Roma - Parrocchia San Pio V

Giovedì 22 gennaio 2009

Omelia di S. E. Rev.ma Mons. Mauro Piacenza

Arcivescovo tit. di Vittoriana

Segretario della Congregazione per il Clero

 

In occasione dell’ottavario di preghiera

per l’unità dei cristiani

 

 

L'ottavario di preghiera per l'unità dei Cristiani costituisce, ogni anno, un momento di particolare visibilità per quello che è, in realtà, un atteggiamento permanente della Chiesa orante, - e la Chiesa è sempre tutta orante!- la quale, Corpo mistico del Signore, non può che ripetere incessantemente al Padre la preghiera di Cristo stesso: «Ut unum sint», che «Siano una cosa sola»... perché il mondo creda!

Che cosa, come cristiani, realmente pensiamo quando utilizziamo il termine unità? E, soprattutto che cosa chiediamo a Dio, quando preghiamo per l'unità?

Innanzitutto l'unità è una delle quattro note della Chiesa (Una, Santa, Cattolica, Apostolica), che ricordiamo sempre nella professione di fede niceno-costantinopolitana. Tra le note del Credo, inoltre e non a caso, l'unità è la prima e da essa derivano le altre, sia a livello logico sia sul piano teo-logico.

La stessa preghiera di Cristo «Ut Unum sint» è, nella sua certa efficacia, il fondamento dell'unità e postula un imprescindibile legame con la testimonianza cristiana la quale dall'unità della Chiesa trae   la  sua  efficacia,   anzi   la  sua  condizione   di possibilità. Il primo compito dei cristiani non è dunque "costruire" un'unità umana, sociologicamente rilevante, magari frutto di dialogo incessante interpretato più come fine che come mezzo, e perfino di taluni compromessi sulla verità, quanto piuttosto "riconoscere" l'unità che Cristo stesso dona alla Chiesa.

E' Cristo che dona Unità alla Chiesa ed ai cristiani, per conseguenza l'unità è data, è presente, c'è già nella Chiesa, poiché essa è il Corpo Mistico di Cristo Risorto, che non è, né può essere, frammentato.

Una tale unità, essendo data da Cristo in maniera certa ed infallibile alla Chiesa, tuttavia non appare visibilmente in tutta la sua pienezza: le differenti Chiese e Comunità ecclesiali e cristiane stanno a testimoniarlo.

Questa situazione non è da attribuire, tuttavia, alla "mancanza di unità" (perché questa, come ho detto, è data), ma al "difetto di libertà" degli uomini peccatori, dalla cui vita non traspare l'unità donata dal Signore. L'unità dunque non è il risultato degli sforzi umani, faticosi ed ardui, ma è un dono ineffabile e certo del Signore alla sua Chiesa.

Come ricorda con forza san Giovanni Crisostomo, il primo dovere di ogni cristiano, al di sopra di tutto, è quello dell'unità: unità di fede, unità nella professione della fede, unità con chi ha ricevuto da Cristo il compito di "presiedere nella carità": con il Papa, il Vescovo di Roma. La prima unità di cui essere costantemente consapevoli è quella ad intra, tra cristiani stessi e tra appartenenti alla medesima confessione cattolica della fede. Appare perlomeno anomalo l'atteggiamento di chi è costantemente preoccupato di "fare unità con il mondo" ed appare incurante dell'unità donata da Cristo, che è unità di giudizio con la Chiesa ed in particolare con il Magistero pontificio e l'ininterrotte Traditio.

Condizione perché l'unità donata traspaia in tutto il suo splendore e sia motivo di conversione per il mondo, «perché il mondo creda che Tu mi hai mandato», è la costante personale conversione di ciascun membro vivo della Chiesa: conversione alla Verità, che è obbedienza alla Verità, conversione alla Presenza di Cristo, che è riconoscimento della Sua Presenza e, solo conseguentemente, conversione etica e morale. Il prevalere dell'ontologia sull'etica postula necessariamente la priorità del "riconoscimento del Mistero presente", su ogni sforzo etico soggettivo, il quale sarebbe condannato a restare completamente inefficace se non si fondasse su Cristo.

L'adesione di ciascuno a Cristo ed alla Verità da Lui rivelata, nella continua conversione personale,  è  la via da  percorrere perché  l'unità donata dal Signore alla Sua Chiesa traspaia in tutta la sua efficacia.

Una strana forza centrifuga permane in diverse componenti del contemporaneo pensiero ecumenico: essa vede alcuni membri del popolo di Dio, disponibili a qualunque forma di apertura e dialogo con i non cattolici, i non cristiani ed i non credenti, ma si scopre totalmente indisponibile a quella "naturale docilità" al Magistero ecclesiale , che dovrebbe caratterizzare ogni cristiano.

É l'ecumenismo "senza radici" che confonde una vaga cordialità antropocentrica, con il serio e scientificamente fondato "dialogo della verità". È l'unità con l'altro, che non parte dall'unità con se stessi, con la propria dimora, e che, in definitiva, fugge la relazione adulta e responsabile con "quelli di casa", per trovare un rifugio "ad extra" nel malinteso rapporto  con gli  altri,  inevitabilmente  destinato a deludere e ferire, poiché non prende le mosse e non è fondato dall'unità "ad intra".

Tale forza centrifuga si nutre più di atteggiamenti che di vere e proprie posizioni teologiche, più di dichiarazioni grigie e sfumate, dal vago sapore conciliante, che di richiami alla verità, più di presenzialismo mediatico a buon mercato che di umile, fedele e pazientemente costante e nascosto servizio alla Chiesa ed ai fratelli. Ci sono falsi profeti del nulla che dai massimi organi di informazione feriscono la Famiglia cristiana ed instillano la loro settimanale dose di pensiero debole, scettico e relativista.

Per "accogliere l'unità" che Cristo ci dona e "vivere l'unità" è assolutamente necessario riconoscere il primato di Dio nel mondo, nella storia e nella nostra vita. Sì! Dio viene prima! Prima! Prima delle nostre idee, dei nostri gusti personali, dei nostri modi di pensare o, peggio, di "immaginare la Chiesa". Dio viene prima! Solo il riconoscimento del primato assoluto di Dio potrà essere garanzia di futuro, non solo per la Chiesa ed i cristiani, ma per il mondo intero. Riconoscere il primato di Dio è, in definitiva, vivere l'atteggiamento del pubblicano della parabola del Vangelo secondo Luca, che abbiamo ascoltata. Gesù intende correggere, con efficacia, lo stile di coloro che «presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri» (Lc 18,9), e tale correzione passa attraverso l'esperienza del riconoscimento del primato di Dio, tanto che il pubblicano «fermatosi a distanza non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo».

La coscienza di essere sempre bisognosi di misericordia e di perdono ed il riconoscimento del primato di Dio, nelle nostre esistenze personali e comunitarie,    costituiscono    la    possibilità    stessa dell'esperienza della Divina Misericordia, per la quale il pubblicano «tornò a casa sua giustificato a differenza dell'alto».

Infine, Misericordia Divina ed unità ecclesiale sono i presupposti ineludibili per vivere, come cristiani, di fronte alla discriminazione ed al pregiudizio sociale. Noi cristiani, tutti i cristiani, nella storia passata ma anche oggi, sanno bene che il prezzo della sequela Christi, dell'essere fedeli discepoli dell'unico Signore, è proprio l'essere discriminati e guardati con pregiudizio. Sarebbe sufficiente una rapida analisi della cultura contemporanea e del modo di utilizzo dei mezzi di comunicazione, per comprendere come i cristiani siano oggetto di continua discriminazione e pregiudizio! Per non parlare, poi, dei luoghi della cultura, soprattutto le scuole e le università, dove è sempre più difficile essere cristiani, sia per chi "elabora" la cultura sia per chi ne fruisce.

La gloriosa storia dei martiri, proprio qui a Roma, ci ricorda con straordinaria efficacia che l'essere visti come qualcosa di "estraneo", di non pienamente controllabile e, in definitiva, di irriducibile alle categorie del potere dominante, ha sempre determinato la discriminazione dei cristiani, i quali, tuttavia, ben sanno che il martirio, come testimonianza suprema a Cristo, è elemento non accidentale del Cristianesimo, ma costitutivo.

Sì! Il Cristianesimo ha una struttura costitutivamente martirologica che rende i fedeli partecipi dell'unico sacrificio di Cristo Signore, anch'Egli, anzi Egli per primo, discriminato e trascinato in giudizio dal potere del suo tempo. I Cristiani, esperti in persecuzione e discriminazione perché essi stessi perseguitati e discriminati, portano nel mondo una parola nuova, assolutamente impensabile prima di Cristo: la parola "misericordia"! Alla Madre della misericordia affidiamo questo ottavario di preghiera per l'unità dei cristiani ed ogni opera di misericordia che il nostro cuore e la nostra creatività, dopo aver a lungo pregato, ci suggeriranno per il sempre più pieno ed universale riconoscimento della dignità irrinunciabile ed indisponibile della persona umana, immagine del suo Creatore.

 

Amen.