Ascensione
del Signore
Anno A
Citazioni di
Ac 1,1-11: www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9absila.htm
www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9ajjvja.htm
Ep 1,17-23: www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9axhhka.htm
Mt 28,16-20: www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9ayx2s1.htm
Tra gli avvenimenti della vita terrena di
Gesù che suscitano più interesse, occorre annoverare certamente anche la sua
“ascensione al cielo”, la quale, non va trascurato, avvenne con il suo proprio
corpo. Senza comprendere fino in fondo il perché, gli stessi Apostoli si resero
conto della straordinarietà di questo evento, tanto da non riuscire più a
distogliere lo sguardo dal cielo: «Uomini di Galilea, perché state a guardare
il cielo?» (At 1,11).
Come i primi seguaci del Signore, ancora
oggi lo sguardo degli uomini è rivolto verso le altezze della conoscenza, senza
però riuscire a trovare una risposta che sia corrispondente alle aspettative
del cuore.
In questo senso, l’ascensione di Cristo
potrebbe essere intesa come un abbandono dei discepoli, da parte del Maestro
buono: Egli che si era mostrato come detentore di “un’acqua viva”, con la quale
non avremmo più avuto sete (Cfr. Gv 4,14), e che aveva acceso la speranza di
veder ricostruito il “regno di Israele”, inteso come il Paradiso in terra (Cfr.
At 1,6), ad un certo punto salì in cielo per non tornare più, se non alla fine dei tempi.
In realtà, con la propria ascensione, il
Signore non ha abbandonato la sua Chiesa, come abbiamo del resto ascoltato nel
vangelo di Matteo: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt
28,20).
Bisogna invece accogliere l’ascensione di
Gesù come a quell’evento attraverso il quale Egli, in modo definitivo, ha
ricevuto «ogni
potere in cielo e sulla terra» (Mt 28,18): inizio del compimento
definitivo della domanda di cui l’uomo è plasmato, poiché è nel «Figlio asceso al
cielo» che «la nostra umanità è innalzata» accanto al Padre (Cfr.
Colletta). L’ascensione è pertanto la grande manifestazione di ciò: siamo
certi, vivremo con Cristo nella gloria: quella letizia e quella pienezza del
cuore che non finiranno mai!
Ora tutto ciò lo «viviamo nella speranza» (Cfr.
Colletta)! La virtù della speranza è come il motore che ci permette di avanzare
nella quotidianità, a volte difficile e dolorosa, con la stessa baldanza che
ebbero gli Apostoli, disposti a morire pur di mettere in pratica quanto il
Signore aveva loro comandato.
La Chiesa esiste proprio per questo: da
una parte è anticipo e realizzazione qui sulla terra di quella felicità che
solo in cielo potremo possedere interamente; ma dall’altra, la comunità dei
credenti è anche il luogo in cui ciascuno è chiamato, come può, ad essere
testimone non solo a «Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa», cioè nei
propri ambiti, ma addirittura «fino ai confini della terra» (At 1,9).
Non lasciamoci dunque spaventare dal fatto
che il Signore sia asceso al cielo, ma dopo averlo contemplato salire al Padre,
rituffiamo lo sguardo nelle realtà terrene, certi di scorgervi i segni della
Sua dolce presenza e, con letizia, lavoriamo nella vigna del Signore perché,
attraverso l’azione dello Spirito Santo, in essa e in noi maturino frutti
graditi a Dio (Cfr. Gv 15,2).