R. CHOLIJ, Observaciones críticas acerca de los cánones que tratan sobre el celibato en el Código de Derecho Canónico de 1983, in «Ius Canonicum» 31 (1991)291-305.

Questo autore ha, ormai da una decade, scritto parecchi studi storici e dottrinali sul celibato (cf., oltre ai più recenti, quelli indicati dall'autore in nota 4). In questo articolo vuole soprattutto mostrare come le disposizioni legislative del CIC del 1983 riguardo ai chierici sposati sono state introdotte in modo inconsistente.

Infatti, la possibilità di un diaconato sposato non soggetto alla legge della continenza (potendo cioè usare il matrimonio) costituisce una novità radicale nella disciplina ecclesiastica, introdotta soltanto nel 1967. Secondo la tradizione disciplinare antica, l'uomo sposato che sceglieva di essere ordinato si impegnava alla continenza perpetua. Ora invece gli si permette «vivere in matrimonio». Questo radicale cambiamento di significato del termine «clero sposato» non è stato incorporato nel Codice in modo coerente con tutte le sue conseguenze. L'Autore vuole mostrare nel suo articolo queste incoerenze, che riflettono una reminiscenza della legge della continenza primitiva nell'attuale normativa.

«La disciplina tradizionale propria dei chierici nella Chiesa Romana non è il celibato, bensì quella della continenza perfetta. (...) la legge del celibato, che comunemente si intende come «impossibilità» di sposarsi, è in realtà conseguenza della legge della continenza» (p. 293). Cholij dimostra questa affermazione ricorrendo alla storia, dalla introduzione dell'impedimento matrimoniale di ordine sacro (Concili Lateranensi I e II) fino al Codice del 1917 (pp. 295-299)

L'Autore passa, dunque, a mostrare le incoerenze del CIC 1983:

        Il can. 277, che parla del obbligo del celibato dei chierici, non stabilisce nessuna disposizione per i diaconi sposati. Sembra non escluderli, ma sono implicitamente esclusi perché non devono osservare la continenza.

        Il can. 1087, che disciplina l'impedimento matrimoniale di ordine sacro, diviene oggi incomprensibile e assurdo se si applica ad un chierico sposato che possa usare il matrimonio (diaconi permanenti, sacerdoti acattolici sposati che si uniscono alla Chiesa Cattolica). Infatti, nel caso di rimanere vedovo, quale è la ragione perché non si possa risposare? «Paolo VI voleva che l'impedimento rimanesse ... perché era ex tradita Ecclesiae disciplina. Lo era però anche la lex continentiae» (...) «Una volta permesso l'uso del matrimonio a un uomo sposato e ordinato, la ragione intrinseca del celibato scompare» (p. 303). Inoltre, se il celibato si giustifica soltanto con ragioni di convenienza funzionale, senza il fondamento dottrinale della continenza, sorgono molti casi in cui diviene incoerente esigerlo (sacerdoti secolarizzati, ecc.)

        Il can. 1031 § 2, richiede il consenso della moglie perché l'uomo sposato, candidato al diaconato permanente, possa ricevere l'ordine. Questo requisito ha perso tutto il suo significato tradizionale, perché il consenso era richiesto dovuto all'impegno di continenza. (Infatti, a mio avviso ora sembra divenire soltanto una questione su essere d'accordo o meno con una scelta professionale del sposo).

Riassumendo: «come risultato della concessione conferita a alcuni chierici maggiori di vivere in matrimonio o - più tecnicamente - di no rinunciare a i loro diritti coniugali, si è dato un contenuto diverso a alcune antichissime tradizioni, mentre che altre, anche se sussistono, sono diventate illogiche» (p. 304). E per tutto ciò, l'Autore si domanda se questi casi non dovrebbero essere esenti del l'impedimento matrimoniale di ordine sacro.

Ritengo questa domanda una provocazione indirizzata a far riflettere sul motivo della tradizione dell'impedimento matrimoniale di ordine sacro (cioè, la continenza perpetua di ogni tipo di chierico, sposato o no) e a far risaltare la estrema innovazione che il clero sposato vivendo in matrimonio comporta per la Chiesa latina. Lo stesso si può applicare alle Chiese orientali, in quanto che loro conservano l'impedimento matrimoniale di ordine sacro anche per il clero sposato che usa il matrimonio (almeno a partire dal concilio Trullano).

Pablo Gefaell