L. HÖDL, La lex continentiae. Une étude sur le problème du celibat, in J.COPPENS, Sacerdoce et célibat. Etudes historiques et théologiques, Ed. Duculot (Gembloux) — Ed.Peeters (Louvain) 1971, pp. 507-533

La contribuzione dell'autore all'opera collettiva diretta da J.Coppens, si presenta come uno studio storico che cerca di fare il punto sul processo che - nella Chiesa primitiva - portò all'assunzione dell'obbligo del celibato da parte dei ministri sacri. Il contributo di Hödl controbilancia il precedente contributo di H.Crouzel, Le célibat et la continence dans l'Eglise primitive: leurs motivations, ibid., pp. 333-371. Lasciando da parte la soluzione a suddetta questione, affrontata esplicitamente e di recente da diversi autori, l'autore ritiene innegabile una maturazione a diversi livelli - ascetici, teologici, canonici - delle idee al riguardo.

H. Crouzel, cercando di individuare le ragioni che hanno condotto al celibato dei ministri consacrati e/o all'astensione degli atti matrimoniali per quelli che fossero già sposati, oltre a prendere in considerazione le motivazioni direttamente dipendenti dall'esempio degli Apostoli e dalle loro esplicite raccomandazioni in questo senso, particolarmente di San Paolo, ne indica tre: la continenza cultuale già presente nell'Antico Testamento, l'influsso della filosofia greca di carattere stoico o neoplatonico, e la mentalità popolare abbastanza diffusa che ritiene impura l'unione coniugale. L. Hödl invece si orienta a spiegare tale scelta come fondata innanzitutto nel valore da sempre riconosciuto all'encrateia da parte dei cristiani, valorizzazione che in definitiva si rifà all'esempio e alle parole di Cristo (Mt 19,12b; Lc 20,35); poi ritiene che - sulla base della valorizzazione dell’en-crateia - a compiere quella scelta sia stato determinante l'esempio di vita apostolica, intesa come dedizione all'apostolato, lasciato dai Dodici e poi verificato ripetutamente nella esperienza dei successori. Sotto questa doppia prospettiva, l'autore sottolinea in tale evoluzione un aspetto particolarmente interessante.

Hödl osserva: «Agli inizi, quando i primi teologi sottolinearono l'eminenza della continenza, subivano certamente l'influsso dell'ideale pagano, che la concepivano soprattutto come una virtù. Più tardi insistettero maggiormente sull'aspetto di carisma e sull'importanza e la necessità della grazia. Ancora più avanti, man mano che istituzioni come il monachesimo e il clero regolare sostituivano i movimenti carismatici, risultò evidente l'importanza di analizzare e chiarire i rapporti tra il carisma e la ascesi-virtù, entrambi chiamati a dar vita al quadro spirituale ideale in cui la continenza poteva essere vissuta. Sebbene il richiamo alla presenza di un carisma non abbia mai escluso lo sforzo ascetico personale, tuttavia l'insistenza nella encrateia come virtù appariva nel decorso dei tempi come un elemento nuovo. Il carisma è un dono di Dio; quindi non si può dire che conviene possederlo o addirittura che è necessario possederlo. Al contrario invece, conviene ed è persino imprescindibile coltivare la virtù. Sotto questo punto di vista, dal momento che si vede la encrateia innanzitutto e soprattutto come frutto della virtù, non c'è nessun ostacolo per esigerla».

Quindi, secondo il nostro autore, la maturazione avviene perché non si attribuisce la continenza a una sola di queste cause, ma alle due: nell'insegnamento dei Padri, «la verginità è allo stesso tempo un ammirevole dono spirituale e una virtù che non viene meno alla esigenza». Hödl passa in rassegna diversi testi da scrittori cristiani dal secolo III-V che non lasciano dubbi al riguardo. Origene scrive che la verginità è un dono divino che conviene chiedere con una orazione incessante e al quale si deve corrispondere con uno sforzo morale. Il Crisostomo commenta l'umiltà di San Paolo che chiamava dono di Dio alla verginità, silenziando gli sforzi da lui fatti per corrispondere, a tale dono. Sant'Agostino conduce la tensione tra carisma e virtù della continenza alla formula: Da quod iubes et iube quod vis. Per lui, la continenza implica un atteggiamento fermo e costante nei confronti della concupiscenza degli occhi, la concupiscenza della carne e la superbia della vita; è sì un effetto della grazia, ma questa grazia esige corrispondenza, così che la continenza è raggiunta da chi invoca Dio e confida nella sua misericordia.

 

Arturo Blanco