Università
Cattolica del Sacro Cuore – Milano
Mercoledì, 7 marzo 2012
Prolusione ai corsi di Teologia
«Quale Chiesa per quale mondo.
Linee ecclesiologiche per la contemporaneità»
di S. Em. R. il Card. Mauro
Piacenza
Prefetto della Congregazione per
il Clero
Magnifico Pro-Rettore,
Reverendissimo Assistente Ecclesiastico Generale,
Chiarissimi Professori e Reverendi Confratelli,
Carissimi Studenti tutti,
nell’Omelia pronunciata, il 19 febbraio scorso, in
occasione della Solennità della Cattedra di San Pietro, il Santo Padre
Benedetto XVI ha affermato: «La Chiesa
non esiste per se stessa, non è il punto d’arrivo, ma deve rinviare oltre sé,
verso l’alto, al di sopra di noi. La Chiesa è veramente se stessa nella misura
in cui lascia trasparire l’Altro – con la “A” maiuscola – da cui proviene e a
cui conduce. La Chiesa è il luogo dove Dio “arriva” a noi, e dove noi
“partiamo” verso di Lui; essa ha il compito di aprire oltre se stesso quel
mondo che tende a chiudersi in se stesso e portargli la luce che viene dall’alto,
senza la quale diventerebbe inabitabile».
Ci sono verità, che quando vengono proclamate
nella loro completezza, suscitano immediatamente un assenso pieno, come
un’esultanza del cuore che scaturisce da una totale immedesimazione; suscitano
quel gaudium veritatis, quella gioia
che è godimento della verità, di agostiniana memoria. Questa definizione della
Chiesa, data dal Santo Padre, straordinariamente efficace e sintetica,
appartiene a questo tipo di verità e suscita questa esperienza.
Ma che cos’è la Chiesa? O meglio, chi è la Chiesa?
Qual è il suo posto nel mondo, se ha diritto ad
averne uno?
Tenterò di rispondere a queste cogenti domande,
articolando la presente riflessione in tre distinti momenti: nel primo,
prenderò in considerazione il rapporto tra identità della Chiesa e relativismo;
nel secondo, la realtà della Chiesa come Presenza nel mondo; infine, nel terzo
punto, getteremo lo sguardo sull’aspetto missionario della Comunità ecclesiale.
1. Chiesa
relativa e relativismo
Appare sempre più evidente, in questo nostro
tempo, come, dopo il crollo delle ideologie ateiste, che postulavano la
possibilità di fare a meno di Dio, la vera obiezione, il vero obiettivo del
potere e della dipendente cultura dominante sia la Chiesa. All’ateismo
militante si sono sostituite varie correnti spiritualiste, capaci di ridurre
Dio ad un bene di consumo, fornendo anche del rapporto con il Divino una
versione utilitaristica. In questo contesto, l’annuncio dell’Incarnazione di
Dio, l’annuncio che Dio si sia fatto uomo, come evento centrale del cosmo e
della storia, come avvenimento incontrabile nella concreta esistenza di
ciascuno, risulta come inimmaginabile e, tuttavia – noi lo sappiamo –,
possibile.
La Chiesa ha coscienza di essere come il
prolungamento dell’Avvenimento di Cristo nel tempo e nello spazio, fino alla
consumazione della storia. La Chiesa è la Presenza divina nel mondo e a Dio è
totalmente relativa.
In un contesto nel quale, non di rado, si pensa di
poter fare a meno di Dio ed il senso del sacro viene considerato come un
retaggio del passato, dal quale l’uomo “adulto” si è emancipato, anche la
Chiesa, che di Dio, e quindi del sacro, ritiene di essere Presenza, non può che
venir concepita come “qualcosa da cui liberarsi” per divenire finalmente
“adulti”.
Il “sistema” di verità, di cui la Chiesa è
portatrice, se non si tiene in considerazione che la verità è innanzitutto una
Persona, Gesù di Nazareth, e che ogni altra verità sull’uomo e sul mondo, che
la Chiesa professa ed insegna, è relativa a Lui, appare come confliggente in
modo insuperabile con il contemporaneo relativismo culturale.
Non sono pochi gli ambiti nei quali, con “capriole
filosofiche” dimentiche sia delle proprie radici, sia della storia, si insegna
e professa che il relativismo sarebbe l’unica condizione possibile per la
tolleranza, l’unico orizzonte nel quale la democrazia può vivere.
Vorremmo stupire questi maestri, affermando che
anche la Chiesa è, in certo modo, relativa, nel senso che «non esiste per se stessa, non è il punto d’arrivo, ma deve rinviare
oltre sé, verso l’alto». Quando la Chiesa non è ciò che deve essere, cioè
quando i suoi membri non rimandano a Dio, ma vivono in maniera totalmente
mondanizzata, la forza profetica dell’intero Corpo ecclesiale risulta
indebolita e la stessa radicalità dell’identità della Chiesa, come Presenza
divina nel mondo, appare come inconcepibile.
È abissale, quindi, la differenza tra il
“relativismo ecclesiale”, che parla di relazione e che rimanda a Dio, e il
relativismo culturale dominante, che, negando l’esistenza di verità oggettive
ed universali, nega la stessa possibilità del rapporto tra l’uomo e la realtà,
e, perciò, non è in grado di rimandare ad alcunché di definitivo e si
accontenta della “convenienza” dell’immediato.
Ma chi è più libero? Chi conosce la mèta del
proprio viaggio e, di giorno in giorno, ne gusta le tappe, o chi è costretto a
vagare senza mèta, da un luogo ad un altro?
Chi è più “moderno”? Chi vive il presente,
intuendone il significato radicato nel passato e, perciò, proteso verso un
futuro di bene, o chi del presente è prigioniero, senza radici e senza
prospettiva?
Che cos’è realmente il progresso? Una bugia
tecnocratica, che promette, senza mantenere, la vittoria sulla morte, o la
verità di chi, giorno dopo giorno, cammina verso Colui che ha vinto la morte e
la Cui Presenza è sperimentabile nella Compagnia della Chiesa?
Nessuno ama la libertà, il progresso e la
modernità più della Chiesa, perché la Chiesa è la comunione di coloro che sono
stati definitivamente liberati da Cristo, e di questa libertà, che diviene
appartenenza a Lui, sono testimoni, desiderandola per se stessi e per tutti gli
uomini, lottando per essa, affinché tutti coloro a cui è dato di godere di
questa straordinaria esperienza, che chiamiamo vita, possano accogliere la
liberazione scaturita da Cristo.
Paradossalmente, è proprio questo amore smisurato
per Dio, che si è fatto uomo, che porta la Chiesa ad amare appassionatamente
ogni uomo. Anche chi non è cristiano, anche chi non fosse credente, è amato
dalla Chiesa perché uomo, perché la Chiesa, comunità dei salvati da Cristo, fa
autentica esperienza di liberazione e si spende, concretamente, in ogni parte
del mondo, perché la libertà e la dignità, che ne è parte integrante e
sostanziale, siano riconosciute a ciascuno.
La convivenza pacifica tra i popoli, la convivenza
pacifica tra le varie culture e perfino la convivenza nelle nostre metropoli,
sono possibili non abbandonando ciascun individuo o ciascun gruppo alla propria
isolata autoreferenzialità – magari riducendo la partecipazione sociale a
quell’aspetto necessario ma parziale, anzi parzialissimo, che è la
partecipazione fiscale –, ma proponendo, con motivata, rispettosa insistenza,
quel recupero della ragione, che, fin dall’inizio del suo Pontificato, Benedetto
XVI ha indicato come momento essenziale ed imprescindibile per ogni possibile,
autentico dialogo.
Senza il superamento del contemporaneo
riduzionismo tecnocratico della ragione, non sarà possibile alcun incontro tra
uomini, popoli, culture, civiltà e religioni.
Non è il relativismo a garantire la pace e la
tolleranza, ma il recupero della ragione, capace di conoscere la realtà e
aperta al Mistero di Dio. Una ragione che fa riconoscere innanzitutto la datità
della vita e, quindi, il suo ineliminabile legame con Dio, e che, perciò, non
mi fa appena tollerare l’altro, ma, molto più umanamente, lo fa rispettare e,
cristianamente, lo fa amare.
2. Chiesa,
presenza e presente
Questa Chiesa, amante della libertà, del progresso
e della modernità, così come sono state indicate, ha tuttavia un grande
vantaggio rispetto a tutte le ideologie, che mirano in ogni modo a ridurne la
Presenza o, addirittura, ad eliminarla.
La Chiesa ha il vantaggio di essere viva e di
vivere, in modo assolutamente moderno, anzi contemporaneo, nel presente, in
questo presente!
La Chiesa vive ed incontra, perciò, gli uomini di
«ogni tribù, lingua, popolo e nazione»
(Ap 5,9), nelle loro concrete
condizioni esistenziali, in quell’incontro tra uomo e uomo, tra ragione e
ragione, e tra cuore e cuore, che nessun potere e nessuna ideologia potranno
mai impedire.
Il relativismo si infrange, così, contro il
miracolo dell’incontro, nel quale, al di là di ogni schieramento ideologico,
l’uomo è chiamato a spalancarsi alla realtà e a cercarne, con rigore e passione,
le ragioni, per se stesso, per i propri contemporanei e per i propri figli.
Nessun relativismo potrà convincere l’uomo di non
esistere, né potrà eliminare l’esperienza dell’altro di fronte a me; nessun
relativismo potrà sopprimere definitivamente le domande costitutive del cuore
umano, che, misteriosamente ed in maniera sempre nuova, creano un’inattesa
vicinanza e quasi una fraterna prossimità anche tra gli individui più distanti
che si possano immaginare.
Per questo, come ha luminosamente ricordato il
Beato Giovanni Paolo II, l’uomo è via della Chiesa (cf. Lettera Enciclica Redemptor Hominis, n. 14), nel senso
che, essendo totalmente relativa a Dio, che si è fatto uomo, compito della
Chiesa è rendere presente questo straordinario Mistero, aiutando ciascun uomo a
fiorire nella sua concreta umanità, spalancando ragione e libertà al Mistero di
Dio e, con l’aiuto della grazia, accogliendo la Rivelazione di Gesù Cristo.
Parafrasando la Gaudium et spes, si potrebbe affermare che, dovunque viva un uomo
che ama, lotta, spera, gioisce, soffre e cerca la verità, lì c’è la Chiesa che,
con umana prossimità e materno sostegno, desidera dare un nome a quella ricerca
e a quella lotta che sono la vita stessa, e, insieme, offrire una compagnia,
perché l’uomo sperimenti concretamente, nel tempo, la Presenza del Mistero
nella presenza dei propri fratelli. La compagnia della Chiesa è, infatti, il
segno più tangibile della prossimità del Mistero a ciascun uomo. La Chiesa,
come indicato nella citazione con la quale ho aperto questa conversazione, «è il luogo dove Dio “arriva” a noi, e dove
noi “partiamo” verso di Lui».
L’uomo che vive in comunione è molto più forte e,
perciò, in grado di resistere ad ogni oppressione. Se la famiglia, come
insegnava Chesterton, è la cellula di resistenza all’oppressione, quella
“Famiglia dilatata” che è la Chiesa è, non la cellula, ma il Corpo di
resistenza all’oppressione.
Non ci si spiega, allora, per quale motivazione
coloro che si ritengono forieri di tolleranza e libertà, i quali dovrebbero
essere davvero relativisti, e quindi nemici di ogni oppressione, avversino la
Chiesa.
La ragione potrebbe forse essere ricercata nella
sostanziale differenza tra la libertà ultima e le libertà penultime. Mentre la
Chiesa annuncia la liberazione definitiva dell’uomo in Gesù Cristo e, perciò, è
testimonianza nel mondo della vera libertà, della libertà ultima, il
relativismo, che si sforza di giustificare, spesso andando contro la ragione e
quindi contro la realtà, ogni soggettivo arbitrio, finisce per diventare lo
strumento più efficace del potere, il quale, addomesticando la sete di libertà
dell’uomo con infinite esperienze di micro-libertà, può indisturbatamente
spadroneggiare, costruendo un “nuovo ordine”, che non è secondo Dio, ma secondo
gli uomini, e questi vuole strumentalizzare.
La presentazione parziale, unilaterale e
volontariamente “contro”, della Chiesa, è parte integrante di questo
soffocamento della libertà e come ecclesiastici dobbiamo fare un profondo esame
di coscienza, poiché, non di rado, la predicazione, l’insegnamento – perfino
della teologia – e la testimonianza della vita, non sono strumenti di quell’«incontro con un Avvenimento, una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte»
(DCE n. 1), rendendola autenticamente libera, perché carica di significato e di
speranza.
Se la Chiesa è il luogo dove Dio “arriva” a noi, e
dove noi “partiamo” verso di Lui, allora nulla è più alieno, alla Chiesa, della
staticità. La Chiesa è il luogo di “arrivo” di Dio e di “partenza” dell’uomo; è
luogo dove avviene il movimento più importante della storia umana e di ciascuna
concreta esistenza: il movimento dell’incontro con Dio.
Nella Chiesa, Dio “arriva” a noi, cioè la Chiesa
custodisce integro il deposito della fede, così come ci è stato rivelato da
Gesù Cristo, attraverso le Scritture, l’ininterrotta Tradizione ecclesiale,
autorevolmente interpretate dal Sacro Magistero, e tale custodia è
fondamentalmente dinamica, cioè è essa stessa, nell’atto di trasmettere la
fede, un e in movimento. È questo, a mio parere, il senso autentico della
nuova Evangelizzazione.
La Chiesa non torna indietro alla Tradizione, ma
va avanti, sempre avanti, verso la Tradizione! Perché la Tradizione, Colui che
noi tramandiamo, è una Persona: Gesù di Nazareth, Signore e Cristo. Per questa
ragione, allora, la Chiesa è il luogo dove noi “partiamo” verso Dio; nel senso
profondo indicato dal verbo “partire”: compiere un viaggio verso una mèta;
anche se la mèta non è pienamente conosciuta, ma solo intuita, perché narrata
da altri fratelli, vale la pena mettersi in cammino.
La Chiesa cammina con tutti gli uomini e dalla
Chiesa tutti gli uomini “partono” verso Dio, perché nella Chiesa Dio “arriva”
agli uomini. Essa è come la Sposa che attende vigilante il ritorno dello Sposo,
avendolo incontrato, conosciuto ed amato e, contemplando, nello stupore e nella
gioia, ogni giorno, la moltitudine di figli che lo Sposo sempre le dona.
Fino alla consumazione della storia, la Chiesa
sarà in movimento: sarà il luogo dell’“arrivo” di Dio e della “partenza” dell’uomo
verso Dio. è necessario essere
assolutamente consapevoli che l’uomo non potrebbe “partire” verso Dio, se la
Chiesa non fosse il luogo dove Dio “arriva” a lui. Per tale ragione è
necessario vigilare con sollecitudine su ogni riduzionismo orizzontalista della
Chiesa, che rischia di sottacere l’arrivo di Dio.
Le più grandi opere di carità, quelle che nessun
altra organizzazione solo umana ha mai potuto immaginare, sono state
realizzate, e ancora oggi sono compiute, dalla Chiesa, solo perché in essa opera
Dio, in essa opera lo Spirito Santo e la Chiesa, che crede nel Dio fatto uomo,
ama ogni uomo, il suo destino, la sua libertà e la sua vera felicità.
3. Chiesa e
missione
Come Cristo ha dato la vita per la liberazione
degli uomini dal peccato, così oggi la Chiesa ed i cristiani danno la vita per
la liberazione dei propri fratelli uomini, completando, in tal modo, nella
propria carne «ciò che manca ai patimenti
di Cristo» (Col 1,24) e rendendo
presente ed attuale il Mistero della Croce.
Ci sono parti del mondo, nelle quali, tale
testimonianza giunge sino al martirio cruento, che rinnova, nel sangue dei
cristiani perseguitati nella storia, l’oblazione «pura, santa e immacolata» di un Dio che non solo non ha disdegnato
di farsi uomo, ma che ha offerto la Sua stessa Vita per noi. In altre parti del
mondo, come nella nostra realtà occidentale, il martirio non è cruento, ma è
indubitabile che ci sia una vera e propria persecuzione in atto, attraverso
quello smisurato e controllato potere, che sono i media, nella cui cabina di
regia, abita troppo spesso l’intolleranza relativista.
Nonostante la persecuzione, che durerà fino alla
fine del tempo e della storia, la Chiesa non potrà mai fare a meno di
testimoniare Cristo, perché Egli è “ciò che abbiamo di più caro”, è la ragione
stessa dell’esistenza della Chiesa.
Testimoniare Cristo significa anche amare
l’umanità, amare la libertà, amare il reale progresso, l’umanesimo plenario,
amare non l’idea astratta ed universale dell’uomo, ma ciascun concreto essere
umano, visto come compagno sulla strada della vita e come fratello, perché
figli di un unico Padre ed accomunati da un solo Destino.
Parte integrante della missione della Chiesa è,
perciò, il servizio della verità. Essa, misteriosamente e per pura grazia, è
come lo scrigno che custodisce il tesoro della verità di Cristo, la mente che
progressivamente lo comprende ed approfondisce, il cuore che sempre più
profondamente lo ama e ne vive. La Chiesa è, perciò, chiamata a proclamare,
diffondere e difendere tale verità, perché ogni uomo la possa incontrare, se ne
possa dissetare, diventandone, a sua volta, annunciatore. Dire “verità” non
significa dire intolleranza, bensì dire libertà: «La Verità vi farà liberi» e
la verità non è un concetto ma una Persona: Gesù!
Nessuno, nemmeno i non credenti, hanno ragioni per
temere la Chiesa. La Chiesa non è contro nessuno, ma è per Cristo, per il
Vangelo e, pertanto, è per l’uomo. La Chiesa non impone a nessuno una propria
verità, ma propone a tutti la verità, proponendo a tutti l’incontro con Cristo.
Tanto che l’atto di fede non sarebbe tale se non fosse libero ed è per questo,
fra l’altro, che è meritorio.
Se il mondo, che ha perso l’orizzonte infinito di
riferimento, «tende a chiudersi in se stesso», la Chiesa ha il compito di
aprirlo continuamente oltre se stesso; se la ragione umana, illusa da una falsa
autonomia e separata dalla realtà, si ripiega su se stessa, la Chiesa ha il
compito di risollevarla e di aprirla nuovamente verso quegli orizzonti di
conoscenza tanto ampli e tanto profondi, quanto ampio e profondo è il desiderio
del cuore umano.
Ad occhi solo umani, un tale compito potrebbe
apparire tanto inaudito, quanto presuntuoso. Tuttavia esso non è l’esito di
progetti umani o di strategie associative, ma, da duemila anni, è semplicemente
l’obbedienza alla Compagnia generata da Cristo e dai Suoi Apostoli. Obbedienza
umanissima perché umanizzante, libera perché liberante, moderna, cioè attuale,
perché presente.
Carissimi amici, se siamo stati chiamati ad
appartenere alla Chiesa in questo tempo, apparentemente molto difficile, ma in
realtà non più difficile di altri, è perché il Signore ci ha ritenuti in grado,
con la sua grazia, di poterLo servire adeguatamente oggi.
Se la Chiesa sarà semplicemente e fedelmente ciò
che Dio le domanda di essere, se la Chiesa non esisterà per se stessa, ma
lascerà trasparire Dio, allora, non potrà temere alcuna ostilità, né alcuna
incomprensione, perché il mondo e, nel mondo, ogni uomo, ha profondamente e
invincibilmente bisogno di Dio. Quel Dio che in Cristo si è manifestato e che,
morto e Risorto, per la forza dello Spirito Santo, nella Chiesa permane.
Amici, com’è bello essere Chiesa! Basta guardare
la Vergine Maria che ne è l’icona perfetta!