Description : Description : Description : Descrizione: Description : Description : Description : 01congregatioproclericis

 

XXX Domenica del Tempo Ordinario A

 

Citazioni di

Ex 22,20-26:              www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9a44adv.htm

1Ts 1,5c-10:              www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9adepma.htm         

Mt 22,34-40:              www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9bushwv.htm

 

La prima Lettura enuncia: «Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Es 22,20), ed è ben giusto che, prima dell’avvento di Cristo, le Scritture invitassero ad una tale accoglienza! Ma con Cristo, e nel Suo Corpo che è la Chiesa, nessuno è straniero! Ciascuno, preso da Cristo e reso, in Cristo, figlio del Padre e fratello tra fratelli, è a pieno titolo membro della Civitas Dei e, pertanto, cittadino della Chiesa.

Come nessuno è straniero nella Chiesa, così ciascuno di noi, quotidianamente, sperimenta una estraneità ultima a tutto ciò che esiste, perfino a se stesso.

Potremmo allora dire che esiste una estraneità, un “essere stranieri” che deriva dal peccato degli uomini – e contro questo dobbiamo continuamente lottare, con l’aiuto della grazia, per limare le spigolature della nostra umanità –, ed esiste una estraneità, un “essere stranieri” che è costitutivo dell’esistenza umana e proporzionale alla profondità della nostra vita spirituale.

Il cristiano è necessariamente straniero in un mondo che non riconosce Dio; è straniero in un mondo che non ama la vita ed è immerso nella cultura della morte, è straniero in un mondo, che stravolge l’ordine naturale e censura le leggi della creazione; è straniero in un mondo, dove non c’è posto per la persona, per l’ultimo e per il povero, ma solo per gli individui, il potere, il denaro.

In Cristiano, e più ancora il sacerdote, è necessariamente straniero in un mondo immerso nel relativismo, nell’edonismo, in una cultura del piacere, che, in realtà, si risolve in una generale anestesia della ragione, la quale ha, come unico esito, una profonda estraneità agli uomini.

“Essere stranieri”, in un tale contesto, non è un male, ma rappresenta l’indice della nostra fedeltà a Cristo e al Vangelo, ed è il presupposto della forza profetica del ministero al quale siamo chiamati.

 

I due grandi comandamenti dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo, indicati nella pagina evangelica, rappresentano, allora, la suprema sintesi di un corretto percorso, che, riconoscendo il primato di Dio, è capace di amore ai fratelli.

È necessario superare tutte quelle forme di antropocentrismo, così diffuse nei decenni passati, che immaginavano una propedeuticità della promozione umana ad ogni forma di evangelizzazione. Esse affermavano: “Prima diamo da mangiare e poi annunceremo Gesù Cristo”.

L’intera Dottrina sociale della Chiesa indica, invece, come l’evangelizzazione e la promozione umana costituiscano una unità inscindibile, che, in alcun caso, può essere scissa. È proprio annunciando il Vangelo che si dilata la possibilità di un’autentica promozione umana e, in definitiva, non c’è miglior promozione umana che fare incontrare Cristo ai nostri fratelli, introducendoli, progressivamente ed efficacemente, nel mistero del rapporto con Lui e nella comunione della Chiesa.

 

Dovunque siamo, in ogni circostanza della vita, possiamo spandere il  buon profumo di Cristo che è, essenzialmente, frutto della nostra identità cristiana e della comunione autenticamente vissuta. Ci protegga e custodisca la Beata Vergine Maria, Ancella del Signore, Tabernacolo di Dio e Stella di fulgida carità. Chi vive con Maria, non può mai smarrirsi, perché, in qualunque parte del mondo, non è mai straniero.