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IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – B

 

Citazioni di

Dt 18,15-20:                                     www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9axgtir.htm 

1Co 7,32-35:                         www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9brozdg.htm                    

Mc 1,21-28:                                     www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9bapv1a.htm

 

Gesù, nell’atto di insegnare nella sinagoga di Cafarnao, suscita l’immediato stupore di coloro che ascoltano perché, sottolinea Marco, «insegnava loro come uno che ha autorità».

L’autorità con la quale Gesù insegna viene anticipata dalla prima lettura, nella quale si parla di un profeta pari a Mosè, suscitato da Dio, al quale Dio metterà sulla bocca le sue stesse parole. La figura di questo profeta, pertanto, sarà pienamente autorevole, perché la sua parola coinciderà con la parola stessa del Signore. Ciò appare particolarmente sottolineato dal giudizio che Dio riserverà a coloro che non ascolteranno la parola del profeta, identico a quello riservato a chi rifiuta Dio stesso: «Se qualcuno non ascolterà le sue parole, io gliene domanderò conto».

All’interno della sinagoga Gesù si presenta come la realizzazione, il compimento di questa promessa. Egli appare come il profeta “perfetto”, superiore ad ogni altro profeta umano. Questa perfezione si rende evidente nella caratteristica dell’autorità.

L’Evangelista Marco non descrive ciò che Gesù disse quel giorno, non riporta i contenuti della sua predicazione: annota solo la reazione degli ascoltatori, che appaiono stupiti.

È necessario considerare che questo stupore, che nasce da quanto ascoltato, sia motivato fondamentalmente dalla presa di coscienza che la promessa del Messia, il profeta “perfetto” tanto atteso, si stia finalmente compiendo.

In questo si rende evidente l’autorità: non solo in ciò che Gesù dice, ma anche nel modo in cui lo dice e, soprattutto, nella realizzazione della promessa di Dio.

Tale autorità, poi, trova un ulteriore grande segno nella capacità di Gesù di comandare agli spiriti immondi e ottenere la loro obbedienza. La reazione dello spirito immondo all’intervento di Gesù evidenzia che il suo insegnamento, pur descritto qui in un inizio solenne, non va considerato come un “gridato”, e meno ancora aggressivo o solo taumaturgico, ma piuttosto come un insegnamento di vita da accogliere in atteggiamento di ricerca e di filiale ascolto.

Gesù impone il silenzio allo spirito immondo, sia per le esigenze del segreto messianico, sia perché il cammino della fede, che nasce sempre da un incontro e dalla corrispondenza umana da esso suscitato per la forza della grazia, esige il “tempo dell’ascolto e del silenzio”.

Come recentemente ricordano dal Santo padre Benedetto XVI: «Silenzio e parola […] devono equilibrarsi, succedersi e integrarsi per ottenere un autentico dialogo e una profonda vicinanza tra le persone. Quando parola e silenzio si escludono a vicenda, la comunicazione si deteriora, o perché provoca un certo stordimento, o perché, al contrario, crea un clima di freddezza; quando, invece, si integrano reciprocamente, la comunicazione acquista valore e significato».

Lo spirito grida che Gesù è il Santo di Dio e ciò non può essere compreso in modo superficiale o sbrigativo, ma va accolto come cuore della verità di Dio per il mondo, in un itinerario di fede che conduce nel mistero di Cristo, che culminerà nella Sua Pasqua.

L’invito che oggi la liturgia propone e di mettersi alla sequela di Gesù in questo atteggiamento di ricerca attenta e profonda, in ascolto della sua parola, la quale non ha eguali. Siamo invitati a lasciarci stupire dalla sua autorità e ad implorare ed operare una vera conversione di fede nella nostra vita.

Maria Santissima, Vergine dell’ascolto e del silenzio, educhi il nostro cuore, e ci conduca a saper meditare “tutte queste cose”, come fedeli discepoli del suo Figlio.