Convegno Teologico
Aula Magna
della Pontificia Università
Lateranense,
giovedì 11 e venerdì 12 marzo 2010
L’Anno Sacerdotale è una buona occasione
per ricapitolare alcune delle questioni più rilevanti nei rapporti tra clero e
laicato. È ben noto quanto l’autocoscienza della Chiesa come mistero di comunione,
dono dello Spirito nell’evento e negli insegnamenti del Concilio Vaticano II,
ripresa e approfondita nel magistero dei successivi pontefici e nell’iter
sinodale della Chiesa, sia stata semina feconda per impostare e per attuare in
modo sempre più corretto i rapporti tra il clero e i fedeli laici. Infatti,
riprendendo una grande corrente storica di “promozione del laicato”, il
Concilio Vaticano II illuminò la vocazione e la dignità battesimale dei fedeli
laici e la loro piena appartenenza alla Chiesa, mistero di comunione
missionaria, ponendo in risalto la partecipazione di tutto il popolo di Dio al
dono sacerdotale di Cristo, impiantando il sacramento dell’ordine, gerarchico e
ministeriale allo stesso tempo, nel contesto del sacerdozio universale dei
fedeli.
Oggi si può considerare superata, in linea di massima, quella
visione tradizionale che recludeva i fedeli laici in una condizione di minorità
– come se si trattasse d’una massa di destinatari e clienti dell’azione
pastorale – favorita da quelle forme storiche e culturali di “clericalismo” che
avevano impregnato la prassi e il volto della Chiesa cattolica, soprattutto
nella fase del tardo-tridentino, in reazione alle istanze critiche della
“riforma protestante” e dell’“Illuminismo”. La risposta reattiva di definire i
laici in opposizione al clero e ai religiosi, accentuando la loro specificità e
autonomia, portò, nella prima fase del dopo-concilio, a concepire e attuare il
loro protagonismo come ricerca e ridistribuzione di spazi, diritti e poteri,
dando luogo a non poche tensioni, contestazioni e conflitti in seno alla
compagine ecclesiale. Non furono una buona traduzione degli insegnamenti
conciliari né della loro fedele attuazioni neanche le tendenze che hanno
portato a una “secolarizzazione dei clerici” e ad una “clericalizzazione dei
laici”. Infine, fu anche fuorviante, lontana dalla realtà, anche l’idea di una
“promozione del laicato” che riducesse l’importanza del sacerdozio ministeriale
e che portasse a considerare maggiormente la responsabilità dei laici nel
colmare le lacune causate dalla scarsità di sacerdoti, come se si trattasse di
un mero scambio di funzioni.
È fondamentale, dunque, che sullo sfondo
della comune appartenenza battesimale di tutti i christifideles, in cui “comune è la dignità dei membri (…), comune
la grazia dei figli, comune la vocazione alla perfezione, una sola salvezza,
una sola speranza, e indivisa la carità”, si mantenga con chiarezza, sia a
livello teologico che nella prassi pastorale, la differenza tra sacerdozio universale
dei fedeli e sacerdozio ministeriale, entrambi radicati nell’unico sacerdozio
della nuova ed eterna Alleanza, cioè nel sacerdozio di Cristo, ma come modalità
essenzialmente diverse. Essi sono “ordinati l’uno all’altro” (Lumen Gentium, 10) nella comunità
organica e gerarchica che è la Chiesa, che si fonda, e sempre si rinnova, sui
doni sacramentali e carismatici che le sono coessenziali, arricchita da diversi
ministeri, stati di vita e compiti. Il sacerdozio ministeriale è essenzialmente
riferito e ordinato al sacerdozio comune, come servizio per far crescere la consapevolezza e la responsabilità battesimale
di tutti i fedeli. Essi, infatti, non sono soltanto destinatari della Parola,
della celebrazione dei sacramenti, dell’educazione alla fede e del servizio
della carità, giacché l’impegno profuso dal sacerdote è reso affinché diventino soggetti consapevoli della
loro vocazione cristiana e responsabili della missione della Chiesa a tutti i
livelli dell’esistenza umana. Il sacerdozio comune, invece, è ordinato a quello
ministeriale perché ne ha bisogno per poter diventare offerta di tutta la vita
al Signore.
È molto importante coltivare ed educare
il sensus fidei e il sensus ecclesiae dei fedeli laici in
rapporto al dono del sacerdozio ordinato per il disegno di salvezza, per
l’essere e la missione della Chiesa, per la vita cristiana dei battezzati. Si
tratta di una importante questione per la catechesi, ma che non si risolve con
la semplice ripetizione della dottrina; ha bisogno, invece, per essere veramente
educativa, della testimonianza che, tramite la loro vita e il loro ministero,
gli sacerdoti rendono del Cristo che rappresentano di fronte alla comunità dei
fedeli. Infatti, i fedeli laici hanno
bisogno che i sacerdoti condividano con loro, a mani piene e col cuore colmo di
riconoscenza e di zelo per le anime,
i doni della Parola di Dio e dei Sacramenti, nella consapevolezza della comune
appartenenza al mistero della Chiesa come fatto primordiale della loro vita. I
fedeli laici hanno bisogno di essere aiutati a riscoprire la bellezza, la
gioia, il senso di gratitudine e la responsabilità dell’essere cristiani. Essi
devono sapersi riscoprire peccatori,
mendicanti della misericordia divina, per riavvicinarsi con frequenza al
sacramento della penitenza, trovando i preti nell’attesa disponibile e
fiduciosa nel confessionale. Essi hanno bisogno di essere richiamati alla
grazia del matrimonio, per vivere con maggiore pienezza questo mistero grande
di unità, di fedeltà e di fecondità. Hanno bisogno di sacerdoti che siano
autentici educatori alla fede e nella fede, che li sostengano nella loro
crescita come christifideles. Hanno
bisogno di essere accompagnati nell’itinerario di un’autentica esistenza
cristiana, che abbia l’eucaristia come fonte e culmine. Hanno bisogno di
sentire vicino il sacerdote nei momenti cruciali della loro esistenza. Essi
hanno bisogno, dunque, del sacerdote per la loro salvezza!
I fedeli laici sentono vivamente il
bisogno di santi sacerdoti.
Su questo sfondo di riflessioni, il testo
che ho preparato affronta in modo speciale cinque campi tematici che ora
soltanto menziono. Il primo è quello della “pluralità di ministeri”
nell’edificazione della comunità cristiana, apprezzando e valorizzando il
contributo prezioso dei fedeli laici nell’esercizio di diversi “ministeri non
ordinati” in uno spirito di vera comunione, di gratuità e di servizio e
mettendo in guardia, invece, contro ogni pericolosa tendenza alla loro
“clericalizzazione”. Il secondo si riferisce al compito sacerdotale di saper
scoprire, discernere, valorizzare e fomentare i multiformi carismi dei laici e,
in modo particolare, quelli tramite cui non pochi sono attratti a una più alta
vita spirituale, specialmente mediante la loro partecipazione in diverse associazioni
di fedeli. I sacerdoti sono chiamati a condividere la gioia e la gratitudine
che hanno manifestato S.S. Giovanni Paolo II e S.S. Benedetto XVI, in un
abbondante e ricco magistero, nel riconoscere i movimenti ecclesiali e le nuove
comunità come “provvidenziali”, un bene e una viva speranza per la Chiesa
universale, per la sua missione. Vale anche per loro ciò che il Papa Benedetto
XVI raccomandava ai Vescovi: “andate incontro ai movimenti con molto amore”. La
terza questione approfondita è quella della partecipazione del sacerdote nei
movimenti e nuove comunità, un fatto che, in genere, rinnova la propria
vocazione e arricchisce il proprio ministero grazie alla carica carismatica,
educativa e missionaria di queste realtà, destinate ad essere per ciascuno il
sostegno per i propri compiti oggettivi nella Chiesa, luce e calore che li
rendono - e questo è segno e verifica importante! - ancora più capaci di fedeltà
al proprio Vescovo, più legati alla fraternità nel presbiterio, più attenti
alle incombenze della pastorale e della disciplina ecclesiastica, più
disponibili al servizio di tutti. Il quarto tema specificamente sviluppato è la conversione del sacerdote per
mettersi in vero stato di missione, oltre la “pastorale di conservazione”, che
non si limiti ad attendere i fedeli in chiesa né a rinchiudersi nel ghetto dei
“buoni cattolici” né a rifugiarsi in discorsi astratti, ma inviato ad gentes, andando incontro alla vita,
ai bisogni e alle attese delle persone, delle famiglie e delle comunità nella
loro realtà quotidiana, dovunque essi si trovino, mettendo ogni cosa a
confronto con l’annuncio della presenza di Cristo, pieno di com-passione e di
misericordia. Il quinto tema approfondito è la necessità che hanno i fedeli
laici impegnati nei diversi ambiti della vita pubblica di contare sulla
presenza di sacerdoti vicini e competenti che li richiamino al significato e
alle esigenze cristiane dei loro stessi impegni e li aiutino a vivere coerentemente.
Infine, tre annotazioni. Prima, il
bisogno che hanno il sacerdoti dei fedeli laici, delle famiglie cristiane,
delle comunità, delle associazioni e dei movimenti, come compagnia e sostegno
cristiano per la loro vita, spesso logorante. Seconda, la corresponsabilità dei
laici in una formazione dei sacerdoti tesa ad abbracciare tutta la realtà con
grande amore, alla luce di un giudizio cristiano. Terza: una maggiore responsabilità
dei fedeli laici riguardo all’incremento delle vocazioni sacerdotali.