San
Francesco Antonio Fasani, O.F.M., Lucera 1681 - 1742
Il 25 marzo 1858, verso le quattro del mattino,
Bernadetta Soubirous lascia la «segreta», la catapecchia in cui abita la sua
famiglia, per recarsi alla grotta di Massabielle, dove, dall'11 febbraio, le
appare una misteriosa Signora. L'adolescente di quattordici anni attraversa
Lourdes addormentata, accompagnata da alcune persone cui sua zia ha rivelato il
segreto. Ha appena recitato una posta del rosario davanti alla grotta, quando
la Signora le si manifesta. Sorridente, le fa segno di avvicinarsi. Bernadetta
si trova allora vicinissima alla Visitatrice cui trasmette, nel suo dialetto
regionale, la richiesta pressante del suo Curato: «Signora, vuol avere la bontà
di dirmi chi è?» L'Apparizione sorride e non risponde. Per due volte, la
ragazza ripete la domanda. La terza volta, la Signora, che tiene le mani
aperte, le congiunge all'altezza del cuore e dice: «Que soy era Immaculada
Councepciou... (cioè: Sono l'Immacolata Concezione). Desidero che qui sorga una
cappella...» Poi, sempre sorridendo, si dilegua.
Sulla
via del ritorno, Bernadetta non smette di ripetere, per paura di dimenticarle,
quelle parole incomprensibili per lei: «Que soy era Immaculada Councepciou».
Corre dal Signor Curato e gli dichiara, senza nemmeno salutarlo: «Que soy era
Immaculada Councepciou. – Cosa dici mai, piccola presuntuosa? – È la Signora
che mi ha detto queste parole... – La tua Signora non può avere questo nome! Ti
sbagli! Sai cosa vuol dire l'Immacolata Concezione? – Non lo so; per questo ho
ripetuto le parole continuamente, fin qui, per non dimenticarle».
Come
potrebbe sapere cosa significa «l'Immacolata Concezione», lei che non ha ancora
imparato a leggere e che si è appena iscritta al Catechismo? Ma il sacerdote lo
sa benissimo: meno di quattro anni prima, papa Pio IX ha proclamanto la Santa
Vergine immacolata nella Concezione. Nella Bolla Ineffabilis, dell'8 dicembre
1854, ha detto: «Noi determiniamo che la dottrina che considera che la Beata
Vergine Maria è stata, fin dal primo istante della sua concezione, per una
grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti
di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, preservata intatta da ogni macchia
del peccato originale, è una dottrina rivelata da Dio, e pertanto essa deve
essere fermamente e costantemente creduta da tutti i fedeli». Più di diciotto
secoli dopo Gesù Cristo, attraverso tale atto solenne, il Papa ha definito un
nuovo dogma. Certi si chiedono: come è possibile? La Chiesa ha un simile
potere? La Rivelazione non è finita con Gesù Cristo?
Effettivamente,
nella Lettera agli Ebrei, si legge: Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi
molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in
questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio (Eb. 1, 1-2). San
Giovanni della Croce commenta questo passo nei seguenti termini: «Dal momento
in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva Parola, Dio
non ha da dirci altre parole. Ci ha detto tutto in una sola volta con questa
sola Parola... infatti quello che un giorno diceva parzialmente ai profeti,
l'ha detto tutto in suo Figlio, dandoci questo tutto che è suo Figlio». Il
Concilio Vaticano II ricorda anch'esso: «L'economia cristiana, in quanto è
Alleanza Nuova e definitiva, non passerà mai e non c'è da aspettarsi alcuna
nuova Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa di nostro Signore
Gesù Cristo» (Dei Verbum, n. 4).
Progredire nell'intelligenza della fede
«Tuttavia,
insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, anche se la Rivelazione è
compiuta, non è però completamente esplicitata; toccherà alla fede cristiana
coglierne gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli» (CCC, n. 66). La
Rivelazione è stata affidata da Dio alla Chiesa, perchè essa la trasmetta e la
interpreti. «L'ufficio di interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta
o trasmessa è stato affidato al solo Magistero vivente della Chiesa, la cui
autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo... Il Magistero della Chiesa si
avvale in pienezza dell'autorità che gli viene da Cristo quando definisce
qualche dogma, cioè quando, in una forma che obbliga il popolo cristiano ad
un'irrevocabile adesione di fede, propone verità contenute nella Rivelazione
divina... Così, grazie all'assistenza dello Spirito Santo, l'intelligenza tanto
delle realtà quanto delle parole del deposito della fede può progredire nella
vita della Chiesa» (CCC, nn. 85-88-94); cosa che si è realizzata in particolare
con la definizione del dogma dell'Immacolata Concezione.
Questo
dogma si basa, nella Sacra Scrittura, sul saluto dell'Angelo Gabriele alla
Vergine Maria: Ti saluto, o piena di grazia (Luca 1, 27); tale pienezza
di grazia è veramente completa solo se si estende, nel tempo, al primo istante
della vita della Santa Vergine, quello della sua concezione. Tuttavia, questo
passo del Vangelo, pur fornendo una preziosa indicazione, non basta, da solo, a
dimostrare la verità dell'Immacolata Concezione della Santissima Vergine;
perchè la luce che contiene sia afferrata pienamente, bisogna ricorrere alla
testimonianza della Tradizione. Infatti, la Chiesa «non trae la certezza su
tutti i punti della Rivelazione dalla sola Sacra Scrittura. Per questo la
Scrittura e la Tradizione devono esser ricevute e venerate con pari sentimento
di pietà e di rispetto» (Concilio Vaticano II, Dei Verbum, n. 9).
La
credenza nell'immacolata concezione di Maria risale ai primi secoli della
storia della Chiesa. I Padri della Chiesa che ne hanno parlato sono unanimi nel
riconoscere che la Madre di Gesù Cristo è la sposa tutta bella e senza
macchia di cui è questione nel Cantico dei Cantici (4, 7). Sant'Efrem (†
373) scrive che la Madre di Dio è «piena di grazia..., tutta pura, tutta
immacolata, tutta senza peccato..., assolutamente estranea a qualsiasi lordura
ed a qualsiasi macchia del peccato» (Oratio ad Deiparam). La festa
liturgica della Concezione di Maria (8 dicembre) esiste almeno dal settimo
secolo nella Chiesa greca. Grandi teologi, nel Medioevo, hanno, è vero,
formulato obiezioni contro la credenza nell'Immacolata Concezione, che sembrava
loro costituire una minaccia per l'universalità della Redenzione di Cristo. Il beato
Duns Scoto (1266-1308), e, come lui, i teologi della scuola francescana, hanno
risposto che Maria è rimasta immune da ogni macchia del peccato originale, in
previsione dei meriti futuri di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano; la
Santa Vergine è stata dunque effettivamente riscattata dal Sangue di Gesù
Cristo, ma in un modo affatto sublime, quello della preservazione dal peccato.
San
Massimiliano Kolbe, morto quale martire della carità ad Auschwitz nel 1941,
figura fra i Francescani che hanno parlato meglio dell'Immacolata Concezione.
San Francesco Antonio Fasani, canonizzato da Papa Giovanni Paolo II il 13
aprile 1986, è meno noto: molto tempo prima della proclamazione del dogma,
questo monaco ha avuto il merito di far conoscere ed amare l'Immacolata.
Il «peccatore dell'Immacolata»
Antonio
Giovanni Fasani è nato il 6 agosto 1681 a Lucera, nelle Puglie (sud-est
dell'Italia). I suoi genitori sono di umile condizione; il padre si guadagna la
vita quale bracciante agricolo. Nella famiglia Fasani, povera di beni
materiali, si è ricchi di fede. Tutte le sere, si recita il rosario davanti ad
un'immagine di Maria Immacolata. Antonio trova presso la madre le radici della
sua profonda devozione alla Santa Vergine. Fin dal 1695, a quattordici anni, il
ragazzo è accolto dai Frati Minori Conventuali. L'anno seguente, pronuncia i
voti con il nome di Fra Francesco Antonio, nel convento di Monte Sant'Angelo.
Il giovane monaco ha un temperamento vivace e ardente, temperato da un'umile
riserva. Si è fatto Monaco per diventare perfetto.
Dal
1696 al 1709, Fra Francesco Antonio continua gli studi di teologia, che
conclude ad Assisi, conseguendo il grado di Maestro, il che fa che venga
chiamato «Padre Maestro». Il suo affetto e la sua venerazione per l'Immacolata
non cessano di crescere e, nella sua umiltà, egli definisce spesso se stesso
come «il peccatore dell'Immacolata», vale a dire un povero peccatore riscattato
dall'intercessione di Maria Immacolata.
Per
la Quaresima del 1707, Padre Fasani viene mandato improvvisamente a predicare a
Palazzo, non lontano da Assisi. La sua giovane età, la sicurezza del suo sapere
teologico, il calore della sua voce, l'ascetismo del viso da cui traspare una
vita interiore profonda, come pure la convinzione che lo anima, provocano nel popolo
entusiasmo ed edificazione. Un testimone riferisce: «Predicava con un fervore
sensibile, in modo che imprimeva nell'anima degli ascoltatori le verità che
annunciava... Parlava della Santa Madre di Dio con un tal trasporto di
devozione, una tale tenerezza ed un'espressione del volto talmente affettuosa,
che sembrava aver avuto un colloquio faccia a faccia con Lei».
Il male più grave
Tornato
a Lucera, dove rimarrà per tutta la vita, predica ivi e in tutta la regione
delle Puglie. La sua predicazione, basata sulla Parola di Dio, non lascia
nessun posto alla fioritura retorica, tanto in onore all'epoca. Padre Fasani
manifesta un orrore e un disappunto indicibile quando vede Dio offeso o quando
gli si riferiscono azioni peccaminose. Quest'orrore del peccato, condiviso da
tutti i Santi, non è per nulla esagerato. Sant'Ignazio di Loyola, negli
Esercizi Spirituali, tante volte raccomandati dalla Chiesa, invita colui che
partecipa ad un ritiro spirituale a chiedere alla Santa Vergine la grazia di
conoscere intimamente i propri peccati e di concepirne orrore (n. 63). Il
Catechismo della Chiesa Cattolica insegna: «Agli occhi della fede, nessun male
è più grave del peccato, e niente ha conseguenze peggiori per gli stessi
peccatori, per la Chiesa e per il mondo intero» (n. 1488). Infatti, per il
peccatore, la conseguenza del peccato mortale (cioè del peccato commesso in
materia grave, con piena coscienza e pieno consenso) significa la perdita della
grazia santificante; e, se muore in tale stato, la privazione della vita
eterna. San Paolo avverte di ciò i Corinti: O non sapete che gli ingiusti
non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: nè immorali, nè idolatri, nè
adulteri, nè effeminati, nè sodomiti, nè ladri, nè avari, nè ubriaconi, nè
maldicenti, nè rapaci erediteranno il regno di Dio (1 Cor. 6, 9-10).
Ed
a colui che si avvale della bontà di Dio per rimanere nel peccato e
rassicurarsi sulla sua sorte eterna, san Paolo risponde: O ti prendi gioco
della ricchezza della bontà di Dio, della sua tolleranza e della sua pazienza,
senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione? Tu, però, con
la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il
giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale
renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che
perseverando nelle opere di bene cercano gloria, onore e incorruttibilità;
sdegno ed ira contro coloro che per ribellione resistono alla verità e
obbediscono all'ingiustizia (Rom. 2, 4-8).
Dal
pulpito, san Francesco Antonio si infiamma contro i vizi e gli scandali
pubblici. Allora, fioccano contro di lui reazioni di sdegno e ingiurie: lo si
taccia di isterico e di rozzo; ma, in fin dei conti, si va comunque a
confessarsi da lui. Ogni giorno, rimane per parecchie ore nel confessionale,
accogliendo persone di tutte le specie con la massima pazienza e con il volto
gioioso. Le sue parole tendono ad ispirare il pentimento e la volontà di
correggersi. Questo ministero finisce coll'assorbire la maggior parte del suo
tempo. Grande è la sua gioia quando riesce a portare alla conversione gente dai
costumi dissoluti o scandalosi, peccatori inveterati.
Maria, rifugio dei peccatori
Nella
sua lotta contro il peccato, il santo ricorre a Maria Immacolata. Sottolinea
che se la Madre di Dio è immacolata, è per essere il rifugio dei peccatori. La
sua purezza cancella le nostre macchie e ci rende puri; il suo splendore
allontana le nostre tenebre. Dopo il peccato di Adamo e Eva, Dio dice al
serpente (cioè al demonio): Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la
tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il
calcagno (Gen. 3, 15 [Vulgata]). I Padri della Chiesa hanno visto questa
profezia compiersi nella Vergine Immacolata, nuova Eva, che ha assecondato in
modo unico il divino Figlio, nuovo Adamo, nella sua lotta contro il male. Ai
peccatori che vogliono convertirsi, Padre Fasani ripete instancabilmente che
Maria, nemica del peccato, è in pari tempo la Madre della misericordia e la
«porta del Cielo» perchè ci invita a pregare, a frequentare i sacramenti della
penitenza e dell'Eucaristia, ad ascoltare il suo divino Figlio ed a seguirLo.
San Massimiliano Kolbe, due secoli più tardi, giungerà fino a dire che
l'Immacolata è la personificazione della misericordia divina: non aggiunge
nulla alla misericordia di Dio, che passa attraverso il Sacro Cuore di Gesù;
ma, conformemente alla volontà di suo Padre, Gesù vuole che la misericordia sia
dispensata dalle mani di Maria.
Nell'Immacolata
Concezione, san Francesco Antonio vede in primo luogo la realtà positiva, la
sublimità della grazia che innalza fin dal primo istante la persona di Maria,
perfettamente santificata in vista della sua missione di Madre di Dio. Mette in
luce, come in contrasto con la grandezza del dono divino, l'umiltà della
Vergine in quanto creatura; la sublimità le viene esclusivamente da Dio: non è
una conquista della natura umana. Padre Fasani sottolinea anche che dopo
quell'inizio straordinario, la vita di Nostra Signora è stata segnata da una
crescita spirituale costante, in una libera corrispondenza con le grazie di
Dio.
In
occasione delle prediche, il santo distribuisce ampiamente, soprattutto ai
bambini, immaginette della Vergine Immacolata, sul retro delle quali è iscritta
una pia raccomandazione, una breve preghiera o un pensiero elevato. I frutti
spirituali di tale pratica semplicissima sono numerosi. La Santa Vergine si
degna di compiere guarigioni miracolose, che si producono quando i malati
toccano dette immagini.
Modello dell'anima d'orazione
Le
predicazioni mariali di Padre Francesco Antonio si concludono sempre con una
lezione pratica: i cristiani possono e devono imitare Maria, perfettissimo
modello di fedeltà al Vangelo, per giungere in sua compagnia all'intimità
d'amore con Gesù e appartenerGli interamente. Gli piace contemplare nella Madre
di Dio il modello dell'anima d'orazione. La vita della Vergine Immacolata è
stata un colloquio permanente con Dio. Chi più di Essa, dopo il suo divino
Figlio, può insegnarci a pregare? Il santo fa notare ai suoi monaci: «Si studia
Dio, si predica Dio, si discute di Dio, ma lo spirito rimane arido, senza
devozione: molto sapere, e nessuna orazione». Ma che cos'è l'orazione? A questa
domanda, il Catechismo della Chiesa Cattolica risponde citando santa Teresa
d'Avila: «L'orazione mentale, a mio parere, non è che un intimo rapporto di
amicizia, nel quale ci si intrattiene spesso da solo a solo con quel Dio da cui
ci si sa amati». L'orazione cerca l'Amore dell'anima mia (Cantico dei
Cantici 1, 7), Gesù, e, in Lui, il Padre. È anche ascolto della Parola di Dio.
Lungi dall'esser passivo, questo ascolto s'identifica con l'obbedienza della
fede, incondizionata accoglienza del servo e adesione piena d'amore del figlio
(ved. CCC, nn. 2709-2716).
La
scelta del tempo e della durata dell'orazione dipende da una volontà
determinata, rivelatrice dei segreti del cuore. Non si fa orazione quando si ha
tempo: si prende il tempo di essere per il Signore, con la ferma decisione di
non riprenderglielo lungo il cammino, qualsiasi siano le prove e l'aridità
dell'incontro. L'orazione può farsi «contemplazione», cioè sguardo di fede
fissato su Gesù. «Io lo guardo ed Egli mi guarda», diceva al suo santo curato
il contadino d'Ars in preghiera davanti al Tabernacolo. La luce dello sguardo
di Gesù illumina gli occhi del nostro cuore che purifica; ci insegna a vedere
tutto nella luce della sua verità e della sua compassione per tutti gli uomini.
La contemplazione porta il suo sguardo anche sui misteri della vita di Cristo.
In questo modo conduce alla conoscenza intima del Signore, per amarLo e
seguirLo di più (ved. sant'Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali, n.
104).
Difensore dei poveri
Padre
Francesco Antonio pratica la virtù della povertà dormendo su un pagliericcio
nella sua angusta cella, accontentandosi di poco e portando vestiti usati. La
vista degli indigenti lo affligge, e nelle sue prediche insiste sulla carità
nei riguardi dei poveri. Per essi, mendica denaro e vestiti. Un giorno, un
mendicante seminudo gli chiede qualche vestito per coprirsi. Padre Francesco si
spoglia dei suoi vestiti principali e torna in convento coperto del solo saio.
Gestisce
saggiamente la «banca di credito» che ha sede nel convento ed il cui scopo è
quello di proteggere i poveri contro le speculazioni degli usurai. Grazie a
detto ente, può organizzare una mensa aperta quotidianamente ai bisognosi.
Tutti i giorni si vede accostarcisi un'umile donna del popolo, Isabella, la
madre stessa di Padre Fasani. Nel paese rovinato dalle guerre, in cui i
latifondisti gravano i contadini di tasse enormi, il Francescano ricorda ai
ricchi il dovere di condividere i beni di questo mondo e di dare un giusto
salario ai loro operai.
Oggi
come ieri, la pratica della giustizia sociale è un grave obbligo per i
cristiani, specialmente i più abbienti. «San Giovanni Crisostomo lo ricordava
con forza ai suoi contemporanei: «Non condividere con i poveri i propri beni, è
defraudarli e toglier loro la vita. Non sono nostri i beni che possediamo, sono
dei poveri». Bisogna adempiere innanzitutto gli obblighi di giustizia, perchè
non venga offerto come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di
giustizia. «Quando doniamo ai poveri le cose indispensabili, non facciamo loro
delle elargizioni personali, ma rendiamo loro ciò che è loro. Più che compiere
un atto di carità, adempiamo un dovere di giustizia» (San Gregorio Magno)»
(CCC, n. 2446). Tale dovere di giustizia è particolarmente grave all'epoca
presente, segnata dallo «scandalo delle società opulente attuali, in cui i
ricchi diventano sempre più ricchi, perchè la ricchezza produce la ricchezza,
ed i poveri diventano sempre più poveri, perchè la povertà tende a creare altre
povertà. Questo scandalo non esiste solamente all'interno delle varie nazioni;
ha dimensioni che superano ampiamente le frontiere... In realtà, è lo spirito
di solidarietà che deve crescere nel mondo, per vincere l'egoismo delle persone
e delle nazioni» (Giovanni Paolo II, 4 novembre 2000).
L'umiltà che fa i miracoli
Indotto
a difendere la virtù di una ragazza quindicenne, senza mezzi, su cui un
gentiluomo ha messo gli occhi, san Francesco Antonio la porta in un
orfanatrofio, dove essa sarà educata gratuitamente. Cosa che gli procura le
minacce e l'odio del gentiluomo che lo denuncia a Roma, dove deve recarsi per
discolparsi. Introdotto alla presenza del Papa, non dice nulla per difendersi;
ma, mentre bacia umilmente i piedi del Pontefice, questi, che soffre di gotta,
si ritrova, a tale contatto, istantaneamente liberato dal suo male; è così
convinto dell'innocenza del Francescano. La sua obbedienza produce anch'essa
prodigi meravigliosi. Un giorno in cui predica dal pulpito, il suo vescovo,
entrando nella chiesa, gli chiede, davanti a tutti, di tacere; tace
immediatamente. Qualche giorno dopo, il segretario del vescovo viene a
prenderlo: il Prelato, colpito da un violento malessere, reclama Padre
Francesco Antonio al suo capezzale. «Inutile, risponde il santo; ha già
ricevuto la guarigione da Maria Immacolata».
Il
29 novembre 1742, all'inizio di una novena preparatoria alla festa
dell'Immacolata Concezione, Padre Francesco Antonio Fasani muore di
spossatezza. Il 16 aprile 1986, canonizzandolo, Giovanni Paolo II sottolineava:
«Predicatore instancabile, san Fasani non attenuò mai le esigenze del Messaggio
evangelico nel desiderio di compiacere agli uomini». Possa egli, dall'alto del
Cielo, aiutarci a ricorrere instancabilmente a Colei che, per sempre immune da
ogni macchia, può liberarci da tutto il male che è in noi.
«O
Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te».
Dom Antoine Marie osb
http://www.clairval.com/lettres/it/2003/02/25/6260203.htm