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Tema : Biblioteca
/ Teologia
/ Dio Figlio
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Biblioteca /Teologia /Dio Figlio
"Abbà-Padre": tutta la vita intima di Dio nell'unità trinitaria
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01/07/1987
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Non vi è forse parola che esprima di più l'autorivelazione di Dio nel Figlio, come la parola "Abbà-Padre". "Abbà" è un'espressione aramaica che si è mantenuta nel testo greco del Vangelo di Marco (14,36). Essa compare precisamente là dove Gesù si rivolge al Padre. E se anche questa parola è traducibile in ogni lingua, tuttavia sulle labbra di Gesù di Nazaret consente di meglio avvertire il suo contenuto unico, irripetibile.
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GIOVANNI PAOLO II
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Biblioteca /Teologia /Dio Figlio
"Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me"
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21/10/1987
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"Io e il Padre siamo una cosa sola" (Gv 10,30). E nell'attribuirsi ciò che è proprio di Dio, Gesù parla di se stesso come del "Figlio dell'uomo", sia per l'unità personale dell'uomo e di Dio in lui, sia per seguire la pedagogia prescelta di condurre gradualmente i discepoli, quasi tenendoli per mano, alle altezze e profondità misteriose della sua verità. Come "figlio dell'uomo" egli non esita a chiedere: "Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me" (Gv 11,1). Lo svolgimento di tutto il discorso dei capitoli 14-17 di Giovanni, e specialmente le risposte date da Gesù a Tommaso e a Filippo, provano che quando egli chiede che credano in lui, si tratta non soltanto della fede nel Messia come l'Unto e il Mandato da Dio, ma della fede nel Figlio che è della stessa sostanza del Padre. "Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me" (Gv 14,1).
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GIOVANNI PAOLO II
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Biblioteca /Teologia /Dio Figlio
ALCUNE QUESTIONI RIGUARDANTI LA CRISTOLOGIA
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14/09/2001
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II problema di Gesù Cristo s'è posto con acutezza nuova nei nostri tempi, sia sul piano della pietà, sia su quello della teologia. Numerosi elementi nuovi vengono apportati dallo studio della Sacra Scrittura e dalle ricerche storiche sui grandi Concili cristologici. Con nuova insistenza gli uomini e le donne d'oggi pongono gli stessi interrogativi d'una volta: " Chi è dunque quest'uomo? " (cf. Lc 7, 49); " Donde gli vengono questi doni? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? Che cosa significano i miracoli compiuti dalle sue mani? " (Mc 6, 2). Chiaramente, non basta una risposta che resti sul piano dello studio generale della scienza delle religioni.
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COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE
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Ascensione: mistero annunciato
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05/04/1989
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I più antichi simboli di fede fanno seguire all'articolo sulla risurrezione di Cristo, quello sulla sua ascensione. Al riguardo, i testi evangelici riferiscono che Gesù risorto, dopo essersi intrattenuto per quaranta giorni con i suoi discepoli con più apparizioni e in diversi luoghi, si sottrasse pienamente e definitivamente alle leggi del tempo e dello spazio, per salire al cielo, completando così il "ritorno al Padre" già iniziato con la risurrezione da morte. Nella presente catechesi vediamo come Gesù preannunziò la sua ascensione (o ritorno al Padre) parlandone con la Maddalena e con i discepoli nei giorni pasquali e prepasquali.
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GIOVANNI PAOLO II
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Ascensione: mistero compiuto
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12/04/1989
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Già gli "annunci" dell'ascensione, gettano molta luce sulla verità espressa dai più antichi simboli della fede con le concise parole "è salito al cielo". Abbiamo già fatto notare che si tratta di un "mistero", che è oggetto di fede. Esso integra il mistero stesso dell'incarnazione ed è il compimento ultimo della missione messianica del Figlio di Dio venuto sulla terra per operare la nostra redenzione. E tuttavia anche un "fatto" che possiamo conoscere attraverso gli elementi biografici e storici di Gesù, riferiti dai Vangeli.
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GIOVANNI PAOLO II
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Biblioteca /Teologia /Dio Figlio
Caratteristiche delle apparizioni di Gesù Cristo risorto
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22/02/1989
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Conosciamo il passo della prima lettera ai Corinzi, dove Paolo, cronologicamente primo, annota la verità sulla risurrezione di Cristo: "Vi ho trasmesso... quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici..." (1Cor 15,3-5). Si tratta, come si vede, di una verità trasmessa, ricevuta, e di nuovo trasmessa. Una verità appartenente al "deposito della rivelazione" che Gesù stesso, mediante i suoi apostoli ed evangelisti, ha lasciato alla sua Chiesa.
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GIOVANNI PAOLO II
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Biblioteca /Teologia /Dio Figlio
Chi è Gesù?
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14/06/1999
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La prima cosa che vorrei dire sul tema " chi è Gesù ? " è che questa domanda non la poniamo solo noi a noi stessi, non la poniamo neppure soltanto noi alla tradizione che forse abusivamente porta il nome di Cristo, alla tradizione cristiana; possiamo porla confrontando la risposta della tradizione cristiana alle risposte che noi o appunto altri testimoni contemporanei danno alla domanda. E non è neppure una domanda che noi poniamo semplicemente ai testi che parlano di Gesù, cioè i ventisette libri che compongono il N.T., ma anche una abbondante letteratura apocrifa più o meno contemporanea, in generale leggermente più tardiva, che non aggiunge nulla di sostanziale sulle possibili risposte alla domanda "chi è Gesu?"
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PAOLO RICCA
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'Chi perderà la propria vita la salverà'
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28/10/1987
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"Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me" (Gv 14,1): una richiesta che solo Dio può porre. Questa fede Gesù esige quando manifesta una potenza divina che supera tutte le forze della natura, per esempio nella risurrezione di Lazzaro (cf. Gv 11,38-44); la esige anche nell'ora della prova, quale fede nella potenza salvifica della sua croce, come dichiara fin dal colloquio con Nicodemo (cf. Gv 3,14-15); ed è fede nella sua divinità: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv 14,9). La fede si riferisce a una realtà invisibile, che è al di sopra dei sensi e dell'esperienza, e supera i limiti dello stesso intelletto umano ("argumentum non apparentium"; "prova di quelle cose che non si vedono" (cf. Eb 11,1); si riferisce, come dice san Paolo, a "quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo", ma che Dio ha preparato per coloro che lo amano (cf. 1Cor 2,9). Gesù esige una tale fede.
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GIOVANNI PAOLO II
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Biblioteca /Teologia /Dio Figlio
Colui che "spogliò se stesso"
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17/02/1988
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"Ecco l'uomo!". Questa espressione contiene in un certo senso tutta la verità su Cristo vero uomo: su colui che si è fatto "in tutto simile a noi fuorché nel peccato"; su colui che "si è unito in certo modo ad ogni uomo"; (cf. "Gaudium et spes", 22). L'hanno chiamato "amico dei pubblicani e dei peccatori". Proprio come vittima per il peccato divenne solidale con tutti anche con i "peccatori", fino alla morte di croce. Ma proprio in questa condizione di vittima, a cui Gesù è ridotto, risalta un ultimo aspetto della sua umanità, che dev'essere accettato e meditato fino in fondo alla luce del mistero del suo "spogliamento" ("kenosis"). Secondo san Paolo, egli, "pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini,; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Fil 2,6-8).
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GIOVANNI PAOLO II
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Biblioteca /Teologia /Dio Figlio
Cristo vittima di espiazione "per i peccati"
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26/10/1988
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Quando Gesù dice: "Il Figlio dell'uomo...non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45), riassume in queste parole l'obiettivo essenziale della sua missione messianica: "dare la propria vita in riscatto". E una missione redentrice. Lo è per l'umanità intera, perché dire "in riscatto per molti", secondo il modo semitico di esprimere i pensieri, non esclude nessuno. Alla luce di tale valore redentivo era stata già vista la missione del Messia nel libro del profeta Isaia e particolarmente nei "canti del servo di Jahvè": "Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato.
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GIOVANNI PAOLO II
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