Convegno Teologico
Presso l’Aula Magna
della Pontificia Università Lateranense,
giovedì 11 e venerdì 12 marzo 2010
«Fedeltà
di Cristo, fedeltà del Sacerdote»
Conclusioni
di S.E.R. Mons. Mauro Piacenza
Segretario della Congregazione per il Clero
Eminentissimi
signori Cardinali,
cari
confratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
gentili
convenuti tutti,
il nostro Convegno Teologico,
apertosi ieri mattina e che si appresta alla conclusione, credo abbia permesso
a tutti di assistere come ad un continuo e sempre nuovo germogliare della
Verità, con quella luce unica, che è propria delle realtà divine. E lo stupore
che ne è derivato ha riguardato anche chi ha promosso tale evento. Infatti,
molteplici sono le ragioni di gratitudine: innanzitutto, non avremmo mai potuto
prevedere una tanto generosa adesione, della quale ringraziamo tutti e ciascuno;
in secondo luogo, ascoltare la verità che riguarda quanto vi è di più prezioso
per un sacerdote, cioè lo stesso Dono e Mistero che ha ricevuto nel giorno
della sua Ordinazione, non può che suonare al cuore con riflessi sempre nuovi,
poiché sempre nuovo è anche tale Dono; infine, siamo stati ricevuti in speciale
Udienza dal Santo Padre, il quale ci ha autorevolmente indicato la via da
percorrere, rilevando l’urgenza e la necessità di un’autentica «“ermeneutica
della continuità sacerdotale” la quale, partendo da Gesù di Nazaret, Signore e
Cristo, e passando attraverso i duemila anni della storia di grandezza e di
santità, di cultura e di pietà, che il Sacerdozio ha scritto nel mondo, giunga
fino ai nostri giorni», ed ha rinnovato la coscienza della Missione che Cristo
stesso ci ha affidato, così come solo l’incontro con Pietro è capace di fare.
Nella prima sessione di giovedì
mattina, abbiamo riflettuto, riscoprendo le basi teologiche dell’identità
sacerdotale, sul rapporto tra la Cristologia e tale identità, evidenziando come
essa sia costitutiva dell’essere stesso del Sacerdote e ne nutra l’agire
profetico nel mondo. Il rapporto con la Persona di Cristo, e le conseguenze che
tale rapporto determinano, rimane assolutamente il punto nodale di ogni
possibile riflessione sul Sacerdozio ministeriale, che, senza Cristo, sarebbe
semplicemente incomprensibile. La fondazione cristologica domanda, oggi, di
essere sempre maggiormente studiata, approfondita, e posta al centro della
formazione iniziale e permanente dei sacerdoti, quale imprescindibile nucleo
tematico ed esistenziale del presbiterato.
L’approfondimento dell’identità
sacerdotale, non può mai prescindere, come il Convegno ha dimostrato, dal
confronto serio, onesto, libero e coraggioso con la cultura contemporanea, perseguendo
quel raro ma indispensabile equilibrio tra l’indiscutibile fedeltà a Cristo e,
proprio per questa, il necessario ascolto delle istanze del tempo; ascolto che
è tanto più autentico e tanto più efficace, quanto più parte dalla intuizione e
tematizzazione delle imprescindibili coordinate cristologiche dell’identità
sacerdotale. La cultura contemporanea si mostra, purtroppo, distante dalle
categorie del sacro, della mediazione, della sacramentalità e della presidenza
tipiche di tale identità, mostrando, nel contempo, una particolare sensibilità
a tutto ciò che è più propriamente ed immediatamente “umano”, e, per conseguenza,
più facilmente riconoscibile e “categorizzabile”.
La vera profezia, nei confronti
della cultura contemporanea, alla quale il Santo Padre ha autorevolmente
richiamato, è, e rimane, la santità conseguente alla propria identità. Essa è
una via percorribile, guardando innanzitutto alla beata Vergine Maria, con la
Quale i Sacerdoti sono sempre chiamati a coltivare un rapporto di speciale
comunione ed intimità, guardando ai santi, ed in particolare a San Giovanni
Maria Vianney, che sarà proclamato Patrono di tutti i Sacerdoti, nella consapevolezza
che proprio la santità è l’unica adeguata risposta anche alle mutate condizioni
antropologiche.
L’efficacia della missione,
infatti, perfino nei luoghi e nelle realtà socio-culturali apparentemente più
impensabili, è legata e direttamente dipendente dalla chiarezza sulla identità
sacerdotale cristologicamente fondata.
Nella seconda sessione di
giovedì pomeriggio, è emerso come, proprio a garanzia della chiarezza
sull’identità sacerdotale e della efficacia della missione, sia urgente
e necessario vivere il Ministero in una radicale continuità
teologica, spirituale, giuridico-pastorale ed esistenziale, secondo
quell’ermeneutica della continuità che, come ricordato all’inizio di queste
conclusioni, lo stesso Santo Padre ha nuovamente declinato per i Sacerdoti,
dopo averla indicata fin dal 2005 come categoria per l’unica interpretazione
corretta dei Testi del Concilio Ecumenico Vaticano II.
L’ermeneutica
della continuità sacerdotale
presuppone la coscienza dell’appartenenza all’unico Sacerdozio di Cristo dalla
quale deriva ogni possibile efficacia ministeriale e nella quale è radicata la
stessa spiritualità del Ministero. L’equilibrio, così difficile da
ottenere, tra i diversi ambiti della vita del presbitero, dalla Liturgia all’insegnamento, dal
rapporto con il laicato, con la sua giusta promozione, al rapporto col mondo e con la cultura dominante, è garantito,
promosso, custodito, orientato e mantenuto proprio dalla ermeneutica della continuità. Tale categoria, già
sufficientemente ricordata, ma non ancora adeguatamente recepita e soprattutto
attuata, in quella declinazione storica, teologica, didattica e formativa, che
essa domanda, deve divenire autentico centro propulsivo di ogni adeguato discorso sul Sacerdozio
ministeriale e, in qualche modo, “misura” della maturità e dell’adeguatezza
della formazione iniziale e permanente che offriamo ai nostri presbiteri.
A tale categoria, il Santo Padre
ha fatto particolare riferimento. E tale
riferimento sarà di fondamentale importanza per il prosieguo di ogni ulteriore
studio sui nostri temi. Dall’insegnamento del Pontefice è emerso come
l’identità e la continuità possano essere reali “luoghi teologici”
semplificativi della riflessione sull’identità sacerdotale, la quale,
chiarendosi nella sua ricchezza cristologica e nella sua necessità ed
insostituibilità nella Missione della Chiesa, ne guadagna in
essenzialità, sia dal punto di vista teologico, sia, soprattutto, sotto il
profilo spirituale ed esistenziale. Risuonano ancora, nei nostri cuori, le
parole del Papa, che, interpretando il desiderio del Popolo santo di Dio, ci ha
invitati ad essere «fino in fondo sacerdoti e nient’altro».
Quest’ultima sessione odierna ci
ha visti considerare due temi particolarmente “visibili” del Ministero
presbiterale: il primo riguardante il munus sanctificandi e la Liturgia
pubblica della Chiesa, ed il secondo inerente la preziosa tematica del sacro
Celibato, con le sue premesse storico-teologiche e conseguenze
psico-esistenziali.
L’esperienza del Culto pubblico
della Chiesa documenta il reale “teocentrismo” del Sacerdote, il quale,
rifuggendo da ogni inutile e dannoso protagonismo, è chiamato ad essere uomo di
Dio, capace di mostrare Dio al mondo, di pregare Dio per il mondo e di essere
egli stesso primo interlocutore del suo Signore. Il Culto allora dovrà
risplendere di Cristo e, in esso, l’oggettività dell’identità sacerdotale è
direttamente proporzionale alla attenta cautela con la quale si eviterà ogni
forma di infedeltà a come la Chiesa intende celebrare il suo Culto pubblico e,
in definitiva, a come Cristo stesso agisce nelle azioni sacre.
Il Celibato, infine, come bene è stato
mostrato, nonostante gli inevitabili limiti personali di alcuni, e la loro
talvolta artificiale e ben programmata mediatica amplificazione, rifulge
in tutto il suo valore profetico, come lo stesso Santo Padre ha ribadito: «per
comprendere e riaffermare, anche ai nostri giorni, il valore del sacro celibato,
che nella Chiesa latina è un carisma richiesto per l’Ordine sacro (cfr Presbyterorum Ordinis, 16) ed è tenuto
in grandissima considerazione nelle Chiese Orientali (cfr CCEO, can. 373)».
Il Sacro Celibato non solo
è più che giustificato teologicamente e storicamente, ma diviene vera e
propria “missione”, grazie alla forza profetica che gli è propria, alla quale è
necessario educare permanentemente, ed alla quale non è possibile rinunciare.
A tutto ciò è necessario
continuamente tendere! A tutto ciò è urgente tornare ad educare, secondo quanto
ribadito dal Santo Padre: «la comprensione del Sacerdozio ministeriale è legata
alla fede e domanda, in modo sempre più forte, una radicale continuità tra la
formazione seminaristica e quella permanente».
Infine, proprio in questo
momento, carissimi confratelli, mentre affidiamo alla Beata Vergine Maria ogni
buon esito di questo nostro Simposio, iniziano realmente i nostri lavori nella
ricezione di quanto detto, nell’approfondimento dei contenuti accolti e, in
quel delicato compito, che tutti attende, di rinnovare permanentemente il
nostro “sì” cristiano e sacerdotale a Cristo Signore. La Madre del Signore,
quasi costatando la sete degli uomini del nostro tempo, intercede con il suo:
«Non hanno più vino» e ripete a noi, come a Cana, «Fate quello che vi dirà».
Se a qualcuno sembrasse troppo
poco essere Sacerdote, soltanto Sacerdote, si interroghi sulla verità e sulla
qualità della propria fede, poiché, ad un uomo sulla terra, Dio non può fare
Dono più grande!