A. MARCHETTI - M.
CAPRIOLI, voce: Celibato, in «Dizionario Enciclopedico di Spiritualità», a cura
di E. Ancilli et alii, Ed. Città Nuova, Roma 1990,1.1, pp. 491-495.
Delle sette colonne dedicate al celibato la prima tratta del
celibato laicale e le altre di quello ecclesiastico (sacerdotale). A proposito
del primo andrebbe precisato che la disciplina ecclesiastica contempla di nuovo
le vergini che dal vescovo diocesano sono consacrate a Dio perseguire a Cristo
più da vicino e dedicarsi al servizio della Chiesa (cf. can 604 §1 CIC).
La parte dedicata al celibato ecclesiastico si apre con
qualche cenno allo sviluppo storico della corrispondente disciplina
ecclesiastica. Vengono quindi ricordate le diverse ragioni per cui il e. si
trova in un rapporto di intima convenienza con il sacerdozio. Dapprima si
contempla la carità pastorale: il e. è segno di un amore senza riserve e
stimolo di un amore aperto a tutti; la disponibilità che deriva dal celibato
permette al sacerdote in maniera più ampia di donarsi tutto a vantaggio di
tutti (cf. 2 Cor 12,15). Si illustra quindi perché il celibato «risponde più
idoneamente alla esigenza di identificazione del sacerdote con Gesù Cristo, sia
sul piano di una consacrazione totale ed esclusiva al Signore, sia per una
completa immolazione di se stesso, sia come indicazione e segno dei beni
futuri» (p. 493). In terzo luogo si ricorda che «per i sacrifici che impone, il
celibato è anche una garanzia di selezione per i candidati al sacerdozio» (p.
493).
Ciò richiede un accurato discernimento vocazionale, «perché
solo le anime forti, temprate nell'amore di Dio e giunte ad un notevole livello
spirituale, sono idonee ad un genere di vita tanto impegnativo» (p. 493). Al
riguardo gli AA. ricordano con pertinenza le parole del Sinodo dei vescovi 1971
secondo il quale il celibato sacerdotale va considerato «una forma di vita, non
come imposta dal di fuori, ma piuttosto come la manifestazione della libera
donazione del candidato, che viene accettata e ratificata dalla Chiesa per
mezzo del vescovo» (II,I, 4c). Da ultimo viene contemplato il celibato quale
«valido strumento di ascesi, in quanto redime dalla schiavitù dei sensi,
conferisce maggior vigore e purezza allo spirito, è uno stimolo continuo a
coltivare con intensità la vita interiore» (p. 494).
Gli ultimi paragrafi del contributo sono tesi a dare una
risposta alle critiche della disciplina ecclesiastica sul celibato sacerdotale
secondo le quali l'uomo solo sarebbe incompleto e unicamente nella famiglia
troverebbe l'integrazione psichica e morale. Nel solco tracciato da diversi
documenti del magistero gli AA. ricordano che «nel sacerdote la rinuncia alla
famiglia si compensa nella duplice apertura verso Dio e verso le anime». In tal
senso si può dire che «il sacerdote non è senza famiglia; la sua famiglia è la
Chiesa, i cristiani sono i suoi figli», e che «la rinuncia alla paternità
naturale è in funzione di una paternità spirituale e universale che impiega
tutte le sue forze e ricompensa i suoi gravi sacrifici» (p. 494).
In conclusione il contributo, pur nella sua brevità, risulta
chiaro, ben articolato e preciso nella ricezione dei principali insegnamenti
magisteriali in materia.
Arturo Cattaneo