Omelia conclusione Anno Sacerdotale
giugno 2010
OMELIA DEL CARDINALE CLÁUDIO HUMMES
NELLA SANTA MESSA DEL 9 GIUGNO 2010 A CONCLUSIONE DELL’ANNO SACERDOTALE NELLA
BASILICA DI SAN PAOLO FUORI LE MURA – ROMA
Fratelli e Sorelle
Carissimi Sacerdoti
Iniziamo
oggi le celebrazioni dell’Incontro Internazionale dei Sacerdoti con il Papa,
per la chiusura dell’Anno Sacerdotale, indetto in occasione del 150º
anniversario della morte del Santo Curato D’Ars. Voi, cari presbiteri, invitati
paternamente dal Santo Padre, siete venuti all’incontro da tutte le parti del
mondo e rappresentate i presbiteri dell’intera Chiesa. Siete venuti in molte
migliaia, sicuramente con tante aspettative. Perciò, noi, qui a Roma, vogliamo accogliervi con immensa gioia,
fraternità e cordialità. Siate benvenuti! Qui a Roma noi vi amiamo e
riconosciamo per quello che siete e per quello che fate come presbiteri nella
vita e nella missione della Chiesa dappertutto, ma in particolare nelle
comunità locali, spesso lontane,
sconosciute, umili e sofferenti, del mondo intero. Lì, voi fate sì che la
Chiesa sia reale, viva e feconda di salvezza per la gente, anzitutto per i
poveri e gli emarginati. Perciò, ripeto, siate i benvenuti e che il vostro
incontro qui a Roma sia colmo di esperienze ecclesiali che vi confermino nella
vocazione e nella missione.
Il
grande obiettivo dell’Anno Sacerdotale è stato il rinnovare in ognuno dei
presbiteri la coscienza e l’attuazione concreta della loro vera identità
sacerdotale e della loro spiritualità specifica, per riprendere in forma
rinnovata la missione. Infatti, tale ripresa e tale approfondimento
dell’identità e della spiritualità faranno
percorre la strada della continua e rinnovata conversione, propria dei
discepoli del Signore, tanto più necessaria per i sacerdoti che, oltre ad
essere discepoli con gli altri discepoli, sono pastori della comunità dei
discepoli. La conversione sempre ripresa e approfondita renderà il cuore del
presbitero aperto ad assumere sempre di nuovo, con coraggio e determinazione, la
missione ricevuta dal Signore. In verità, la missione ad gentes e la nuova evangelizzazione missionaria nelle terre già
evangelizzate sono ormai sempre più urgenti dappertutto e richiedono di essere
attuate “con nuovo ardore missionario, nuovi metodi e nuove espressioni”
(Giovanni Paolo II). Il nostro amato Papa Benedetto XVI, parlando dell’urgenza
missionaria, ha detto giustamente che “non basta conservare le comunità già
esistenti, anche se questo è importante” (disc.
ai vescovi tedeschi, 2005). Ciò
significa, che è urgente alzarsi e andare in missione. È questo ciò che lo Spirito Santo, in questo incontro
internazionale, vuol rinnovare in tutti noi.
In
questa Messa proprio in memoria dell’apostolo Paolo, le letture appena
ascoltate ci propongono giusto il tema del incontro di Saulo con Gesù risorto,
la sua conversione, vocazione e missione. Serve come itinerario spirituale per
ogni singolo sacerdote. Saulo si
incontra con il Signore risorto, o meglio, il Signore raggiunge Saulo e si fa
conoscere da lui in un momento di intenso e profondo incontro. Saulo si arrende
al Signore, crede in Lui e si converte a Lui incondizionatamente e senza
riserve. D’ora in poi Lo seguirà da discepolo fedele per il resto della sua
vita. Il Signore lo chiama e lo invia in missione tra le genti. Ecco
l’itinerario da seguire, proposto anch’oggi a noi, sacerdoti di Cristo.
Davvero,
il presbitero è un discepolo di Gesù, raggiunto da Gesù, nel mistero della Sua
infinita misericordia. Amato da Lui con un amore di elezione e di predilezione,
è chiamato da Lui ad essere configurato a Sé, il Signore morto e risorto, Capo
e Pastore del popolo di Dio, ed inviato da Lui per la missione in tutto il
mondo. Ciò è avvenuto nel momento dell’ordinazione sacerdotale. In effetti,
nell’ordinazione siamo stati sacramentalmente configurati a Cristo, Capo e
Pastore. Così, oltre ad essere discepoli per la fede e il Battesimo, siamo
anche capi e pastori della comunità dei discepoli. Per la fede e il Battesimo,
con tutti gli altri discepoli e discepole, siamo stati insigniti con il
sacerdozio comune dei fedeli, ma per l’ordinazione sacerdotale siamo stati
insigniti anche con il sacerdozio ministeriale, essenzialmente diverso dal
sacerdozio comune dei fedeli, perché ci ha fatto capi e pastori della comunità
dei discepoli. Sant’Agostino lo ha detto, rivolgendosi alla comunità: “Con voi
sono cristiano, ma per voi sono vescovo”. Il Santo Curato D’Ars ha detto che
“il sacerdozio è l’amore del Cuore di Gesù”. Ciò vuol dire che Gesù ha amato l’umanità sino alla fine e perciò è fatto Sommo Sacerdote per la
nostra salvezza e ha chiamato alcuni uomini tra i suoi discepoli per
configurali a Sé, l’unico Sacerdote della Nuova Alleanza, affinché essi
continuassero la sua opera sacerdotale nel mondo attraverso la storia.
Ritornando
alle letture di questa nostra liturgia eucaristica, vediamo che trattano anzitutto della missione e ci
propongono come modello l’apostolo Paolo, il grande ed insuperabile missionario
di Gesù risorto. Lo stesso Paolo, in un certo momento, ancora all’inizio della
sua attività missionaria, quando fu rifiutato dai Giudei in Antiòchia di
Pisidia, disse loro: “Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la
parola di Dio, ma poiché la respingete e non
vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani.
Così infatti ci ha ordinato il Signore: “Io ti ho posto come luce per le genti,
perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra” (At 13, 46-48). Cari presbiteri, queste parole sono rivolte da Cristo anche ad ognuno
di voi: “Io ti ho posto come luce per le genti, perché tu porti la salvezza
sino all’estremità della terra”. Questa è una vocazione ed una missione di
altissimo significato e di enorme responsabilità, per le quali dobbiamo sempre
di nuovo prostrarci, con grande umiltà, davanti al Signore come uomini indegni
e incapaci da soli, ma fiduciosi e lieti nella grazia potente di Dio, che ci ha
fatti Suoi strumenti e ministri. Chiediamo con fervore sempre rinnovato il dono
dello Spirito Santo per tale impresa
che supera le forze e le capacità umane. Solo Lui può rendere efficace il nostro
servizio missionario.
Dobbiamo
essere, dunque, molto coscienti dell’attuale urgenza missionaria. Sentiamoci
ancora una volta convocati dal Signore ed inviati. Bisogna che ci alziamo e andiamo in missione dappertutto. Da un
lato, la scristianizzazione dei paesi di antica evangelizzazione, dall’altro, la
nuova evangelizzazione che spesso dovrà essere una vera prima evangelizzazione,
oltre al primo annunzio di Gesù Cristo nei paesi e negli ambiti in senso
stretto chiamati terre ed ambiti di missione “ad gentes”, mostrano l’immensità dell’opera missionaria ancora da
svolgere. L’invio di Cristo risuona oggi per noi: “Andate in tutto il mondo e
proclamate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16, 15).
I
destinatari della nostra missione sono tutti, ma in modo particolare i poveri.
Sono loro i prediletti di Dio e lo stesso Signore affermò che è venuto al mondo
per evangelizzare i poveri. Oggi sono ancora centinaia di milioni gli esseri umani
che sono costretti a vivere in dura povertà e perfino nella miseria e nella
fame. Essi sono emarginati ed esclusi dalla mensa dei beni materiali, sociali, culturali
e spesso anche dalla mensa dei beni spirituali. Sono loro i primi che hanno il
diritto di ricevere la buona notizia che Dio è un Padre che li ama senza
riserve e che Egli non approva le condizioni disumane in cui i poveri sono
mantenuti, ma richiede che anche per loro i diritti umani siano
riconosciuti, rispettati e integralmente realizzati in concreto.
L’evangelizzazione e la vera promozione umana non possono essere disgiunte. Parlando
della missione tra i poveri, anzitutto nelle periferie urbane e nelle campagne,
il Santo Padre disse: “In questo sforzo evangelizzatore, la comunità ecclesiale
si distingue per le iniziative pastorali, inviando soprattutto nelle case delle
periferie urbane e dell’interno i suoi missionari, laici o religiosi, cercando
di dialogare con tutti in spirito di comprensione e di delicata carità.
Tuttavia, se le persone incontrate vivono in una situazione di povertà, bisogna
aiutarle come facevano le prime comunità cristiane, praticando la solidarietà
perché si sentano veramente amate. La gente povera delle periferie urbane o
della campagna ha bisogno di sentire la vicinanza della Chiesa, sia nell’aiuto
per le necessità più urgenti, sia nella difesa dei suoi diritti e nella
promozione comune di una società fondata sulla giustizia e sulla pace. I poveri
sono i destinatari privilegiati del Vangelo, ed il Vescovo, formato ad immagine
del Buon Pastore, deve essere particolarmente attento a offrire il balsamo
divino della fede, senza trascurare il «pane materiale». Come ho potuto mettere
in risalto nell’Enciclica Deus
caritas est, «la Chiesa non può trascurare il servizio della carità,
così come non può tralasciare i Sacramenti e la Parola» (n. 22)” (disc. ai vescovi brasiliani, 2007).
I mezzi
per vivere ed attuare la sua vocazione e la sua missione il presbitero li trova,
anzitutto, nella Parola di Dio, nell’Eucaristia e nella preghiera. Il contatto
quotidiano con la Parola di Dio, in particolare, nella forma della lectio divina e dello studio della
teologia, è indispensabile per approfondire la sua adesione a Gesù Cristo e
alimentare il contenuto della sua evangelizzazione. L’Eucaristia, a sua volta,
è centro e apice della vita della Chiesa e così anche della vita del
presbitero. Inoltre il rapporto del presbitero con l’Eucaristia ha un
significato, per lui, molto particolare ed essenziale, perché il sacerdozio
cattolico è nato nel contesto dell’istituzione dell’Eucaristia nell’Ultima Cena
del Signore con i suoi discepoli. Il sacerdote è il ministro dell’Eucaristia.
Inoltre, come afferma la Presbyterorum
Ordinis: “Tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e
le opere d’apostolato, sono strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad essa
sono ordinati. Infatti, nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene
spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua, lui il pane vivo
che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà
vita agli uomini” (n. 5). Quindi, tutto il ministero del presbitero è ordinato
all’Eucaristia per poi ripartire dall’Eucaristia per la missione. La missione
cerca di portare nuovi discepoli alla mensa del Signore e dalla mensa
eucaristica i discepoli partono di nuovo per la missione. Infine, la preghiera.
Essa deve essere il respiro permanente del cuore del presbitero, o meglio, è il
respiro dello Spirito Santo nel presbitero. Mai bisogna soffocare questo
respiro, essenziale per la vita spirituale del sacerdote. In verità, tanti
altri mezzi, importanti per alimentare la spiritualità del presbitero, si
dovrebbero segnalare, ma questi tre, cioè, la Parola di Dio, l’Eucaristia e la
preghiera, sono centrali.
Cari
sacerdoti, vi auguro di cuore un buon soggiorno a Roma e, soprattutto, buoni
frutti per la vostra vita e la vostra missione. Il Santo Padre vuol ricevervi,
mostrarvi il suo amore, invitarvi alla carità pastorale nel mondo di oggi e
confermarvi nel ministero sacerdotale. Gesù ha detto: “Non sono venuto per
condannare il mondo, ma per salvare il mondo” (Gv 12,47).
Continuiamo
adesso la nostra celebrazione eucaristica. Sarà questo un momento forte
d’incontro con Gesù Cristo, morto e risorto. Un incontro trasformante, colmo di
nuova vita e di grande gioia. Cantiamo e lodiamo il Signore, ringraziando oggi,
in modo particolare, il Suo amore, la Sua fiducia accordata a noi, e la grazia
del sacerdozio di cui ci ha voluto insignire. Rinnoviamo davanti a Lui la
nostra fedeltà, pronti ad essere illuminati e rinvigoriti dalla Sua fedeltà al
Padre e alla missione. Amen.
Cardinale Cláudio Hummes
Arcivescovo Emerito di São Paulo
Prefetto della Congregazione per il Clero