IV Domenica di Quaresima

 

La quarta domenica di Quaresima è chiamata “laetare”. Al centro del tempo quaresimale, l’invito è alla gioia per la Pasqua ormai vicina. La liturgia della Parola ci svela il motivo fondamentale del nostro rallegrarci: l’amore misericordioso e compassionevole di Dio ha cura di noi, ostinatamente desidera salvarci e aprirci alla vita eterna! Rallegriamoci, perché dentro al mistero a volte tortuoso e ferito della storia, Dio suscita germogli di speranza, di bene e di salvezza; rallegriamoci perché anche quando il nostro cuore si chiude, Dio continua a bussare con amore per attirarci a Sé. La gioia cristiana non è, allora, un ingenuo ottimismo o una maschera artificiale: è la consolazione di sperimentare, lungo i sentieri talvolta oscuri del nostro cuore e della vita quotidiana, che Dio rimane presente, mi viene a cercare, non si scoraggia nella Sua volontà di donarmi la Sua stessa vita.

 

A questa gioia ci invita anzitutto l’affascinante confronto tra Nicodemo e Gesù, che oggi il vangelo ci propone; mentre è scesa la notte e il cuore del saggio Nicodemo si interroga sul Messia e sul Dio che Egli rivela, Gesù pronuncia per lui – e per noi – la buona notizia: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. Non è venuto a condannare il mondo ma a cercare chi è perduto; per chi si apre a Lui e gli affida la propria esistenza – cioè chi crede in Lui – la vita si moltiplica e sconfigge anche la morte. Non è un Dio che dall’alto ci giudica e si diverte a mandarci via se sbagliamo; al contrario, il giudizio è che Cristo è venuto nel mondo come luce del Padre, per illuminare la nostra vita; se preferisci restare nelle tenebre, se preferisci la comodità della penombra, se chiudi gli occhi e il cuore e non permetti a questa luce di illuminarti, allora sei tu che ti escludi dal dono e ti condanni da solo.

 

Lo ha ricordato con efficacia, qualche giorno fa, Papa Francesco, rispondendo ad alcuni bambini che chiedevano come mai, se Dio ama e perdona tutti, esiste l’inferno; il Pontefice ha risposto “Questo è l’Inferno: dire a Dio: “Arrangiati tu, che io mi arrangio da solo”. All’Inferno non ti mandano: ci vai tu, perché tu scegli di essere lì. L’Inferno è volere allontanarsi da Dio perché io non voglio l’amore di Dio. Questo è l’Inferno”.

 

Il cuore di Dio, invece, batte in un altro modo. Il Libro delle Cronache ci dice che, dinanzi ai misfatti e agli abomini del popolo, “il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora”; questa premura di Dio, che incessantemente lo muove verso di noi, esprime il Suo amore che ci viene a cercare, che si batte con ostinazione perché il nostro cuore, seppur nella fragilità e nell’apertura di una piccola soglia, possa accoglierLo. Egli vuole che tutti gli uomini siano salvati e, anche quando il popolo continua a rifiutarlo e subisce per questo la distruzione del Tempio e l’esilio, suscita una rinascita attraverso la figura del re Ciro. Dio non si rassegna, non si arrenda, non si scoraggia. A prescindere e prima delle nostre opere, Egli ci salva perché ci ama e siamo preziosi ai Suo occhi. Con altre parole, Paolo afferma: “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati”; se anche il nostro cuore vacilla, possiamo sempre tornare a Lui perché la Sua misura è l’amore. Questo è il motivo della nostra gioia.

 

Questa buona notizia può spalancare il nostro cuore e, mentre ci prepariamo alla Pasqua, ci suggerisce un modo nuovo di guardare a Dio, a noi stessi e ai fratelli. La storia tra Dio e noi non si misura sulle rigide regole di un tribunale ma nell’ampiezza di un abbraccio e in quell’amore senza confini che Egli ci mostra nel Suo Figlio Crocifisso; Gesù vuole anzitutto la conversione della nostra immagine di Dio per farci passare dalla paura alla fiducia. L’amore del Padre, che viene a cercarci e salvarci, mi dona occhi nuovi anche nei confronti di me stesso; le stanchezze, i pesi e le fragilità che sperimento, insieme alle cose che mi sfuggono e che non comprendo, richiedono solo la mia pazienza e la mia incondizionata fiducia in Dio. Tutto infatti, nella mia storia personale e nella creazione, è sorretto dalla mano provvidente di Dio e niente può fermare l’opera della Sua grazia che sempre, anche quando non ci spero più, è capace di rialzarmi, rinnovarmi e farmi ripartire. Neanche la morte è più una sconfitta definitiva perché in Cristo il Padre ci dona vita per sempre.

 

Amati di questo grande amore, non possiamo restare chiusi in noi stessi e nei nostri piccoli egoismi; il Padre che mi ama mi annuncia che, nel mio piccolo quotidiano, posso anche io ridare speranza, fiducia e vita ai fratelli che mi stanno accanto, se sono capace di amare invece che giudicare, di accogliere invece che respingere, di spendermi invece che ritirarmi, di perdonare invece che conservare il rancore. E’ bello poter scoprire un nuovo modo di vivere la nostra esistenza, assumendo in noi gli stessi sentimenti di Dio: amo così tanto il mondo e gli altri che, anche quando ciò richiede sacrificio, offro la mia vita. Creo semi di risurrezione intorno a me e, di riflesso, vivo anche io nella luce.

Mentre contempliamo e adoriamo il Crocifisso, allora, meditiamo le parole di Gesù che ne rivelano il senso: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio Unigenito per noi! Parole così ben commentate da Papa Francesco: esaltiamo la Croce di Gesù, perché in essa si è rivelato al massimo l’amore di Dio per l’umanità. È quello che ci ricorda il Vangelo di Giovanni nella liturgia odierna: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito» (3,16)…E quando volgiamo lo sguardo alla Croce dove Gesù è stato inchiodato, contempliamo il segno dell’amore, dell’amore infinito di Dio per ciascuno di noi e la radice della nostra salvezza. Da quella Croce scaturisce la misericordia del Padre che abbraccia il mondo intero. Per mezzo della Croce di Cristo è vinto il maligno, è sconfitta la morte, ci è donata la vita, restituita la speranza. Questo è importante: per mezzo della Croce di Cristo ci è restituita la speranza. La Croce di Gesù è la nostra unica vera speranza!