TONY ANATRELLA, Quelques enjeux psychologiques du célibat sacerdotal, in
«Revue d'éthique et de théologie morale. Le Supplément», 196 (1996)47-60
La tesi di Tony Anatrella, sacerdote della Diocesi di
Parigi, psicoanalista e specialista in psicologia sociale, non è certamente
quella di fondare la disciplina della Chiesa Latina in materia di celibato
sacerdotale in considerazioni di ordine scientifico. Innanzitutto, come afferma
egli stesso, «al riguardo deve essere preso in considerazione l'insegnamento di
Cristo (p. 56). Ma, forte delle sue competenze, egli cerca essenzialmente di
dimostrare la convenienza di questa disciplina con ciò che la psicoanalisi ci
insegna sulla sessualità umana, sul piano psicologico. E noto l'atteggiamento
della Chiesa di fronte alla psicoanalisi, quando essa, appoggiandosi su delle
osservazioni cliniche innegabili, oltrepassa la sua competenza, dedicandosi a
delle estrapolazioni di ordine filosofico e teologico, per lo meno, riduttive
della persona umana. Risulta che qui noi abbiamo un esempio notevole dell'apporto
che può rappresentare, per la teologia e per il magistero, l'apporto delle
scienze umane.
Dopo un'introduzione sul carattere insolito, di fronte alla
«norma contemporanea del dovere di orgasmo» (p. 47), sul celibato sacerdotale,
la cui crisi attuale è collegata a quella del matrimonio, noi assistiamo ad una
«desocializzazione» della sessualità, l'A. mira a passare in rassegna «alcune
questioni ed obiezioni» (I) per definire dopo «i valori psichici del celibato
sacerdotale» e concludere, infine, sulla «struttura sessuale» (III).
La prima questione che si pone consiste nel chiedersi come
la Chiesa possa ancora esigere dal Presbitero che si astenga da una realtà così
pregnante dell'esistenza umana e, per di più, così coerente con l'insistenza
della Bibbia a fondare l'alleanza di Dio con l'umanità sul simbolismo
dell'amore nuziale.
Si tratterà, dunque, per l'A. di ricordare che la Chiesa ha
propriamente preso coscienza di una «verità mistica» fondamentale nella quale
si inscrive il Sacerdozio e che essa definisce attraverso la relazione nuziale
del Cristo e della Chiesa: il Presbitero entra così in questa relazione
d'amore; esso è dovuto da parte dello sposo» (p. 49), nella misura in cui egli
partecipa al ministero del Vescovo, il cui anello è particolarmente
significativo del suo legame con la Chiesa. Così si dirà più avanti che «il
Presbitero è impegnato con un legame sponsale alla Chiesa per esprimere la
relazione di Cristo con essa (p. 52).»
Tuttavia non mancano le obiezioni e le difficoltà del
celibato sacerdotale, la cui ampiezza è esagerata volentieri da parte dei mezzi
di comunicazione sociale, sembrano avallarle. Ed è vero, ci assicura l'A., che
il celibato sacerdotale ha potuto essere utilizzato per bloccare la loro sessualità,
cercando di mantenersi può o meno coscientemente sul versante infantile della
loro sessualità (p. 50). Ma il blocco sarebbe precisamente dovuto ad una
mancanza di maturità affettivo-sessuale del Presbitero, la cui implicazione
troppo affettiva nelle relazioni pastorali e lo sviluppo dei comportamenti
impulsivi o reazionali sarebbero spesso il segno. Tale stato di cose ha
condotto a delle rivendicazioni, orchestrate con compiacenza dai mezzi di
comunicazione sociale, che propongono di abolire l'esigenza del celibato: «una
visione per lo meno semplicistica, precisa l'A., perché il matrimonio non è mai
stata una terapia per l'immaturità affettivo-sessuale» (p. 51).
È rilevante il valore del parere di T. Anatrella, poiché si
tratta di una questione «che concerne la natura e la struttura stessa del
Sacerdozio nella misura in cui il Magistero non ha cessato di richiamarne il
legame intrinseco - che non significa un legame di causalità - con il celibato,
che fu confermato dal Vaticano II» (p. 51).
Ora è un fatto che la maturità sessuale passa attraverso
l'accesso alla «coniugalità», che non implica innanzitutto un agire, ma che
dona una relazione sociale ed impersonale alla sessualità. In effetti, il
celibato «non dispensa dalla maturità sessuale e dalle stesse disposizioni
psichiche richieste per il matrimonio (p. 52). Una «disposizione coniugale» è
in effetti necessaria al Presbitero, nella misura in cui egli è chiamato ad una
autentica forma di amore e di donazione della sua persona.
Ciò che conduce il nostro A. a fornire gli elementi che
consentono di capire il funzionamento psicologico della componente
affettivo-sessuale del prete, non in termini di «sublimazione» o di «fuga»,
poiché questi comportamenti sono tipici di una sessualità immatura, ma in termini
di rinuncia alla genitalità per orientare «la sua vita affettivo-sessuale verso
altri obiettivi che sviluppano un amore più grande (p. 53) e dove la genitalità
resta viva «aperta e disponibile come virtualmente possibile ... non
radicalmente esclusa, ma sospesa» (pp. 53-54). L'A. resta cosciente che tale
equilibrio potrebbe tuttavia essere destabilizzato da delle «frustrazioni
troppo importanti, che possono condurre a delle relazioni pastorali difficili,
con degli atteggiamenti di compensazione disastrosi per la comunità, e, per
co-loro che si sarebbero impegnati con il rifiuto, anche incosciente, della
loro sessualità, ad una riscoperta della medesima, rivendicata in modo
infantile contro la Chiesa, secondo la tipica modalità del complesso di Edipo.
Nel ricordare che «la Chiesa ha sempre mostrato la coerenza
esistente tra il Sacerdozio ed il celibato è stata progressiva nel pensiero
ecclesiale» (p. 56), FA. cerca di descrivere, con l'aiuto della psicoanalisi,
la struttura sessuale del celibato sacerdotale per meglio apprezzarne la
coerenza psicologica. La prima tappa nella maturazione sessuale consiste nel
passaggio dal narcisismo primario alla relazione all'altro. Essa passa
necessariamente attraverso la legge del padre e noi ne troviamo l'espressione
biblica nella pedagogia della legge mosaica. La seconda tappa passerà
attraverso il superamento del complesso di Edipo: allora prima di ogni azione,
l'individuo instaura in sé la coniugalità, distaccandosi dalle immagini
parentali: il matrimonio cristiano, fondato sull'insegnamento della Genesi e
ripreso da Cristo, «questo è il motivo per cui l'uomo lascerà suo padre e sua
madre per unirsi alla propria moglie», ne sarà la relazione fondamentale.
Infine, il terzo ordine di realtà è costituito dal celibato sacerdotale, al
seguito di Cristo, dimensione più completa della vita coniugale dove «l'ordine
sostitutivo di Edipo non è più lo sposo o la sposa, ma tutti gli uomini e tutte
le donne, o piuttosto il creatore stesso nella sua presenza in tutte le
creature» (p. 58). Il celibato sacerdotale richiede perciò un amore più grande
ed una sessualità affinata che fondi psicologicamente la sua creatività e la
sua fecondità sociale.
E l'A. conclude con molta delicatezza: «Senza un legame
interiorizzato con Dio e con la sua Chiesa, senza una vita spirituale
articolata sul lavoro pastorale e sulla preghiera, senza delle condizioni di
vita e delle relazioni sociali e fraterne positive, senza essere situato nel
suo ruolo simbolico di paternità spirituale e nelle relazioni con gli altri,
come potrebbe il celibato essere possibile ed arricchente?» (p. 59).
Non sarebbe troppo
raccomandare la lettura di questo articolo che, raccogliendo il la sintesi
dell'insegnamento del Magistero sullo stretto legame che vincola il celibato
sacerdotale al ministero pastorale, al vantaggio di fare appello della
psicologia sessuale anche per illuminare utilmente la formazione affettiva dei
futuri Sacerdoti e di respingere molte obiezioni e molte rivendicazioni
attuali.
Marc Aillet