Convegno Teologico

Presso l’Aula Magna

della Pontificia Università Lateranense,

giovedì 11 e venerdì 12 marzo 2010

 

«Fedeltà di Cristo, fedeltà del Sacerdote»

 

 

Conferenza di S.E.R. Mons. Gerhard Ludwing Müller, Vescovo di Ratisbona

 

 

Sacerdoti e cultura contemporanea

 

La cultura è espressione di creatività e di libertà

            Il Concilio Vaticano II affronta espressamente il tema della determinazione del rapporto fra teologia e cultura. Nella costituzione pastorale sulla Chiesa nel Mondo, Gaudium et spes, il magistero della Chiesa si dichiara a favore della corretta promozione del progresso culturale.

            In tal modo i Padri conciliari colgono il concetto illuministico di cultura, che vede in quest'ultima l'ideale di un progresso dell'uomo che, alla fine, lo aiuta a far valere la propria autodeterminazione così a lungo repressa? In definitiva, in questo mondo, l'uomo è l'unico essere vivente che può determinare le proprie azioni e orientarsi  per quanto riguarda gli scopi, le finalità e i valori. Egli è anche per natura in sintonia con la cultura, che lo fa avanzare nel suo sviluppo allontanandolo, nello stesso tempo, dalla natura (per l'ambito tematico dell'età moderna cfr Romano Guardini, Das Ende der Neuzeit, Basilea 1965).

            Le conseguenze pericolose di una «cultura del successo» isolata ce le ha esposte la teoria evoluzionistica di Darwin. Ci si riferisce alla visione del mondo dell'evoluzionismo quale immagine del mondo materialistico-monistica e non alla scienza empirica della nascita e dello sviluppo della vita e delle sue forme (cfr Mohammed Rassem, Heinrich Fries, Kultur, in: Görres-Gesellshaft, Staatslexicon, vol. 3, Friburgo, 1987, 746-757).

            L'uomo è ridotto a materia e biologia. Il suo sviluppo dipende dal grado di capacità tecnica e culturale raggiunto. In tal modo è andata perduta qualsiasi forma di legame metafisico e trascendente dell'uomo con un'istanza a lui sopraordinata. La cultura e il progresso tecnico come vantaggio antropologico?

            Cultura presuppone libertà. Essa rappresenta lo spazio formativo dell'uomo, nel quale egli elabora le decisioni spirituali già ponderate. Questa libertà è, al più tardi a partire dall'illuminismo popolare,  un meccanismo di senso autonomo, una volontà di formazione individuale e soggettiva, che esclude un'immagine del mondo compatta e una norma vincolante, al di là della fattibilità umana.

            Tuttavia è proprio la libertà a rendere l'uomo un essere culturale. Non deve portarlo a credere di non avere vincoli e doveri oppure a non sapere che quella di essere creatura è la sua disposizione fondamentale, che gli indica sempre l'origine e lo scopo di tutta la vita, ossia Dio. È proprio della natura spirituale dell'uomo fare riferimento a un'infinità che supera il mondo. Amore vuole eternità. Per questo limitarsi all'immanenza significherebbe distruggere l'uomo. L'uomo ha una vocazione ampia: quella divina (cfr Concilio Vaticano II, Costituzione sulla Chiesa e sul Mondo di oggi, Gaudium et spes, n. 22; Gerhard Ludwig Müller, Katholische Dogmatik. Für Studium und Praxis der Theologie, Friburgo 2010, 126.)

            La libertà permette però all'uomo di vedere con i propri occhi impressioni, opinioni ed esperienze, di catalogarle e di dare loro una forma nell'elaborazione e nell'apertura spirituale: «Con il termine generico di “cultura” si vogliono indicare tutti quei mezzi  con i quali l'uomo affina e sviluppa le molteplici capacità della sua anima e del suo corpo; procura  di ridurre in suo potere il cosmo stesso con la  conoscenza e il lavoro; rende più umana la vita sociale, sia nella famiglia sia in tutta la società civile, mediante il progresso del costume e delle istituzioni; infine, con l'andare del tempo, esprime, comunica, e conserva nelle sue opere le grandi esperienze e aspirazioni spirituali, affinché possano servire al progresso di molti, anzi di tutto il genere umano (Gaudium et spes,  n. 53).

            Con ciò si afferma, nello stesso tempo, che esistono elementi sociali ed etnici, che producono una cultura indipendente etnica, politica, artistica e letteraria. Le esperienze individuali dell'uomo dipendono dunque dalle sue condizioni di vita, dalla natura, dalla storia del Paese e dal popolo nonché dalla religione: «Così da usanze tradizionali si forma il patrimonio proprio di ciascun gruppo umano» (Gaudium et spes, n. 53).

           

I confini della cultura  divengono sfumati - antinomie della rete culturale

           

            Dietro il termine politico «globalizzazione», utilizzato soprattutto per questioni meramente finanziarie, si nasconde anche l'idea che la cultura di un Paese non resta più geograficamente limitata. Lo scambio di informazioni, la grande mobilità e la collettivizzazione  della vita promuovono un intenso scambio di identità culturali di singole regioni e popolazioni della Terra. Le culture attuali creano identità per il proprio spazio culturale e sono così, nello stesso tempo, canali e ambiti di comunicazione con il mondo. Il concetto di cultura offre la possibilità di poter sviluppare, contro una segmentazione sociale, una frammentazione politica e un pluralismo cognitivo, un significato generale integrante di realtà umana (Cfr Christoph Schwönbel, Christlicher Glaube im Pluralismus. Studien zu einer Theologie der Kultur, Tubinga 2003).

            Il pericolo insito in una fusione delle culture consiste nella dissoluzione di elementi specifici dello spazio culturale e nella rinuncia all'identità culturale. La cultura regionale viene sacrificata, spesso a detrimento di peculiarità culturali preesistenti, a una cultura di massa uniforme con tratti sincretistici. Ne sono esempio gli anglicismi nelle lingue europee. Esagerando si può affermare che la cultura può diventare un concetto di lotta, con il quale i rappresentanti di singoli gruppi pretendono ogni volta di formulare norme vincolanti per la società in generale. D'altra parte, si crea una sorta di identità di tutta l'umanità che nella molteplicità dei mondi culturali e degli spazi vitali riconosce una base comune per una reciprocità positiva: «E così poco a poco si prepara una forma di cultura umana più universale, la quale  tanto più promuove ed esprime l'unità del genere umano, quanto meglio rispetta le particolarità delle diverse culture» (Gaudium et spes, n. 54).

            Proprio del concetto di cultura è il fatto che contro la crescente segmentazione sociale, il frazionamento politico e il pluralismo cognitivo essa può sviluppare un significato comune integrante della realtà umana.

            Sarà interessante l'accostamento (o lo scontro) futuro fra una «nuova cultura», che si eleva a cultura di tutta l'umanità, e l'«eredità» culturale di singoli popoli e del passato. Proprio in un'Europa di nuova formazione, la concorrenza fra le eredità culturali esistenti (tradizioni, storie, cultura spirituale) dei singoli Stati europei e una cultura europea comune diverrà il capitolo più avvincente dell'unione europea.

           

 

Libertà e Persona

 

            La libertà è un momento personale nell'uomo. È proprio del suo essere persona scegliere Dio in piena libertà, intendere la propria vita al servizio della creazione, e, in tal modo, considerarsi collaboratore della verità. La creazione è il fondamento della capacità di riflettere su di sé e della contrapposizione spirituale-razionale con la realtà, che circonda l'uomo. Quindi proprio la teologia ricorda che la cultura è rivolta allo sviluppo generale della persona umana, al bene della comunità e alla realtà della società umana generale. Proprio il sacerdote può recare un contributo alla purificazione delle culture dei diversi popoli contro le minacciose seduzioni di una non-cultura (scarsa tutela della vita, limitazione dei diritti, reati contro i diritti dell'uomo e la dignità della persona), che limitano, mettono a repentaglio o disprezzano l'essere persona dell'uomo:

            «È proprio della persona umana il non poter raggiungere  un livello  di vita veramente e pienamente umano se non mediante la cultura, coltivando cioè i beni e i valori della natura» (Gaudium et spes, n. 53).

            Nello stesso modo, le culture di oggi sono nella condizione di contribuire alla conoscenza della salvezza, che è divenuta tangibile storicamente in Gesù Cristo e è giunta nel mondo. Lo studio delle scienze naturali, l'obiettività assoluta della verità, lo scambio internazionale, il miglioramento della situazione medica e non da ultime le opere artistiche sono, se interpretati correttamente, proprio riferimenti al modo in cui Cristo ha salvato e liberato il mondo, sempre che non portino a un'autonomia secolare dell'uomo, che esclude Dio e nella quale l'uomo basta a se stesso.

            Perciò è importante che i sacerdoti contrastino i pericoli di un mero fenomenalismo e dell'agnosticismo, che sono spesso propri dei metodi delle moderne scienze naturali e delle scienze culturali, con un inequivocabile richiamo alla personalità e alla relativa non disponibilità.

           

La Chiesa difende la cultura e la produce

           

            La Chiesa, i sacerdoti e la teologia hanno sempre conosciuto gli elementi creativi dell'uomo che producono cultura. Per secoli la Christianitas è stata intesa come simbiosi fra Chiesa e mondo. Si tratta di un compito personalissimo della Chiesa tutelare il patrimonio culturale trasmesso e, contemporaneamente, produrre una cultura autonoma. L'istituzione esemplare di organismi scolastici e formativi, che culminò nella fondazione delle università medievali, testimonia in modo eloquente la sollecitudine della Chiesa per la cultura. Il grande John Henry Newman (1801-1890), che Papa Benedetto XVI presto proclamerà santo, richiamò l'attenzione sul fatto che la teologia negli atenei è impegnata con la conoscenza universale. Proprio i non credenti possono riconoscere che la teologia possiede  una gran quantità di conoscenze storiche e culturali, una straordinaria capacità di immergersi nella riflessione filosofica al punto che perfino il fine stesso dell'università, ovvero l'orientamento alla totalità della conoscenza, sarebbe errato se la teologia venisse rimossa dalla gamma delle materie degli atenei. Si sa anche però che la cultura  non si basa solo su accenti culturali, ma in definitiva scaturisce dalla formazione e dalla conoscenza tramandata in modo vivo (cfr John Henry Newman, Vom Wesen der Universität. Werke con John Henry Newman V, pubblicato da Matthias Laros, Werner Becker, Johannes Artz; cfr Gerhard Ludwig Müller, John Henry Newman. Edizione straordinaria, Augusta 2010, 80-101.)

            Importante è anche il tema della liturgia. Senza dubbio la liturgia  della Chiesa (anche come elemento costituivo delle discipline teologiche) è una dimensione che produce cultura. Le sue forme espressive, i suoi canti, le sue preghiere e lo svolgimento degli atti liturgici sono cultura, anche se da principio considerati solo esteriormente.

            Da secoli si sono  sviluppate forme musicali particolari (canti gregoriani), gesti e riti sono divenuti elementi costitutivi di una cultura inizialmente europea, ma che poi si è estesa a tutto il mondo. Tuttavia, il rito, l'atto esteriore, rispecchia la determinazione interiore. Il tesoro della preghiera della Chiesa e  le case di Dio sono divenuti segni visibili della presenza di Dio fra gli uomini. La loro esistenza e la loro vita sono l'espressione della massima realizzazione della cultura. Esprimono la fede in modo visibile in verità: «spirito nel mondo». In questo consiste la responsabilità particolare del sacerdote. La liturgia è offerta al sacerdote e non è lasciata alla fantasia soggettiva. Il tesoro della liturgia è offerto come dono di Dio che si rivela nel mistero, spetta al Magistero della Chiesa e produce, proprio in questo modo, forme di linguaggio culturale e di creazione artistica.

            Di una cultura positiva fa parte anche il rapporto con i malati e  con gli anziani. Un ampliamento culturale serve al benessere di tutta l'umanità, quindi è anche un dovere sottolineare i criteri morali  nel rapporto con il singolo. Una società non si delinea proprio per il modo in cui tratta i disabili, i malati, i morenti? Tali questioni non sono forse il criterio di una cultura autentica in contrapposizione a un abbrutimento in cui merita la vita solo colui che si adatta a un'ideologia dominante? (cfr nazionalsocialismo, comunismo)

            Opporsi alla «cultura della morte», come Papa Giovanni Paolo II nella sua Enciclica Evangelium vitae, significa scegliere una cultura  moralmente ed eticamente elevata. La cultura non è tangibile solo nei monumenti architettonici dell'arte del passato e del presente, ma deve essere valutata in base al comportamento reciproco fra le persone.

            Così la Costituzione Pastorale può parlare di «nascita di un nuovo umanesimo» Gaudium et spes, n. 53).

            L'uomo diverrà sempre più consapevole del proprio ruolo di produttore e creatore di cultura della sua comunità. La responsabilità per gli interessi dell'uomo e la sua maturazione morale e spirituale sono divenuti concetti chiave in un mondo sempre più pericoloso e bellicoso. Il nuovo umanesimo, del quale parla la Costituzione, mira proprio alla responsabilità, che l'uomo si è assunto per il proprio prossimo.

            Anche qui il sacerdote è al servizio dell'uomo, della vita. L'incontro personale con chi spesso è dimenticato dalla società è la risposta a tale disprezzo. Grazie al sacerdote vengono accolte e considerate nel loro essere creature. Attraverso quest'opera pastorale nasce una cultura della vita, dell'umano.

           

La molteplicità culturale è una sfida

 

            La Chiesa, accogliendo le conquiste delle singole culture nel suo compito di annuncio, non può perdere la propria identità, che è al di sopra di tutta la cultura. Il contributo della Chiesa a un superamento del presente viene spesso considerato soltanto sotto l'aspetto della sua capacità culturale e del suo ruolo storico di ponte fra moderno e antico.

            Le culture di un Paese sono, dunque, considerate dalla Chiesa un dono, che viene offerto per trasmettere il messaggio di Gesù Cristo di volontà universale di salvezza anche alle culture più estranee e particolari. Qui l'universalità e la validità del Signore della Storia superano qualsiasi isolamento e segmentazione umani nella nazione,  nella tradizione e negli usi e costumi. A sua volta la Chiesa è una sfida e un arricchimento per le culture straniere. Il suo pensiero cattolico universale può, in tal modo, condurre il limitato pensiero umano, che è proprio di alcune culture, a nuove dimensioni e a ulteriori riflessioni. In nessun caso la Chiesa «travolge» le culture esistenti. Al contrario, alcune peculiarità culturali, politiche o nazionale trovano la propria essenza solo se la teologia e la Chiesa mettono a disposizione il necessario orizzonte. In ciò consistono anche la grandezza e la fatica dell'opera missionaria, che viene svolta ogni giorno in tutto il mondo da sacerdoti e da religiosi. Il rapporto con l'eredità culturale dell'umanità nei Paesi in cui prestano servizio, ha bisogno di questa vastità e di questa tolleranza nonché di fiducia incrollabile nella fede che viene annunciata.

 

 

Mobilità spirituale attraverso la teologia - trascendenza come presupposto della cultura

           

Proprio la teologia è il segno grandioso della forza innovativa e convincente del progresso culturale. La maturità spirituale e lo spessore speculativo della teologia in tutte le sue sfaccettature dimostrano che è stata la sua forza a spingere lo spirito umano a continuare a riflettere anche oltre la condizione raggiunta.

            Anche qui appare chiaro che la cultura non è una costante che si può afferrare materialmente, ma, attraverso un'approfondita riflessione, produce la mobilità spirituale, che permette all'uomo stesso di far progredire la propria fede e la propria esistenza.

            Oppure gli uomini e i popoli avrebbero ogni volta una cultura, se  no fosse loro possibile un incontro con Dio, con la trascendenza? L'origine di ogni cultura risiede nel condizionamento dell'uomo come creatura e nella sua conseguente capacità di accogliere questo messaggio di salvezza e quindi di superare i suoi confini immanenti. Grazie alla teologia l'uomo comprende meglio la propria fede. Tutta la storia della teologia presenta  elementi d'indagine della massima importanza. Quindi i primi secoli dello sviluppo teologico sono ineluttabilmente stati legati alla questione della vera divinità e della vera umanità in Gesù Cristo. I secoli della cristologia hanno illuminato il mistero del figlio di Dio, svelato nuovi accessi a Cristo e scatenato la fantasia dell'arte e della sua espressione culturale (cfr rappresentazioni classificatorie di Cristo dei primi secoli. cfr Alois Grillmeier, Jesus der Christus im Glauben der Kirche vol. 3, Friburgo 1979-1990; Louis Bouyer, Le fils eternel. Théologie de la Parole  de Dieu  et christologie, Parigi  1974).

            La teologia e la Chiesa non devono però dissolversi nella cultura. Devono rendere possibile all'uomo la trascendenza. La cultura appartiene alla sacramentalità della Chiesa. È segno, espressione e strumento di comunicazione dell'uomo con Dio sulla base dell'autorivelazione di Dio nella creazione, nell'incarnazione e nel compimento escatologico. Se si riduce la teologia a un oggetto di ricerca culturale, essa diviene un pezzo da museo e soprattutto la si priva del diritto di partecipare attivamente alla vita culturale e quindi anche sociale e politica. Il relegarla al passato è in definitiva un'amputazione. Di conseguenza, se si definisce la teologia come portatrice di cultura, si parla come Schopenhauer per il quale con il progresso della cultura avanza la morte della religione.

            In questa prospettiva diviene chiaro che la teologia deve tornare a essere il motore dinamico della società (eventualmente anche della politica) e del mondo spirituale fra gli uomini e che non deve divenire materia di ricercatori culturali, che si occupano di archeologia e non di teologia.

            La teologia non deve nemmeno essere resa dipendente dalle varie culture. Di certo c'è un'influenza reciproca, che però non deve condurre a una dissoluzione della teologia nella cultura del momento. Devono però esistere «teologie» plasmate dalla cultura di un Paese. In definitiva, la teologia deve parlare la lingua delle persone alle quali si rivolge, per poterle raggiungere. Con ciò si aprirebbe un nuovo circolo tematico, che è collegato al termine inculturazione, che però deve sempre tenere conto dell'universalità della volontà salvifica di Dio. Considerare insieme fede, scienza e società è ancora oggi il compito dei sacerdoti  e di tutti i teologi, che si dedicano alla conoscenza della fede negli istituti, nelle accademie e nelle università.

           

Conseguenze

1)      I sacerdoti devono far sì che agli uomini venga garantito il diritto alla cultura. Il regime dittatoriale («comunismo dell'età della pietra» o modelli sociali socialisti e laicisti), al fine di spezzare letteralmente gli uomini, li hanno privati della letteratura, della musica e della formazione e così hanno tolto loro una parte essenziale del loro essere uomini. La Gaudium et spes lo ha affermato così: «Poiché si offre ora la possibilità di liberare moltissimi uomini dal flagello dell'ignoranza, è compito sommamente confacente al nostro tempo, in specie per i cristiani, lavorare indefessamente perché tanto in campo economico quanto in campo politico, tanto sul piano nazionale quanto sul piano internazionale, siano prese le decisioni fondamentali, mediante  le quali  sia riconosciuto e attuato  dovunque il diritto di tutti  a una cultura umana conforme  alla dignità della persona, senza distinzione di razza, sesso, di nazione, di religione o di condizione sociale» (Gaudium et spes, n. 60). Teologia e Chiesa si presentano dunque nel mondo a difesa di una cultura basilare  propria di tutti gli uomini.

2)      L'incremento della conoscenza contenutistica nelle singole discipline della cultura rende impossibile una visione generale di tutte le aree del sapere. La teologia può indicare la trasmissione più elementare, l'ordine più fondamentale della realtà: la famiglia è il luogo più immediato di trasmissione culturale di valori. Nella famiglia, attraverso un'educazione amorevole, i bambini apprendono le forme collaudate di cultura umana. In essa stanno le radici promettenti di una cultura positiva. Qui, nella famiglia, viene stabilito ciò che poi promuoverà l'impegno per la cultura. L'esperienza di amore è il centro di tutta la cultura e dell'umanità.

3)      I sacerdoti si devono confrontare intensamente con tutti i campi della scienza. L'informazione, il rapporto con la scienza e la conoscenza personale sono colonne portanti della trasmissione dei valori cristiani per un futuro orientato al messaggio cristiano.

4)      I sacerdoti devono interessarsi alla vita culturale di una società, per poter esporre con incisività le proprie idee di una buona società di valori, formazione e cultura. Il riferimento alla trascendenza quale fonte di tutta la cultura eleva l'opera compiuta al di sopra dei confini posti della limitatezza umana.

5)      Soprattutto è compito della teologia collegare il concetto di cultura con quello di persona. La cultura non è al di fuori dell'esistenza personale dell'uomo, ma è espressione della sua libertà, della sua personalità e del suo riferirsi a Dio. Questo può riuscire soltanto se si sviluppa un'antropologia che sia chiaramente terreno fertile della vera cultura dell'umanità.

6)      La cultura deriva dalla comunione di vita dell'uomo con Dio. A partire dalla creaturalità si costituiscono l'identità personale così come la realtà, il valore e l'attività essenzialmente proprie dell'uomo. Tuttavia, fin dall'inizio, questa creaturalità non è una dinamica che corre nel vuoto, nei confronti della quale Dio si sarebbe posto come compimento in modo meramente positivistico con un secondo atto solo esteriormente legato alla Creazione. Invece, l'uomo è stato creato da Dio ricevendo, nello stesso tempo, la giustizia e la santità originarie ed essendo quindi già orientato, alla presenza di Dio, verso un cammino di realizzazione storica del suo essere. Poiché l'uomo  può vincere o perdere la propria essenza soltanto nell'orizzonte del tempo e della contingenza, la sua costituzione storica è anche un luogo originario di assunzione di grazia nella libertà creaturale. Attraverso questo, il mondo, così come è stato creato da Dio, diviene lo spazio di una cultura, che può riconoscere Dio quale creatore e autore di tutta la creatività.

7)      La cultura scaturisce dal compito creativo di edificare e curare la Terra. La forma più alta di cultura si raggiunge quando gli uomini si riuniscono nella chiesa di Dio per elevare il pane e il vino a Dio, il quale ce li dona trasformati nel Sacramento della carne e del sangue di Gesù Cristo quali cibo e bevanda per la vita eterna. Il sacrificio eucaristico, offerto attraverso il servizio del sacerdote per il popolo e per lui stesso, è l'adempimento più alto del compito culturale per gli uomini. Il Sacramento della Chiesa è l'apice della cultura umana e, nello stesso tempo, la fonte dalla quale essa scaturisce.