Città
del Vaticano - Aula Paolo VI
Sabato, 6
luglio 2013 - ore 16.00
Incontro
dei Seminaristi, Novizi e Novizie per l’Anno della Fede
Lectio
divina
su Lc
24,13-35
del
Card. Mauro Piacenza
Prefetto
della Congregazione per il Clero
Sia
lodato Gesù Cristo!
è
per me un dono immenso della Provvidenza potervi incontrare oggi e così
contemplare il miracolo - vi assicuro, impressionante e commovente! - della
vostra presenza: una presenza viva e gioiosa, che dice, che “grida” al mondo
che Dio c’è, che Dio opera e chiama, e che il cuore dell’uomo, il nostro cuore,
è fatto per Lui soltanto.
Grazie per il vostro “Sì” a Cristo e per il
vostro amore al Papa e alla Chiesa, amore che vi muove fino a qui, a Roma, Sede
dell’Apostolo Pietro, per accogliere, sempre e di nuovo dallo Spirito, il dono
della fede cattolica, perché questa fede ci infiammi, fiorisca sulle nostre
labbra e ci consumi nell’unità!
Oggi ho la gioia di condividere con voi
alcune riflessioni sul racconto evangelico dei Discepoli di Emmaus, per introdurci,
così, nella grazia di questo giorno e prepararci all’incontro con il Santo
Padre.
L’Evangelista esordisce, fornendo le
coordinate spazio-temporali del “fatto”, che si appresta a narrare: “Ed ecco,
in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome
Emmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme”. L’esperienza
cristiana, l’Avvenimento cristiano è sempre così: accade e si rinnova in
precise coordinate spazio-temporali, poiché Dio si china su di noi, ci abbraccia
e ci raccoglie, sempre a partire da dove noi ci troviamo. Egli fa questo
anzitutto facendosi uomo, per amore nostro - et Verbum Caro
factum est (Gv 1,14)
-, e poi, come ha fatto, chinandosi sulla nostra personale esistenza e aprendo,
così, il nostro cuore alla luce del Suo Volto. Facciamo memoria, carissimi, di
quel giorno, di quell’ora, nei quali tutto è cominciato, quando il Signore ci
ha toccati nell’intimo, ha illuminato le tenebre e nel nostro cuore è sorta una
luce intramontabile, la luce di quella speranza viva e presente, di quella
speranza che è Cristo stesso, speranza alla quale il Santo Padre continuamente
ci richiama e che nessuno potrà mai sottrarci.
Ma vorrei soffermarmi ancora, con voi, su
questa parola: “La sera di quello stesso giorno”. Sappiamo che “quello stesso
giorno” è il giorno primo e ottavo, il giorno definitivo, il giorno della
Risurrezione. Da quando, quel mattino, la pietra è rotolata via, mostrando il
sepolcro ormai vuoto, tutta la storia si svolge nella luce del nuovo giorno, tutta
la storia è abbracciata e compenetrata dalla Presenza di Cristo Risorto. Sì!
Gesù è Risorto dai morti, Gesù è vivo, Gesù è Presente, nel mondo e nella
storia, e incessantemente Egli “accade” e “riaccade”, attirando la nostra
esistenza nel Suo presente, nel futuro che, in Lui, si rende presente! “Gesù in
persona si avvicinò e camminava con loro” (Lc 24,15).
La questione capitale, pertanto, non è se
Egli, in effetti, presti o meno attenzione alla storia, se intervenga, cioè, in
questa nostra storia, per salvarla, poiché questo, cari Amici, è sicuro: Egli
interviene, Egli è fedele, e voi, tutti e ciascuno di voi, ne siete la
testimonianza più eloquente! La questione capitale, piuttosto, sarà come noi ci
facciamo trovare da Lui: “Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”. Sì,
il Risorto “in persona” compie il primo passo, si avvicina e cammina con noi,
ma i nostri occhi possono essere “incapaci” di riconoscerlo, forse appesantiti
dalle preoccupazioni, o dalla delusione, arrivando addirittura ad affermare,
dinanzi a Lui: “Solo Tu sei forestiero a Gerusalemme!”.
Ma in verità, Carissimi Amici, Cristo non
delude mai. Deludente potrà essere soltanto un’“idea sbagliata” di Cristo,
un’immagine distorta di Lui, formulata secondo criteri dall’orizzonte ridotto, frutto
di errori e di umani compromessi, così da nascere già “vecchia” ed incapace di
salvare: “Noi speravamo - affermano i discepoli rattristati - che Egli fosse
colui che avrebbe liberato Israele”. Ma il divino Viandante non si stanca di
ascoltare, rispondere ed allargare gli stretti confini del loro sguardo, per
aprirli al grande orizzonte di Dio: “Stolti e lenti di cuore a credere!”.
Parrebbe un inizio - per così dire - “traumatico” e, talvolta, il Signore opera
proprio così, scuotendoci dal torpore! Ma è una scossa salutare, è l’inizio
della rinascita, dell’ardore del cuore e della preghiera più autentica.
Dilatato da Lui, il cuore dei discepoli, il
nostro cuore si percepisce finalmente vivo, vibrante e inquieto, di
quell’inquietudine che è il fuoco del Suo Amore, l’unica nostra pace! Il nostro cuore si ritrova finalmente
dinanzi all’Amato, dalla cui Bellezza, forse appena intuita, ma luminosa e
certa, era stato conquistato e che, adesso, splende dinanzi a noi, con maggior
forza.
E anche quando Egli sembrerà “andare più
lontano”, sarà solo per riaccendere in noi la fiamma della preghiera, perché
possiamo implorarlo con tutto il cuore: “Resta con noi, perché si fa sera”. Col
cuore tutto raccolto in quest’atto di implorazione, potremo allora accogliere, sempre
più, il dono più grande ch’Egli abbia fatto all’umanità: la Sua Presenza
Eucaristica, Presenza che, per misericordia, viene a visitarci dall’alto “come
Sole che sorge”, tra le mani dei sacerdoti, e alla quale la vita religiosa è
tutta consacrata, per esserne, nel mondo, luminosa testimonianza!
E ora, raccolti nel Cenacolo, con Maria e
con Pietro, stringiamoci attorno al Signore Risorto e, con un cuor solo e
un’anima sola, imploriamo ancora: “Resta con noi Signore”! Amen!