19 gennaio 2014
Bergoglio raccontato da don Fabiàn Bàez
Per chi non ho suonato la campana
«Mai di manica larga, mai rigoristi, sempre misericordiosi» raccomandava ai
confessori
di Silvia Guidi
«Non sono esattamente come George Clooney, mi
dispiace» sorride don Fabiàn Bàez davanti al fotografo che sta scegliendo lo
scorcio migliore per ritrarlo durante l'intervista che ha rilasciato al nostro
giornale. Dopo il "salto della transenna" dell'8 gennaio scorso,
durante l'udienza del mercoledì, il sacerdote argentino — che ha da poco cambiato
incarico pastorale: dal marzo prossimo sarà al santuario di San Cayetano en
Liniers a Buenos Aires — è ormai noto in tutto il mondo come il "prete
della papamobile".
Come ha conosciuto Bergoglio?
La prima volta che l'ho visto, negli anni Novanta,
ero ancora studente universitario; mi sono confessato da lui — una confessione
molto bella, molto cordiale — e poi mi ha regalato un libretto sulla
devozione al Sacro Cuore. Non abbiamo mai lavorato insieme a qualche progetto
particolare, e non c'era un'amicizia particolarmente stretta, era semplicemente un hombre cercano, molto
vicino a tutti noi, me compreso.
Cosa l'aveva colpito di più?
Quello che colpisce tutti, credo: Bergoglio è un uomo
libero. E molto, molto intelligente. A Buenos Aires tutti erano colpiti dalla
sua austerità, dal fatto che lo infastidisse ogni barriera di protezione tra
se stesso e il mondo reale. Era evidente, in lui, il gusto, il
"divertimento" di stare tra la gente, e la semplicità della sua vita
anche da arcivescovo e da cardinale: neanche il più povero dei preti era così
povero.
E qualche ricordo?
Le sue telefonate a sorpresa, diventate celebri sulla
stampa di tutto il mondo, non sono una novità per noi. Quando è morto mio
padre, poche ore dopo mi è arrivata la sua chiamata. Una volta, ero ancora seminarista,
ha telefonato in parrocchia nel primo pomeriggio dicendo: «Vorrei venire a
battezzare da voi, potresti chiedere al parroco se è d'accordo?». Ovviamente il
parroco rispose di sì, e credo che poche delle famiglie dei bambini battezzati
si siano accorte che il sacramento era stato amministrato dall'arcivescovo.
Sembrava un prete normale, felice di far entrare nuove piccole vite nel popolo
di Dio. Un'altra volta — saranno state le due o le tre del pomeriggio,
ricordo che era caldissimo quell'anno a Buenos Aires — mi chiama per chiedermi
di andare prima possibile in un ospedale della città: «C'è un uomo che sta
morendo, ha bisogno dei sacramenti, dell'unzione degli infermi e della confessione,
potresti andare tu? E un sacerdote che ha lasciato la sua vocazione molto
tempo fa. Se puoi, vai subito. Avevo pensato di andare io, ma è meglio di
no». Era già cardinale e aveva paura di creare scompiglio in ospedale andando
lui di persona, e di non far sentire a suo agio quell'uomo in un momento tanto
delicato e decisivo. Era preoccupato per la sua anima. Non era certo la
pigrizia a spinger-" lo a mandare qualcun altro, ma una forma di
discrezione e di attenzione nei confronti di una persona che aveva avuto un
percorso di vita tanto tormentato e doloroso.
L'aneddoto "porteño" più singolare che ricorda?
Una cosa che non è accaduta a me ma a un amico, don
Diego. Bergoglio gli aveva dato appuntamento in arcivescovado e Diego aveva
colto l'occasione per chiedergli consiglio su tutte le situazioni più spinose,
complicate e difficili che stava vivendo, parlando il più liberamente possibile.
L'arcivescovo ascoltava e faceva domande, e il colloquio stava diventando
sempre più lungo. Uscendo. Diego vide Fernando de la Rua Bruno, il presidente
della Repubblica, che stava aspettando in anticamera. Ed è rimasto senza
parole. Si sentiva quasi in colpa per il tempo a lui dedicato: ma per Bergoglio
lui e il presidente erano ugualmente importanti.
E il primo pensiero quando è stato eletto Papa?
Per me è stato uno tsunami interiore, una scossa
fortissima; lo desideravo ma sinceramente non lo credevo possibile, per tanti
motivi. Appena ho visto la fumata bianca sono andato a suonare le campane, ma
quando ho sentito il nome mi sono dimenticato di tornare a suonarle: ero in
ginocchio davanti al televisore. La prima cosa che ho pensato è stata: mi ha
ordinato un Papa! Da noi erano circa le tre del pomeriggio quando è arrivata la
notizia: non ho mai visto tanta gente alla messa pomeridiana come quel giorno.
L'allegria per strada era palpabile. Siamo un Paese con una pietà popolare
molto forte e una grande fede mariana, ma tutta la nostra storia è segnata da
grandi contraddizioni e divisioni profonde. Vedere la gente che festeggiava
per strada, unita, felice per lo stesso motivo, è stato uno spettacolo
bellissimo.
Qual è il consiglio che Bergoglio dava più spesso a
voi sacerdoti?
Ripeteva sempre che la cosa più importante è avere un
rapporto personale costante, intenso, profondo, intimo con Gesù. Non ci sono
altre strategie, altri segreti. E sulla confessione, ci ripeteva spesso: ni manga ancha, ni rigorista,
mai essere di manica larga, ma neanche rigoristi, e sempre — sempre! —
misericordiosi. L'assoluzione dai peccati fa bene a chi la riceve, ma anche a chi l'amministra.
Anche il sacerdote ne trae beneficio, perché sta partecipando al ministero di Cristo. Di
solito tendiamo a sottovalutare il potere sanante della grazia sacramentale e
il grande potere della grazia di stato, in tutte le vocazioni: sposati, sacerdoti,
consacrati. Vale per tutto il popolo cristiano. Se avessimo ben presente il
potere sanante della grazia sacramentale, saremmo tutti innamorati della
confessione, preti c laici.
Dopo il salto sulla papamobile, è stato assediato
dalle telefonate di giornalisti, amici e parenti. Come ha vissuto questa
notorietà improvvisa?
Quello che mi è successo lo vedo come un regalo fatto
non solo a me, ma a tutti i sacerdoti di Buenos Aires. Su Twitter
[@paterfabian] ho cercato di raccontare qualcosa della mia esperienza. E la
racconto a tutti quelli che me lo chiedono. Quel giorno non avevo il biglietto
per l'udienza, ero in mezzo alla folla, quelle transenne da attraversare sono
un po' l'immagine di tutta la nostra vita. Tutti siamo chiamati a stare accanto
a Pietro. In mezzo alla folla, in una giornata come tante, c'è qualcuno che ti
chiama, che vuole a bordo proprio te. Quando rispondi di sì, capisci che non
si sale da soli, c'è bisogno sempre dell'aiuto di qualcuno. E questo vale anche
per chi è più leggero di me... E stare con Gesù che rende ciascuno di noi veramente
protagonista, tutto il resto è apparenza, è qualcosa che passa. E l'apparenza
stufa prima di tutto noi stessi, e poi anche gli altri.