II Domenica di Quaresima
Citazioni:
Gn 22,1-2.9-13.15-18: www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9abu25v.htm
Rm 8, 31b-34: www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9bp4jwh.htm
Mc 9,2-10: www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9adepbi.htm
Nella
II Domenica di Quaresima, il cammino verso il mistero Pasquale è in qualche
modo “anticipato” dall’episodio della trasfigurazione del Signore. E’ un
momento fondamentale del percorso verso la morte di Croce e la Risurrezione;
Gesù, sulla cima del monte, manifesta Dio in tutta la Sua luce e bellezza e,
così, preannuncia la vittoria finale sulla sofferenza, sul peccato e sulla
morte. Gli apostoli, che hanno lasciato tutto per seguirLo e camminano
faticosamente dietro di Lui verso il Calvario, senza comprendere molto, hanno
qui la possibilità di “vedere” la
Buona Novella; se all’inizio Gesù l’aveva predicata, annunciando che il regno è
vicino, adesso, sul monte, Egli fa “vedere” la luce di che questa vicinanza può
venire a portare alla nostra vita, come può rischiararla e trasformarla. Dio è
luce, è bellezza, è vita piena ed eterna. Egli vuole trasfigurare e illuminare
la nostra vita.
Così, il cammino quaresimale ci offre, attraverso immagini
particolarmente evocative, un simbolo della nostra vita: anche se camminiamo
nella fatica e aridità del deserto, la luce del mistero pasquale ci precede, ci
accompagna ed è la meta ultima verso cui tendiamo. Il punto di arrivo della
nostra vita – la Pasqua che è la vita eterna per noi – è sin d’ora il fondamento
che ci rende sereni e forti, perfino “se camminiamo in una valle oscura”. Camminare
nella fede è vivere i giorni, anche i più difficili, nella certezza che la luce di Dio ci avvolge, sostiene i
nostri passi, accompagna i nostri deserti.
Il Vangelo di questa domenica, dunque, ci mostra come Gesù conduce
con sé gli apostoli sul monte. Nel deserto, Egli ha scelto di seguire la via
dell’amore che si dona, anche a costo della Croce, confidando fermamente nella
vittoria finale che il Padre, risuscitandoLo, gli avrebbe donato. Ora, il
Maestro intende invitare anche i suoi apostoli a seguire questa via e, per
alleggerire il peso del dubbio e della fatica dinanzi al mistero della Croce,
fa intravedere loro la bellezza della luce pasquale che tutto illumina. Chi si
offre completamente, in realtà, non perde nulla. Anzi, possiede pienamente la
propria vita, ha già in sé la vita eterna.
Agli apostoli che sono preoccupati, angosciati e dubbiosi, come lo
siamo noi in tanti momenti poco luminosi, Gesù fa vedere che seguire la strada
del Vangelo conduce verso la luce di Dio. Una luce che riempie la nostra vita. La
Legge e i profeti, rappresentati da Mosè ed Elia, testimoniano a favore di
Gesù: è Lui Colui che rivela davvero il volto luminoso di Dio. Il Padre stesso
fa sentire la Sua voce: ascoltate Lui e giungerete alla vita senza fine. Dio ci
offre la vita del Figlio Suo per trasfigurare e illuminare la nostra.
Queste immagini parlano molto alla nostra vita. Talvolta
conserviamo ancora l’idea che Dio esige da noi sacrifici e meriti ma, invece,
contemplando la morte e la risurrezione di Gesù, anticipate sul monte della
trasfigurazione, vediamo un rovesciamento di prospettiva: è Dio che vuole
sacrificarsi per noi, offrirci la Sua vita, aprirci alla Sua luce.
Gratuitamente e solo per amore. Se ci fidiamo di Lui e viviamo la nostra vita
come una dolce e gioiosa “salita” sul Suo monte, Lui stesso ci viene incontro
con la Sua luce e ci attira a sé. E’ significativo che, in questa I domenica,
al Vangelo è affiancato il brano del sacrificio di Isacco; nella cultura
cananea dell’epoca, era prassi offrire sacrifici umani alla divinità. La storia
della salvezza di Israele, invece, testimonia che è Dio ad agire per il bene
dell’uomo e a desiderare con Lui un’Alleanza. Egli non vuole sacrifici umani e
culti cruenti. Ciò che chiede è la fede verso il dono che Egli intende fare.
Ciò fa dire a Paolo: cosa dobbiamo temere? Perché avere paura
anche nelle oscurità del cuore e della vita? Il Dio che Gesù ci ha mostrato è
un Dio che ama fino a offrirsi Lui per noi. Ci dona la Sua vita perché noi possiamo
vincere le nostri morti. Questa è la bellezza del Tabor e del mistero Pasquale.
Questa bellezza abita già in noi, visitati dalla presenza di Dio
fin dal dono del nostro Battesimo. E’ una bellezza che dobbiamo rispolverare e
riscoprire in questo tempo di Quaresima. Può essere offuscata dall’abitudine
con cui ci accostiamo a Dio, dalla distrazione, dalla nostra fretta permanente,
dalle debolezze che sono talvolta più forte dei nostri desideri e propositi.
Può essere annebbiata da pensieri, parole e azioni che non hanno quasi nulla
della luminosa bellezza di Dio. Può essere sminuita ogni volta che viviamo la
fede stessa come una consolazione privata e desideriamo “restare” come Pietro
sul monte senza scendere nella valle, talvolta oscura, della vita quotidiana.
E, ancora, tante chiusure, tanti egoismi, tante violenze di ogni genere,
abbruttiscono il nostro mondo e tentano di oscurare la luce della presenza di
Dio.
Ma Dio è luce che vince le tenebre. Questo è il tempo in cui
fidarci nuovamente di Lui e consegnare la nostra vita, imparando a spenderla
nell’amore, nell’accoglienza, nella misericordia. Imparando a porre, nelle
tenebre che spesso ci avvolgono, segni luminosi di bene e di speranza.
Impegnandoci a costruire, in questo mondo, piccole oasi di bellezza: illuminati
da Dio, quando ci siamo immersi nella Sua luce, scendiamo nella valle del mondo
come uomini trasfigurati e illuminiamo le piccole situazione di ogni giornata.
Talvolta, basta una disponibilità in più, un tempo speso bene, un gesto di carità.
Ciascuno di noi può essere, se davvero sale sul monte, un piccolo pezzo della
luce di Dio nella quotidianità.
Così ci raccomanda Papa Francesco, che ha voluto sintetizzare
queste episodio nelle due parole che segnano il cammino di Gesù e degli apostoli:
“salita e discesa. Noi abbiamo bisogno di andare in disparte, di salire
sulla montagna in uno spazio di silenzio, per trovare noi stessi e percepire
meglio la voce del Signore. Questo facciamo nella preghiera. Ma non possiamo
rimanere lì! L’incontro con Dio nella preghiera ci spinge nuovamente a
"scendere dalla montagna" e ritornare in basso, nella pianura, dove
incontriamo tanti fratelli appesantiti da fatiche, malattie, ingiustizie,
ignoranze, povertà materiale e spirituale. A questi nostri fratelli che sono in
difficoltà, siamo chiamati a portare i frutti dell’esperienza che abbiamo fatto
con Dio, condividendo la grazia ricevuta”.