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Il dovere più dolce

Dio ha in noi il suo vivo strumento, il suo ministro, perciò il suo interprete, l’eco della sua voce; il suo tabernacolo, il segno storico e sociale della sua presenza nell’umanità; il focolare ardente d’irradiazione del suo amore per gli uomini. Questo fatto prodigioso comporta un dovere, il primo e il più dolce della nostra vita sacerdotale: quello dell’intimità con Cristo, nello Spirito Santo, e perciò con Te, o Padre (cf Gv 16, 27); quello cioè di una autentica e personale vita interiore, non solo gelosamente custodita nel pieno stato di grazia, ma altresì volontariamente espressa in un continuo atto riflesso di consapevolezza, di colloquio, di amorosa, contemplativa sospensione. La ripetuta parola di Gesù nell’ultima cena: «Manete in dilectione mea» (Gv 15, 9; 15, 4; ecc.) è per noi. In questo anelito di unione con Cristo e con la rivelazione, da Lui aperta sul mondo divino ed umano, è il primo atteggiamento caratteristico del ministro fatto rappresentante di Cristo. 

Paolo VI
Omelia per l’Ordinazione di duecento presbiteri e diaconi
Bogotà, 22 agosto 1968


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 31-LUG-09
 

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