La centralità della Parola di Dio nella
formazione integrale di sacerdoti e religiosi

Lectio Magisterialis

di S.E.R. Celso Morga Iruzubieta

Segretario ndella Congregazione per il Clero

Introduzione

Già a partire dallo stesso titolo del mio intervento – La centralità della Parola di Dio nella formazione integrale dei sacerdoti e religiosi – si può desumere come le problematiche inerenti al tema da affrontare e chiarire siano tante. In effetti, le questioni connesse alla formazione dei sacerdoti e dei religiosi sono grandi e importanti per la vita della Chiesa. Con questo contributo vorrei perciò attirare l’attenzione su alcune di esse, fra loro connesse da concetti che condividono il medesimo orizzonte, come “Parola di Dio”, “formazione integrale”, “sacerdozio” e “vita religiosa”.

Molto è stato detto in epoca recente su quale debba essere il posto e il ruolo della Parola di Dio nella vita dei sacri ministri. A tale riguardo, spiccano in particolare i testi del Concilio Vaticano II, il Catechismo della Chiesa Cattolica e le Esortazioni apostoliche Pastores Dabo Vobis e Vita Consecrata del Beato Giovanni Paolo II. Un altro documento particolarmente ricco di contenuti è l’Esortazione Verbum Domini di Benedetto XVI. Anche Papa Francesco, con la sua enciclica Lumen Fidei, ci ha offerto un ulteriore testo di ampia e profonda riflessione. La Congregazione per il Clero – che in questa sede rappresento – ha pubblicato un importante documento che in più punti evidenzia il posto fondamentale che la Parola di Dio occupa nella vita e nella formazione dei presbiteri. Mi riferisco alla nuova edizione del Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri – che so essere stato accolto bene nella Chiesa polacca – da considerarsi tra i principali strumenti di riferimento per la formazione permanente dei sacerdoti di ogni diocesi. Inoltre, non posso qui non menzionare i due libri, scritti da Sua Eminenza il Card. Mauro Piacenza, attuale Prefetto del nostro Dicastero, pubblicati anche in edizione polacca, ovvero Il sigillo. Cristo fonte dell’identità del sacerdote [“Chrystus tożsamością kapłana”] e (pubblicato quest’anno) Preti nella modernità [“Księża w epoce nowoczesności”]. Entrambi trattano del ministero e della vita dei sacerdoti. La loro lettura ci fa comprendere l’assoluta importanza della formazione permanente e il ruolo centrale delle Sacre Scritture in quel processo.

La Parola di Dio nella vita spirituale

Alle soglie dell’Anno Sacerdotale, il papa Benedetto XVI ha posto ai sacerdoti alcune semplici domande sulla loro personale relazione con la Parola di Dio. Non erano domande volte ad indagare sulla loro conoscenza delle Sacre Scritture, quanto sulla loro “apertura” ad esse considerate come trasformanti la vita dell’uomo, lo pervadono e lo conformano al Signore Gesù: «Siamo veramente pervasi dalla parola di Dio? È vero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto non lo siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo? Ci occupiamo interiormente di questa parola al punto che essa realmente dà un’impronta alla nostra vita e forma il nostro pensiero?»[1]. Le domande poste dal Romano Pontefice in quell’occasione intendono riferirsi all’interiorità, al “cuore” di ogni sacerdote. In altre parole, esse riguardano la vita spirituale. Anche il tema del mio intervento intende focalizzare anzitutto il problema della vita spirituale di coloro che si avvicinano alla Parola di Dio. Si tratta, in effetti, di una piccola individuale “apertura” alla Parola, che è riflesso della più grande “apertura” della Chiesa intera, sempre assorta nell’ascolto delle parole del suo divino Sposo. L’accoglienza della Parola di Dio costituisce un evento ecclesiale in un duplice senso. Anzitutto, perché la Parola divina esige una comprensione, che è corretta solo se radicata nella Tradizione apostolica e in rapporto al Magistero ecclesiale. In secondo luogo, essa è vero evento ecclesiale perché, se accolta in spirito di fede, ci consolida e ci rafforza nella Chiesa: ascoltando e accogliendo la divina Parola, sempre più visibilmente diventiamo un tutt’uno con il nostro Signore e con i fratelli.

Nel cammino della vita spirituale, il fondamento ecclesiale è condizione ineludibile per un ascolto autentico della Parola di Dio. Questo ascolto genera amicizia. A questo punto la Parola, non solo ci invita e ci attrae a Cristo, ma ci conferma anche nell’unione con Lui. Sperimentiamo allora come, non soltanto Egli pervada della Sua presenza la nostra vita, ma che anche la Sua stessa vita diventa sempre più nostra. Questo cammino richiede impegno. Sacerdote, religioso o laico, chi vuole essere amico di Gesù deve coltivare, purificandola e rafforzandola nella vita di orazione, una profonda relazione con il Signore. La Parola di Dio è elemento imprescindibile per la crescita nell’amicizia con il Maestro. Leggendo e meditando la Parola divina dovremmo sempre tenere a mente che stiamo ascoltando le parole di un Amico. S. Josemaría Escrivá, uno dei grandi santi sacerdoti del XX secolo, diceva: «Gesù è tuo Amico. – Amico dal cuore umano come il tuo»[2]; e ancora: «È tuo Amico, il migliore Amico: vos autem dixi amicos – dice. Ci chiama amici ed è stato Lui a fare il primo passo, ci ha amati per primo. Egli non ci impone la Sua amicizia, però: ce la offre. La dimostra con il segno più evidente di amicizia: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici»[3].

Per lo sviluppo e la cura della vita spirituale si rende molto utile l’antichissima pratica della lectio divina, ovvero la lettura spirituale delle Sacre Scritture. Benedetto XVI la ricorda così: «Essa consiste nel rimanere a lungo sopra un testo biblico, leggendolo e rileggendolo, quasi “ruminandolo”, come dicono i Padri, e spremendone, per così dire, tutto il “succo”, perché nutra la meditazione e la contemplazione e giunga ad irrigare come linfa la vita concreta»[4]. Questo testo è richiamato anche nella nuova edizione del Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, nel punto in cui si tratta della «fedeltà alla parola»[5]. Letta in questo modo, la Parola si lega ancor più strettamente alla nostra vita e alla nostra vocazione, alla nostra missione e al nostro ministero. Letta in questa maniera, non sarà più una sterile argomentazione teorica su un vivere o un agire genericamente inteso, bensì diventerà essa stessa lo specchio della nostra esperienza personale, e parlerà proprio di noi. E se riusciremo a identificare la nostra vita, in ogni suo aspetto e momento, con la nostra vocazione, allora la Parola ci sorreggerà efficacemente nella nostra missione e nel nostro servizio. Da ciò, come afferma il Direttorio, consegue che «[il sacerdote] si sentirà personalmente impegnato a coltivare in maniera particolare la Sacra Scrittura con lo studio di una sana esegesi, soprattutto patristica, e con la meditazione fatta secondo i diversi metodi comprovati dalla tradizione spirituale della Chiesa, in modo da ottenerne una comprensione animata dall’amore (cfr. S. Tommaso d’Aquino, Summa theologiae I, q. 43, a. 5). È particolarmente importante insegnare a coltivare questo rapporto personale con la Parola di Dio già negli anni di seminario, dove gli aspiranti al sacerdozio sono chiamati a studiare le Scritture per rendersi più “consapevoli del mistero della rivelazione divina ed alimentare un atteggiamento di risposta orante al Signore che parla. Dall’altra parte, anche un’autentica vita di preghiera non potrà che far crescere nell’anima del candidato il desiderio di conoscere sempre di più il Dio che si è rivelato nella sua Parola come amore infinito” (Benedetto XVI, Verbum Domini, n. 82)»[6].

L’Esortazione Verbum Domini ricorda a tutti i sacerdoti: «La Parola di Dio è indispensabile per formare il cuore di un buon pastore, ministro della Parola. Vescovi, presbiteri, diaconi non possono in alcun modo pensare di vivere la loro vocazione e missione senza un impegno deciso e rinnovato di santificazione che ha nel contatto con la Bibbia uno dei suoi pilastri»[7]. Nello stesso documento, il Papa si rivolge ai religiosi parlando della loro relazione con le Sacre Scritture: «Vorrei ricordare che la grande tradizione monastica ha sempre avuto come fattore costitutivo della propria spiritualità la meditazione della sacra Scrittura, in particolare nella forma della lectio divina. Anche oggi, le realtà antiche e nuove di speciale consacrazione sono chiamate ad essere vere scuole di vita spirituale in cui leggere le Scritture secondo lo Spirito Santo nella Chiesa, così che tutto il Popolo di Dio ne possa beneficiare»[8].

La Parola di Dio risonante nel silenzio

La risposta alla chiamata di Dio attraverso il dono del sacramento dell’Ordine sacro o dell’assunzione dei voti religiosi presuppone non solo la volontà di approfondire le verità di fede e la loro teologia, ma anche la capacità di silenzio e contemplazione. Un uomo che intraprende tale cammino nella Chiesa deve necessariamente imparare ad ascoltare con il cuore il Dio che parla, lo stesso Dio che pronuncia la Sua Parola di creazione e redenzione, una Parola – per dirla con S. Ignazio di Antiochia, nella sua Lettera ai cristiani di Magnesia – che è «uscita dal silenzio»[9].

La necessità del silenzio come condizione previa all’ascolto della Parola di Dio la si ritrova nella storia della spiritualità della Chiesa per tutti gli stati di vita. A noi, membri del clero – sacerdoti o persone di vita consacrata – è addirittura in un certo senso garantita la possibilità di prendere “gusto” a questo silenzio. Ancor più, se si riflette sul fatto che tanti nostri fratelli e sorelle chiamati a vivere la vocazione alla santità nel matrimonio, devono imporsi grandi rinunce e sacrifici per trovare quel silenzio necessario per l’incontro con il Signore. Di quel silenzio, invece, noi ne disponiamo in abbondanza. Esso ci è garantito dalle nostre chiese, dalle cappelle di casa, dalle canoniche, dalle celle monastiche. Scrive ancora Giovanni Paolo II: «Dobbiamo confessare che abbiamo tutti bisogno di questo silenzio carico di presenza adorata: la teologia, per poter valorizzare in pieno la propria anima sapienziale e spirituale; la preghiera, perché non dimentichi mai che vedere Dio significa scendere dal monte con un volto così raggiante da essere costretti a coprirlo con un velo (cfr. Es 34, 33) e perché le nostre assemblee sappiano fare spazio alla presenza di Dio, evitando di celebrare se stesse; la predicazione, perché non si illuda che sia sufficiente moltiplicare parole per attirare all'esperienza di Dio; l’impegno, per rinunciare a chiudersi in una lotta senza amore e perdono. Ne ha bisogno l'uomo di oggi che spesso non sa tacere per paura di incontrare se stesso, di svelarsi, di sentire il vuoto che si fa domanda di significato; l’uomo che si stordisce nel rumore. Tutti, credenti e non credenti, hanno bisogno di imparare un silenzio che permetta all'Altro di parlare, quando e come vorrà, e a noi di comprendere quella parola»[10]. Tutti noi abbiamo bisogno di innamorarci della Parola di Dio, e prima ancora, del silenzio. Penso a quel silenzio più grande, in cui eternamente risuona la Parola del Padre: il divino silenzio di vita interiore della Santissima Trinità. Là, nel dialogo d’amore tra Padre e Figlio nello Spirito Santo, è generata la Parola. Per grazia di Dio anche noi possiamo accedere a quel dialogo attraverso la santa Umanità di Cristo, non solo attraverso le Sue parole, ma – in primo luogo – per mezzo dell’evento che Egli è: Parola del Padre incarnata.

Quante volte abbiamo letto e meditato il racconto dell’Annunciazione. Abbiamo ascoltato con massima attenzione le parole dell’Angelo e quelle di Colei che accoglie nel proprio seno l’eterna Parola del Padre. Conosciamo benissimo questa scena tramandataci da San Luca. Essa trabocca della Parola di Dio e del silenzio umano che ne diventa la migliore risposta. Questo evento meraviglioso deve rimanere per noi un esempio sempre vivo. Proprio durante la sua visita a Nazareth nel 1964 nella Basilica dell’Annunciazione, il Servo di Dio Paolo VI parlò, tra l’altro, di “insegnamenti del silenzio”: «Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio di Nazareth, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri. Insegnaci quanto importanti e necessari siano il lavoro di preparazione, lo studio, la meditazione, l'interiorità della vita, la preghiera, che Dio solo vede nel segreto»[11].

L’esperienza dei santi ci mostra chiaramente quanto il silenzio e il tacere dell’uomo siano importanti per la crescita della vita spirituale. S. Josemaría Escrivá lo riassunse con grande semplicità: «Il silenzio è come il portinaio della vita interiore»[12].

Desidero adesso richiamarmi ad un esempio molto caro a tutti i polacchi. Mi riferisco al martire di Varsavia della nostra epoca, al beato sacerdote don Jerzy Popieluszko. Ascoltiamo un brano dal suo diario: «Oggi, prima del pranzo, alle ore 12.10 sono andato in chiesa per la recita del rosario, sul coro. Un benedetto, beato silenzio. Sopra il pulpito una croce d’oro. Di tanto in tanto un piccolo raggio di sole entrava dentro e allora la croce veniva rischiarata da una calda luce dorata. Poi calava di nuovo il buio. Dio mio, quanto è simile la vita dell’uomo, grigia, difficile, talvolta cupa, e spesso sarebbe insopportabile se non fosse per questi piccoli raggi di gioia, della Tua presenza, segno che sei qui con noi, sempre lo stesso, buono e amorevole»[13]. Emblematiche sono le parole «benedetto, beato silenzio». La vita di questo sacerdote, specialmente negli ultimi anni del suo ministero, fu piena di molteplici impegni. Malgrado ciò, pur in mezzo a tanti compiti, spesso importantissimi e urgenti, egli seppe ritagliarsi momenti di quel «benedetto, beato silenzio» e averne cura. Fu quel silenzio a dargli l’esperienza della presenza di Dio, quel silenzio colmo di Dio fu la fonte della sua forza. Il beato sacerdote-martire aveva scoperto un importante mistero del ministero pastorale. Esso porta frutto quando scaturisce dalla vita spirituale, dall’amicizia con Gesù, dall’attento ascolto della Parola di Dio. Le opere pastorali hanno una fonte giusta solo se vengono generate dal silenzio della contemplazione. Le nostre parole, quando sono originate dall’incontro con la Parola divina, possono avere valore ed essere utili, e non finiranno di certo ad ingrossare il diluvio di verbosità che si riversa nei dibattiti del mondo in cerca di riconoscimenti e pubblico consenso.

La Parola di Dio unificante

La preghiera apre l’uomo al dono dell’unità interiore necessaria per consacrarsi interamente al servizio di Dio e della Chiesa. La lettura orante della Parola di Dio fa di essa lo strumento che agisce negli anfratti più profondi della vita e della storia dell’uomo, estremamente prezioso per tutte le dimensioni della formazione: seminariale, religiosa e permanente. È necessario che la Parola di Dio risuoni in ogni spazio della vita del seminarista e del sacerdote. Toccando mente e cuore dell’uomo, essa ne forma la coscienza e la volontà e purificandolo lo predispone a donarsi generosamente.

Non vorrei però che in questo discorso ci fermassimo a livello di una riflessione puramente psicologica. L’argomentazione più profonda qui deve essere, ovviamente, di natura soprattutto teologica, che si richiami alla verità sostanziale della fede della Santissima Trinità. La Parola, originata da quella perfetta unione qual è la Comunione delle Persone divine, ha a sua volta il potere di integrare l’uomo. Ascoltando la Parola e aprendo ad essa la propria vita, l’uomo consente a Dio di ricomporre la sua interiorità, frammentata dal peccato e dalle fragilità. Sarebbe pertanto ingenuo pensare che questa integrazione si concluda all’uscita dalla casa di formazione, oppure dopo il trascorrere di un certo periodo dall’ordinazione sacerdotale o dalla professione dei voti religiosi. Questo processo trova la sua fonte, ma anche il suo coronamento, nella vita trinitaria di Dio. Si compie attraverso la comunione dell’uomo con Cristo, il quale ci introduce alla comunione eterna, una comunione che dura tutta la vita. Ed è in effetti proprio la Parola del Padre incarnata a rendere accessibile a noi il Cielo, l’eterna comunione delle Persone Divine.

Questa esperienza di integrazione interiore ha una dimensione molto pratica. Si traduce, infatti, nella vita e nell’agire dell’uomo, rendendolo capace di servire generosamente la Chiesa. Uno dei compiti importanti di coloro che sono stati chiamati al sacerdozio o alla vita religiosa è l’impegno per l’unità interiore dei nostri fratelli e sorelle. Intendiamo sia della vita interiore dei singoli fedeli, sia di quella comune nelle strutture collettive: parrocchie, case religiose, varie comunità di credenti che riuniscono laici e clero. Un posto particolare spetta in questo ambito alle famiglie. È l’unità della famiglia che dovremmo servire in modo speciale, offrendo per questa intenzione il nostro celibato e la nostra castità. La nostra comunione con il Signore, che si nutre della Parola di Dio, ci fa capaci di essere, con il consiglio e il sostegno pratico, al servizio della comunione matrimoniale e familiare. I sacerdoti servono l’unità del consorzio umano soprattutto mediante la celebrazione del sacramento della Confessione e dell’Eucarestia. Queste nostre azioni, però, dovrebbero sempre avere come sfondo la nostra unione con Dio attraverso l’ascolto interiore della Sua Parola.

L’ascolto della Parola che parla di Dio e dell’uomo, di noi e della nostra storia, ci dà la capacità di svolgere nella società un ministero specifico. Con l’ascolto della Parola cresciamo nell’unione non solo con Dio, ma anche con le nostre sorelle e i nostri fratelli. In questo modo il mondo si avvicina a Dio. Diventiamo così servitori eccezionali di quella preziosissima creatura di Dio che è l’uomo, in cammino verso la comunione con Lui. Ben presto si vedrà che il nostro avvicinarci all’uomo, assorti nell’attento ascolto di Dio, è una grazia divina donata a chi vive accanto a noi. La nostra missione nel mondo non consiste soltanto nel guidare l’uomo verso l’amore unificante di Dio, verso l’unità del Corpo di Cristo, ma nell’essere anche annuncio e presagio di questa unità. Il mondo contemporaneo ha bisogno di testimoni zelanti dell’amore unificante di Dio, immersi nell’ascolto della Sua Parola. Sono necessari pastori che siano sacerdoti non solo mentre celebrano la santa Messa, impartiscono i sacramenti o guidano le esequie, non solo mentre insegnano religione o sono di turno nella segreteria parrocchiale. C’è bisogno di pastori che siano sacerdoti sempre, perché sempre risuona dentro di loro la Parola di Dio che li chiama, che li integra, che li fortifica.

La Parola di Dio illuminante

La Parola di Dio è viva e ci accompagna, ci pervade e ci forma, illumina la nostra vita, la vita dell’uomo nella Chiesa, la vita individuale e anche quella sociale. Vorrei attirare l'attenzione, a questo punto, su una questione di natura antropologica. Penso alla definizione dell’uomo e alla confusione che la circonda nella nostra epoca. La Parola di Dio si fa presente con grande forza come voce a difesa dell’uomo nel mondo contemporaneo. Ed è la Parola che può svolgere un ruolo importantissimo esprimendo il punto di vista cristiano, opponendosi alle ideologie avverse all'uomo.

Probabilmente la situazione attuale risente ancora dell’eredità delle ideologie totalitarie dei secoli XIX e XX, quali il nazismo e comunismo. Esse hanno contribuito a distruggere la comprensione stessa della natura umana. In quei totalitarismi non si può non vedere un progetto di creazione di un uomo nuovo, o quanto meno la volontà di distruggere il modo in cui l’uomo veniva inteso e definito fino ad allora. Queste ideologie indicavano Dio come minaccia per l’uomo, per la sua libertà e indipendenza. Forse in nessuno dei secoli precedenti tanto è stato detto sull’uomo come nel secolo XX. Eppure, allo stesso tempo, proprio quel secolo diventò scena di una programmata e massificata sua profanazione, di una spietata sperimentazione con il suo corpo e con la sua identità. Su tale sfondo si evidenzia nitidamente oggi l’impellente necessità di attingere a quanto le Sacre Scritture ci dicono dell’uomo, della sua vita e del suo destino.

La formazione dei responsabili per la formazione nei seminari non può ignorare questo punto importante che caratterizza l’epoca contemporanea. La civiltà occidentale, eretta sul fondamento di filosofia ellenica, legge romana ed etica cristiana, grazie all’ininterrotto attingere alle Sacre Scritture ha acquisito non solo una grande capacità di dire la verità sull’uomo, ma anche di difenderlo dalle minacce dell’epoca presente. I formatori seminariali devono pertanto essere particolarmente sensibili agli atteggiamenti e le opinioni degli alunni. Tuttavia, affidare le questioni antropologiche alla sola formazione intellettuale sarebbe un errore. L’uomo scopre la verità più profonda su di sé e la sua vita nell’incontro con Dio vivente. Il Dio che parla e dona la sua vita è il Maestro che insegna l’umanità all’uomo, senza mai fermarsi. L’evento centrale di questo processo e la persona di Gesù Cristo. In Lui riconosciamo la verità non soltanto su Dio, ma anche sull’uomo. La santa Umanità del Figlio di Dio incarnato costituisce un programma per la formazione umana di tutti i cristiani, e in modo particolare di tutti coloro che svolgono un ministero nella Chiesa. La teologia cristiana non esiste separata dall’antropologia. Pertanto la teologia non può essere che riflessione e discorso integrale su Dio e uomo. La Rivelazione cristiana è, inscindibilmente, teologia e antropologia. Il Dio che si rivela nella storia biblica e in Gesù Cristo, quel Dio, attirando a Sé l’uomo e donandogli la grazia, rivela l’uomo all’uomo stesso. Potrebbe succedere che l'attuale generazione di coloro che predicano nella Chiesa debba intraprendere, con una forza e un coraggio ancora maggiori, la missione di predicare la verità sull’uomo. E questo non si potrà fare senza un’approfondita antropologia biblica. L’affermazione che i cristiani devono predicare la verità sull’uomo non ignora affatto Dio, in nessun caso. Crediamo in Dio che si interessa all’uomo in quanto Sua creatura, che parla alla Sua creatura, e crediamo anche nel Figlio di Dio Incarnato che ha mostrato la verità su Dio e sull'uomo. L’umanità manifestatasi in Gesù Cristo riluce in tutta la sua pienezza, ed è stata elevata alla gloria della vita eterna.

L’inizio della predicazione al mondo della verità sull’uomo è la missione della Parola di Dio incarnata nel mondo. Tutti, senza eccezione, siamo invitati a partecipare a questa missione. Ma se vogliamo davvero parteciparvi, dobbiamo sinceramente e coraggiosamente aderire a Gesù, non solo alle Sue parole, ma anche alla Sua Persona. Teniamo a mente le parole del b. Giovanni Paolo II: “L’essere umano non può comprendere se stesso partendo dal riferimento ad altre creature del mondo visibile. La chiave per comprendere se stesso va dall’uomo cercata contemplando il Primo Modello divino, la Parola incarnata, l’eterno Figlio di Dio. La prima e decisiva fonte per la comprensione della natura interiore dell’essere umano è quindi la Santa Trinità” (Memoria e identità, Cracovia 2005, p. 115). Un’attenta lettura intellettuale e spirituale delle Sacre Scritture ci mostra che l’uomo creato da Dio e chiamato a conformarsi al modello di Gesù non può essere compreso ignorando il progetto Paterno dell’incarnazione del Figlio. Cristo risorto e vivente è il compimento dell’umanità. In Lui ogni uomo può trovare il senso della propria vita. Ciò si realizza mediante la partecipazione alla Sua vita. Avendo sperimentato la comunione con Gesù, Paolo ha potuto dire: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20) ed invocare: “Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori” (Ef 3, 17). In Gesù Cristo la verità sull’uomo raggiunge la sua pienezza. La vediamo anche alla luce della nostra vocazione alla partecipazione nella vita divina. Anche se siamo creature di Dio, Egli sembra essersi spinto molto più avanti nei suoi progetti su di noi: ci ha creati perché superassimo lo status di creature diventando, in Gesù Cristo, Suoi figli prediletti.

Per i sacerdoti e i religiosi, per tutti coinvolti nella formazione sacerdotale e religiosa, l’ascolto della Parola di Dio, accettarla e viverla, si verifica costantemente nell’avvicinarsi all’uomo, venirgli incontro. La nostra predicazione della verità su Dio e sull'uomo e la nostra testimonianza di Lui diventano allora un continuo richiamo alla concezione cristiana dell’uomo e della sua vita.

Considerazioni riguardanti il vivere la Parola di Dio quotidianamente

Desidero aggiungere alcune piccole considerazioni al discorso qui presentato. Vi prego di accogliere ciò che sto per dire non come linee guida, ma semplicemente come condivisione della fede che si nutre della Parola di Dio.

“Leggi non solo con le labbra, ma col cuore”

Visto che siamo a Cracovia, non posso esimermi dal richiamare le parole di una grandissima santa polacca, conosciuta in tutto il mondo. Penso alla santa suora Faustina Kowalska, il cui “Diario” è stato tradotto in quasi tutte le lingue del mondo, e nel quale la Santa ha ricordato al mondo la Misericordia di Dio, rivelata nella Parola del Padre incarnata: Gesù Cristo. Durante la degenza in ospedale nel giugno del 1938, suor Faustina ha partecipato a tre giorni di esercizi spirituali. Il secondo giorno di quegli esercizi scrisse nel diario le seguenti parole del Maestro: “Oggi, figlia Mia, per lettura prenderai dal Vangelo di S. Giovanni il diciannovesimo capitolo e lo leggerai non solo con le labbra, ma col cuore...”[14]. Santa Faustina eseguì fedelmente l’ordine di Gesù. Dopo, annotò: “Durante tale lettura la mia anima provò un profondo dolore. Conobbi tutta l'ingratitudine delle creature verso il loro Creatore e Signore, chiesi che Iddio mi preservasse dall'accecamento dell'intelletto”[15]. Ricordo oggi quell’episodio per riferirmi a certe questioni essenziali che sembrano introdurre il problema di cui vorrei parlare. In primo luogo, vogliamo leggere le Sacre Scritture “non solo con le labbra, ma col cuore”, in secondo luogo, ci stiamo preparando ad una esperienza “dell’anima”, e in terzo luogo, parole ispirate e meditazione ci porteranno ad una conoscenza più profonda di ciò che Dio vorrà rivelarci.

La Liturgia delle Ore

Nella vita dei religiosi e sacerdoti non v’è ascolto autentico della Parola di Dio senza la fedeltà alla “Liturgia delle Ore”. Questa preghiera ci unisce con Gesù Cristo che in un colloquio filiale si rivolge al Padre nello Spirito Santo. Insieme al Figlio di Dio Incarnato innalziamo a Lui l’inno di gloria. La celebrazione della “Liturgia delle Ore” diventa per noi un vivo e personale incontro con il Padre. Questo si realizza attraverso il Figlio Unigenito per opera dello Spirito Santo. È un grande onore per noi, essere invitati a partecipare in questa grande opera. Grazie alla Liturgia delle Ore si forma in noi anche l’atteggiamento di incessante preghiera, alla quale ci chiamava Gesù (cfr. Lc 18, 1). Inoltre, fornendoci sistematicamente testi patristici scelti, brani tratti da opere dei santi e dai documenti della Chiesa, la “Liturgia delle Ore” ci induce ad attingere più ampiamente a queste fonti. In questo modo la Parola di Dio può penetrare in noi più efficacemente, rafforzandoci nella Chiesa.

La nuova evangelizzazione

Oggi parliamo molto della nuova evangelizzazione. In questa iniziativa della Chiesa si tratta di impegnarsi con una nuova forza e nuove modalità per rendere presente nel mondo la Buona Novella della salvezza e per formare l’uomo sul modello di Gesù Cristo. Abbiamo bisogno, per questo, della fede e anche dell’esperienza che fa parte del patrimonio della nostra Chiesa. Perciò vogliamo metterci in un attento ascolto della Parola di Dio che nutre la nostra fede, della Parola che ha guidato le generazioni dei cristiani nel passato. Non possiamo dimenticare che la Chiesa non siamo solo noi, ma anche chi ci ha preceduto e chi verrà dopo di noi. A noi spetta il compito di lasciare alle generazioni future, nello spirito di responsabilità ecclesiale, un buon esempio di ascolto di Dio che parla ininterrottamente alla Sua Chiesa. Fortificati dalla Sua Parola, sosteniamoci dunque reciprocamente nel discernimento giudizioso della situazione che vive l’uomo contemporaneo e nello zelo della nostra predicazione del Vangelo.

La Parola di Dio che conferma nell’amore

Abbiamo bisogno di restare sempre in ascolto della Parola per non cedere alla tentazione, tanto diffusa nel mondo che ci circonda, di pensare che siamo “indipendenti” da Dio, “liberi” da Lui. Un grande dramma del mondo di oggi è che esso ha preso proprio questa strada, che conduce l’uomo a concentrare sempre di più l’attenzione su se stesso ma, alla fine, gli fa scoprire la solitudine che lo circonda e lo uccide. Questo processo comporta immancabilmente l’inseguimento delle sensazioni, anche a costo di rinunciare a pensare. Vediamo che l’affermazione cartesiana, del resto problematica, „Penso dunque sono” viene sostituita da quella che dice “provo dunque sono”. Si vogliono provare emozioni, anche forti, e stimoli che spingono ad azioni incontrollate. L’incessante ascolto della Parola è la nostra, dettata dalla prudenza, difesa di fronte a tali atteggiamenti. Infatti, la Parola ci conferma nella convinzione che noi siamo perché lo ha voluto Dio, esistiamo grazie al Suo amore. L’amore, e non i nostri sforzi e sensazioni umane, costituisce la fonte e il senso della nostra vita. L’amore gratuitamente dimostratoci da Dio ci spinge a cercare in Lui la vera libertà. La libertà che Dio ci dona tutti i giorni non ci condurrà mai alla solitudine, bensì alla comunione con Lui e con i nostri fratelli e sorelle.

La riforma del clero

Da svariati anni ormai riaffiora sistematicamente il tema della riforma della Chiesa nella parte che riguarda il clero. La Parola di Dio e i Sacramenti, specialmente quello dell’Eucarestia, si affacciano all’orizzonte della questione come importanti indici di riferimento.

Il nostro incontro quotidiano con la Parola di Dio e la quotidiana celebrazione della Santa Messa determinano la crescita quotidiana della Chiesa, la sua quotidiana trasformazione. Ogni nostro avvicinamento al Signore costituisce un orientamento per la Chiesa che le imprime la giusta direzione. Dobbiamo ricordarci costantemente il dialogo di Gesù con i Dodici: “Forse anche voi volete andarvene?”, e la risposta di Pietro è decisa: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (cfr. Gv 6, 67-68). Nell’ascolto delle parole del Signore non si tratta soltanto di ciò di cui vive l’uomo in un dato momento. La priorità qui non è la ordinaria utilità terrena delle parole del Maestro, la stessa che si applica alle cose del quotidiano; qui si tratta dell’orientamento verso l’eternità. Una riforma giusta di una qualunque dimensione di vita della Chiesa sarà l’opera di Dio soltanto se sarà orientata alla salvezza dell’uomo. La riforma del clero può essere unicamente frutto di una radicale scoperta della dimensione sovrannaturale della vocazione e del ministero. Le Sacre Scritture ci chiamano incessantemente a scoprirla.

Le Sacre Scritture e la Croce

Tra le tante considerazioni che vi presento oggi, vi chiedo di ascoltare e accogliere anche un suggerimento di natura pratica. Ebbene, mentre leggiamo e meditiamo le Sacre Scritture, è sempre utile avere dinanzi agli occhi la croce, sulla scrivania o anche sulle pagine della Bibbia. È una vecchissima prassi, spesso usata dai santi e dai maestri di spiritualità. Simile, del resto, a quanto cerchiamo di fare noi sacerdoti durante la celebrazione della santa Messa, quando, leggendo la preghiera eucaristica, ci voltiamo, appunto, verso la croce. Specialmente nel celebrante tale orientamento esteriore sorregge quello interiore. Ognuno di noi è chiamato a fissare lo sguardo su Cristo, specialmente durante la celebrazione dei misteri divini.

Le parole del Signore ricevono il loro timbro definitivo nel contesto degli eventi pasquali che proprio la croce ci fa ricordare. Ogni sguardo rivolto alla croce orienta la nostra preghiera verso l’amore di Dio rivelatoci a così caro prezzo. Il segno della croce ci aiuta a vivere la preghiera imprimendole la giusta direzione. Cristo e la Via, la Verità e la Vita, Egli è il nostro orientamento, il Sole della Giustizia che attendiamo e verso il quale volgiamo continuamente il nostro sguardo.

Maria in ascolto della Parola di Dio

Per la centralità della Parola di Dio nella formazione integrale dei sacerdoti e religiosi il culto mariano è uno strumento indispensabile. Maria è Donna in ascolto della Parola di Dio. Da Lei impariamo cosa vuol dire ascoltare, cosa vuol dire portare Dio nel cuore, cosa vuol dire essere la Porta della Parola di Dio che nasce nel mondo, cosa vuol dire dare al mondo la Parola di Dio, cosa vuol dire la fedeltà quotidiana e devota alla Parola. Diventando Studiosa della Parola, Maria è diventata modello di una risposta totale alla chiamata di Dio.

Sono di grande aiuto le nostre quotidiane pratiche di devozione mariana, del nostro amore per la Madre di Dio, Madre della Parola Incarnata. Penso in particolare alle preghiere che contengono molti testi e riferimenti biblici. Alla Liturgia delle Ore in onore della Santissima Vergine Maria, le sante Messe mattutine dell’Avvento, quelle votive del sabato alla cui celebrazione il Servo di Dio Card. Wyszynski invitava i sacerdoti, il Rosario, l’Angelus, i canti mattutini in onore della Immacolata Concezione della Beata Vergine, le celebrazioni mariane di maggio con la Litania alla Madonna di Loreto e l’Acatisto alla Madre di Dio.

Conclusione

Queste sono le mie considerazioni riguardo alla questione della centralità della Parola di Dio nella formazione integrale dei sacerdoti e religiosi. Tirando le somme, va detto che non i successi terreni per i quali veniamo riconosciuti e lodati, e nemmeno le dignità ecclesiastiche talvolta raggiunte possono costituire il metro con cui misurare i frutti del nostro ministero nella Chiesa, bensì la quantità delle anime salvate. L’eterna comunione con Dio dei miei fratelli e sorelle, alla quale ci conduce la Parola del Padre Incarnata: Gesù Cristo Salvatore, comincia dalla mia comunione con il Signore. Ogni giorno di più vogliamo ascoltare la Sua Parola e vivere la Sua vita. Auguro a tutti voi di essere coraggiosi nel vostro cammino verso la santità e di riconoscere nella realizzazione del Regno di Dio l’unico scopo della vostra vita. Affido questi miei auspici alla materna intercessione della Santissima Vergine Maria, Donna immersa nell’ascolto della Parola del Padre, Donna portatrice della Parola del Padre, Donna che gioisce della Parola del Padre. Che Ella vi accompagni in questa opera che qui state cominciando e realizzi tutte le vostre aspettative e speranze.

Desidero anche dirvi che vi ricorderò nelle mie preghiere, chiedendo allo Spirito Santo di illuminare i vostri cuori e di guidarvi ad una chiara e profonda conoscenza di Cristo che saprà trasformare le vostre vite, perché solo Lui possiede le parole della vita eterna (cfr. Gv 6, 68).



[1] Benedetto XVI, Omelia per la Santa Messa del Crisma del 09.04.2009; Cfr. Benedetto XVI, Lettera per l’indizione dell’Anno Sacerdotale 2009/2010 in occasione del 150° anniversario del dies natalis del Santo Curato d’Ars, 16.06.2009 r.

[2] S. Josemaría Escrivá, Cammino, n. 422.

[3] S. Josemaría Escrivá, Cristo che passa, n. 93.

[4] Benedetto XVI, Riflessione prima della preghiera di Angelus (6 novembre 2005 ), “L’Osservatore Romano” 27 (2006), n. 2, s. 40 [Insegnamenti I/1 (2005), p.759–762].

[5] Cfr. Congregazione per il clero, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, trad. polacca J. Królikowski, Cracovia 2013, p. 62.

[6] Congregazione per il clero, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, trad. polacca J. Królikowski, Cracovia 2013, p. 63.

[7] Benedetto XVI, Esortazione apostolica Verbum Domini, p. 78.

[8] Benedetto XVI, Esortazione apostolica Verbum Domini, p. 83.

[9] S. Ignazio d’Antiochia, Lettera ai cristiani di Magnesia 8, 2, in: Patres apostolici, ed. F.X. Funk, II, 237.

[10] Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Orientale lumen, n. 16.

[11] Paolo VI, Omelia nella Basilica dell’Annunciazione a Nazareth, 05.01.1964.

[12] S. Josemaría Escrivá, Cammino, n. 281.

[13] J. Popiełuszko, Zeszyt zielony, 25 XII [1983], in: Zapiski. Listy i wywiady ks. Jerzego Popiełuszki 1967-1984, a cura di G. Bartoszewski, Varsavia 2009, p. 80.

[14] S. M. Faustyna Kowalska, Dario, Varsavia 2009, p. 1765.

[15] S. M. Faustyna Kowalska, Diario, Varsavia 2009, p. 1766.