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SANT’ARCANGELO TADINI

 

UN PRETE DA SCOPRIRE E DA CONOSCERE

 

 

Profilo biografico

 

Arcangelo Tadini nacque il 12 ottobre 1846 a Verolanuova nella provincia e diocesi di Brescia,ultimo di undici fratelli nati dai due matrimoni di Pietro Tadini con Giulia e Antonia Gadola . La sua nascita coincide in un clima risorgimentale, vissuto con diversa profondità anche a Brescia. Sono gli anni anche della svolta industriale di notevole spessore con l’innovazione delle macchine industriali , soprattutto nel settore tessile che troveranno spazio nell’attenzione al sociale del Tadini. Il 16 giugno 1846 veniva eletto papa (1846/1878) Mastai Ferretti, il grande Papa Pio IX che si fece apprezzare per il suo spirito riformistico e attento ad  una promozione sensibile per un laicato impegnato verso responsabilità associative e partecipative.

La vita religiosa  di Arcangelo è segnata dall’educazione familiare, dalla iniziazione ai Sacramenti, battezzato dopo una settimana dalla nascita e confermato con il sacramento della Cresima il 14 maggio 1855; dalla formazione culturale elementare  nel paese natale e Media Superiore nel famoso Collegio di Lovere con molta lode,lasciando fondata speranza di ottima riuscita nel suo futuro.

 

 

 

Vocazione di Arcangelo

 

Nel 1865 all’età di 19 anni, arcangelo entra nel Seminario  diocesano di Brescia, egli, pur provato fin dalla nascita da una salute cagionevole, inizia gli studi filosofici e teologici, distinguendosi per pietà e per profitto. Arcangelo, così laconico sulla sua vita, raccontò, negli anni avanzati, l’origine della sua scelta di seguire Cristo (proc.ord.815-17):”A me capitò, prima che vestissi queste gloriose insegne di sacerdote che, trovandomi in mezzo a persone che si lamentavano di non poter avere la gente pronte alle loro voglie, gridavano – questo non lo otterremo mai, finchè non li avremo staccati dal confessionale, finchè li lasceremo in mano ai preti…”

Fu allora che mi decisi di farmi prete!

Nel seminario di Brescia l’alunno Tadini seguiva i corsi saltuariamente, a causa della salute malferma, infatti  ì registri delle pagelle sono  contrassegnate dalla nota.”aegrotus”, tuttavia non ci sono stati impedimenti all’ammissione agli Ordini Minori e Maggiori. Il 6 novembre 1865 vestì l’abito talare dei chierici con l’attestazione del suo parroco don Francesco Sguazzi; il 13 dicembre 1868 ricevette

gli Ordini minori e il 19 dicembre 1868 il Suddiaconato. A Padova l’11 giugno 1870

il Diaconato con altri 12 compagni e il 19 giugno 1870 a Trento l’Ordinazione sacerdotale all’età di 23 anni.

Tadini,uomo del sacro,secondo il concilio Tridentino, rivive nella vita il sacrificio di Cristo che attualizza nella Messa, ma nello stesso tempo è il pastore che dà la vita per il gregge dei fedeli e corre alla ricerca della pecorella smarrita. Tadini, uomo del sacro e uomo per gli altri. Scriverà:” Tutti gli affari più importanti del mondo che cosa sono in confronto alla salvezza delle anime? Niente. L’anima del più miserabile pezzente uomo della terra, vale più di tutto l’oro del mondo, più della vita di tutti gli uomini; essa è la cosa più preziosa”. Il sacerdozio era la fonte della sua forza e la croce la sintesi del suo sapere. Presentandosi ai suoi parrocchiani diceva:”Tutta la mia scienza, la Croce; tutta la mia forza, la Stola”.

Don Tadini visse il suo sacerdozio come dono, spezzando anche il pane della cultura nelle scuole elementari di Lodrino (1871/1873) e della Noce ( 1873-1885), luoghi dove prodigò i primi quindici anni del suo ministero.

Pur vivendo prima del Concilio sorprende la sua visione moderna del rapporto tra prete e laico. Per esplicitarla usava il paragone del rapporto tra le diverse parti del corpo:”Come nel nostro corpo umano, dal perfetto accordo di ogni sua parte dipendono lo sviluppo e la sua salute, così dai sublimi rapporti tra il laico e il sacerdote, scaturisce, come  un fiume dalla  sorgente, il benessere della società”.

 

 

Don Tadini, parroco a Botticino

 

All’età di 39 anni, don Arcangelo arriva a Botticino Sera, prima come vicario cooperatore, poi come economo spirituale e il 22 marzo 1887 venne nominato parroco di questa comunità cristiana, avendo già assunto tutte le funzioni ministeriali “con zelo e soddisfazione della popolazione “. Botticino è il periodo determinante della vita di don Arcangelo. I lunghi anni sono densi di avvenimenti, di iniziative parrocchiali e di istituzioni religiose che fisionomizzano la comunità cristiana. Iniziò il suo ministero con una certa trepidazione non nascondendola ai suoi parrocchiani ai quali confidava:” E’ vero, non è solo da oggi che io sapevo di venire qui, ma ora ne sento tutto il peso. Forse me lo scorgeva lontano ed irrealizzabile, ma adesso non posso celarvelo; un timore mi opprime, non perché mi trovi con voi, che anzi mi sembra di essere in mezzo ad antichi amici e, all’aspetto dei vostri cari volti, mi sembra che l’affetto vince sopra il timore, dimodochè dimentico quasi la mia pochezza, ma il pensiero della responsabilità dinanzi a Dio…” Successivamente:” Io mi raffiguro in voi una buona pasta, disposta a ricevere le più eccellenti impressioni. M’aspetto da voi miracoli e grandi miracoli. Mi aspetto un miracolo di cristiana pietà in mezzo a tanto dissipamento di spirito; un miracolo di amore scambievole in mezzo a tanto assideramento di cuori…”.

 

 

 

 

Al termine della Professione di Fede nel giorno della presa di possesso della parrocchia, disse: “Starò con voi, vivrò con voi, morirò con voi”.

Durante il suo ministero parrocchiale si adoperò insancabilmente per edificare una comunità cristiana impegnandosi nella fioritura di molte iniziative che si espressero nelle forme più diverse, dalle più tradizionali: quali le Figlie di maria, le varie Confraternite, le Compagnie del Rosario, delle Anime del purgatorio, della Congregazione del SS.Sacramento, il Terz’Ordine Francescano, alle più innovative come il far nascere e fiorire della Compagnia delle Figlie di S. Angela Merici, lo zelo per la Liturgia, il Decoro della Chiesa, la Scuola di Canto, la Banda Musicale ecc… Infine le opere tipicamente sociali vissute in chiave pastorale, come: la Società Operaia Cattolica di Mutuo Soccorso, l’impianto di una filanda per lavoratrici con annesso Convitto per alloggio e formazione e nel 1900 la fondazione della Congregazione religiosa femminile delle Suore Operaie della santa casa di Nazareth.

Don Arcangelo concepiva la parrocchia come una comunità che doveva avere nella chiesa il suo centro di spiritualità, ma anche il riferimento per ogni persona in bisogno e non. Ha sempre pensato che la vita di una parrocchia non segue percorsi di sacrestia, ma abita le contrade del paese, percorre le strade del mondo, è cuore pulsante in cui i parrocchiani devono poter trarre richiami sicuri per vivere. Una comunità missionaria di solidarietà, di contemplazione, di vita e di condivisione, di Parola di Dio e di Grazia, di uomini e di donne contenti di vivere, di crescere e di credere.

Questo concetto e questo sforzo determinò tutto il corso della sua esistenza con i suoi dolori, i suoi affanni, le sue opposizioni, ma soprattutto la riuscita di quanto si era proposto di raggiungere. Egli non ebbe aiuti da nessuno se non dall’umile popolo e da

umili persone che lo seguirono devotamente, pari alla tenacia del loro parroco, che raggiunse il coronamento della sua opera, rendendola benedetta agli occhi di Dio e benemerita agli uomini.

Un’attenzione peculiare nella pastorale del santo parroco fu la famiglia, egli era convinto che se si voleva una società sana, si doveva curare la famiglia; se si volevano genitori esemplari, si doveva dare esemplarità di vita cristiana già ai bambini, agli adolescenti e ai giovani con catechesi mirate e articolate.

Il Santo ripeteva spesso(richiamandosi la responsabilità di guida del popolo di Dio): “Sono in degnissimo sacerdote della santa Chiesa di Dio”

Egli era servitore della Parola di Dio. La grande stima è sintetizzata in queste brevi considerazioni.”Mille mezzi ha la Chiesa per santificare le anime, ma si serve in modo speciale della Parola di Dio, perché con la Parola di Dio fu stabilita, diffusa, conservata e perfezionata la Chiesa, quindi causa del suo impianto.Questo mezzo non lo trovò la Chiesa, ma Gesù Cristo che non usò altro mezzo per evangelizzare e diffondere il regno di Dio”.

Utilizzava la parola in vari modi:l’affermazione categorica, l’esortazione, il rimprovero, la sentenza, l’ironia, la provocazione, la poesia… Affrontava i temi dalle Verità di fede e della Storia della Chiesa a quelli relativi allo stato di vita dei suoi fedeli, a quelli morali come il peccato, lo scandalo, la bestemmia, i divertimenti, il lavoro e la festa. Spiegava i documenti pontifici e le lettere pastorali dei Vescovi.

 

L’ascoltatore poteva facilmente ritenere alcune affermazioni scolpite nella mente come preziose sentenze.

L’impegno per la Parola di Dio e la catechesi erano solidi e coltivati con scrupolo sacerdotale, lui stesso sottolineava umilmente la serietà e la realtà:”Non ho mai lasciato i miei fedeli senza nutrimento spirituale”.

 

 

Le virtù di don Arcangelo

 

Vigoroso stimolo alla perfezione e all’azione caritativa fu la sua costante preghiera e la continua attenzione alla presenza di Dio. Ricordi, impressioni, fatti, contatti si ricollegano in una ricca conclusione di giudizi espliciti : “Che cosa vuol dire pregare? Creati che siamo da Dio, circondati da tutti i suoi benefici, assediati da tanti bisogni, pregare vuol dire gettarci in braccio al Padre di tutti i beni e gridargli: Gran padre della bontà, dateci tutto voi, che da voi solo possiamo aspettarci tutto il bene”. E ancora: “ Non è l’orazione la bella pratica e, nel tempo stesso, il sostegno di tutte le cristiane virtù che dall’orazione sono esercitate e sono nutrite. Si, o cari, per noi pregare è versare tutto il nostro cuore nelle viscere di Dio. Vogliamo andare in Cielo? Coraggio, la preghiera è la scala per giungervi”.

Tutta questa esperienza venne tradotta in norme ascetiche trasmesse alla congregazione religiosa da lui fondata. Una profonda pietà eucaristica  lo metteva in ginocchio per ore davanti al Santissimo e contemplava il grande mistero:” Grande fu l’abbassamento nell’Incarnazione che dell’essere uguale a Dio , si umiliò a uomo vile, ma assai più nell’Eucaristia: nell’Incarnazione nascose la propria divinità, nell’Eucaristia anche l’umanità: Con il dono dell’Eucaristia Dio ha esaurito e posto un limite alle sue inesauribili e illimitate perfezioni”.

La sua fiducia nella Provvidenza non venne mai meno. Davanti a situazioni umane disperate, quali il pignoramento dei mobili della canonica, davanti alle maldicenze, non pronunziò una parola contro:” Tutto ciò che Dio vuole è bene e sommo bene”.

Si è dimostrato sempre obbedientissimo verso i suoi superiori anche quando  l’obbedienza gli ha chiesto il sacrificio della sua opera. Come Abramo, accetta e scrive:”Per mio conto non metto nessuna condizione alle decisioni della Santa Sede, sicuro che tutto sarà disposto a bene mio e dell’Istituto”.

La sua umiltà, la sua  fede rocciosa, la sua carità operosa esprimono la sua intima e costante unione con Dio e voleva i suoi cristiani senza paure e senza rispetto umano, capaci e coraggiosi per tessere l’unità nella carità:” Per quanto soffriamo di fatiche, di stenti e di patimenti, se tutto ciò non è diretto alla carità, non potremo ottenere salvezza, saremmo dei famigerati filantropi…”

Va evidenziato che tutta la sua formazione umana venne arricchita da un intenso lavorio spirituale sotto l’influsso della grazia. Ad ispirare ogni atto della sua vita al principio soprannaturale della fede fu il continuo anelito alla santità in una generosa azione apostolica a beneficio di tanti fratelli bisognosi.

 

 

Egli mise la sua cultura al servizio della evangelizzazione, convinto che il Vangelo possiede la capacità di forgiare l’esistenza individuale e di plasmare il tessuto sociale.

E’ stato detto dai Teologi di don Arcangelo:” Colpisce soprattutto la maniera con cui egli riesce a comporre la fedeltà franca alla Verità e alla tradizione con la creatività fiduciosa in risposta alle urgenze emergenti dai segni dei tempi. La sua vita e il suo insegnamento possono oggi essere di fecondo incoraggiamento e stimolo al popolo di Dio nell’impegno di nuova evangelizzazione, che esige in maniera particolare fedeltà creativa”.

 

 

Don Arcangelo Tadini, santo

 

 

La Chiesa ha riconosciuto la santità di questo sacerdote proclamadolo BEATO il 3 OTTOBRE 1999 e il 26 APRILE 2009  CANONIZZANDOLO.

La santità di don Arcangelo si può scriverla così: una santità della quotidianità, aperta a tutti, perché fatta di accettazione della propria piccolezza e normalità, qualificata eroica, perché vissuta lungo l’arco della sua missione sacerdotale che realizzò con fedeltà e con perseveranza straordinarie.Egli è stato una presenza in tutti gli eventi  della sua gente: lieti e tristi, presenza che percorre le strade alla ricerca degli ultimi che hanno bisogno di conforto spirituale e materiale.

Il Santo Padre benedetto XVI proclamandolo santo nell’anno sacerdotale da lui indetto, ebbe a dire:” Quanto profetica fu l’intuizione carismatica di don Tadini e quanto attuale resta il suo esempio anche oggi, in un’epoca di grave crisi economica. Egli ci ricorda che solo coltivando un costante e profondo rapporto col Signore , specialmente nel sacramento dell’eucaristia,possiamo essere in grado di recare il fermento del Vangelo nelle varie attività lavorative e in ogni ambito della società”

E domenica 8 novembre 2009 Papa Benedetto XVI nella sua visita a Brescia ha voluto essere pellegrino di preghiera a Botticino, prima tappa del suo viaggio, per venerare il corpo di Sant’Arcangelo, ora definitivamente custodito nella parrocchia , eretta   Basilica e Santuario di Sant’Arcangelo. Questa Chiesa che don Tadini ha servito fedelmente per 25 anni come parroco.

Dopo la preghiera personale e silenziosa all’urna, uscendo sul sagrato gremito di folla,il Papa ha pronunziato queste parole:”Cari fratelli e sorelle sono molto felice di essere nella parrocchia di sant’Arcangelo Tadini, che ho canonizzato poco tempo fa e dal quale sono edificato. Questo santo vissuto a cavallo tra l’800 e il’ 900  ci ha insegnato con la sua vita spirituale e l’impegno sociale, a lavorare per un mondo fraterno dove non si vive solo per se stessi, ma per gli altri. E’ stato un grande dono alla società, affinché nasca in essa un amore fraterno”.

La visita del santo Padre, seppur breve, davanti a don Tadini, si inserisce in un tempo di grazia per la Chiesa italiana e per la chiesa bresciana, perché ci fa scoprire la santità di un parroco semplice, vicino a ciascuno di noi, “Uno di noi e con noi”.