La pastorale per le vocazioni sacerdotali
secondo l’arcivescovo segretario della Congregazione per il Clero
Giovedì 8 dicembre 2011
Pubblicato
da: L’Osservatore Romano
di Celso Morga Iruzubieta
Se guardiamo ai numeri
dell'ultimo Annuario
statistico della Chiesa cattolica (31 dicembre 2009) dobbiamo
ringraziare il Signore perché aumentano le vocazioni al ministero sacerdotale.
Dai complessivi 60.000 seminaristi maggiori nei primi anni ottanta, infatti,
siamo passati a 118.000 nel 2009. Molti vescovi e sacerdoti hanno assunto un
vero impegno per le vocazioni. E i risultati non si sono fatti aspettare. Molti
altri, invece, pur essendosi impegnati, non hanno per ora ottenuto i risultati
desiderati. Essi mantengono tuttavia i loro sforzi per le vocazioni con
perseveranza e speranza per il futuro. Gli uni e gli altri si sono resi conto
che questo è il problema pastorale fondamentale della Chiesa oggi.
La
Congregazione per il Clero ha pubblicato un sussidio di grande rilevanza in
questo senso, invitando i sacerdoti a confessare i fedeli e a ricevere
personalmente il sacramento del perdono; a dirigere spiritualmente i fedeli e a
beneficiare loro stessi del consiglio spirituale (Il sacerdote ministro della
misericordia divina. Sussidio per confessori e direttori spirituali,
Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2011, pagine 72, euro 8). Il
documento, indirizzato ai sacerdoti, è di grande rilevanza per tutta la
pastorale giovanile. Dio suscita vocazioni al sacerdozio ministeriale fra quei
giovani che percorrono cammini d'orazione e di sincera sequela di Cristo.
A
partire della chiamata di Gesù, questi giovani bisognerà formarli a una vita in
Cristo rigogliosa, fondata su una personalità umana equilibrata. La formazione
dottrinale si baserà su una teologia della ricerca autentica del volto di
Cristo oggi, che sia fedele al magistero della Chiesa. Non si può invitare a
seguire Gesù nel cammino del sacerdozio se si smarrisce, a livello di ricerca e
di studio teologico, il volto autentico del Signore, «riducendolo a una oscura
figura del passato, del quale niente si potrebbe affermare con certezza, se non
che fu, al massimo, un moralista, un rivoluzionario, o un predicatore» (Angelo
Amato, Gesù, identità del
cristianesimo. Conoscenza ed esperienza, Città del Vaticano,
Libreria Editrice Vaticana, 2008, p. II).
Come
ebbe a dire ai sacerdoti, in modo molto chiaro e coinvolgente, lo stesso Benedetto XVI
a conclusione dell'Anno sacerdotale: «C'è una teologia che viene dall'arroganza
della ragione, che vuole dominare tutto, fa passare Dio da soggetto a oggetto
che noi studiamo, mentre dovrebbe essere soggetto che ci parla e ci guida. C'è
realmente questo abuso della teologia, che è arroganza della ragione e non
nutre la fede, ma oscura la presenza di Dio nel mondo. Poi, c'è una teologia
che vuole conoscere di più per amore dell'Amato, è stimolata dall'amore e
guidata dall'amore, vuole conoscere di più l'Amato. E questa è la vera teologia
che viene dall'amore di Dio, di Cristo e vuole entrare più profondamente in
comunione con Cristo. In realtà, le tentazioni, oggi, sono grandi; soprattutto,
si impone la cosiddetta «visione moderna del mondo» (Bultmann, modernes Weltbild), che
diventa il criterio di quanto sarebbe possibile o impossibile. E così, proprio
con questo criterio che tutto è come sempre, che tutti gli avvenimenti storici
sono dello stesso genere, si esclude proprio la novità del Vangelo, si esclude
l'irruzione di Dio, la vera novità che è la gioia della nostra fede» (incontro
con i sacerdoti, piazza San Pietro, 10 giugno 2010).
Bisogna
ripartire dalla fiducia nei Vangeli, con una esegesi rigorosa anche dal punto
di vista storico-critico, ma in comunione ininterrotta con tutta la grande
tradizione della Chiesa, che ci fa scoprire il volto autentico del Signore e ci
aiuta a svelare in alcune occasioni «le premesse filosofiche o culturali che
limitano la ragione moderna applicata alla Scrittura» (Ignacio Garbajosa, Ratzinger nell'arena,
«L'Osservatore Romano», 29 aprile 2011, p. 4).I giovani, che hanno ricevuto da
Dio la vocazione sacerdotale, necessitano di questa formazione cristologica,
che ha come compito quello di dare a loro un fondamento dottrinale solido e per
tutta la vita e di saper annunciarlo e renderlo comprensibile all'uomo d'oggi
(cfr. Tarcisio Bertone,
Anche il Papa s'interroga sulla verità, «L'Osservatore Romano»,
17 novembre 2011, p. 4). In questo senso, i due tomi su Gesù di Nazaret,
pubblicati dal Santo Padre Benedetto XVI, sono esemplari. Una
cristologia che sia una parola «vera» su Gesù di Nazaret e, come conseguenza,
una ecclesiologia basata soprattutto sui documenti del concilio ecumenico
Vaticano II e sulla corretta ricezione di esso così come attuata dagli
ultimi Pontefici e dai sinodi dei vescovi, che hanno proposto alla Chiesa degli
orientamenti ben chiari precisi attraverso le diverse esortazioni apostoliche
post-sinodali. Da parte sua, sin dall'inizio del suo pontificato, Benedetto XVI
si è impegnato decisamente per una corretta ermeneutica del concilio,
respingendo come erronea la cosiddetta «ermeneutica della discontinuità e della
rottura» e promovendo, invece, quella che Lui stesso ha denominato
«l'ermeneutica della riforma», cioè «del rinnovamento nella continuità
dell'unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato; è un soggetto che
cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto
del popolo di Dio in cammino» (discorso alla Curia romana, 22 dicembre 2005).
Il Catechismo della
Chiesa cattolica e il Codice di diritto canonico se, da una parte,
sono autentici frutti del concilio, d'altra sono stati pensati e realizzati per
favorire la sua corretta recezione da parte di tutti i fedeli. I docenti e i
professori nei centri di studi teologici, nei seminari e nelle università
cattoliche hanno una grande responsabilità non solo accademica, ma ecclesiale e
pastorale per quanto riguarda innanzitutto la formazione dottrinale e pastorale
dei giovani chiamati al sacerdozio ministeriale. E’ arrivato il momento di
allontanare le lamentele; di non trattenersi troppo a guardare con
rassegnazione di tipo pessimistico una società secolarizzata, segnata da
iper-erotismo, nella quale regna la banalizzazione della sessualità e della
corporeità, di famiglie con un solo figlio — nelle quali anche costui può
ricevere da Dio la vocazione sacerdotale. Certamente nessuno può sottrarsi alle
condizioni culturali che il nostro ambiente ci rende familiari. Ciò che intendo
dire è che oggi importa innanzitutto insistere sulla bellezza e l'attrattività,
anche dal punto di vista umano, della vocazione sacerdotale, della sequela di
Cristo senza «se» e senza «ma», dell'esistenza spesa in servizio totale del
popolo di Dio, una «pro-esistenza», un'esistenza per Cristo e per i fratelli
per amore di Cristo. Non c'è una strada sulla terra più bella di questa e tanti
giovani possono percepirlo. Non possiamo neanche lasciarci prendere dal
trambusto mediatico che vuol presentare il ministero sacerdotale come un
modello finito e spazzato via dalla storia, costringendoci a percorrere altre
strade — pur non essendoci — in cui la distinzione «sostanziale» e non solo di
«grado» (Lumen gentium,
10) fra il sacerdozio comune e ministeriale, sia soppressa, e la struttura
«gerarchica » sia sostituita per quella «democratico-moderna». Ben sappiamo che
la struttura fondamentale della Chiesa appartiene alla volontà del suo
Fondatore e non può cambiare.
Infine,
la preghiera per le vocazioni sacerdotali è la strada maestra indicata da Gesù
stesso affinché ci siano operai per la Sua vigna. Matteo finisce una delle
sezioni narrative del suo Vangelo con quello che possiamo chiamare un riassunto
dell'attività apostolica del Salvatore: «Gesù andava attorno per tutte le città
e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del Regno
e curando ogni malattia e infermità. Vedendo le folle ne sentì compassione,
perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Allora disse ai suoi
discepoli: "la messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il
padrone della messe che mandi operai nella sua messe" » (Matteo, 9, 35- 38). In
Luca parimenti abbiamo questo testo: «Dopo questi fatti il Signore designò
altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e
luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: "La messe è molta, ma gli
operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai
per la sua messe"»
(Luca, 10, 1-2).
L'esortazione
di Gesù alla preghiera per le vocazioni è quindi anche un mandato. Che arrivino
vocazioni nella Chiesa dipende assolutamente dalla volontà del Signore della
messe che, a sua volta, deve essere sollecitata dalla preghiera.
Le
vocazioni hanno bisogno inoltre dell'esemplarità e dalla testimonianza dei
sacerdoti. L'esempio dei sacerdoti è fondamentale! Come ha ricordato il
cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l'Educazione
Cattolica, a proposito del settantesimo anniversario della Pontificia opera per
le vocazioni sacerdotali, «l'esempio dei sacerdoti è fondamentale. Benedetto XVI all'inizio del suo
pontificato, parlando al clero della Valle d'Aosta, ha giustamente osservato
che i giovani sono attratti non da preti stanchi, ma da sacerdoti pieni di
entusiasmo nel servire Cristo e i fratelli. Abbiamo bisogno di presbiteri
santi, che comprendano fino in fondo il loro essere sacerdoti e la loro
affascinante missione»
(Nuovi operai nella vigna del Signore, «L'Osservatore Romano»,
sabato 5 novembre 2011, p. 8).