GPII 1987 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Piazza san Pietro (Roma)

Recita dell'Angelus - Piazza san Pietro (Roma)

Titolo: La "giornata" di Assisi rafforza i motivi della "Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani"

Testo:

Si apre oggi l'annuale "Settimana di preghiere per l'unità dei cristiani". Nelle diverse parti del mondo, cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti intensificano in questa settimana l'invocazione per il ristabilimento della piena unità di tutti coloro che confessano che Gesù Cristo è Dio, Signore e Salvatore del mondo. E' quindi un momento speciale di impetrazione comune e, nello stesso tempo, un periodo di coinvolgimento di tutti i battezzati nella ricerca ecumenica del ristabilimento dell'unità.

Tutti noi, qualunque sia il ruolo che ci è proprio nella comunità cristiana, possiamo pregare per l'unità. Che il Signore conceda ai suoi discepoli quell'unità, per la quale egli stesso ha pregato! (cfr. Jn 17,21). Il ricordo della Giornata per la pace, tenutasi ad Assisi, può offrire suggerimenti determinanti anche per questa settimana.

Nel contesto di un incontro più ampio, la preghiera comune fra i cristiani ad Assisi ha manifestato l'unità esistente nel nome di Cristo e il comune desiderio della piena unità per rendere un servizio di testimonianza di fronte al mondo in favore di tutti gli uomini. "Queste preghiere in comune (dei cattolici con gli altri fratelli cristiani) - ci dice il Concilio ecumenico Vaticano II - sono senza dubbio un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell'unità; sono una genuina manifestazione dei vincoli, con i quali i cattolici sono ancora congiunti con i fratelli separati: "Poiché dove sono due o tre adunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20)" (UR 8).

La comunità cristiana finalmente ristabilita dovrà avere eminenti caratteristiche di servizio. A questo richiama il tema profondo e aperto all'avvenire, scelto per quest'anno per la settimana di preghiere: "Uniti in Cristo, una nuova creazione" (2Co 5,17-6,4a).

L'unità in Cristo genera quella nuova creazione, a cui è chiamata l'intera comunità. Il rinnovamento fa così parte delle condizioni essenziali per il ristabilimento dell'unità dei cristiani e della pace nel mondo.

In questo nostro incontro per la preghiera mariana, invito voi, qui presenti, e tutti i cattolici sparsi nel mondo a voler partecipare attivamente a questa settimana. Auspico inoltre che, dove ancora non si celebra, i cattolici si facciano iniziatori di incontri comuni di preghiera e di azioni di fraternità e solidarietà cristiana, secondo le raccomandazioni del Concilio Vaticano II, che ha sottolineato come "la cooperazione di tutti i cristiani esprime vivamente quella unione, che già vige tra di loro, e pone in più piena luce il volto di Cristo servo. Questa cooperazione... deve essere ogni giorno più perfezionata... sia nello stimare rettamente la dignità della persona umana, sia nel promuovere il bene della pace, sia nell'attuare l'applicazione sociale del Vangelo in tutti i campi" (UR 12).

Assieme al dialogo ecumenico, è questa la via che ci porterà alla piena unità.

1987-01-18 Data estesa: Domenica 18 Gennaio 1987




Visita pastorale alla parrocchia di santa Lucia a Piazza d'Armi - Roma

Titolo: Vivere nella quotidianità la verità del Verbo che abita tra noi

Testo:

[Ai bambini e ai ragazzi:] Sia lodato Gesù Cristo. Allora devo dirvi che durante questa settimana ho guardato un po' il cielo di Roma e ho constatato che pioveva.

E durante questa settimana ha veramente piovuto. E pensavo, quasi parlando a questa pioggia: pioggia, aspetta; come faremo con questa visita nella parrocchia di santa Lucia, la prima visita del Papa in questo nuovo anno? E oggi, al mattino, vedo che non c'è più pioggia, anzi il cielo è terso, bello e veramente abbiamo una bella giornata, un bel pomeriggio; possiamo incontrarci anche fuori chiesa: è questo il primo incontro che facciamo, come di solito durante le visite nelle parrocchie, con i bambini, con i genitori, con i maestri e insegnanti. Io sono tanto contento, gioisco con voi perché possiamo fare questo incontro in una così bella giornata anche se certo c'è un po' di vento e si sente il mese di gennaio.

Vi ringrazio per la vostra presenza, vi ringrazio per il programma che avete preparato, programma molto ben pensato. Sono convinto che san Pietro è contento. Si, è contento, perché quasi duemila anni fa lui parlava e scriveva non di mattoni ma di "pietre vive"; diceva che la Chiesa viene costruita dalle pietre vive e noi siamo le pietre vive, e Gesù Cristo è la "pietra angolare" su cui tutto questo edificio, tutta la costruzione della Chiesa, viene posata, viene fondata.

Questo, naturalmente, era un modo di parlare metaforico, come voi stessi avete ben sottolineato nei vostri canti: "Noi non siamo mattoni, mattoni no, persone si". E' vero, voi avete parlato di mattoni, come san Pietro parla di "pietre vive", cioè di persone. La Chiesa viene costruita dalle persone come avete bene spiegato nel vostro programma scenico e anche nei vostri canti. Devo congratularmi con voi e con gli organizzatori di questo incontro per aver proposto una composizione, un programma così bene inventato, pensato e che certamente piace a san Pietro.

Voi sapete che ogni Vescovo di Roma, ogni Papa, è suo successore perché san Pietro ha fondato la Chiesa di Roma all'inizio del I secolo dopo Cristo.

Cosa devo augurare alla nostra assemblea in cui si trovano i genitori, gli adulti, ma soprattutto i bambini, i ragazzi e ragazze? Ciò che voglio augurare a voi si trova soprattutto nel Vangelo di san Luca dove lui parla di Gesù dodicenne. L'episodio si riferisce a quando Maria e san Giuseppe, che tra la popolazione di Nazaret era pensato padre terreno di Gesù, lo hanno trovato nel tempio e a quando sono ritornati a Nazaret, nella loro casa. E l'evangelista dice che Gesù cresceva negli anni, nella sapienza e nella grazia di Dio.

Penso che questo sia, nello stesso tempo, un augurio che si può e si deve fare a voi e a tutti i vostri coetanei: crescere così, perché crescere così, non solamente negli anni, ma anche nella sapienza e nella grazia di Dio, vuole dire essere "pietre vive". Allora non mattoni ma persone. Tutto ciò vuol dire essere persone, vuol dire costruire se stessi, maturare, essere sempre più uomo, più persona, più immagine e somiglianza di Dio, si, più somiglianza di Gesù. Ciò significa anche costruire la Chiesa, perché sempre la Chiesa si costruisce con le persone che hanno questa vita di sapienza e di grazia.

Questo auguro a voi e alle vostre famiglie, ai vostri genitori e insegnati, ai vostri catechisti e catechiste e ai vostri sacerdoti. Credo non ci sia augurio migliore per il nuovo anno.

[Ai giovani:] Ricordo le parole di Gesù che diceva: "Ero abbandonato, malato, e mi avete assistito". Ecco quello che si ripete nella vostra comunità.

Gesù viene assistito, viene accettato, anzi cercato; viene cercato dappertutto in tutti i suoi fratelli e sorelle che sono nello stesso tempo fratelli e sorelle nostri; viene cercato e viene trovato. Come viene trovato? Come può essere trovato Gesù, come può essere assistito? Con amore, e questo è una manifestazione dell'amore, l'Amore che salva tutti, poiché la grazia di Dio è salvezza di Dio a tutti, senza nessuna eccezione.

Essendo qui con tutti voi sono molto commosso: constato la realizzazione del progetto di Gesù più importante e più grande, quello dell'amore, dell'amore del prossimo. C'è bisogno dell'amore che può essere trascurato, lasciato facilmente perché nei calcoli umani sembra non contare. Invece nei calcoli del Padre eterno conta, conta molto. Mi congratulo, giovani, con la vostra comunità, con la vostra parrocchia per questa giusta, veramente evangelica scala dei valori che si esprime e si realizza in questo ambiente. Benedico tutti gli assistiti e gli assistenti.

[Omelia:] Ecco io vengo, / per compiere il tuo volere. / Mio Dio, questo io desidero (cfr. Ps 39,8-9).


1. In queste parole dell'odierna liturgia ascoltiamo colui che è venuto. Abbiamo vissuto la sua venuta nella notte di Natale insieme con i pastori. L'abbiamo vissuta di nuovo nel giorno dell'Epifania, quando vennero da lontano i Re Magi, cercando dove era nato lui, il Re messianico.

Oggi viviamo ancora una volta la sua venuta al Giordano. Dopo trent'anni circa dalla nascita a Betlemme, Gesù di Nazaret viene sul luogo in cui Giovanni stava battezzando col battesimo di penitenza, per preparare la gente alla venuta del Messia. Egli diceva: "Sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele" (Jn 1,31).

Il giorno in cui Gesù di Nazaret venne al Giordano, Giovanni proclamo al popolo: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo" (Jn 1,29).


2. La liturgia dell'odierna domenica ci permette di meditare ancora una volta sulla venuta di Gesù al Giordano, perché lo riceviamo in ogni comunità della Chiesa in tutta la verità della sua missione. Meditiamo oggi su tale venuta in questa comunità che costituisce la vostra parrocchia, riunita insieme al suo Vescovo in occasione della visita pastorale.

Chi è Gesù di Nazaret? Giovanni Battista dice che egli è l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. In tal modo pronunzia fino in fondo, per così dire, la verità circa il Messia-Redentore. Vediamo, mediante le letture dell'odierna liturgia, come questa verità si delinea nell'Antico Testamento.

Innanzitutto Isaia. Il profeta parla di un misterioso personaggio che incarna, in certo modo, il popolo d'Israele, tanto che lo chiama con questo stesso nome. Tuttavia, che non si tratti del popolo come tale ma di un suo membro - rappresentativo di tutto il popolo - appare chiaro nei versetti seguenti, dove Dio dà l'incarico a questo suo "servo" di "riunire Israele, di restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele".

Si tratta dunque di una singola persona, investita da Dio di una straordinaria missione pacificatrice e riconciliatrice a favore non soltanto del suo popolo, ma dell'intera umanità. Una missione di salvezza, che si allarga "fino all'estremità della terra". Dunque, per tutti i luoghi e per tutti i tempi.

Ma quale essere umano, con le sue sole forze naturali, potrebbe mai assolvere a una missione così grande e universale? Ecco allora che già la prima tradizione cristiana ha ravvisato, in questa profezia di Isaia, un chiaro annunzio della missione redentrice dell'uomo-Dio, dell'agnello di Dio, di Gesù nostro Signore.


3. Il salmo responsoriale dell'odierna liturgia ci consente di avvicinarci ancor di più alle parole pronunziate nei pressi del Giordano. In questo salmo, infatti, si prospetta il superamento del sacrificio esteriore di animali, che viene sostituito da un sacrificio interiore: l'uomo non deve più offrire qualcosa di esterno a se stesso, ma deve offrire la sua stessa persona, ponendosi in ascolto della parola di Dio, lasciando che la legge divina penetri "nel profondo del cuore", e mettendosi in atteggiamento di totale adesione e obbedienza alla sua volontà: "Ecco, io vengo".

Il salmista preannuncia velatamente la nascita di un nuovo culto, nel quale, nell'agnello divino, ogni uomo può e deve offrire se stesso al Padre per la salvezza propria e di molti fratelli. Questo nuovo culto non sarà altro che la celebrazione eucaristica, come quella che stiamo svolgendo in questo momento.


4. così dunque ciò che nelle letture dell'Antico Testamento è già parzialmente "svelato" ma ancora "velato", si fa chiaro contemporaneamente con la venuta di Cristo. Già nei pressi del Giordano il mistero riceve una luce penetrante dalle parole di Giovanni Battista. E poi in un certo senso questa luce si riconfermerà ripetutamente, passo dopo passo, tappa dopo tappa, sulle vie del servizio messianico di Gesù di Nazaret. Il significato delle parole di Giovanni: "l'agnello di Dio... che toglie il peccato del mondo" diventerà chiaro fino in fondo mediante la croce sul Golgota, e poi la mattina del giorno di Pasqua.


5. Chi siamo noi, riuniti qui? Siamo tra coloro che in tanti luoghi della terra "invocano il nome del Signore Gesù Cristo" (1Co 1,2). E' di noi che l'Apostolo parla con le parole della Prima Lettera ai Corinzi: siamo tra coloro "che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi" (1,2). Egli ci "ha messo sulla bocca un canto nuovo, lode al nostro Dio" (Ps 39,4). Egli ci "ha dato potere di diventare figli di Dio" (Jn 1,12).

Egli, l'agnello di Dio, mediante il sacrificio del suo corpo e del suo sangue, ci ha portato un battesimo diverso da quello predicato da Giovanni al Giordano. Egli, l'agnello di Dio, "è colui che battezza in Spirito Santo". Per la sua opera siamo rinati "da acqua e da Spirito" (Jn 1,3 Jn 3,5) alla vita di Dio.


6. Chi siamo noi, riuniti qui? Siamo la Chiesa dell'agnello di Dio, Redentore del mondo. Siamo una parrocchia - una parte viva e organica di questa Chiesa. Qui a Roma siamo legati in modo particolare all'eredità degli apostoli; all'eredità dei santi Pietro e Paolo. Siamo - in questa parrocchia - particolarmente legati all'eredità dei martiri. La patrona, infatti, di questa comunità è santa Lucia, la famosa vergine siracusana, il cui culto ha sempre suscitato nei secoli - non solo in Italia, ma anche in altre nazioni europee - nobili energie morali, molteplici e preziose espressioni artistiche, svariate manifestazioni della pietà popolare.

Splendono in modo speciale in questa giovinetta - anche se purtroppo ben poco si sa di storicamente certo sul suo conto - le virtù della fede, della purezza, del coraggio cristiano: quanto basta perché anche oggi, come per il passato, essa possa continuare ad essere di esempio e di conforto - soprattutto per i giovani - sul cammino difficile ma stupendo delle virtù umane e cristiane.

Non dimenticate dunque mai questa vostra patrona. Il titolo parrocchiale non deve servire solo per distinguere una parrocchia da un'altra, ma deve contribuire in modo determinante a imprimere a quella data parrocchia un suo proprio volto spirituale, derivato appunto dalla devozione al santo o alla santa cui la parrocchia è intitolata, e dal sentirli presenti accanto a noi.


7. Desidero poi ora salutare cordialmente tutti voi che siete convenuti per questo fraterno incontro: il card. vicario, mons. Remigio Ragonesi, vescovo ausiliare del settore, il parroco mons. Antonio Nicolai e i sacerdoti suoi collaboratori, i membri del Consiglio pastorale, le religiose, i catechisti, i gruppi parrocchiali, dediti ai vari servizi della comunità sia nel campo della liturgia, come in quello della carità, dell'economia, o delle attività ricreative e culturali. Saluto di cuore tutto il popolo di Dio qui presente: i fanciulli, i giovani, le famiglie, i lavoratori, gli anziani. Un saluto particolare a coloro che sono stati impediti dalla malattia o da qualunque altra ragione. Un saluto anche a tutti gli assenti, anche a coloro che, per vari motivi, non si riconoscono come membri di questa comunità: ma la nostra carità, la nostra preghiera, questo nostro incontro sono fatti anche pensando a loro, anche cercando di fare qualcosa per loro.


8. Ho notato in questa parrocchia una vitalità veramente ricca, un associazionismo molto progredito, che copre tutti i centri di interesse o gli obiettivi essenziali di una comunità parrocchiale. Il merito di questa fiorente attività pastorale va sia alla dedizione pastorale dei sacerdoti che vi guidano, sia alla corrispondenza generosa di voi tutti fedeli nelle varie iniziative realizzate in comunione con i vostri pastori.

Quanto a voi, cari sacerdoti, so che vi accingete a iniziare, tra poco, la visita alle famiglie per la benedizione pasquale: proposito sempre santo e benedetto, ottima occasione per il parroco e i suoi aiutanti al fine di favorire e incrementare la necessaria comunione che deve esistere tra i ministri del Signore e la porzione del popolo di Dio a loro affidata. Per questo, auguro largo successo a questo ministero e lo benedico di cuore.

Vorrei inoltre esprimere una parola di compiacimento in modo speciale per due iniziative in atto: una, di data assai recente, i cosiddetti "Centri di ascolto"; e l'altra, operante ormai da anni, il "Segretariato della fraternità".

Mi auguro - come del resto è nei vostri stessi intenti e desideri - un potenziamento sia degli uni come dell'altro. Per quanto riguarda i primi, si tratterà di rendere più intensa la preparazione pastorale dei responsabili degli incontri, tenendo conto delle situazioni concrete di coloro ai quali si propone il messaggio cristiano. Quanto invece al Segretariato della fraternità, potrà essere utile accentuare ulteriormente l'opera di sensibilizzazione delle persone, approfondendo nel contempo la conoscenza dei problemi e delle necessità non solo della parrocchia ma anche della diocesi e della Chiesa stessa, senza mete troppo ambiziose, ma tuttavia con un generoso e quotidiano impegno, confidando nel Signore.


9. Cari fratelli e sorelle, "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14). Viviamo di questa verità divina che è stata ripresentata nelle nostre coscienze nel tempo di Natale appena terminato! Viviamo di questa verità non soltanto in occasione di una festa, ma nella quotidianità della nostra vita.

Poiché essa costituisce il fondamento stesso della nostra esistenza, qui sulla terra.

"Il Verbo... venne ad abitare in mezzo a noi... A quanti l'hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio". Viviamo di questa verità! Vivete di essa nella comunità della vostra parrocchia! Accogliete sempre di nuovo il Verbo che si fece carne! Accogliete il Figlio di Maria! Accogliete l'agnello di Dio, il Redentore del mondo! Durante tutti i giorni della vita, particolarmente in mezzo alle prove e alle sofferenze, sgorghi da lui la vostra potenza! [Alle suore:] Grazie perché siete di grande aiuto e di appoggio al Papa.

Pregando, obbedendo alla vostra vocazione religiosa voi testimoniate ciò a cui la vocazione religiosa è destinata nella sua specificità. Infatti, seguendo i consigli evangelici della castità, della povertà e dell'obbedienza vi fate più vicine, simili a Cristo e testimoniate tra la gente, tra i credenti e non credenti, la sua presenza. La vostra è la testimonianza di un altro regno, è la testimonianza di una vita, di un destino di cui l'uomo nel mondo, e specialmente in questo mondo d'oggi, si dimentica molto facilmente. La vostra presenza e la vostra testimonianza è di grande aiuto per tutti i vostri fratelli e vostre sorelle e di grande aiuto anche per il Papa.

[Alle coppie di sposi:] Per diventare sacerdoti c'è una scuola che dura sei anni, il seminario. Ma c'è anche un grande sacramento, quello del matrimonio - così ne parla san Paolo nella Lettera agli Efesini - ma per questo grande sacramento mancano i seminari. Per questo ho pensato con soddisfazione: ecco una scuola per le famiglie, per gli sposi, ed è un bene che ci sia. così, se non c'è stata possibilità di andare a una scuola di questo tipo prima di ricevere questo sacramento, è bene che si faccia dopo, questa scuola, nel corso del matrimonio, lungo il cammino della vita coniugale e della vita familiare. Certo, oggi si attribuisce molta importanza alla buona preparazione sacramentale, cristiana, e anche umana, etica, e anche a una preparazione dal punto di vista della paternità e della maternità responsabile. Oggi si fa una preparazione prima del matrimonio, ma bisogna sempre ritornarci su durante il cammino coniugale perché lungo una strada è sempre importante seguire i segnali. Questo vale per ogni tipo di viaggiatore e quindi anche per questo cammino. Ecco, io penso che voi facciate appunto questo, che cerchiate di seguire i segnali della vostra vocazione, quella di sposi, di genitori, lungo questo cammino nel sacramento del matrimonio. Vi auguro di perseverare su questa strada, in questa scuola, in questo seminario e di goderne i frutti: che sono maturazione spirituale, amore responsabile più approfondito, più permeato della luce e della grazia del Signore, amore più fruttuoso in senso spirituale, che vuol dire più forte in senso educativo. Questo compito, che è certo il principale per gli sposi, di educare i figli a crescere spiritualmente fino alla piena maturità, tutto questo io vi auguro e lo faccio quasi ancora alla luce del mistero natalizio che è anche mistero della famiglia.

[Ai movimenti neocatecumenali:] Vorrei dirvi che a noi tutti manca un vero catecumenato, come lo avevano i cristiani delle prime generazioni, un catecumenato come il vostro, un neocatecumenato. Perché non basta essere battezzati, bisogna diventare di nuovo catecumeni, e poi cominciare un cammino come questa vostra preparazione. così si diventa anche itineranti, perché così Gesù ha fatto dei suoi primi discepoli, degli apostoli: itineranti viaggiatori (e anch'io cerco di imitare un po' il vostro esempio anche se la mia "itineranza" è forse meno dura, almeno credo). Vi auguro di procedere bene in questo cammino scelto da voi stessi. Andate anche in altre parrocchie, e andate in tutto il mondo. Vi auguro di portare la testimonianza di una fede matura e per questo ricordatevi sempre della Vergine Maria: ha creduto alle parole del Signore con una fede che è il massimo che si possa concepire. Ha creduto, e "come" ha creduto! Una cosa stupenda, le parole non possono esprimerlo. Ed è con questa fede matura, ad immagine di Maria, la quale ha creduto nel Signore, è con questa fede che voi cercate d'incontrarvi con il mondo d'oggi, con i vostri fratelli e le vostre sorelle, in quest'epoca difficile, lontana dalla fede. E' solo con una fede matura che potrete accendere questa luce negli altri, soprattutto nei lontani. Vi benedico di cuore insieme alle vostre famiglie e benedico il vostro cammino.

[Alle nuove generazioni:] Desidero anzitutto salutare i vostri gruppi: della cresima, del dopo cresima, i liceali, gli universitari, gli scout, i marinai, i Focolarini, Comunione e Liberazione, il gruppo sportivo e Fede e Luce.

E poi i giovani di Capo Verde. Saluto tutti e auguro buon anno a voi e a tutti i vostri amici. Per quanto riguarda i problemi che avete affrontato nella rappresentazione ispirata dalle Confessioni di sant'Agostino, sono contento perché già lo stesso sant'Agostino mi dà la risposta. Certo, Agostino me lo immaginavo vestito con abiti diversi, ma va bene così, Agostino in abiti moderni. Ciò prova che a sedici secoli dalla conversione sant'Agostino è attuale anche oggi e lo abbiamo visto proprio attraverso la vostra rappresentazione.

Che aggiungere a quello che avete detto con tanto fervore e convinzione? Solo una parola, ma è una parola chiave che viene da Gesù Cristo: "Voi conoscerete la verità e la verità vi farà liberi". Per il cammino dell'uomo e non solo dei cristiani sono parole chiave. Si può infatti pensare a una separazione tra la libertà e la verità? Si può pensare che ciascuna vada per la sua strada? Alcuni oggi lo pensano, pensano che la verità sia di ostacolo alla libertà. Eppure Cristo dice chiaramente: "La verità vi farà liberi". Non possiamo fare come Ponzio Pilato, lavarcene le mani. Tanti lo vogliono, vogliono dispensarci dalla verità, dalla sua ricerca. E' più moderno, pensano, più alla moda, vivere senza certezze, nel dubbio. Ma sant'Agostino era un ricercatore appassionato, tra i più appassionati anzi e non solo nella Chiesa. Questa passione per la verità era la sua vita. E se uno possiede questa passione arriva alla verità come lui ci è arrivato. E arrivandoci ha compreso che non ci può essere libertà senza verità. Molte volte l'uomo moderno non vuole conoscerla, perché la verità è si una luce per la libertà, la sua guida, ma anche un impegno, qualcosa di esigente. Ma io vi auguro di cercare la verità, di non essere indifferenti. E di fare della verità una luce che vi sia di guida verso la libertà. Essere liberi non vuol dire agire secondo i propri piaceri o interessi, perché libertà è scegliere il vero bene. E' un problema centrale per ogni epoca, non solo per quella di sant'Agostino e quelle parole sono valide sempre. Vi auguro di non dimenticare l'incontro di oggi, in particolare le parole di sant'Agostino e soprattutto le parole di Cristo: essere liberi seguendo la verità, durante la vostra giovinezza e per tutto il corso della vostra vita. Vi benedico.

[Ai rappresentanti del TG3 Lazio:] La vostra è una presenza significativa per il lavoro che fate da un punto di vista individuale e comunitario. Vi ringrazio per la vostra presenza, per quello che rappresentate e cercate di fare nel mondo contemporaneo. Arrivando in parrocchia e poi nel campo sportivo vedevo le antenne e le attrezzature della RAI qui vicina. Il mondo contemporaneo è molto marcato dai mass-media che qualcuno chiama il quarto potere.

Questo potere lo vedo in voi, rappresentato tuttavia da persone simpatiche, disarmate, semplici, da cristiani che vogliono incontrarsi con il Vescovo di Roma e io formulo auguri per la vostra importantissima istituzione e per i suoi responsabili. E un augurio specifico voglio farlo a ciascuno di voi e alle vostre famiglie e dunque nello spirito del periodo natalizio invio a tutti auguri di buon anno. E passando dalle persone all'istituzione auguro che la vostra opera sia il più possibile al servizio del bene e del vero, che aiuti la crescita dell'uomo, il suo essere cristiano. TG3 Lazio si occupa anche delle trasmissioni religiose, delle mie visite pastorali e ve ne sono grato perché così questi fatti possono essere conosciuti. Non è propaganda, ma un punto di riferimento, un'informazione per chi non può essere presente a causa di una malattia o perché è lontano. Un punto di riferimento di ciò che la Chiesa rappresenta, un grande servizio. La Chiesa ha bisogno dei mezzi di comunicazione per la sua missione, perché la Chiesa è missionaria. Certo nei tempi missionari, apostolici non si sapeva ancora nulla né della RAI, nei dei mass-media; ma Gesù non diceva solo: "Parlate", diceva anche: "Ammaestrate"; dobbiamo dunque cercare i mezzi più adatti per diffondere questo magistero, perché diventi un bene comune per l'umanità. Per questo le trasmissioni sono un'importante collaborazione e ve ne sono debitore. Vi ringrazio anche per i doni che mi avete offerto, doni senza precedenti perché è la prima volta in 121 parrocchie visitate che ho un incontro come questo. Auguro tutto il bene possibile a voi, a tutta la RAI e in particolare al TG3 Lazio e vi benedico.

1987-01-18 Data estesa: Domenica 18 Gennaio 1987




Agli alunni del Pontificio Collegio Capranica - Cappella Matilde (Roma)

Titolo: Aprire il nostro cuore a Cristo in un gesto di libertà interiore

Testo:

Carissimi superiori e alunni dell'Almo Collegio Capranica! La vigilia della memoria liturgica di sant'Agnese, vostra patrona, ci raccoglie ancora una volta attorno all'altare del Signore per la celebrazione del sacrificio divino e mi offre l'occasione per esprimervi i miei sentimenti di affetto e il mio incoraggiamento a proseguire nel cammino della vocazione.

Saluto il rettore, mons. Luciano Pacomio, i superiori e tutti voi alunni con le parole della Lettera agli Ebrei proclamate dalla liturgia odierna. Esse esprimono un incoraggiamento ad afferrarci saldamente alla speranza che ci è stata offerta (cfr. He 6,18). La speranza che viene da Dio è luce, sostegno e conforto.

Tale speranza per noi tutti si concentra soprattutto nel dono del sacerdozio, al quale siamo stati chiamati e che voi vi preparate a ricevere con animo generoso e con sincero impegno. Nella grazia del sacerdozio viene donata a noi una forza che ci consente di aprire il nostro cuore a Cristo in un gesto di libertà interiore pieno di fiducia, di disponibilità e di serenità.

Vogliamo esprimere a Dio il desiderio di essere fatti degni di annunciare a ogni uomo le verità che Cristo ci ha fatto conoscere, vogliamo chiedergli di poter testimoniare la forza della carità che egli ci comunica mediante il dono dello Spirito Santo.

Con umiltà e con cuore aperto noi domanderemo in questa Messa che il Signore ci sostenga e ci conforti nell'adempimento della sua volontà, così da essere fedeli al dono della vocazione.

Ci rivolgiamo fiduciosi a Dio per l'intercessione di sant'Agnese, vergine e martire, modello eletto di fortezza, di fedeltà e di amore a Cristo.

1987-01-20 Data estesa: Martedi 20 Gennaio 1987









Ai vescovi francesi della regione nord in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'opera di evangelizzazione dev'essere preceduta e sostenuta dalla preghiera

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. Sono felice di accogliervi, così come voi avete accolto me in Francia. Le nostre conversazioni particolari mi hanno permesso di familiarizzare un po' con le vostre differenti diocesi. Prego il Signore di aiutare ciascuno di voi nella sua responsabilità di pastore di una Chiesa particolare, nelle commissioni nazionali, o a capo della conferenza episcopale, della quale saluto in modo particolare il presidente.

Ho preso visione del rapporto sintetico sulla vostra regione di cui il vostro portavoce ha appena evocato i tratti essenziali. Vi ringrazio di condividere con me questo sguardo preciso e lucido, con gli impegni che esso comporta.


2. Avete incominciato con l'analizzare le situazioni umane di questa grande regione del nord, regione molto estesa, dagli aspetti molto diversi. Avete a cuore le difficoltà di vita, i "poli di miseria": la crisi di molti settori industriali e agricoli, e quindi l'inquietudine per l'avvenire, la disoccupazione frequente, la situazione precaria dei lavoratori, specialmente degli immigrati e più generalmente dei "nuovi poveri", le mutazioni culturali, la fragilità delle famiglie, lo smarrimento dei giovani. Questa attenzione alle realtà sociali è normale e necessaria. Voi siete i pastori di questo mondo concreto: il pastore deve conoscere i suoi fedeli, essere solidale con i loro bisogni e le loro speranze. Questa simpatia è per voi, quella di un inviato di Cristo, che chiama ad una salvezza totale; e la presenza dei vostri laici cristiani deve essere quella di un fermento. Qual è dunque il ruolo originale che essa deve compiere in questo contesto umano? 3. Voi analizzate allora le situazioni ecclesiali. In negativo, palesate i "poli di miscredenza", un'esplosione ideologica, le conseguenze di un secolarismo avanzato, ampi settori di vita senza riferimento alla fede o poco preoccupati dell'etica cristiana, una negligenza nella pratica religiosa, una flessione delle richieste di battesimo, di catechesi, di matrimoni religiosi.

Alcuni notano il posto minoritario dei cristiani e tutti sottolineano la questione lancinante di mancanza o di invecchiamento di preti.

Tuttavia, voi affrontate queste situazioni con coraggio. Stabilite piani pastorali adeguati o delle priorità, delle quali ho ritenuto diverse costanti: sostegno dei movimenti di apostolato, di Azione cattolica o altri, con la preoccupazione che una certa regressione dello spirito "militante" comporta: sviluppo della catechesi che deve raggiungere i bambini e i loro genitori; rinnovamento delle parrocchie; pastorale delle vocazioni; corresponsabilità dei preti, religiosi e laici per "fare Chiesa insieme", preparazione delle grandi tappe sacramentali, in uno stile catecumenale, sostegno particolare dei giovani e della famiglia; testimonianza dell'ambiente operaio; apertura alla Chiesa universale, e alle prospettive di sviluppo e per voi stessi un maggiore sforzo per compiere visite pastorali sul terreno. Nel complesso volete privilegiare l'evangelizzazione, senza trascurare la formazione che essa implica.

Tutto ciò cari fratelli è importante e deve essere portato avanti. Il Sinodo straordinario del 1985 ha insistito sulla evangelizzazione come primo compito dei vescovi, dei sacerdoti, dei diaconi, e di tutti i cristiani (cfr. "Rapporto finale", II, B, 2). Ha sottolineato anche la missione della Chiesa a servizio dei poveri e della promozione umana (cfr. "Rapporto finale", II, D, 6).

E' necessario cercare incessantemente di attuare in modo rigoroso, i mezzi più adatti a questa pastorale. Ritengo di ritornare su molti di questi punti con i vostri confratelli delle altre regioni. Se oggi insisto su di un altro aspetto non è per minimizzare quelli. Ma per realizzare questi piani pastorali, è necessario un certo soffio spirituale, fonte di un nuovo dinamismo. Occorre un'ispirazione che preservi l'originalità cristiana dell'azione, l'identità dell'apostolo, il carattere della sua testimonianza in rapporto con l'Assoluto.

Bisogna assicurare in tutto e sempre il legame con Dio, la partecipazione alla sua grazia. E' una questione di sostentamento dottrinale e spirituale innanzitutto vissuto nell'esperienza della preghiera. Come sviluppare lo spirito di preghiera nelle nostre Chiese? Ecco sicuramente un'esigenza fondamentale della nostra missione di vescovi.


4. Da parte vostra, siete ben convinti del ruolo patrimoniale di una pastorale della preghiera. L'ho rilevato da molti dei vostri rapporti diocesani. La preghiera, infatti, accompagna o precede in qualche modo ogni sforzo di evangelizzazione. "Chi di voi - dice Gesù - volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?" (Lc 14,28). Potremmo anche dire: chi di voi, volendo attuare un grande progetto pastorale, non incomincia mettendosi in ginocchio per intraprendere a condurre questa missione con lo Spirito di Dio? E' vostra convinzione e vostra esperienza personale; e non dubito che non vi ritorniate spesso nelle vostre predicazioni o nei vostri incontri pastorali. La maggior parte del vostro tempo è dedicata a presiedere la preghiera e l'Eucaristia. Durante il mio pellegrinaggio in Francia, i tempi forti sono state le grandi assemblee del popolo cristiano in preghiera. Gesù ci ha comandato di pregare continuamente (cfr. Lc 11,9-13 Lc 18,1 Lc 21,36). Al momento della nostra ordinazione episcopale, il vescovo consacerdote ci ha chiesto: "Volete pregare senza stancarvi per il popolo di Dio ad adempire come conviene alla funzione di vescovo?". Ma come suscitare dei maestri di preghiera? Come trascinare il popolo cristiano a pregare meglio esso stesso? Come fargli comprendere ciò che è capitale? 5. Noi dobbiamo convincere che la preghiera è indispensabile, semplicemente perché si tratta di compiere l'opera di Dio e non la nostra. Si tratta di compierla secondo la sua ispirazione, e quindi con il suo Spirito Santo e non secondo i nostri sentimenti. Bisogna attingere a delle fonti che non sono quelle nelle quali il mondo cerca la sua potenza. Troviamo la nostra forza nella grazia di Dio. I nostri metodi si ispirano all'amore evangelico. Solo la grazia permette di compiere l'opera della salvezza che implica la conversione delle persone; solo lo Spirito di Dio fa prendere coscienza del peccato, dona il desiderio di uscirne, conduce alla fede o alla riconciliazione con Dio. Diamo la nostra testimonianza che è un appello rispettoso della libertà e Dio solo può suscitare un'attrattiva.

Solo la grazia favorisce l'opera di comunione che noi vogliamo realizzare nella Chiesa, poiché vogliamo realizzare nella Chiesa, poiché "si tratta fondamentalmente della comunione con Dio attraverso Gesù Cristo, nello Spirito Santo" ("Rapporto finale del Sinodo" 1955, II, C, 1). E' evidente che non solo la grazia conduce alla santità.

Il Sinodo, che ha voluto celebrare e attualizzare il Concilio Vaticano II, non ha mancato di insistere su questa ripresa spirituale: "Soprattutto nella nostra epoca, nella quale molte persone sentono in esse un vuoto interiore e attraversano una crisi spirituale, la Chiesa deve conservare e promuovere energicamente il senso della penitenza, della preghiera, dell'adorazione, del sacrificio, del dono di sé, della carità, della giustizia" ("Rapporto finale del Sinodo" 1955, II, A, 4).

Il mio recente pellegrinaggio in Francia andava in questo senso: un'attenzione privilegiata alle fonti della santità, poiché i santi ci mostrano il cammino di un vero rinnovamento. E' necessario ricordare quali maestri di preghiera sono stati Francesco di Sales e Giovanna di Chantal, essi che hanno saputo ispirare sia i laici che i consacrati? Uno degli scopi della mia enciclica "Dominum et Vivificantem" è stato quello di ravvivare la sete di preghiera: "Il modo più semplice e più comune col quale lo Spirito Santo, il soffio di vita divino, si esprime ed entra nell'esperienza, è la preghiera... La preghiera grazie allo Spirito Santo, diventa l'espressione sempre più matura dell'uomo nuovo che per essa partecipa alla vita divina" (DEV 65).


6. I nostri fedeli devono essere guidati a comprendere i benefici della preghiera.

L'esperienza fatta ad Assisi, il 27 ottobre scorso è significativa a questo proposito. Non abbiamo discusso della pace, né paragonato le nostre convinzioni religiose. I rappresentanti delle grandi religioni del mondo si sono semplicemente rivolti contemporaneamente a Dio, e, come spiegavo il 10 gennaio ai diplomatici, quest'umile preghiera disinteressata cambia già il cuore dell'uomo. Essa comporta un dinamismo che conduce l'uomo verso la verità del suo essere, lo libera delle sue passioni, apre il suo spirito e il suo cuore. La preghiera autentica, ben lunghi dal ripiegare l'uomo su se stesso o la Chiesa su se stessa li dispone alla missione, al vero apostolato.

A Lourdes nel 1973, i vescovi della Francia avevano fatto a questo proposito un considerevole esame di coscienza sulla preghiera (cfr. "Una Chiesa che celebra e che prega", Il Centurione, 1974), che sottolineava un certo numero di verbali e di questioni.

"La Chiesa non s'impegna troppo, ma può impegnarsi male... Essa deve impegnarsi nella comunità, con gli uomini, come Cristo, senza imporsi dei limiti a questo impegno, a condizione che si ritiri in solitudine con Dio, a condizione che essa preghi".

Il voto che questo studio emanava era che fosse meglio presa in considerazione una pastorale della preghiera a livello delle istanze diocesane (cfr. "Una Chiesa che celebra e che prega", Il Centurione, pp. 103-104). Paolo VI da parte sua terminava le sue allocuzioni ai vescovi francesi, nel 1977, con queste parole: "La Chiesa in Francia ha bisogno di approfondire e di equilibrare il rapporto azione-contemplazione" ("Discorso ai vescovi della regione Est", 5 dicembre 1977). Oggi numerose realizzazioni vanno in questo senso.

La maggior parte delle diocesi ha favorito le iniziative di preghiera, istituito degli "spazi" di preghiera, ci si preoccupa di educare alla preghiera.

Questo voglio incoraggiare.


7. D'altronde, constatate ovunque, anche se ciò riguarda ancora dei cerchi limitati, un rinnovamento della preghiera. Si parla sempre più di un ritorno al "religioso", al sacro. Le analisi si sono moltiplicate a questo proposito per sceglierne il valore, o talvolta le ambiguità. E' vero che può significare soprattutto il rifiuto di una società utilitaria, anonima, avendo perso le sue ragioni di vivere, e quindi di manifestare una ricerca della gratuità, della relazione personale, del senso della vita. può anche tradurre un desiderio della creatività, della festa, della celebrazione. può essere una reazione contro una desacralizzazione alla quale i cristiani non sono stati estranei volendo fare a meno delle mediazioni. Ma può degenerare in falso "mistico", in ricerca di efficacia magica e il ricorso a delle forze oscure. In tutti i modi possiamo pensare che questo ritorno al "religioso" manifesti un'insoddisfazione nei confronti di un mondo chiuso nel suo materialismo pratico o nelle sue conquiste scientifiche. I pastori devono accoglierlo e, nel rispetto delle libertà favorire la sua evangelizzazione, poiché offre delle possibilità per un progresso della preghiera. Possiamo far scoprire il carattere personale di Dio che è ricercato a tastoni, e la disponibilità disinteressata della preghiera, attenta alla volontà di Dio, raggiungendo allora la preghiera filiale di Cristo! La preghiera è ancora facilitata dalla valorizzazione delle ricchezze delle devozioni popolari, che bisogna aprire sempre più a una fede trinitaria, a una comunione con la Chiesa, a una vera carità, come dicevo ai vostri confratelli della Provenza mediterranea nel 1982. Ma oggi c'è un'altra possibilità, quella dei gruppi di preghiera che si sono moltiplicati nella Chiesa cattolica come in altre comunità ecclesiali e ciò spontaneamente in modo imprevisto.

La preghiera può svolgersi in modo classico, essa può anche cercare il sostegno di manifestazioni più esuberanti. Più di un pastore ha accolto questo movimento con circospezione. Bisogna sempre sorvegliare che un'autentica dottrina ispiri questo tipo di ricorso alla preghiera, che la qualità ecclesiale in relazione con i ministri dei sacramenti, sia ben rispettata e che i compiti di carità e di giustizia non siano disertati. Il dinamismo e la generosità di questi gruppi non dovrebbero impedire le altre iniziative nell'animazione delle comunità parrocchiali. Ma con il discernimento che conviene, si può parlare di una grazia venuta appunto per santificare la Chiesa, rinnovare il gusto della preghiera, far riscoprire, con lo Spirito Santo, il senso delle gratuità, della lode gioiosa, della fiducia nell'intercessione, e di divenire una nuova fonte di evangelizzazione (cfr. "Discorso ai vescovi del Mezzogiorno" del 1982).

Sensibilizzare tutti i nostri diocesani alla necessità della preghiera, anche coloro che sono lontani, che hanno abbandonato la preghiera o che sono poco credenti. L'esempio della conversione di Charles de Foucauld, di cui abbiamo appena festeggiato il centenario, è caratteristica a questo riguardo.


8. E' importante promuovere diverse formule di preghiera, con la convinzione che ogni cristiano, che la Chiesa stessa è tempio dello Spirito Santo e quindi chiamati a un dialogo continuo con lui.

Alla fine dell'omelia della beatificazione del padre Chevrier ho espresso nel mio appello alla Chiesa di Francia: "Ricordati dello Spirito Santo che abita in te e può sempre suscitare una nuova primavera spirituale se lo desideri veramente" (4 ottobre 1986, 7).

Molti cristiani sarebbero più capaci di una preghiera personale nella vita di ogni giorno, sotto forma di orazione, di meditazione della scrittura, di adorazione. Spetta ai nostri preti, ai nostri educatori incoraggiarli in questa via, insegnare a consacrarvi il tempo e le condizioni necessarie. così faranno più facilmente della loro vita l'offerta spirituale che caratterizza il sacerdozio di ogni battezzato.

Sicuramente, il senso della preghiera si rinnoverà anche nella partecipazione, vivente alla vita liturgica. Insistete presso i vostri preti e i loro collaboratori sull'importanza del servizio liturgico perché progrediscano ancora nella dignità della celebrazione dei gesti, nella qualità delle letture, la bellezza degli ornamenti e dei canti. Si tratta di creare un clima che aiuti, anche nella semplicità, a mettersi alla presenza del Signore, ad accogliere la sua parola, a venerare la sua presenza nel suo corpo; si tratta di favorire insieme la partecipazione esteriore ma anche la partecipazione interiore e spirituale al mistero pasquale di Gesù Cristo. Il Sinodo del 1985 l'ha sottolineato: "La liturgia deve aiutare e far risplendere il senso del sacro, deve essere permeata di riverenza, di adorazione della gloria di Dio" ("Relazione finale", II, B, b, 1). Anche se alcuni fedeli sembrano poco familiarizzati con la preghiera liturgica, è ciò che attendono più o meno coscientemente per rivolgersi a Dio. La partecipazione all'Eucaristia domenicale è così importante che prendero l'occasione per riparlarne.


9. Ma ciò sul quale vorrei insistere, terminando, è che tutti gli aspetti della pastorale devono essere sottolineati ed elevati dallo spirito di preghiera. Qui posso solo ricordarlo. Anche la catechesi deve fare ampio spazio alla preghiera.

Non solo il senso della preghiera fa parte del suo contenuto, non solo ciò che è stato scoperto nella rivelazione deve esprimersi in preghiera, ma il catechista stesso deve dare l'esempio di un uomo o di una donna che prega, più ancora deve, per quanto possibile, trasmettere oltre le verità di fede, il frutto della sua esperienza spirituale che irradierà essa stessa. Ugualmente la formazione dottrinale e pastorale degli adulti, alla quale attribuite grande importanza, è inseparabile da una formazione spirituale, come sottolinea il vostro rapporto regionale.

Constatate che anche i cristiani poco praticanti continuano ad avvicinarsi ai sacramenti delle grandi tappe della vita. Sicuramente soffrite nel vedere che essi li chiedono con una fede tiepida. Ma la preparazione a questi sacramenti, che mobilita una parte della vita dei vostri preti, è anche un'occasione meravigliosa per riscoprire la preghiera. Coloro che partecipano a movimenti cristiani devono anche mettere la preghiera al centro della loro preoccupazione apostolica. E' lo sguardo della fede purificato nella preghiera che farà loro vedere il mondo con speranza, come il luogo della salvezza possibile, nel quale Dio è già presente con il suo Spirito, e anche con un senso critico che evita di confondere il regno di Dio con il conformismo del mondo. Senza ciò la "militanza" diventerebbe un'azione puramente umana, sterile sul piano ecclesiale o scomparirebbe. Fortunatamente molti dei vostri movimenti di apostolato hanno riscoperto la necessità della preghiera, della lettura, della Scrittura, dei sacramenti dell'Eucaristia e della riconciliazione, dei ritiri spirituali. Un punto ancora più netto è quello delle vocazioni sacerdotali e religiose che vi preoccupano molto.

Se manca il clima di preghiera i progetti di pastorale delle vocazioni saranno evidentemente sterili. Certamente la pietà non basta per essere idonei al sacerdozio ministeriale, ma non si può desiderare di essere prete né prepararsi convenientemente senza un dialogo personale e frequente con il Dio vivente. La vocazione è il frutto di un'esperienza spirituale. Conosco il caso di uno dei vostri confratelli che ha riformato il suo seminario soprattutto a partire dai giovani che un prete di parrocchia ha saputo riunire ogni settimana per un buon momento di formazione dottrinale e una esigente preghiera di orazione. Non potrebbe essere un'indicazione per lo spinoso problema di dare il cambio di sacerdoti anziani? Ad Ars ho sufficientemente richiamato che la formazione spirituale deve costituire tutta la vita dei seminaristi e come la preghiera debba accompagnare tutto il nostro ministero di preti e di vescovi. Gli istituti di vita consacrata saranno fiorenti nella stessa misura della loro preghiera. La preghiera dovrebbe diffondersi soprattutto in famiglia, dove i fanciulli possono imparare fin dalla più giovane età a rivolgersi a Dio con i loro genitori, non insisteremo mai abbastanza su questo punto con le giovani famiglie.

La parrocchia ha molteplici funzioni che avete notato nei vostri rapporti e delle quali trattero presto. Essa deve essere anche e soprattutto un luogo di preghiera, che favorisca le celebrazioni, e la preghiera nel raccoglimento e l'adorazione, in presenza del Santissimo Sacramento. Ciò dipende in parte dall'esempio dei sacerdoti e dal clima instaurato nella Chiesa.


10. La Chiesa non trae dalla preghiera soltanto l'ispirazione per tutte le sue attività pastorali, missionarie, ecumeniche, ma testimoniando la preghiera, essa rende un grande servizio alla società intera, poiché il mondo ha più che mai bisogno d'interiorità. Tutti gli istanti della vita umana sembrano essere ormai colmati dalla ricerca del rendimento, del divertimento, dal rumore dei media. Ma l'uomo ha anche bisogno di silenzio prolungato, di contemplazione. La preghiera soddisfa tali esigenze secondo la loro dimensione più profonda. Essa apre all'assoluto, conduce alla carità.

Possiamo, cari fratelli, essere al primo posto fra coloro che educano alla preghiera! L'Anno Mariano che sta per iniziare sia una buona occasione per coinvolgere il nostro popolo cristiano, con Maria, nell'attitudine alla preghiera di cui ella resta il modello più perfetto.

Chiedendo allo Spirito Santo di colmarvi della sua luce e della sua forza, vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica e benedico con tutti voi i vostri diocesani.

1987-01-22 Data estesa: Giovedi 22 Gennaio 1987





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