Omelia del Prefetto della Congregazione, Cardinale Stella, nell’anniversario dell’elezione di Papa Luciani

 

Anniversario dell’elezione di Papa Luciani

Canale d’Agordo – 26 agosto 2014, 16.30 p.m.

 

Ho accettato con grande piacere e personale coinvolgimento in questa festa l’invito di partecipare personalmente e di presiedere questa Santa Messa in ricordo del carissimo Papa Luciani, con il quale condivido le radici in questa terra veneta e che ho conosciuto da vicino anche come mio Vescovo, per 11 anni. Di questo sacerdote, diventato Papa, con un cuore di vero pastore, parlo oggi alla luce delle letture che la liturgia ci ha proposto, con particolare riferimento al tema della vocazione.

 

Se dovessimo chiederci cos’è la vocazione, penso che una buona risposta sarebbe che è un dono di Dio affidato alla libertà dell’uomo. Dio, che ci ha creati, ci conosce da sempre, sin nel profondo. Ogni uomo è frutto dell’amore di Dio, che chiama prima alla vita, poi a seguirlo, chi in un modo, chi in un altro, ma chiama tutti; Dio si rivolge a tutti i suoi figli, non trascurando nessuno nel distribuire i suoi doni. Potremmo dire allora che la vocazione è come un regalo di Natale, ben impacchettato, che Dio mette sin dall’inizio nel nostro cuore, perché un giorno possiamo accorgerci della sua presenza ed aprirlo.

 

Così, non c’è dubbio che la chiamata al sacerdozio fosse da sempre nel cuore del giovanissimo Albino Luciani, quando il Signore gliela fece scoprire e lo guidò a viverla. Dio si serve spesso di altri uomini come tramite per farci arrivare i suoi messaggi, anche i più importanti. I ricordi del fratello e della sorella di Albino, Berto e Nina, raccolti in un libro di qualche anno fa (“Mio fratello Albino. Ricordi e memorie della sorella di papa Luciani”, 2003) risultano illuminanti in questo senso. La maestria nell’uso della fionda da parte di un religioso cappuccino, frate Remigio, predicatore quaresimale qui a Canale, conquistò Albino, gli fece cogliere il fascino di una vita spesa per il Signore, in una maniera adatta ad un bambino. Dio sa parlare tutti i linguaggi e sceglie quello che possiamo capire meglio.

 

Una volta scoperto il “pacco regalo” da parte di Dio, Albino venne aiutato a scoprirne il contenuto dalla bella figura sacerdotale del suo parroco, don Filippo Carli, che provvide anche ad indirizzarlo al Seminario. Attraverso la guida e l’esempio di questo sacerdote, l’intuizione iniziale divenne una scelta e una vita da vivere. La libertà di Albino nel rispondere alla chiamata del Signore ha trovato in don Filippo una grande educatore.

 

La vocazione, come anche la fede, è un dono di Dio, ma non “piove dal cielo”, richiede piuttosto un’assimilazione ed esperienza umana profonda e significativa che ci guidi all’incontro con Cristo. Sono le parole del Vangelo che abbiamo ascoltato, a testimoniarci che questo è stato anche il metodo di Gesù. Giovanni il Battista ha indirizzato Andrea e l’altro discepolo verso il Maestro che passava e Gesù stesso li ha condotti al discernimento sulla loro vita, invitandoli a “venire e vedere”. Gesù non dice “venite, vi spiego come stanno le cose”, non propone una teoria o una filosofia, ma una vita da vivere e da condividere con Lui. Nel “dimorare”, nello stare con Lui, l’intuizione dei due diviene la scelta consapevole di divenire suoi discepoli, così come tramite anche le paterne cure di don Filippo, il giovane Albino ha tratto alimento per la sua vocazione e preziosi insegnamenti di vita sacerdotale in vista del futuro ministero.

 

Da don Filippo Albino ha imparato l’amore per la cultura, per la conoscenza, non fine a sé stessa o per farne sfoggio, bensì in vista di poter meglio rispondere alle necessità dei fedeli. Infatti, Albino si è sentito spesso richiamare all’esigenza della semplicità e dell’immediatezza nell’esprimersi, perché tutti, soprattutto i più poveri ed umili, potessero comprenderlo. Profondità di contenuti, espressa in un linguaggio famigliare, quotidiano, proprio come ha fatto Gesù, che ha spiegato i misteri di Dio e del Regno dei Cieli parlando di campi, animali e faccende domestiche.

 

Ma l’insegnamento più prezioso per il giovane Albino è stato quello della carità pastorale, espressa tramite il forte senso della responsabilità per quelli che gli erano affidati. Essere pastore significa accogliere gli incarichi che la Chiesa richiede, facendo in modo che quanto più si cresce in autorità, tanto più aumenti lo spirito di servizio e la cura degli altri. Così è stato per il sacerdote Albino Luciani, che ha spesso ricoperto cariche importanti, sino a ricevere il Papato.

 

Questi insegnamenti “impastati” con la successiva esperienza pastorale di Albino Luciani, hanno arricchito il suo animo sacerdotale. Nel suo discorso al Clero romano (7 settembre 1978), Papa Luciani ha richiamato due ulteriori strumenti che formano e sostengono il buon sacerdote nella sua missione. In primo luogo, il senso della disciplina, intesa come mezzo per custodire ed interiorizzare la chiamata di Dio e per salire verso di Lui, uno scalino alla volta: la disciplina, infatti, «esiste soltanto, se l'osservanza esterna è frutto di convinzioni profonde e proiezione libera e gioiosa di una vita vissuta intimamente con Dio». Inoltre, nelle parole di Papa Luciani, un sacerdote zelante non può trascurare lo stare di fronte al Signore, il raccoglimento: «attorno a noi c’è continuo movimento e parlare di persone, di giornali, di radio e televisione. Con misura e disciplina sacerdotale dobbiamo dire: “…io devo prendermi un po' di silenzio per la mia anima; mi stacco da voi per unirmi al mio Dio». Si tratta di coltivare una relazione ugualmente profonda, con Dio e con i fedeli affidati; in fondo, credo che anche oggi resti valido quanto ancora detto da Papa Luciani in quel discorso al Clero di Roma: «sentire il loro sacerdote abitualmente unito a Dio è, oggi, il desiderio di molti buoni fedeli».

 

Questo è il sacerdote che Albino Luciani è diventato, coltivando e curando la sua vocazione. In questa occasione perciò è bello ricordare anche i tanti “don Filippo”, quei parroci che sono la ricchezza della Chiesa, con il loro cuore di pastori, la disponibilità al servizio, la vicinanza e la dedizione generosa e instancabile per il loro popolo. Parafrasando l’espressione di Benedetto XVI, ripresa da Papa Francesco riguardo alla crescita della fede (omelia a Santa Marta, 1° ottobre 2013), potremmo dire che le vocazioni non nascono tramite programmazione, ma per attrazione, per il fascino di una vita. Preghiamo perciò il Signore per la santità dei sacerdoti e per il loro diventare segno e strumento efficace della presenza in mezzo al popolo dell’unico Buon Pastore, ringraziandoLo anche per il dono che è oggi Papa Francesco, il quale con il suo sorriso, la sua semplicità, la sua umanità e il suo non risparmiarsi per il servizio alla Chiesa ci fa anche ricordare con affetto il “nostro” Papa Luciani.