Convegno Nazionale

dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale delle Vocazioni

 “VOCAZIONI TESTIMONIANZA DELLA VERITA’ ”.

 

Celebrazione Eucaristica  di S. E. Mons. Beniamino Stella

Prefetto della Congregazione per il Clero

 

Roma 3-5 Gennaio 2014

 

 

Leggiamo sempre con molta emozione la storia della chiamata dei due discepoli, di cui ci parla  proprio il Vangelo di oggi, sabato 4 Gennaio. Un Vangelo emblematico, con dei particolari per nulla insignificanti e secondari nella dinamica delle chiamate da parte del Maestro, Gesù di Nazareth.

 

Il brano del Vangelo ci mostra “il metodo” di Gesù, che è quello dell’incontro personale con coloro che in seguito diventeranno suoi discepoli. In maniera assai diretta, Gesù non invita a ricevere spiegazioni astratte, ma propone un rapporto; non vuole convincere per forza, ma attrae con l’amore che diffonde intorno a sé.

 

È toccante pensare a quella nota umanissima, “erano circa le quattro del pomeriggio”; solo chi ama e si sente amato ricorda simili dettagli; ricorda il momento in cui la sua vita ha conosciuto una svolta, storica e definitiva. Pensiamo a tutti i momenti in cui Gesù ha “attraversato” la nostra vita e ci ha fatto sentire la sua vicinanza, guidandoci alla comprensione e all’accoglienza della nostra vocazione. Chi si sente cercato ed amato può rispondere “sì” con entusiasmo, per sé e davanti alla comunità cristiana.

 

La vocazione, quindi, resta sempre un incontro personale con Gesù, che si svela a chi lo ascolta, a chi si ferma con lui – “quel giorno rimasero con lui” – e gli va plasmando nel cuore la verità profonda del proprio essere prescelti da uno speciale gesto di amore del Maestro. Gesù è la “verità che ci fa liberi”. Con la sua persona e la sua vita ha dato testimonianza alla verità più cara e più bella del nostro essere chiamati a diventare figli del Padre e, pertanto, discepoli e fratelli del Signore.

 

La risposta alla vocazione, perciò, è in primo luogo un accogliere nella nostra realtà interiore, con la libertà di chi si sente amato da Gesù, la verità di noi stessi, del nostro essere figli nel Figlio, una verità che non “inventiamo”, ma che scopriamo, stando di fronte a Gesù come ad uno specchio e lasciandoci sedurre dal volto e dalla parola del Maestro.

 

Per questo, possiamo pensare che la vocazione può essere compresa e accolta solo nella preghiera, nello stare in ascolto ed in adorazione di fronte al Signore.

 

Vorrei invitarvi a gettare uno sguardo personale su questa relazione profonda ed intima che ha segnato, in un momento particolare della nostra avventura umana, il nostro destino di chiamati al ministero ordinato o ad una speciale consacrazione.

 

Nella responsabilità che mi corrisponde, mi tocca oggi percorrere non poche storie di preti. Mi permetterei di raccomandarvi, dal profondo del cuore, di custodire, con timore e tremore, l’ambiente  spirituale primigenio della nostra vocazione. Come il bambino nei primi nove mesi di vita non può separarsi dal grembo materno, senza correre dei rischi mortali per la sua sopravvivenza, così noi, preti e Suore, e consacrati, non possiamo non curare il mondo interiore della nostra intimità amorosa con il Maestro. Essa dura - deve durare -  tutta la nostra vita; e non si tratta di un ambiente artificiale, ma di un “habitat” naturale e permanente, dentro il quale apprendiamo a conoscere il Maestro e dove egli ci regala, generosamente, l’esperienza della bellezza e dell’incanto della sua compagnia.

 

           

Il metodo di Gesù è, naturalmente, anche il metodo della Chiesa. Come ha ricordato Papa Benedetto nell’omelia per l’inizio della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano (Aparecida, 13 maggio 2007): «La Chiesa non fa proselitismo. Essa si sviluppa piuttosto per “attrazione”: come Cristo “attira tutti a sé” con la forza del suo amore, culminato nel sacrificio della Croce, così la Chiesa compie la sua missione nella misura in cui, associata a Cristo, compie ogni sua opera in conformità spirituale e concreta alla carità del suo Signore».

 

L’annuncio del Vangelo, oggi più che mai, segue la logica dell’attrazione verso una realtà che affascina e non del mero proselitismo, come ha più volte ricordato Papa Francesco in questi  mesi, con le parole e, soprattutto, con l’esempio personale. La Chiesa, in sintesi, non cerca di “catturare” nessuno, non si preoccupa di attuare “strategie”, ma invita tutti, attrae all’incontro con Cristo, tramite la vita e la testimonianza dei suoi membri.

 

Il titolo dato a questa giornata, pertanto, “Mostrami Signore la tua via, perché nella tua verità io cammini”, è un efficace invito che nasce dal Vangelo che abbiamo ascoltato. La vocazione non è un progetto personale, una carriera che si vuol costruire; “la tua via…la tua verità…”, queste parole ci inducano a pensare che rispondere alla vocazione è dire “sì” ad un Altro che chiama, per renderci strumenti della sua missione.

 

Perciò, è la gioia che nasce da una vocazione realizzata, la fonte più forte di attrazione per gli altri, quella gioia – tema così caro a Papa Francesco – che sorge spontanea in chi ha messo la sua vita nelle mani di Cristo. Ancora, ricordando immagini care al Santo Padre, possiamo pensare che una vocazione al ministero ordinato, o ad una vita di consacrazione, è realizzata quando nel sacerdote, o nella persona consacrata dentro uno speciale carisma, riconosciuto dalla Chiesa,  è possibile scorgere un “discepolo innamorato” di Cristo e, perciò, fedele alla missione affidatagli, e un “missionario ardente”, pronto a farsi prossimo a tutti, in speciale modo ai piccoli ed ai poveri.

 

L’esperienza ecclesiale che viviamo, in questa tappa così straordinaria della vita della Chiesa, che ci pone davanti la Persona e il ministero pastorale del Santo Padre Francesco, ci porta a riconoscere che la voce del profeta o, se volete, del Pastore che guida il gregge della comunità cristiana, giunge davvero al cuore della Chiesa e dell’umanità, e lo sta aprendo e trasformando all’accoglienza del messaggio cristiano.

 

Non possiamo non interrogarci sul senso profondo di questo “fenomeno” spirituale, vistoso e cattivante, se volete, ma semplice nelle sue dinamiche e nelle sue motivazioni,  che ci sorprende ma soprattutto che ci sfida tutti, Vescovi, Sacerdoti e semplici fedeli laici.

 

Non sono pochi coloro che tornano oggi a guardare alla Chiesa e a Gesù, con interesse e simpatia. Lo “strumento” che li presenta e li porge all’attenzione del mondo, anche non credente, ha certo la forza e l’irradiazione di una ricca ed attraente umanità, ma ha soprattutto il marchio di colui che parla in nome  di Dio, del profeta cioè  che parla delle cose semplici ed eterne del Vangelo di Gesù, senza edulcorarle, manipolarle e diluirle, arricchite dalla espressività dei segni di un linguaggio semplice e sobrio, e soprattutto dai gesti personali della carità e della bontà.

 

Ciascuno di noi, nella mente e nel cuore, ha una ricchezza personale di umanità e il carisma del discepolo, chiamato a rappresentare a titolo diverso e con mansioni differenti, il Maestro di Nazareth. Torniamo  dunque alla sua scuola, a stare con Lui e a conoscerlo in profondità, in una vita di preghiera personale e di autentico discepolato di Gesù. Gesù può fare di ciascuno di noi, poveri e piccoli come siamo, dei veri e straordinari pescatori di uomini e di anime, soprattutto innamorando altri discepoli  a mettersi alla sua scuola e a farsene apostoli e discepoli, nel mondo di oggi.

 

Maria Santissima ci insegni in queste giornate natalizie a servire con tenero amore Gesù che nasce a Betlemme e che cresce a Nazareth; San Giuseppe ci insegni la laboriosità, il silenzio dell’ascolto e soprattutto la disponibilità a fare ciò che Dio ci chiede in ogni ora del giorno e della notte, soprattutto nel sacrificio e nella croce, che è sempre autentica e sicura  scuola di vita e cammino alla Pasqua. Così sia.

 

+ Beniamino Stella

Prefetto della Congregazione per il Clero

Celebrazione Eucaristica  - 4 Gennaio 2014