A. QUERAL, De Encyclica
«Sacerdotalis Caelibatus», in Periodica de re morali, canonica liturgica, vol.
64 (1975), 437-494.
L'A. si interroga se si
possa comandare per legge ciò che non è necessario dal momento che il legame
tra sacerdozio e celibato, come è stato ribadito dalla medesima enciclica, non
è essenzialmente necessario. Egli osserva innanzitutto come sia compito
dell'Autorità stabilire ciò che è più utile per la persona che assume un
compito sociale, «secus autem, id est, si quae utiliora videntur imperari non
possent officium Auctoritatis vix possibile redderetur cum necessarium ab
utile, cum de bono commune agitur, fere impossibile sit certo discernere
iudicio» (p. 489). E poi, «cum nemo cogatur nisi qui sponte onus assumere quia
Christo invitanti respondere vult (...) concedi debet per legem, quae aliquam
partem selectam populi Dei scilicet sacri administratores respicit tueri re
quidem vera congruum esse» (ibid.). Viene ben evidenziata da una parte la
legittimità della Chiesa di tutelare anche con una legge la convenienza del
legame tra sacerdozio e celibato, e dall'altra appare anche l'oggetto proprio
della legge che riguarda l'idoneità al sacerdozio: «qui inter candidatos certis
dotibus, a natura rei atque ab Auctoritate requisitis nominatim dono
caelibatust carere demonstretur non modo ut non idoneus e munere sacerdotali
excluditur verum etiam quia non vocatus merito a sacerdotio arceri debet» (p.
452). In altre parole, chi non ha ricevuto il dono del celibato (che è
richiesto come condizione di idoneità dalla legge) non solo non è idoneo ad
esso, ma neppure si può dire chiamato al sacerdozio. Così l'A. può affermare
che «etsi explicitis verbis non dicatur, Paulum VI praesuponere putamus Deum
neminem ad sacerdotium in Ecclesia Occidentali vocari quin simul ei tribuat
gratiam ad omnia requisita, quanvis aliquod ex eis non ex natura muneris sed ab
Ecclesiae Auctoritate additum sit, perfecte implendum» (p. 455).
Giuseppe Versaldi