XII Domenica del Tempo Ordinario

 

La domanda conclusiva della pagina del Vangelo di questa domenica, ci aiuta a cogliere il filo rosso di questa Liturgia: “Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?”. La Parola non vuole spiegarci qualcosa o rassicurarci con facili risposta e una morale pronta all’uso; essa intende introdurci, intrecciandosi con la nostra esistenza, al mistero dell’incontro con Cristo, che sale sulla barca della nostra vita, agisce e riposa con noi e per noi, placa il tumulto dei venti e dei mari che possono sconvolgerci. E situa nel profondo del nostro cuore la domanda: chi è Costui per te?

 

Questa domanda aperta ci chiede di diventare discepoli  che lasciano tutto per seguire Lui e, sulla strada di questa avventura d’amore, imparano a stupirsi riconoscendo nella propria storia la mano provvidente di Dio. Questa è l’esperienza a cui Dio invita Giobbe; la sua protesta, che nasce dalla sofferenza, appare non solo legittima, ma anche segno ed espressione delle tante grida che si levano anche oggi dal cuore degli uomini, quando siamo toccati dalla sofferenza, dalla violenza, dall’ingiustizia, dal non senso, dall’impotenza dinanzi alle situazioni della vita. Eppure, Dio vuole ricordare a Giobbe che Lui solo è Dio e che, al di là dei tentativi di comprensione dell’uomo, occorre fidarsi e affidarsi al mistero più grande: “Chi ha chiuso tra due porte il mare quando usciva impetuoso dal seno materno?”. Così dice Dio a Giobbe mentre egli si trova in mezzo all’uragano. In mezzo alla tempesta tu puoi riconoscere che Dio è creatore e signore anche del mare e delle sue onde; se ti fai umile e ti affidi, puoi scoprire che Dio non ti lascia soccombere e ti concede la forza per vivere anche i momenti difficili; se non pretendi di essere tu il Dio della tua vita, allora Dio ti raccoglierà dalla tempesta e ti farà risorgere. Così, Giobbe concluderà la sua lotta con una professione di fede: Io so che il mio redentore è vivo e si ergerà dalla polvere su tutte le cose, anche sul male e sulla morte.

 

Questa immagine delle acque in tempesta – simbolo del male che scuote la storia e il nostro cuore – ritorna in tutta la Liturgia. La fede di Israele è fede nel Signore che salva dalle acque burrascose: nell’angustia gridarono al Signore – preghiamo con il Salmo – ed egli li fece uscire dalle loro angosce, e ritornò la bonaccia. E’ la scena che ci racconta Marco; è sera, i discepoli prendono Gesù sulla loro barca e si avviano all’altra riva; sono sorpresi da una grande tempesta e rimproverano a Gesù di dormire mentre loro stanno affondando. Gesù si alza, rimprovera il vento, placa il mare. Con una domanda forte mette la vita dei discepoli davanti a una riflessione e ad una scelta: perché avete ancora paura? Non avete ancora fede? L’immagine di Gesù che domina le acque del mare è una raffigurazione divina; riprende, cioè, l’antica idea biblica che raffigura Dio come Colui che domina le acque, cioè domina e vince il male, è Signore della creazione. L’evangelista ci sta dicendo che Gesù è il Signore! Lui è il Figlio che Dio ha mandato sulla barca della nostra vita perché, anche quando siamo colti dalla tempesta delle onde e del vento, noi diveniamo in Lui signori della nostra vita. Ma Siamo nelle Sue mani, siamo guidati e amati da Lui anche quando, in alcuni momenti della nostra esistenza, ci sembra che dormi. Egli è vivo e ha il potere di vincere le nostre paure.

 

Perché abbiamo ancora paura? Certamente perché non è facile “passare all’altra riva”, fare la traversata della nostra vita con tutti ciò che incontriamo e viviamo; per evitare di impegnarci troppo, di sporcarci troppo le mani e il cuore nelle cose della vita, di vivere con passione e con impegno le chiamate quotidiane – quelle rivolte a noi dalla vita e quelle rivolte a noi dagli altri – possiamo scegliere di non attraversare il mare, di non passare all’altra riva. Ma in questo modo, la vita smette di essere un viaggio, e scegliamo di restare fermi a riva, chiusi nelle nostre piccole certezze, nelle abitudini consolidate, nella nostre piccole sicurezze. Se scegli di vivere davvero però, se ti spendi nell’amore, se vuoi generare relazioni, se ti impegni nel lavoro che fai, se desideri collaborare alla costruzione del mondo, allora devi lasciare che la barca vada, che attraversi il mare lasciando sempre alle spalle le cose di ieri e andando verso il domani; come scrive Paolo: le cose di ieri sono passate, in cristo tu sei una creatura sempre nuova e la tua vita è un cammino di novità.

 

Ma ciò significa uscire da se stessi in mezzo al mare, che può riservare anche molte tempeste. Sembra essere il verbo più amato da Papa Francesco: uscire! Un uomo in uscita, una Chiesa in uscita, un coraggio di attraversare il mare sapendo che Cristo è sulla nostra barca. Abbiamo paura del nuovo, abbiamo paura di cambiare, abbiamo paura di ciò che mette in crisi i nostri schemi; abbiamo paure di perdere le nostre cose, le cose che abbiamo costruito e guadagnato; abbiamo paura nelle situazioni più delicate e difficili della nostra vita, e della vita delle nostre famiglie; abbiamo paura della crisi che attraversa la nostra società; e, in fondo, tutte questa paure sono la sintesi dell’unica grande paura che provoca l’angoscia nel nostro cuore: abbiamo paura di morire.

 

La Parola di Dio ci accompagna in questo viaggio, talvolta burrascoso, che è la vita. Mentre la notte con la sua tempesta può sorprenderci, Dio è nella nostra barca. Anche quando abbiamo la sensazione che stia dormendo e si sia disinteressato di noi, Egli è vigile e ha il potere di sgridare il vento e il mare. In tutte le situazioni della nostra vita Egli è guida, luce, fortezza. Egli è coraggio quando la paura ci scuote. Ma, soprattutto, Egli è il Signore dei venti e dei mari, è il Dio che domina e vince anche la morte. Così, ciò che si rasserena non è il fatto che con Dio possiamo non vivere certe tempeste, ma che – alla fine – la nostra traversata si conclude comunque all’altra riva. Noi non moriremo in mezzo al mare, anzi, noi non moriremo! Passeremo solo dall’altra parte dove Dio ci attenderà a braccia aperte. E tutto ciò che qui ci ha fatto pregustare, pur in mezzo alle tempeste, ce lo darà in abbondanza di vita e di gioia.