scelto di vivere celibe.

L'esempio di Gesù, poi, è stato seguito dai suoi discepoli che, postisi alla Sua sequela, hanno «lasciato tutto» (Le. 18, 28-30) in vista della missione a cui erano stati chiamati (cf. n. 59).

Ne consegue che, proprio sull'esempio di "Gesù celibe", la continenza perpetua dei chierici, dono di sé "in" e "con" Cristo alla sua Chiesa, è stata, da questa, conservata fin dai tempi apostolici, tanto che la Chiesa si è orientata a scegliere i candidati all'ordine sacro tra i celibi (cf. n. 59).

A tale punto vengono prese in esame le difficoltà e le obiezioni sul celibato (cf, n. 60) e subito si rimarca come queste, nelle differenti epoche storiche, hanno costantemente accompagnato la prassi della Chiesa Latina e delle Chiese Orientali che, come la Latina, conferiscono il sacerdozio ministeriale solo ai celibi. Oggi ciò che rende più difficile la comprensione della scelta celibataria è, da una parte, il clima culturale caratterizzato da visioni antropologiche carenti e riduttive circa i valori e la sessualità umana, dall'altra, la prassi delle Chiese Orientali che ammettono il sacerdozio uxorato. Ma a questo proposito il Direttorio fa opportunamente notare come anche nelle Chiese ove vige una disciplina differente da quella della Chiesa Latina, si tratta sempre dell'ordinazione di uomini già sposati, a cui, in caso di vedovanza, non è concesso di risposarsi. Invece per l'Episcopato - pienezza del sacerdozio - si esige sempre lo stato celibatario.

Le altre difficoltà che vengono sottolineate sono connesse ad una visione spiritualista, disincarnata e, quindi, errata dell'uomo, come, pure, da indebite generalizzazioni di casi difficili e dolorosi.

Anche i presbiteri di oggi potranno custodire con amore il dono ricevuto (cf. n. 60) nella prudenza e nell'ascesi ma, soprattutto, nella comunione con Cristo e la Chiesa, nella devozione alla Beata Vergine Maria e in una rinnovata attenzione ai santi sacerdoti di tutti i tempi.

 

 

Francesco Moraglia