Festa dei
SS. Ermagora e Fortunato, martiri, sabato
12 luglio 2014
Basilica
Patriarcale di Aquileia
Omelia
Uniti nella preghiera, nel ricordo dei Santi
Martiri Ermagora e Fortunato, patroni dell’arcidiocesi di Gorizia, dell’arcidiocesi
e della città di Udine nonché di tutta la Regione Friuli Venezia Giulia, ci
mettiamo in ascolto della Parola di Dio, grati al Signore per tutte quelle
persone, grazie alle quali siamo qui oggi.
Penso ai sacerdoti e alle suore, ai genitori e
ai nonni, ai catechisti e agli amici, a tutti coloro insomma che hanno
trasmesso a ciascuno di noi il dono della fede, preparato dal Signore.
È sempre opportuno che la nostra preghiera
quotidiana contenga un “grazie” a Dio, per tutto ciò che appartiene alla nostra
vita; oggi, magari nel silenzio successivo alla Comunione, diciamo il nostro
grazie a partire da un nome ed un cognome, quelli della persona a cui in
special modo siamo debitori per il cammino di fede percorso.
Chi sono costoro per noi? Pensiamoci. Sono veri “martiri”,
cioè “testimoni” di una fede accolta e vissuta. “Martiri”, non “eroi”; la
differenza è di non poco conto. Dall’eroe aspettiamo gesta grandiose,
presumiamo che sia una persona al di sopra della media, che abbia virtù
straordinarie; egli è un modello da guardare con rispetto e ammirazione, perché
fa cose che solo lui, con la sua grandezza, può fare.
Si tratta di figure positive, ma forse meno accessibili
nel cammino ordinario di fede del popolo di Dio. Pensiamo invece ai martiri, ai
testimoni. Chi è il vero testimone? È colui che ha fatto esperienza di
qualcosa, che ha vissuto personalmente una certa realtà, che ha visto accadere
qualcosa. A un testimone non si richiedono qualità speciali, “elitarie”; gli si
chiede solo di aver conosciuto in prima persona ciò di cui parla. Qui è la
grandezza e la semplicità della testimonianza cristiana; aver conosciuto
Cristo, averlo accolto nella vita, come Maestro e fonte di ispirazione, per poi
poterlo “raccontare” agli altri, con le parole, con una vita di umile
dedizione, con un gesto di carità, magari sino all'effusione del sangue.
Pensiamo alle parole del Vangelo, appena
ascoltate. Gesù non ha chiamato nessuno perché si guadagnasse simpatie o
applausi terreni, benché ovviamente questo possa accadere. La vita cristiana, concretamente
vissuta, diviene fatalmente una permanente “contestazione” delle logiche del
mondo, delle sue priorità e dei suoi meccanismi, in cui il denaro e il potere
presiedono e dettano la condotta, personale e pubblica.
Qui siamo tutti coinvolti, ciascuno secondo il
proprio stato e la propria condizione; occorre testimoniare e vivere la fede,
in quel pezzetto di mondo e in quel presente, che è la nostra vita quotidiana,
con i suoi luoghi e le sue relazioni.
Quanto ci costa questo cammino in salita, il non
farci trascinare dalla corrente e dalla moda; non diciamo mai: “così fan
tutti!”; sarebbe un arrenderci alla deriva del conformismo e della mediocrità;
la celebrazione dei Santi Patroni ci sprona all’impegno e alla trasparenza di
vita, là dove scaturisce la gioia cristiana e la profonda soddisfazione
interiore per il dovere compiuto.
Mentre ringraziamo il Signore per tutti coloro
che ci sono stati testimoni, dai Santi Patroni in avanti, chiediamoci, qui
davanti al Signore, quale esperienza di fede testimoniamo con la nostra vita,
per chi siamo a nostra volta “martiri” della fede. La vita cristiana non è una
teoria astratta; il nostro modo di stare e di vivere nel mondo, infatti, si
vede; se è ispirato alla santità cristiana, affascina; se è cattivo e menzognero,
scandalizza e induce al peccato; a noi il compito, da assumere con coraggio e
generosità, di rimuovere la mediocrità, la colpa e, ove ci fosse, anche lo
scandalo.
E non siamo soli in questa importante “impresa”.
La misericordia di Dio nel sacramento della penitenza e la Sua parola, meditata
con verità davanti al Signore nella preghiera quotidiana, sono gli strumenti
efficaci della nostra crescita spirituale, quelli che Papa Francesco tante
volte ha riportato all’attenzione di noi tutti: per i pastori, perché siano
dispensatori generosi della misericordia e annunciatori della Parola; per tutti
i fedeli, perché non lascino inaridire la loro fede, ma ricorrano costantemente
a questi preziosi “tesori” di grazia, la preghiera e i Sacramenti, che sono veicoli
della bontà di Dio per il nostro cuore, malato di peccati e debole di tanta
umana fragilità.
San Paolo parla dei vasi di creta in cui è
custodita la fede che abbiamo ricevuto. Si tratta dei vasi della nostra
fragilità umana, della tentazione del conformismo, della paura, di una
narcisistica autonomia, di un’avida indifferenza verso gli ultimi. Tutte realtà
esistenti e operanti nelle nostre vite. Ma la nostra attenzione - secondo le
intenzioni di Paolo - non deve essere catturata dalla fragilità del “supporto”
umano, che siamo tutti noi. Il tesoro cui anela il nostro cuore e dove si
centra la nostra speranza è la bontà di Dio, che ha voluto deporre in questi
poveri vasi, che siamo noi, una profonda e insopprimibile aspirazione verso la
santità.
Per quanto la nostra vita e la nostra persona ci
appaiano di poco conto, magari per i tanti sbagli commessi, il dono di Dio è
più grande e più forte di ogni nostra mancanza; parafrasando S.Agostino -
pastore e maestro di pastori - potremmo dire che il dono che ci è giunto senza
che noi lo conoscessimo o lo meritassimo, non porterà frutto, senza che noi lo
vogliamo. Ma è pur certo che Dio è capace di convertire i cuori induriti e di
incamminarli a una vera santità di vita, che compiace il cuore di Dio e che ispira
a imitare il modello di vita cristiana, che possiamo essere ciascuno di noi,
nella famiglia, nella scuola, nell’ufficio e nell’azienda, sulla strada o
nell’intimità della nostra coscienza, di fronte a scelte difficili e spesso
onerose.
In conclusione, è bello affidare questa terra e
queste Comunità cristiane, generate alla fede cristiana dall’antichissima
Aquileia, all’intercessione dei suoi Santi Patroni, Ermagora e Fortunato,
perché tutti i fedeli siano perseveranti nel vivere cristianamente la vita di
ogni giorno, in comunione con Dio e nell’esercizio della carità e della
giustizia verso tutti i loro fratelli, specialmente quelli che ne hanno
maggiormente bisogno, perché poveri, malati, deboli e soli.
In questa solenne concelebrazione, desidero infine
rivolgere il pensiero ai pastori: vescovi e presbiteri, nonché ai diaconi loro
cooperatori, perché il Signore li sostenga nel generoso esercizio del loro
ministero e, accompagnati dall’affetto delle loro comunità e dalla stima di
tutti, possano rendere visibile e operosa la carità di Cristo e “contagiare” il
popolo di questa terra con la gioia del Vangelo.
S.Em. Card. Beniamino
Stella