GPII 1987 Insegnamenti - Ai religiosi nel Santuario di Santa Maria delle Grazie - San Giovanni Rotondo (Foggia)

Ai religiosi nel Santuario di Santa Maria delle Grazie - San Giovanni Rotondo (Foggia)

Titolo: L'altare e il confessionale: i due poli della vita sacerdotale di padre Pio

Testo:

Cari padri francescani, Cari fratelli e sorelle! 1. Ringrazio innanzitutto il padre Flavio Roberto Carraro, Ministro Generale dei Frati Minori Cappuccini, per l'affettuoso saluto che mi ha rivolto anche a nome dell'intera famiglia francescana, qui rappresentata nei suoi quattro rami.

Grande è la mia gioia per questo incontro, e ciò per vari motivi. Come sapete, questi luoghi sono legati a ricordi personali, cioè alle visite da me fatte a padre Pio sia durante la sua vita terrena, sia, spiritualmente, dopo la morte, presso la sua tomba.

E', inoltre, sempre una lieta occasione per me incontrare i figli di san Francesco, che oggi vedo qui numerosi. Amo molto la spiritualità francescana. Uno dei miei primi viaggi apostolici in Italia fu presso la tomba del padre serafico ad Assisi, e tutti certamente ricordate la giornata ecumenica ivi celebrata nell'ottobre dell'anno scorso. Mi rallegro, infine, di trovarmi in questo tempio, dedicato a Santa Maria delle Grazie. Certamente, questo luogo sacro ha conosciuto, in epoca recente, un grande irradiamento spirituale grazie all'opera di padre Pio: ma come è avvenuta questa opera, se non per una continua effusione di grazia che è discesa, attraverso Maria, sulle folle che qui giungono alla ricerca della pace e del perdono? Padre Pio fu devoto della Madonna, madre dei sacerdoti che svolge, nei loro confronti una funzione speciale per renderli conformi al modello supremo del suo Figlio.


2. Il desiderio di imitare Cristo, fu in padre Pio particolarmente vivo. Docile fin da fanciullo alla grazia, già a quindici anni ebbe da Dio il dono di veder chiaro nella sua vita. Ricordando quel periodo, egli ci narra: "Il posto sicuro, l'asilo di pace era la schiera della milizia ecclesiastica. E dove meglio potro servirti, o Signore, se non nel chiostro e sotto la bandiera del poverello di Assisi?... Che Gesù mi faccia la grazia di essere un figlio meno indegno di san Francesco, che possa essere di esempio ai miei confratelli".

E il Signore lo esaudi, possiamo dire, oltre le sue stesse aspettative.

Difatti, come religioso visse generosamente l' ideale del frate cappuccino, così come visse l'ideale del sacerdote. Per questo, egli offre anche oggi un punto di riferimento, poiché in lui trovarono una particolare accoglienza e risonanza spirituale i due aspetti che caratterizzano il sacerdozio cattolico: la facoltà di consacrare il corpo e il sangue del Signore e quella di rimettere i peccati. Non furono forse l'altare e il confessionale i due poli della sua vita? Questa testimonianza sacerdotale contiene un messaggio tanto valido quanto attuale.


3. Basta ricordare, in proposito, quel che insegna il Concilio Vaticano II sul sacramento del sacerdozio, soprattutto nel decreto "Presbyterorum Ordinis".

Esso ribadisce quei valori essenziali e perenni del sacerdozio, che in padre Pio si sono realizzati in modo eccellente. Certo, esso propone anche nuove prospettive e nuove forme di testimonianza, più adatte alla mentalità dei nostri tempi. Ma sarebbe un grave errore se, per una mal orientata spinta al rinnovamento, il sacerdote dimenticasse quei valori fondamentali; e non ci si può certo appellare al Concilio per motivare una simile dimenticanza.

Un aspetto essenziale del sacro ministero, e ravvisabile nella vita di padre Pio, è l'offerta che il sacerdote fa di se stesso, in Cristo e con Cristo, come vittima di espiazione e di riparazione per i peccati degli uomini. Il sacerdote deve avere sempre davanti agli occhi la definizione classica della propria missione, contenuta nella Lettera agli Ebrei: "Ogni sommo sacerdote, scelto fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati" (He 5,1). A questa definizione fa eco il Concilio, quando insegna che "nella loro qualità di ministri delle cose sacre, e soprattutto nel sacrificio della Messa, i presbiteri agiscono in modo speciale a nome di Cristo, il quale si è offerto come vittima per santificare gli uomini" (PO 13).

Questa offerta deve raggiungere la sua massima espressione nella celebrazione del sacrificio eucaristico. E chi non ricorda il fervore col quale padre Pio riviveva, nella Messa, la passione di Cristo? Da qui la stima che egli aveva della Messa - da lui chiamata "un ministero tremendo" - come momento decisivo della salvezza e della santificazione dello uomo mediante la partecipazione alle sofferenze stesse del Crocifisso. "C'è nella Messa - diceva - tutto il Calvario". La Messa fu per lui la "fonte ed il culmine", il perno ed il centro di tutta la sua vita e di tutta la sua opera.


4. Questa intima ed amorosa partecipazione al sacrificio di Cristo fu per padre Pio la origine della dedizione e disponibilità nei confronti delle anime, di quelle soprattutto impigliate nei lacci del peccato e nelle angustie della miseria umana. E' cosa tanto nota, che non intendo soffermarmi su di essa; ma vorrei solo sottolineare alcuni punti che mi sembrano importanti, perché anche qui troviamo aderenza tra il comportamento di padre Pio e l'insegnamento conciliare.

L'umile religioso accolse con docilità l'infusione di quello "spirito di grazia e di consiglio", del quale parla il Concilio stesso, quello spirito cioè che deve consentire al pastore di anime di "aiutare e governare il popolo con cuore puro" (cfr. PO 7).

Egli si impegno in particolare - secondo un altro insegnamento conciliare (cfr. PO 9) - nella direzione spirituale, prodigandosi nell'aiutare le anime a scoprire ed a valorizzare i doni e i carismi, che Dio concede come e quando vuole nella sua misteriosa liberalità.

Anche questo può essere un esempio per molti sacerdoti a riprendere o a migliorare un "servizio ai fratelli" così legato alla loro missione specifica, che è sempre stato ed ancor oggi dev'essere ricco di frutti spirituali per l'intero Popolo di Dio, soprattutto in ordine alla promozione della santità e delle sacre vocazioni.


5. Se l'elemento caratterizzante del sacerdozio è l'amministrazione dei sacramenti, questo stesso ministero non potrà esser credibile agli occhi degli uomini, se il sacerdote non soddisfa al tempo stesso le esigenze della carità fraterna. E anche su questo punto sappiamo bene quel che ha fatto padre Pio: quanto vivo fosse il suo senso di giustizia e di misericordia, la sua compassione verso i sofferenti, e quanto fattivamente si impegnasse per loro, con l'aiuto di validi e generosi collaboratori. "Nel fondo di quest'anima - dice padre Pio di se stesso - parmi che Iddio vi ha versato molte grazie rispetto alla compassione delle altrui miserie, singolarmente in rispetto dei poveri bisognosi... Se so poi che una persona è afflitta, sia nell'anima che nel corpo, che non farei presso il Signore per vederla libera dai suoi mali? Volentieri mi addosserei, pur di vederla salva, tutte le sue afflizioni, cedendo in suo favore i frutti di tali sofferenze, se il Signore me lo permettesse".

Voglio ringraziare con voi il Signore per averci donato il caro padre, per averlo donato, in questo secolo così tormentato, a questa nostra generazione.

Nel suo amore a Dio e ai fratelli, egli è un segno di grande speranza e tutti invita, soprattutto noi sacerdoti, a non lasciarlo solo in questa missione di carità.

La Vergine del Santo Rosario, alla quale fu tanto devoto, e che veneriamo in modo speciale in questo mese a lei dedicato, ci aiuti ad essere perfetti imitatori dell'unico Maestro: il suo Figlio Gesù.

Con la mia affettuosa benedizione.

1987-05-23 Data estesa: Sabato 23 Maggio 1987




Discorso nella "Casa Sollievo della Sofferenza" - San Giovanni Rotondo (Foggia)

Titolo: Una comunità fondata sull'amore di Cristo per trasfigurare e sublimare il dolore

Testo:

Cari fratelli e sorelle, Cari malati, 1. Ringrazio vivamente Monsignor Riccardo Ruotolo, Presidente di quest'opera, per l'indirizzo di saluto rivoltomi. A tutti voi il mio cordiale saluto: al personale medico e paramedico, ai sacerdoti, ai malati, ai fedeli.

Grande è la mia emozione nel trovarmi ancora in questo luogo, che visitai la prima volta nel lontano 1947, quando era da poco iniziata l'erezione di questo ospedale.

Sono lieto di vedere nella sua moderna realizzazione quanto padre Pio ideo e predisse: "Una città ospedaliera tecnicamente adeguata alle più ardite esigenze cliniche e insieme ''ordine ascetico" di francescanesimo militante. Luogo di preghiera e di scienza dove il genere umano si ritrovi in Cristo crocifisso come un solo gregge con un sol pastore". E questa città sta crescendo ancora. Una "Cittadella della carità" accanto al Santuario di Maria, che - per volere di padre Pio - ha il significativo nome di "Casa Sollievo della Sofferenza".


2. Il sollievo della sofferenza! In questa dolce espressione si riassume una delle prospettive essenziali della carità cristiana, di quella carità fraterna, che Cristo ci ha insegnato e che, per suo espresso avvertimento, è e dev'essere il segno distintivo dei suoi discepoli; di quella carità, il cui fattivo esercizio, soprattutto verso i più bisognosi, è un imprescindibile motivo di credibilità di quel messaggio di verità, di amore e di salvezza che il cristiano è tenuto ad annunciare al mondo. Quest'opera per la quale padre Pio tanto prego e tanto si prodigo è una stupenda testimonianza dell'amore cristiano.

La grande intuizione di padre Pio è stata quella di unire la scienza a servizio degli ammalati insieme con la fede e la preghiera: la scienza medica, nella lotta sempre più progredita contro la malattia; la fede e la preghiera, nel trasfigurare e sublimare quella sofferenza che, nonostante tutti i progressi della medicina, resterà sempre, in certa misura, un retaggio della vita di quaggiù.


3. Per questo, un aspetto essenziale del grande disegno di padre Pio, era ed è che la degenza in questa Casa deve poter costituire si una cura del corpo, ma anche una vera e propria educazione all'amore inteso come accettazione cristiana del dolore. E ciò deve poter avvenire soprattutto grazie alla testimonianza di carità offerta dal personale medico, paramedico e sacerdotale che assiste e cura i malati. In tal modo, si deve formare una vera e propria comunità fondata sull'amore di Cristo: una comunità che affratella coloro che curano e coloro che sono curati: "Qui - diceva padre Pio nel 1957 - ricoverati, medici, sacerdoti saranno riserve di amore, che tanto più sarà abbondante in uno, tanto più si comunicherà agli altri". Questo era l'intento di padre Pio, e questo sia sempre l'intento fondamentale di questa bella istituzione! Nell'assicurare la mia affettuosa vicinanza a tutti gli ammalati degenti in questa Casa, auspico che siano sempre più beneficiari di un clima di amore e di solidarietà, fondato sulla fede e sulla preghiera. "In ogni ammalato - diceva padre Pio - vi è Gesù che soffre. In ogni povero vi è Gesù che langue. In ogni ammalato povero vi è due volte Gesù che soffre e che langue".


4. Chiedo a Dio che lo spirito di amore fraterno che anima questa "Casa Sollievo della sofferenza" continui a fiorire e a progredire. La vostra testimonianza, cari medici, cari infermieri, cari sacerdoti, è estremamente preziosa non solo per coloro che qui vengono ricoverati, ma è un segno importante anche per tutta la Chiesa e per la società.

E a voi, cari malati, la Vergine santissima conceda dal suo Figlio la luce e la forza per comprendere, nella fede, il valore della croce che state portando! A voi tutti e ai vostri cari la mia affettuosa benedizione.

1987-05-23 Data estesa: Sabato 23 Maggio 1987




Alla popolazione - Monte Sant'Angelo (Foggia)

Titolo: San Michele a fianco della Chiesa rivendica i diritti inalienabili di Dio contro le insidie del Maligno

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle! 1. Sono lieto di trovarmi in mezzo a voi all'ombra di questo Santuario di San Michele Arcangelo, che da quindici secoli è meta di pellegrinaggi e punto di riferimento per quanti cercano Dio e desiderano mettersi alla sequela di Cristo, per mezzo del quale "sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà" (Col 1,16).

Saluto cordialmente tutti voi, pellegrini, qui venuti dai paesi che circondano questo magnifico promontorio del Gargano, che offre allo sguardo del visitatore scorci deliziosi col suo paesaggio dolce, fiorito e con caratteristici gruppi di ulivi contorti sopra la roccia. Saluto in particolare le autorità civili e religiose, che hanno contribuito a rendere possibile questo incontro pastorale; saluto l'Arcivescovo di Manfredonia, Monsignor Valentino Vailati, a cui va il mio ringraziamento per le parole con le quali ha voluto introdurre questa manifestazione di fede.

Saluto anche e soprattutto i padri benedettini dell'Abbazia di Montevergine, che hanno la cura spirituale di questo santuario. Ad essi, ed in special modo al loro abate Dom Tommaso Agostino Gubitosa, esprimo la mia gratitudine per l'animazione cristiana e per il clima spirituale che assicurano a quanti vengono qui per ritemprare il loro spirito alle sorgenti della fede.


2. A questo luogo, come già fecero in passato tanti miei predecessori nella cattedra di Pietro, sono venuto anch'io per godere un istante dell'atmosfera propria di questo santuario, fatta di silenzio, di preghiera e di penitenza; sono venuto per venerare ed invocare l'arcangelo san Michele, perché protegga e difenda la santa Chiesa, in un momento in cui è difficile rendere un'autentica testimonianza cristiana senza compromessi e senza accomodamenti.

Fin da quando Papa Gelasio I concesse, nel 493, il suo assenso alla dedicazione della grotta delle apparizioni dell'arcangelo san Michele a luogo di culto e vi compi la sua prima visita, concedendo l'indulgenza del "Perdono angelico", una serie di romani Pontefici si mise sulle sue orme per venerare questo luogo sacro. Tra essi si ricordano Agapito I, Leone IX, Urbano II, Innocenzo II, Celestino III, Urbano VI, Gregorio IX, san Pietro Celestino e Benedetto IX.

Anche numerosi santi sono venuti qui per attingere forza e conforto.

Ricordo san Bernardo, san Guglielmo da Vercelli, fondatore dell'Abbazia di Montevergine, san Tommaso d'Aquino, santa Caterina da Siena; tra queste visite è rimasta giustamente celebre ed è tuttora viva quella compiuta da san Francesco d'Assisi, che venne qui in preparazione alla Quaresima del 1221. La tradizione dice che egli, ritenendosi indegno di entrare nella grotta sacra, si sarebbe fermato all'ingresso, incidendo un segno di croce su una pietra.

Questa viva e mai interrotta frequentazione di pellegrini illustri ed umili che dall'alto Medioevo fino ai nostri giorni ha fatto di questo santuario un luogo di incontro di preghiera e di riaffermazione della fede cristiana, dice quanto la figura dell'arcangelo Michele, che è protagonista in tante pagine dell'Antico e del Nuovo Testamento, sia sentita ed invocata dal popolo e quanto la Chiesa abbia bisogno della sua celeste protezione: di lui, che viene presentato nella Bibbia come il grande lottatore contro il Dragone, il capo dei demoni.

Leggiamo nell'Apocalisse: "Allora avvenne una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il Dragone. Il Dragone combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu posto per essi nel cielo. Il grande Dragone, il Serpente antico, colui che chiamiamo il Diavolo e Satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli" (Ap 12,7-9). L'autore sacro ci presenta in questa drammatica descrizione la vicenda della caduta del primo Angelo, che fu sedotto dall'ambizione di diventare "come Dio". Di qui la reazione dell'arcangelo Michele, il cui nome ebraico "Chi come Dio?", rivendica l'unicità di Dio e la sua inviolabilità.


3. Per quanto frammentarie, le notizie della rivelazione sulla personalità ed il ruolo di san Michele sono molto eloquenti. Egli è l'arcangelo (cfr. Gd 1,9) che rivendica i diritti inalienabili di Dio. E' uno dei principi del cielo del Popolo di Dio (cfr. Da 12,1), da cui uscirà il Salvatore. Ora il nuovo popolo di Dio è la Chiesa. Ecco la ragione per cui essa lo considera come proprio protettore e sostenitore in tutte le sue lotte per la difesa e la diffusione del regno di Dio sulla terra. E' vero che "le porte degli inferiori prevarranno", secondo l'assicurazione del Signore (Mt 16,18), ma questo non significa che siamo esenti dalle prove e dalle battaglie contro le insidie del maligno.

In questa lotta, l'arcangelo Michele è a fianco della Chiesa per difenderla contro tutte le nequizie del secolo, per aiutare i credenti a resistere al Demonio che "come leone ruggente va in giro cercando chi divorare" (1P 5,8).

Questa lotta contro il Demonio, che contraddistingue la figura dell'arcangelo Michele, è attuale anche oggi, perché il Demonio è tuttora vivo ed operante nel mondo. Infatti il male che è in esso, il disordine che si riscontra nella società, l'incoerenza dell'uomo, la frattura interiore della quale è vittima non sono solo le conseguenze del peccato originale, ma anche effetto dell'azione infestatrice ed oscura del Satana, di questo insidiatore dell'equilibrio morale dell'uomo, che san Paolo non esita a chiamare "il Dio di questo mondo" (2Co 4,4), in quanto si manifesta come astuto incantatore, che sa insinuarsi nel gioco del nostro operare per introdurvi deviazioni tanto nocive, quanto all'apparenza conformi alle nostre istintive aspirazioni. Per questo l'Apostolo delle genti mette i cristiani in guardia dalle insidie del Demonio e dei suoi innumerevoli satelliti, quando esorta gli abitanti di Efeso a rivestirsi "dell'armatura di Dio per poter affrontare le insidie del Diavolo, poiché la nostra lotta non è soltanto col sangue e con la carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i Dominatori delle tenebre, contro gli spiriti maligni dell'aria" (Ep 6,11-12).

A questa lotta ci richiama la figura dell'arcangelo san Michele, a cui la Chiesa sia in Oriente che in Occidente non ha mai cessato di tributare un culto speciale. Come è noto, il primo santuario a lui dedicato sorse a Costantinopoli per opera di Costantino: è il celebre Michaëlion, a cui fecero seguito in quella nuova capitale dell'impero altre numerose Chiese dedicate all'arcangelo. In Occidente il culto di san Michele, fin dal V secolo, si era diffuso in molte città come Roma, Milano, Piacenza, Genova, Venezia; e, tra tanti luoghi di culto, certamente il più famoso è questo del monte Gargamo. L'arcangelo è rappresentato sulla porta bronzea, fusa a Costantinopoli nel 1076, nell'atto di abbattere l'infernale Dragone. E' questo il simbolo col quale l'arte ce lo rappresenta e la liturgia ce lo fa invocare. Tutti ricordano la preghiera che anni fa si recitava al termine della santa Messa: "Sancte Michaël Archangele, defende nos in proelio"; tra poco, la ripetero a nome di tutta la Chiesa.

E prima di elevare tale preghiera, imparto a tutti voi qui presenti, ai vostri familiari ed a tutte le persone care la mia benedizione, che estendo anche a quanti soffrono nel corpo e nello spirito.

1987-05-24 Data estesa: Domenica 24 Maggio 1987




Discorso alla popolazione di Manfredonia - Foggia

Titolo: Ristabilire all'interno della società le ineludibili istanze dello spirito

Testo:

Cari fratelli e sorelle! 1. Vi ringrazio sinceramente per l'entusiasmo, con cui mi avete accolto in questa vostra bella città.

Rivolgo il mio riconoscente pensiero anzitutto al signor Sindaco ed all'Arcivescovo Monsignor Valentino Vailati per le cortesi parole di benvenuto che mi hanno rivolto. Dopo la visita al santuario di san Michele, a voi tanto caro, luogo tra i più venerati nella regione pugliese, non poteva mancare una sosta qui, al centro del meraviglioso golfo che da Manfredonia prende il nome.

Questa vetusta città vanta un singolare rapporto con la sede di Pietro: non pochi romani Pontefici la visitarono già nel Medioevo; due Arcivescovi divennero Papi; e nei nostri tempi Giovanni XXIII, quando era Patriarca di Venezia, venne ad incoronare l'immagine della Vergine.

Anch'io sono lieto di trovarmi con voi, anche perché sono stato invitato da molti direi quasi personalmente: dai marittimi e dai pescatori, mentre dirigenti e maestranze dello stabilimento Enichem-Agricoltura mi hanno inviato un appello, da tutti sottoscritto.


2. Conosco la vostra fede, per la quale rendo grazie a Dio, e so che essa ha radici profonde.

L'antica città di Siponto ricevette il messaggio cristiano già nell'età apostolica, come conferma la vostra storia, legata allo sviluppo ed al traffico dell'importante porto nel sud-Adriatico. E fin da allora la pietà dei vostri padri si distinse per la devozione alla Vergine, diffusa zelantemente dal vescovo Lorenzo Maiorano. Il fervore di tale devozione è tuttora esaltato dall'antica Basilica di Santa Maria di Siponto, monumento insigne di pietà e di arte.

E' stata la fede cristiana, che ha permeato la vostra storia, pur segnata da momenti difficili per le frequenti incursioni ed invasioni. E' stata la fede, che ha dato alle popolazioni sipontine la forza di risorgere sempre da tante calamità sociali e naturali. Manfredonia di oggi nasce proprio così, da una tenace volontà di vivere. Il luogo stesso, in cui ci troviamo, può esser considerato come una singolare meta delle vicende cristiane di questa terra, se ricordiamo che questa Chiesa fu riedificata dopo la distruzione della precedente Cattedrale.


3. Sulla base di tali testimonianze, dobbiamo considerare l'appello che la stessa fede propone a noi nelle odierne circostanze.

Ci sono delle sfide e tentazioni, che oggi si presentano alla nostra coscienza. Se in passato gli attacchi alla fede cristiana sono venuti dall'esterno, da forze avverse ed estranee alla comunità credente, oggi le insidie provengono dal di dentro, nel rapido mutamento sociale che si verifica nella nostra epoca.

Fatti sconcertanti sembrano segnare la mentalità moderna circa il senso di Dio ed i valori dello spirito. Si ha spesso l'impressione che, in concomitanza col progresso scientifico e tecnico e col benessere materiale, cresca purtroppo anche l'abbandono o la disattenzione verso la trascendenza. Di conseguenza, nel cuore di molti credenti, c'è come una scissione tra la fede - pur ancora sentita - e la vita quotidiana. L'assillo delle cose temporali pare talvolta assorbire tutta l'attenzione dell'uomo, soffocando la possibilità di prestare accolto a Dio ed alle esigenze dello spirito. Di qui un certo "materializzarsi" della coscienza ed un senso di turbamento. Basta ricordare l'estendersi di un consumismo disumanizzante e lo sfruttamento disordinato delle risorse della natura, l'introdursi nelle strutture della convivenza di associazioni illegali, foriere di soprusi e di violenze.

La vita cristiana ècosi insidiata. Bisogna far fronte con coraggio e con saggezza, senza timori ed incertezze, alle grandi sfide dell'ora presente, per ricondurre l'umanità nel cammino del suo vero progresso. Occorre inserire anche le risposte della nostra fede negli interrogativi posti dalla cultura d'oggi, per liberarla da pericolose tentazioni e forme naturalistiche, e ristabilire allo interno della società le ineludibili istanze dello spirito. Deve essere la forza della verità, propria della parola di Cristo, a dare la spinta necessaria! Ciò avverrà se anche oggi i cristiani affronteranno con coraggio i problemi, attingendo alla loro fede. La testimonianza di vita personale dovrà corrispondere a quello che gli uomini attendono da loro. Superare la scissione tra credenza religiosa e quotidiano operare, accogliendo la logica della fede, ecco il nostro comune impegno. Rinvigorite, perciò, le certezze della fede, affinché non venga meno l'incidenza del credo nella vita.

Questo invito io rivolgo in particolare ai giovani, i quali possono operare quella giusta svolta, di cui la società ha bisogno per non impoverirsi sempre più. I giovani devono avere il coraggio di lasciarsi guidare dalla forza di una coscienza retta, fondata sui valori più alti della fede e dell'umanità, inserendosi con chiarezza di vedute, onestà e spirito cristiano nella vita sociale. Parimenti invito i genitori a fare in modo che la famiglia sia il primo luogo dove la mente si apre alla parola di Dio, atteso che i primi passi della vita cristiana sono fondamento per una fede libera e consapevole.


4. Vi dico queste cose pensando al momento forte che sta vivendo la vostra Chiesa nel Sinodo diocesano in corso. Essa sta elaborando un programma per l'intera comunità, alla ricerca di un rinnovamento spirituale e pastorale adeguato ai tempi e corrispondente alle esigenze attuali dell'evangelizzazione.

Essere cristiani oggi, che cosa comporta? Incarnare concretamente il nostro Cristianesimo nell'ambiente umano attuale comporta una serietà, una vigilanza una generosità, una decisione ancor più risoluta e più lucida che per il passato. Le circostanze odierne esigono che il cristiano sappia rendersi più consapevole di ciò che crede ed abbia una approfondita capacita di difesa e di proposizione delle proprie convinzioni.

Il vostro Sinodo traccerà la via maestra e concreta del vostro impegno ecclesiale e vi inviterà alla conoscenza ed alla meditazione continua della parola di Dio, vi ricorderà l'importanza fondamentale ed irrinunciabile dei sacramenti e della Messa; sottolineerà il bisogno della catechesi; vi inviterà ad una adesione lieta e consapevole all'insegnamento della Chiesa, madre e maestra, affinché una fede solida e luminosa animi la vostra vita.


5. La Vergine santa, che voi venerate con affetto nella vostra Cattedrale, seguendo la tradizione dei padri, vi aiuti e vi conforti in questa grande ed urgente impresa. A lei si levi con particolare intensità la comune preghiera in questo mese di maggio; a lei ricorra il vostro animo fiducioso, ogni qual volta la coscienza vi interroga circa quello che occorre fare per vivere secondo la fede e servire il vero bene della comunità.

Sia sempre lei, la Madre di Dio, la premurosa guida delle vostre famiglie, illumini i giovani, affinché trovino uno specifico inserimento nelle strutture del lavoro e si preparino adeguatamente ad affrontare le future responsabilità.

Invocando la Vergine e chiedendo la sua protezione, imparto la benedizione apostolica a tutti voi: alla vostra arcidiocesi; ai sacerdoti, ai religiosi ed alle religiose, al seminario, agli istituti scolastici e di assistenza, poi ancora ai pescatori ed ai marittimi, agli operai, alle persone che soffrono e a tutte le autorità civili.

Manfredonia, città che hai le radici della tua fede nell'età apostolica e conservi nel cuore un fervido amore per la Madre di Dio, io ti benedico e ti saluto!

1987-05-24 Data estesa: Domenica 24 Maggio 1987




Incontro con la popolazione - Aereoporto "Gino Lisa" di Foggia

Titolo: Senza il rispetto della vita nascente non può esserci futuro per la società

Testo:

Signor Ministro, Signor Sindaco, Cari fratelli e sorelle della città di Foggia.


1. Sono lieto di essere oggi tra voi, in questa terra ricca di umanità, di fede, di laboriosità, di speranza.

Ringrazio il signor Ministro che ha voluto portarmi il saluto del Governo italiano, e il signor Sindaco per le cortesi parole a me rivolte a nome della cittadinanza. Ringrazio e saluto voi qui presenti, auspicando che questo mio pellegrinaggio in terra di Capitanata lasci in ognuno di voi, come frutto di comunione, un segno profondo di spiritualità e di fiducia.


2. Mi piace ricordare subito che la città di Foggia trae origine da un evento di fede cristiana. E precisamente dal rinvenimento di quella tavola sacra, rappresentante la Madre di Dio e degli uomini, che voi con tanta devozione venerate sotto il nome di "Icona vetere", e che è cara anche al mio cuore perché mi ricorda molto la Vergine di Jasna Gora.

Tutta la vostra storia di quasi un millennio è pervasa da un senso vivo del Vangelo. Dai tempi più antichi fino ad oggi son sorti qui attorno e continuano a sorgere santuari e centri di fede cristiana. La vostra terra è per antica tradizione battuta da schiere di pellegrini, che si susseguono ininterrottamente per venire ad attingere forza nel cammino aspro e difficile della vita. Qui è fiorita in molte forme la più autentica santità, scaturita dall'interno stesso del popolo cristiano.

Cari fratelli e sorelle di Foggia, son venuto qui altre volte pellegrino, come pastore di un gregge particolare. Oggi come pastore della Chiesa universale vengo per tre giorni a visitare le cinque diocesi della Capitanata.

Conosco già in gran parte i problemi che vi assillano e le difficoltà che dovete quotidianamente affrontare. Mentre auspico che le autorità competenti ai vari livelli vengano incontro tempestivamente ai vostri bisogni con adeguate risposte, desidero sottolineare che la fede scaturita dal Vangelo, e che ha il suo centro nell'Uomo-Dio per noi morto e risorto, è una forza spirituale capace di dare vigore nelle difficoltà dell'esistenza, ed è pure un germe vitale in grado d'ispirare soluzioni di giustizia sociale, di sviluppo umano, di rilancio di ogni forma di bene.


3. Fratelli e sorelle, la pianura del Tavoliere, circondata da un anfiteatro di monti, si è sempre distinta per la laboriosità delle sue genti. Una volta questa terra era una steppa paludosa e malsana: col lavoro divenne area di pascoli e di boschi, suolo di piccoli nuclei abitativi. Oggi è zona agricolo-industriale di singolare importanza. E' un dono che i vostri antenati vi hanno lasciato in eredità, e che voi come tale avete ricevuto e vi sentite impegnati a portare a compimento. A voi, pero, resta soprattutto l'impegno di svolgere sul piano umano, sociale e cristiano, un compito ancora più alto: far si che il lavoro sia non solo mezzo per guadagnarsi da vivere, per sé e per la famiglia, ma anche fattore di elevazione della persona umana, in maniera che essa possa esprimere le proprie capacità, realizzare le proprie sane aspirazioni, raggiungere i grandi fini, che vanno al di là dell'ordine materiale.

In tale altissimo compito vi saranno di stimolo e di aiuto la matrice cristiana delle vostre tradizioni, il senso vivo dell'unità della famiglia, l'industriosità tenace e concreta, capace di trovare soluzioni ai problemi ricorrenti.


4. La vostra è una terra che, nel corso della storia, si è trovata ad essere crocevia di popoli. La vostra civiltà è il risultato dell'incontro di molte razze, fuse nella fucina dell'amore cristiano. Anche oggi Foggia, col suo importante nodo ferroviario, è un centro di flussi continui di popolazioni, che si muovono per motivi di lavoro, di cultura, di fede.

Questa realtà vi sia di incitamento a partecipare con uno specifico contributo alla realizzazione del bene comune, attingendo alla sorgente inesauribile, sempre antica e sempre nuova, delle vostre radici cristiane.

Rimanete fedeli al valore incommensurabile della famiglia. Coltivate, come sempre avete fatto, l'amore per la vita umana, in particolare per quella nascente. Senza il rispetto di essa non c'è futuro per la società.

Unite le vostre forze per trovare le vie necessarie a garantire l'occupazione alla gioventù, perché con la sicurezza del lavoro i giovani ritrovino se stessi e non cadano vittime dei fatali miraggi collegati col turpe fenomeno della droga.

Abbiate sempre fiducia nell'aiuto di Dio, che invoco per voi con la mia benedizione.

1987-05-24 Data estesa: Domenica 24 Maggio 1987




Omelia durante la concelebrazione con i Vescovi delle Puglie - Aereoporto "Gino Lisa" di Foggia

Titolo: Rendere testimonianza a Cristo nella potenza dello Spirito di verità

Testo:

1. "La Samaria aveva accolto la parola di Dio" (Ac 8,14). Le letture liturgiche del periodo pasquale attingono, in notevole misura, al testo degli Atti degli Apostoli, nel quale è raccolta la testimonianza dei primi avvenimenti della storia della Chiesa. Il diacono Filippo è arrivato da Gerusalemme alla Samaria e vi ha annunziato Cristo. E la Samaria ha accolto la parola di Dio.

Nell'ascoltare questa testimonianza, cari fratelli e sorelle di Foggia e della Capitanata, il ricordo torna al passato della vostra terra. Quando proprio in questa parte della penisola pugliese, in questa citta è giunta la parola di Dio? Quando è stata accolta così, come una volta in Samaria? Da quando in questa terra continua la storia degli Atti degli Apostoli? Come è noto, secolari e venerabili tradizioni fanno risalire l'arrivo del cristianesimo nelle Puglie alla stessa età apostolica. Nei primi secoli dell'era cristiana fiorirono poi le più antiche diocesi di questo territorio e da quelle comunità ereditarono la fede i primi abitanti della Capitanata che dopo il 1000 fondarono i villaggi del Tavoliere foggiano.


GPII 1987 Insegnamenti - Ai religiosi nel Santuario di Santa Maria delle Grazie - San Giovanni Rotondo (Foggia)