Catechesi 79-2005 22289

Mercoledì, 22 febbraio 1989

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1. Conosciamo il passo della prima lettera ai Corinzi, dove Paolo, cronologicamente primo, annota la verità sulla Risurrezione di Cristo: “Vi ho trasmesso . . . quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici . . .” (
1Co 15,3-5). Si tratta, come si vede, di una verità trasmessa, ricevuta, e di nuovo trasmessa. Una verità appartenente al “deposito della Rivelazione” che Gesù stesso, mediante i suoi apostoli ed evangelisti, ha lasciato alla sua Chiesa.

2. Gesù rivelò gradualmente questa verità nel suo insegnamento prepasquale. Essa trovò poi attuazione concreta negli eventi della Pasqua gerosolimitana di Cristo, storicamente accertati, ma carichi di mistero.

Gli annunci e i fatti ebbero la loro conferma soprattutto negli incontri del Cristo risorto, che i Vangeli e Paolo riportano. Bisogna dire che il testo paolino presenta questi incontri - nei quali si rivela il Cristo risorto - in modo globale e sintetico (aggiungendo alla fine il proprio incontro con il Risorto alle porte di Damasco). (cf. Ac 9,3-6). Nei Vangeli si hanno, al riguardo, delle annotazioni piuttosto frammentarie.

Non è difficile cogliere e confrontare alcune linee caratteristiche di ciascuna di queste apparizioni e di tutto il loro insieme, per avvicinarsi ancor più alla scoperta del significato di questa verità rivelata.

3. Possiamo osservare anzitutto che, dopo la Risurrezione, Gesù si presenta alle donne e ai discepoli col suo corpo trasformato, reso spirituale e partecipe della gloria dell’anima: ma senza alcuna caratteristica trionfalistica. Gesù si manifesta con grande semplicità. Parla da amico ad amici, con i quali s’incontra nelle circostanze ordinarie dell’esistenza terrena. Egli non ha voluto affrontare i suoi avversari, assumendo l’atteggiamento del vincitore, non si è preoccupato di mostrar loro la sua “superiorità”, ancor meno ha inteso fulminarli. Non risulta neppure che ne abbia incontrati. Tutto ciò che dice il Vangelo porta a escludere che sia apparso, per esempio, a Pilato, che lo aveva consegnato ai sommi sacerdoti perché fosse crocifisso (cf. Jn 19,16) o a Caifa, che si era stracciato le vesti per l’affermazione della sua divinità (cf. Mt 26,63-66).

Ai privilegiati delle sue apparizioni, Gesù si lascia conoscere nella sua identità fisica: quel volto, quelle mani, quei lineamenti che ben conoscevano, quel costato che avevano visto trafitto; quella voce, che tante volte avevano udito. Solo nell’incontro con Saulo nei pressi di Damasco, la luce che circonda il Risorto quasi acceca l’ardente persecutore dei cristiani e lo atterra (cf. Mt 9,3-8): ma è una manifestazione della potenza di colui che, già salito in cielo, colpisce un uomo di cui vuol fare uno “strumento eletto” (Ac 9,15), un missionario del Vangelo.

4. Si noti pure un fatto significativo: Gesù Cristo appare prima alle donne, sue fedeli seguaci, che non ai discepoli e agli stessi apostoli, che pure aveva scelto come portatori del suo Vangelo nel mondo. Alle donne per prime affida il mistero della sua Risurrezione, rendendole prime testimoni di questa verità. Forse vuol premiare la loro delicatezza, la loro sensibilità al suo messaggio, la loro fortezza che le aveva spinte fino al Calvario. Forse vuol manifestare un tratto squisito della sua umanità, consistente nel garbo e nella gentilezza con cui accosta e benefica le persone che contano meno nel gran mondo dei suoi tempi. È ciò che sembra risultare da un testo di Matteo: “Ed ecco Gesù venne incontro (alle donne che correvano a dare l’annunzio ai discepoli) dicendo: Salute a voi! Ed esse, avvicinatesi, gli cinsero i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete: andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno»” (Mt 28,9-10).

Anche l’episodio dell’apparizione a Maria di Magdala (Jn 20,11-18) è di straordinaria finezza sia da parte della donna, che rivela tutta la sua appassionata e composta dedizione alla sequela di Gesù, sia da parte del maestro che la tratta con squisita delicatezza e benevolenza.

A questa precedenza delle donne negli eventi pasquali dovrà ispirarsi la Chiesa, che nei secoli ha potuto contare tanto su di esse per la sua vita di fede, di preghiera e di apostolato.

5. Alcune caratteristiche di questi incontri postpasquali li rendono in certo modo paradigmatici a motivo delle situazioni spirituali, che tanto spesso si creano nel rapporto dell’uomo con Cristo, quando si sente da lui chiamato o “visitato”.

Vi è anzitutto una iniziale difficoltà a riconoscere Cristo da parte di coloro che egli incontra, come si vede nel caso della stessa Maddalena (Jn 20,14-16) e dei discepoli di Emmaus (Lc 24,16). Non manca un certo sentimento di timore dinanzi a lui. Lo si ama, lo si cerca, ma, al momento in cui lo si trova, si prova qualche esitazione . . .

Ma Gesù porta gradualmente al riconoscimento e alla fede sia la Maddalena (Jn 20,16), che i discepoli di Emmaus (Lc 24,26 ss.), e analogamente altri discepoli (cf. Lc 24,25-48). Segno della paziente pedagogia del Cristo nel rivelarsi all’uomo, nell’attrarlo, nel convertirlo, nel portarlo alla conoscenza delle ricchezze del suo cuore e alla salvezza.

6. È interessante analizzare il processo psicologico che i diversi incontri lasciano intravedere: i discepoli provano una certa difficoltà a riconoscere non solo la verità della Risurrezione, ma anche l’identità di colui che sta davanti a loro, e appare come lo stesso ma anche come un altro: un Cristo “trasformato”. Non è facile per loro operare l’immediata identificazione. Intuiscono, sì, che è Gesù, ma nello stesso tempo sentono che egli non si trova più nella condizione di prima e dinanzi a lui sono presi da riverenza e timore.

Quando poi si rendono conto, col suo aiuto, che non si tratta di un altro, ma di lui stesso trasformato, scatta in loro una nuova capacità di scoperta, di intelligenza, di carità e di fede. È come un risveglio di fede: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?” (Lc 24,32). “Mio Signore e mio Dio!” (Jn 20,28). “Ho visto il Signore!” (Jn 20,18). Allora una luce assolutamente nuova illumina ai loro occhi anche l’evento della Croce; e dà il senso vero e completo di quel mistero di dolore e di morte, che si conclude nella gloria della nuova vita! Questo sarà uno degli elementi principali dell’annuncio di salvezza portato dagli apostoli fin dal principio al popolo ebreo e man mano a tutte le genti.

7. Un’ultima caratteristica delle apparizioni di Cristo risorto è da sottolineare: in esse specialmente nelle ultime, Gesù attua il definitivo affidamento agli apostoli (e alla Chiesa) della missione di evangelizzare il mondo per portargli l’annuncio della sua Parola e il dono della sua grazia.

Si ricordi l’apparizione ai discepoli nel Cenacolo la sera di Pasqua: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi . . .” (Jn 20,21): e concede loro il potere di rimettere i peccati!

E nell’apparizione sul mare di Tiberiade, seguita dalla pesca miracolosa, che simboleggia e annuncia la fruttuosità della missione, è evidente che Gesù vuole orientare i loro spiriti verso l’opera che li attende (cf. Jn 21,1-23). Lo conferma il definitivo conferimento della particolare missione a Pietro (Jn 21,15-18): “Mi vuoi bene? . . . Tu lo sai . . . Pasci i miei agnelli . . . Pasci le mie pecore . . .”.

Giovanni annota che “questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti” (Jn 21,14). Questa volta essi non avevano soltanto preso atto della sua identità: “È il Signore” (Jn 21,7); ma avevano anche capito che quanto era avvenuto e avveniva in quei giorni pasquali coinvolgeva ciascuno di loro - e Pietro in modo particolare - nella costruzione della nuova era della storia, che aveva avuto il suo principio in quel mattino pasquale.




Ad un gruppo di studenti e di studentesse giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

CARISSIMI STUDENTI e studentesse dell Università Sophia di Tokyo, del Collegio Yamada di Nagoya e pellegrini di Shodoshima: auspico che il vostro impegno di studio e di aggiornamento, come pure questo vostro pellegrinaggio a Roma, contribuiscano non soltanto al bene personale di ciascuno di voi, ma anche allo sviluppo del Giappone, che ha appena iniziato la nuova era “Heisei”.

Con questo augurio vi benedico di cuore.

Sia lodato Gesù Cristo!


Ad alcuni gruppi italiani

Rivolgo un cordiale saluto a voi, Rappresentanti di alcuni Movimenti politici di ispirazione cristiana, che prendete parte a questa Udienza.

Vi sono grato per la vostra presenza e per l’impegno sociale e civile che portate avanti al fine di realizzare il vero bene comune, nelle Comunità in cui operate. Ciò comporta uno sforzo costante e generoso per contribuire a quel rinnovamento dell’ordine temporale che forma la preoccupazione di chi è veramente desideroso di vedere una società più solidale, più fraterna e più in pace.

Vi ringrazio anche per l’impegno mirante a portare nella società di oggi il fermento dei principi cristiani, venendo così incontro ai veri bisogni spirituali e materiali dei vostri concittadini.

Vi sostenga nella vostra attività la mia Benedizione che imparto a voi e ai vostri familiari.
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Desidero ora porgere il mio saluto affettuoso ai fedeli della Parrocchia di Maria SS. Annunziata, in Pietradefusi, Arcidiocesi di Benevento, che sono giunti pellegrini a Roma per ricordare l’Anno centenario dell’incoronazione della Madonna dell’Arco e per la benedizione di due campane. Auguro che la devozione alla Madre del Redentore disponga il loro animo a condurre un’esistenza cristiana che sia sempre generosa testimonianza di fede operosa.
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Saluto poi le Religiose convenute a Roma per l’annuale Convegno di aggiornamento indetto dalla F.I.R.O.S. Mentre esprimo il mio apprezzamento per l’umile, ma fervente dedizione con la quale svolgono il loro compito fra le persone ammalate, esorto a crescere nella intimità con Cristo, la cui carità è fonte e custodia dell’amore al prossimo.
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Il mio pensiero va poi alle Religiose ed alle Alunne dell’Istituto romano “Maria SS.ma Assunta”, le quali hanno voluto accompagnare le Suore che stanno per recarsi in Bolivia. L’augurio che rivolgo a tutte è di vivere lo spirito missionario col fervente proposito di portare il Cristo, verità lieta e speranza sicura, ad ogni persona umana.
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Saluto infine i funzionari ed impiegati dell’Amministrazione Provinciale di Salerno. Nel dare il benvenuto ad essi ed ai loro familiari, invoco su ciascuno la continua assistenza del Signore, perché possano contribuire efficacemente al progresso civile e morale della loro Provincia.

A tutti imparto la mia Benedizione.

Ai giovani, agli ammalati, agli sposi novelli

Mi è infine gradito rivolgere un saluto particolare e cordiale a tutti i ragazzi e giovani, ai cari malati e alle coppie di sposi novelli che partecipano a questa udienza.

Carissimi, la vostra presenza accanto al Papa nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa liturgica della Cattedra di San Pietro, è per me motivo di gioia profonda.

A voi, giovani, dico: fondate ed ancorate il vostro avvenire alle certezze della fede che, soprattutto in questo tempo quaresimale, la Chiesa vi offre attraverso l’ascolto attento ed assiduo della Parola di Dio.

Voi, ammalati, aiutate Pietro nel suo gravoso compito di Pastore universale, offrendo con generosità e disponibilità il tesoro prezioso delle vostre quotidiane sofferenze e della preghiera.

E voi, cari sposi novelli, attingete alla grazia feconda del sacramento da poco ricevuto la forza di confrontare le vostre scelte concrete con il Magistero che la Chiesa offre alle famiglie, affinché vivano sempre in un amore che non si incrina di fronte alle immancabili difficoltà della vita quotidiana.

A tutti offro il sostegno della mia Benedizione.




Mercoledì, 1° marzo 1989

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1. La Risurrezione di Cristo ha il carattere di un evento, la cui essenza è il passaggio dalla morte alla vita. Evento unico, che, come passaggio (Pasqua), è stato inscritto nel contesto delle feste pasquali, durante le quali i figli e le figlie d’Israele ricordavano ogni anno l’esodo dall’Egitto, rendendo grazie per la liberazione dalla schiavitù, e quindi esaltando la potenza di Dio-Signore che in quel “passaggio” antico si era chiaramente manifestato.

La Risurrezione di Cristo è il nuovo passaggio, la nuova Pasqua, da interpretare sullo sfondo della pasqua antica, che la prefigurava e la preannunciava. Così, di fatto, fu considerata nella comunità cristiana, secondo la chiave di lettura che gli apostoli e gli evangelisti offrirono ai credenti sulla base della Parola dello stesso Gesù.

2. Sulla linea di quanto ci è stato trasmesso da quelle antiche fonti, noi possiamo vedere nella Risurrezione anzitutto un evento storico. Essa infatti si è compiuta in un quadro preciso di tempo e di luogo: “il terzo giorno” dopo la crocifissione, a Gerusalemme, nel sepolcro messo a disposizione da Giuseppe d’Arimatea (cf.
Mc 15,46), in cui era stato deposto il corpo di Cristo, tolto dalla Croce. Proprio questo sepolcro all’alba del terzo giorno (dopo il sabato pasquale) fu trovato vuoto.

Ora Gesù aveva annunciato la sua Risurrezione il terzo giorno (cf. Mt 16,21 Mt 17,23 Mt 20,19). Le donne che quel giorno andarono al sepolcro, trovarono un “angelo”, che disse loro: Voi “cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. É risorto come aveva detto” (Mt 28,5-6).

Nel racconto evangelico la circostanza del “terzo giorno”, viene messa in relazione con la celebrazione giudaica del sabato, che escludeva lavori e spostamenti oltre una certa distanza fin dalla sera della vigilia. Perciò l’imbalsamazione del cadavere, quale era nella usanza giudaica, era stata rimandata al primo giorno dopo il sabato.

3. Ma pur essendo un evento anche cronologicamente e spazialmente determinabile, la Risurrezione trascende e sovrasta la storia.

Nessuno ha visto il fatto in se stesso. Nessuno poté essere testimone oculare dell’evento. Furono parecchi a vedere l’agonia e la morte di Cristo sul Golgota, alcuni presero parte alla deposizione del suo cadavere nel sepolcro, ben sigillato e vigilato dalle guardie, che “i gran sacerdoti e i farisei” si erano preoccupati di ottenere da Pilato ricordandosi che Gesù aveva detto: Dopo tre giorni risorgerò. “Ordina dunque che il sepolcro sia ben vigilato sino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli a rubare il corpo e poi dicano al popolo: É risorto da morte!” (Mt 27,63-64). Ma i discepoli non avevano pensato a quella operazione. Furono le donne che la mattina del terzo giorno, venute con gli aromi, scoprirono che il sepolcro era vuoto, la pietra rimossa, e videro un giovane vestito di bianco che parlò loro della Risurrezione di Gesù (cf. Mc 16,6). Certamente il corpo di Cristo non era più là. In seguito furono molti a vedere Gesù risorto. Ma nessuno è stato testimone oculare della Risurrezione. Nessuno ha potuto dire come essa sia avvenuta nella sua fisicità. Ancor meno fu percepibile ai sensi della sua più intima essenza di passaggio a un’altra vita.

É questo valore metastorico della Risurrezione che è specialmente da considerare, se si vuole in qualche modo rendersi conto del mistero di quell’evento storico, ma anche trans-storico, come vedremo subito.

4. Infatti la Risurrezione di Cristo non fu un ritorno alla vita terrena, come era avvenuto nel caso delle risurrezioni compiute da lui nel periodo prepasquale: la figlia di Giairo, il giovane di Nain, Lazzaro. Questi fatti erano eventi miracolosi (e dunque straordinari), ma le persone miracolate riacquistavano per la potenza di Gesù la vita terrena “ordinaria”. A un certo momento esse morirono di nuovo, come non di rado fa osservare sant’Agostino.

Nel caso della Risurrezione di Cristo la cosa è essenzialmente diversa. Nel suo corpo risorto egli passa dallo stato di morte ad un’“altra” vita, ultra-temporale e ultra-terrestre. Il corpo di Gesù nella Risurrezione viene colmato dalla potenza dello Spirito Santo, fatto partecipe della vita divina nello stato di gloria, sicché si può dire di Cristo, con san Paolo che è l’“homo caelestis” (cf. 1Co 15,47 s.).

In questo senso la Risurrezione di Cristo si trova al di là della pura dimensione storica, è un evento che appartiene alla sfera meta-storica, e perciò sfugge ai criteri della semplice osservazione empirica umana. É vero che Gesù, dopo la Risurrezione, appare ai suoi discepoli, parla, tratta e persino mangia con loro, invita Tommaso a toccarlo perché si accerti della sua identità: ma questa reale dimensione della sua intera umanità cela l’altra vita, che ormai gli appartiene e che lo sottrae alla “normalità” della vita terrena ordinaria e lo immerge nel “mistero”.

5. Un altro elemento misterioso della Risurrezione di Cristo è costituito dal fatto che il passaggio dalla morte alla vita nuova è avvenuto per l’intervento della potenza del Padre, che “ha risuscitato” (cf. Ac 2,32) Cristo, suo Figlio, e così ha introdotto in modo perfetto la sua umanità - anche il suo corpo - nel consorzio trinitario, sicché Gesù si è rivelato definitivamente “costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito . . . mediante la risurrezione dai morti” (Rm 1,3-4). San Paolo insiste nel presentare la Risurrezione di Cristo come manifestazione della potenza di Dio (cf. Rm 6,4 2Co 13,4 Ph 3,10 Col 2,12 Ep 1,19 s; cf. etiam He 7,16) ad opera dello Spirito che, ridando la vita a Gesù, lo ha collocato nello stato glorioso di Signore (Kyrios) nel quale merita definitivamente, anche come uomo, quel nome di Figlio di Dio che gli appartiene eternamente (cf. Rm 8,11 Rm 9,5 Rm 14,9 Ph 2,9-11 cf. etiam He 1,1-5 He 5,5, etc.).

6. É significativo che molti testi del nuovo testamento mostrino la Risurrezione di Cristo come “risurrezione dai morti”, attuata con la potenza dello Spirito Santo. Ma nello stesso tempo essi ne parlano come di un “risorgere in virtù della propria potenza” (greco: “anéste”), come del resto indica in molte lingue la parola “risurrezione”. Questo senso attivo della parola (sostantivo e verbo) si trova anche nei discorsi prepasquali di Gesù, per esempio negli annunci della Passione, quando dice che il Figlio dell’uomo dovrà molto soffrire, morire, e poi risuscitare (cf. Mc 8,31 Mc 9,9 Mc 9,31 Mc 10,34). Nel Vangelo di Giovanni Gesù afferma esplicitamente: “Io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo . . . Ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo” (Jn 10,17-18). Anche Paolo, nella prima lettera ai Tessalonicesi, scrive: “Noi crediamo . . . che Gesù morì e risuscitò” (1Th 4,14).

Negli Atti degli Apostoli viene spesso proclamato che “Dio ha risuscitato Gesù . . .” (Ac 2,24 Ac 2,32 Ac 3,15 Ac 3,26), ma vi si parla anche in senso attivo della Risurrezione di Gesù (cf. Ac 10,41) e in questa prospettiva vi si riassume la predicazione di Paolo nella sinagoga di Tessalonica, dove “sulla base delle Scritture” egli dimostra che “il Cristo doveva morire e risuscitare dai morti . . .” (Ac 17,3).

Da questo insieme di testi emerge il carattere trinitario della Risurrezione di Cristo, che è “opera comune” del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, e quindi include in sé il mistero stesso di Dio.

7. L’espressione “secondo le Scritture”, che si trova nella prima lettera ai Corinzi (1Co 15,3-4) e nel Simbolo niceno-costantinopolitano, mette in rilievo il carattere escatologico dell’evento della Risurrezione di Cristo, nel quale trovano compimento gli annunci dell’antico testamento. Gesù stesso, secondo Luca, parlando della sua Passione e della sua gloria con i due discepoli di Emmaus, li rimprovera per la tardezza di cuore “nel credere alla parola dei profeti”, e poi, “cominciando da Mosé e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui” (Lc 24,26-27). Lo stesso avvenne nell’ultimo incontro con gli apostoli, ai quali disse: “Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosé, nei Profeti e nei Salmi”. Allora aprì loro la mente alla intelligenza delle Scritture, e disse: “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme . . .” (Lc 24,44-48).

Era l’interpretazione messianica, data da Gesù stesso all’insieme dell’antico testamento e specialmente ai testi che più direttamente riguardavano il mistero pasquale, come quello di Isaia sulle umiliazioni e sull’“esaltazione” del servo del Signore (Is 52, 13-53, 12), e il Salmo 110 [109]. Sulla base di questa interpretazione escatologica di Gesù, che ricollegava il mistero pasquale all’antico testamento e ne proiettava la luce sul futuro (la predicazione a tutte le genti), anche gli apostoli e gli evangelisti parlarono della Risurrezione “secondo le Scritture” e in seguito venne fissata la formula del Credo. Era un’altra dimensione dell’evento come mistero.

Da quanto abbiamo detto risulta chiaramente che la Risurrezione di Cristo è il più grande evento nella storia della salvezza, ed anzi, poiché esso dà senso definitivo al mondo, possiamo dire nella storia dell’umanità. Il mondo intero ruota intorno alla Croce, ma solamente nella Risurrezione la Croce raggiunge il suo pieno significato di evento salvifico. Croce e Risurrezione costituiscono l’unico mistero pasquale, nel quale la storia del mondo ha il suo centro. Perciò la Pasqua è la più grande solennità della Chiesa: essa celebra e rinnova ogni anno questo evento, carico di tutti gli annunci dell’antico testamento, a cominciare dal “Protovangelo” della Redenzione, e di tutte le speranze e le attese escatologiche proiettate verso la “pienezza del tempo”, che si è attuata quando il Regno di Dio è entrato definitivamente nella storia dell’uomo e nell’ordine universale della salvezza.


Ad un gruppo di studentesse giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

DILETTISSIME STUDENTESSE del collegio femminile “Seibo (Madonna)” di Kyoto.

Voi state compiendo i vostri studi nell’antica capitale del Giappone, Kyoto. Ora, usufruendo delle vostre bellissime tradizioni, volete aggiungere nella vostra vita, le cose buone che scoprite in Europa.

Vi affido per questo alle mani della Madonna e vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!


Ad alcuni gruppi italiani

Saluto il gruppo di Farmacisti, appartenenti all’Ordine della Provincia di Salerno, intervenuti a questa Udienza con i loro familiari e con il Vescovo di Nocera Inferiore - Sarno, S. E. Monsignor Gioacchino Illiano. Ad essi e a quanti, memori della Parola e dell’esempio di Gesù, operano per la promozione della salute nella vita dei singoli e delle comunità, va il mio incoraggiamento, con l’Apostolica Benedizione.
* * *


Mi è gradito salutare anche gli Allievi della Scuola Ufficiali del Genio e quelli della Scuola Sottufficiali della Marina Militare, provenienti i primi dalla Cecchignola in Roma e gli altri da San Vito in Taranto. A voi, giovani, e alle vostre famiglie, come pure ai vostri Superiori e ai vostri Insegnanti, va il mio pensiero affettuoso, perché questo tempo della vostra specifica formazione sia già lavoro consapevole e generoso al servizio dell’uomo d’oggi; illuminati dal senso cristiano della vita, date il vostro contributo per rispondere alle inquietanti sfide che pongono i problemi della pacificazione e della giustizia.
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Un saluto particolare rivolgo, ora, agli operatori dello Spettacolo Viaggiante, riuniti in congresso a Roma in questi giorni. Il vostro lavoro vi rende amici dei piccoli e delle famiglie di tante città e paesi. Siate sempre portatori di spettacoli gioiosi e sani, inventori di occasioni di incontro tra le generazioni, promotori di un arricchente scambio umano e culturale, nel rispetto delle diverse realtà sociali che incontrate.
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Il mio saluto, infine, va alle Piccole Sorelle dei Poveri e a tutte le Religiose presenti. Il vostro lavoro al servizio dell’uomo, in ogni età e situazione della vita, sia illuminato e confortato dalla presenza di Cristo, redentore dell’uomo, al quale sono orientati tutti i vostri giorni.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Mi è gradito concludere questa Udienza con una parola di saluto e di esortazione ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli, per manifestare la mia affettuosa attenzione alle loro persone, che si trovano in un momento significativo dell’esistenza.

In esso Dio manifesta in modo particolare la Sua predilezione e voi, sorelle e fratelli carissimi, che - o nell’entusiasmo della giovinezza, o nello stato crocifiggente della sofferenza, o dell’inizio della vita a due nel matrimonio - dovete sentire l’esigenza di rispondere all’iniziativa di Dio vivendo - come del resto ricorda il presente periodo quaresimale - l’amore e l’impegno, la preghiera e la sofferenza nella carità di Dio.

Il Signore ascolti le vostre invocazioni e corrisponda alle vostre aspirazioni facendovi crescere nella pace nuova e nella libertà vera del Redentore.

Di vero cuore a tutti imparto la mia Apostolica Benedizione.


Mercoledì, 8 marzo 1989

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1. Nella lettera di san Paolo ai Corinzi, più volte ricordata nel corso di queste catechesi sulla Risurrezione di Cristo, leggiamo queste parole dell’Apostolo: “Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede” (
1Co 15,14). Evidentemente san Paolo vede nella Risurrezione il fondamento della fede cristiana e quasi la chiave di volta dell’intera costruzione di dottrina e di vita innalzata sulla Rivelazione, in quanto definitiva conferma di tutto l’insieme della verità portata da Cristo. Per questo tutta la predicazione della Chiesa, dai tempi apostolici, attraverso tutti i secoli e tutte le generazioni, fino ad oggi, si appella alla Risurrezione e attinge da essa la forza propulsiva e persuasiva, e il suo vigore. É facile capire il perché.

2. La Risurrezione costituisce prima di tutto la conferma di tutto ciò che Cristo stesso aveva “fatto e insegnato”. Era il sigillo divino posto sulle sue parole e sulla sua vita. Egli stesso aveva indicato ai discepoli e agli avversari questo segno definitivo della sua verità. L’angelo del sepolcro lo ricordò alle donne la mattina del “primo giorno dopo il sabato”: “É risorto come aveva detto” (Mt 28,6). Se questa sua parola e promessa si è rivelata come verità, dunque anche tutte le altre sue parole e promesse possiedono la potenza della verità che non passa, come egli stesso aveva proclamato: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mt 24,35 Mc 13,31 Lc 21,33). Una prova più autorevole, più forte, più decisiva della Risurrezione da morte, nessuno avrebbe potuto immaginarla e pretenderla. Tutte le verità, anche le più impervie alla mente umana, trovano invece la loro giustificazione, anche al foro della ragione, se Cristo risorto ha dato la prova definitiva, da lui promessa, della sua autorità divina.

3. Così la verità della sua stessa divinità è confermata dalla Risurrezione. Gesù aveva detto: “Quando avrete innalzato (sulla Croce) il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono” (Jn 8,28). Coloro che ascoltarono queste parole volevano lapidare Gesù, poiché “Io Sono” era per gli Ebrei l’equivalente del nome ineffabile di Dio. Difatti, chiedendo a Pilato la sua condanna a morte, presentarono come principale accusa quella di essersi “fatto figlio di Dio” (Jn 19,7). Per questa stessa ragione lo avevano condannato nel sinedrio come reo di bestemmia dopo che alla richiesta del sommo sacerdote aveva dichiarato di essere il Cristo, il Figlio di Dio (Mt 26,63-65 Mc 14,62 Lc 22,70): ossia non solo il Messia terreno com’era concepito e atteso dalla tradizione giudaica, ma il Messia-Signore annunciato dal Salmo Ps 110 [109] (cf. Mt 22,41 ss.), il personaggio misterioso intravisto da Daniele (Da 7,13-14). Questa era la grande bestemmia, l’imputazione per la condanna a morte: l’essersi proclamato Figlio di Dio! E ora la sua Risurrezione confermava la veridicità della sua identità divina, e legittimava l’attribuzione fatta a se stesso, prima della Pasqua, del “nome” di Dio: “In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono” (Jn 8,58). Per i Giudei questa era una pretesa passibile di lapidazione (cf. Lv 24,16), e infatti essi “raccolsero pietre per scagliarle contro di lui, ma Gesù si nascose e uscì dal tempio” (Jn 8,59). Ma se allora non avevano potuto lapidarlo, in seguito riuscirono a farlo “innalzare” sulla Croce: la Risurrezione del Crocifisso dimostrava però che egli veramente era Io Sono, il Figlio di Dio.

4. In realtà, Gesù, pur chiamando se stesso Figlio dell’uomo, aveva non solo affermato di essere il vero Figlio di Dio, ma nel Cenacolo, prima della Passione, aveva pregato il Padre di rivelare che il Cristo Figlio dell’uomo era il suo eterno Figlio: “Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te” (Jn 17,1). “. . . Glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse” (Jn 17,5). E il mistero pasquale fu l’esaudimento di questa richiesta, la conferma della figliolanza divina di Cristo, e anzi la sua glorificazione con quella gloria che “aveva presso il Padre prima che il mondo fosse”: la gloria del Figlio di Dio.

5. Nel periodo pre-pasquale Gesù, secondo il Vangelo di Giovanni, aveva alluso più volte a questa gloria futura, che si sarebbe manifestata nella sua morte e Risurrezione. I discepoli compresero il significato di quelle sue parole solo ad evento compiuto.

Così leggiamo che durante la prima pasqua passata a Gerusalemme, dopo aver scacciato dal tempio i mercanti e i cambiavalute, ai Giudei che gli chiedevano un “segno” del potere con cui operava in quel modo, Gesù rispose: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere . . . Ora egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù” (Jn 2,19-22).

Anche la risposta data da Gesù ai messi delle sorelle di Lazzaro, che lo pregavano di venire a visitare il fratello infermo, faceva riferimento agli eventi pasquali: “Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato” (Jn 11,4).

Non era solo la gloria che gli poteva venire dal miracolo, tanto più che esso avrebbe provocato la sua morte (cf. Jn 11,46-54); ma la sua vera glorificazione sarebbe venuta proprio dalla sua elevazione sulla Croce (cf. Jn 12,32). I discepoli compresero bene tutto ciò dopo la Risurrezione.

6. Particolarmente interessante è la dottrina di san Paolo sul valore della Risurrezione come elemento determinante della sua concezione cristologica, legata anche alla sua personale esperienza del Risorto. Così all’inizio della lettera ai Romani egli si presenta: “Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunciare il Vangelo di Dio, che egli aveva promesso per mezzo dei profeti nella Sacra Scrittura, riguardo al Figlio suo nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore” (Rm 1,1-4).

Ciò significa che fin dal primo momento del suo concepimento umano e della nascita (dalla stirpe di Davide), Gesù era l’eterno Figlio di Dio, fattosi Figlio dell’uomo. Ma nella Risurrezione questa divina figliolanza si è manifestata in tutta la pienezza, per la potenza di Dio che con l’opera dello Spirito Santo ha restituito a Gesù la vita (cf. Rm 8,11) e lo ha costituito nello stato glorioso di “Kyrios” (cf. Ph 2,9-11 Rm 14,9 Ac 2,36), sicché Gesù merita a un titolo nuovo, messianico, il riconoscimento, il culto, la gloria del nome eterno di Figlio di Dio (cf. Ac 13,33 He 1,1-5 He 5,5).

7. Paolo aveva esposto questa stessa dottrina nella sinagoga di Antiochia di Pisidia, in giorno di sabato, quando, invitato dai responsabili, prese la parola per annunciare che al culmine dell’economia della salvezza, attuata tra luci e ombre nella storia di Israele, Dio aveva risuscitato dai morti Gesù, che era apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme e questi ora erano i suoi testimoni davanti al popolo. “E noi - concludeva l’Apostolo - vi annunziamo la buona novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l’ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel Salmo secondo: «Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato»” (Ac 13,32-34 cf. Ps 2,7).

Per Paolo vi è una specie di osmosi concettuale tra la gloria della Risurrezione di Cristo e l’eterna figliolanza divina di Cristo, che si rivela, in pienezza, in quella conclusione vittoriosa della sua missione messianica.

8. In questa gloria del “Kyrios” si manifesta quella potenza del Risorto (uomo-Dio), che Paolo ha conosciuto per esperienza al momento della sua conversione sulla via di Damasco, quando anch’egli si sentì chiamato ad essere apostolo (anche se non uno dei dodici), in quanto testimone oculare del Cristo vivente, e ricevette da lui la forza di affrontare tutte le fatiche e di sopportare tutte le sofferenze della propria missione. Lo spirito di Paolo rimase talmente segnato da quella esperienza, che egli nella sua dottrina e nella sua testimonianza antepone l’idea della potenza del Risorto a quella della partecipazione alle sofferenze di Cristo, che pure gli è cara: ciò che si era verificato nella sua esperienza personale, lo proponeva anche ai fedeli come una regola di pensiero e una norma di vita: “Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore . . . al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui . . . perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte, con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti” (Ph 3,8-11). E a questo punto il suo pensiero si rivolge all’esperienza della via di Damasco: “. . . perché anch’io sono stato conquistato da Gesù Cristo” (Ph 3,12).

9. Come appare dai testi riportati, la Risurrezione di Cristo è strettamente connessa col mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio. É il suo compimento, secondo l’eterno disegno di Dio. É anzi il coronamento supremo di quanto Gesù ha manifestato e operato in tutta la sua vita, dalla nascita alla Passione e morte, con le opere, i prodigi, il magistero, l’esempio di una santità perfetta, e soprattutto con la Trasfigurazione. Egli non ha mai rivelato in modo diretto la gloria che aveva presso il Padre “prima che il mondo fosse” (Jn 17,5), ma celava questa gloria nella sua umanità, fino al definitivo spogliamento (cf. Ph 2,7-8) mediante la morte in Croce.

Nella Risurrezione si è rivelato il fatto che “in Cristo abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2,9 cf. Col 1,19). Così la Risurrezione “completa” la manifestazione del contenuto della Incarnazione. Perciò può dirsi che è anche la pienezza della Rivelazione. Essa dunque, come abbiamo detto, sta al centro della fede cristiana e della predicazione della Chiesa.



A un gruppo di studenti di musica giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

SANT’AGOSTINO afferma: “Chi canta prega due volte”. Carissimi studenti di musica di Hiroshima, la città devastata dalla bomba atomica, continuate a cantare sempre per la pace del mondo.

Con questo auspicio vi benedico volentieri.

Sia lodato Gesù Cristo!


Ai numerosi gruppi di lingua italiana

DESIDERO ORA porgere il mio saluto al qualificato gruppo di donne italiane qui presenti insieme col Ministro per gli Affari Sociali del Governo Italiano, Senatrice Rosa Jervolino Russo: sia alle aderenti alla Democrazia Cristiana, sia a quelle che sono impegnate nelle attività sociali e nei vari movimenti di ispirazione cristiana.

Saluto con loro anche il gruppo del Movimento Femminile della Confederazione Nazionale dei Coltivatori Diretti di Pisa.

Vi ringrazio per la visita, in questa Festa Internazionale della Donna.

A voi e per mezzo vostro a tutte le donne rivolgo l’augurio che sempre più si comprenda e si valorizzi il contributo indispensabile della donna nell’edificazione della società e della Chiesa. La presenza attiva delle donne nelle strutture della vita politica e sociale di ogni Paese è certamente un “segno dei tempi”: possa ad essa accompagnarsi l’impegno di tutti per la difesa e la promozione della dignità della donna, della sua uguaglianza, in quanto persona umana, con l’uomo, dei suoi inalienabili diritti. Il riconoscimento della sublime vocazione della donna nella comunità civile ed in quella ecclesiale è una conquista che deve favorire una più larga partecipazione delle donne allo sviluppo del bene comune, affinché sia sempre meglio apprezzato lo specifico carisma femminile e la sua importanza per l’avvento di un mondo nel quale sia pienamente accolta la poliedrica ricchezza dell’essere umano, quale uscì dalle mani di Dio nel mattino della creazione.
* * *


IL MIO PENSIERO va poi al Signor Ministro dei Lavori Pubblici del Governo Italiano, l’Onorevole Enrico Ferri, qui presente con il Presidente dell’Automobil Club di Italia, Avvocato Rosario Alessi, e numerosi componenti dell’Azienda Nazionale Autonoma delle Strade, il Direttore dell’ACI-Soccorso Stradale, il gruppo dei Cantonieri, e, infine, i rappresentanti dei Carabinieri e della Polizia Stradale.

A voi tutti un cordiale saluto e il vivo apprezzamento per il contributo che offrite al buon funzionamento della viabilità pubblica, e per il servizio che svolgete a tutela di tutti gli utenti della strada.

Desidero approfittare di questa circostanza per ribadire il principio morale che vi sta tanto a cuore, e che dovrebbe essere argomento di riflessione per tutti coloro che usano delle strade: il rispetto della vita umana. Esso è simultaneamente istanza di ordine religioso, giacché la vita è dono prezioso di Dio. Proteggere la vita, non esponendola a rischi sconsiderati è un dovere grave, strettamente connesso con la condotta corretta e prudente di quanti adoperano i mezzi moderni di trasporto. Di questa condotta ogni uomo dovrà rispondere anche di fronte a Dio: non solo per le azioni azzardate che mettono a repentaglio la vita propria ed altrui, ma anche per le omissioni che, trascurando le norme di sicurezza stradale, sono vere e proprie condizioni previe per gli incidenti.

Vi esorto pertanto a compiere ogni sforzo perché la coscienza del corretto rapporto tra persone e del rispetto dovuto alla vita si sviluppi sempre di più, a partire dalla educazione dei ragazzi e dei giovani. Fate di tutto perché si consideri opportunamente che gli incidenti mortali non sono soltanto dovuti al caso, ma molto più spesso nascono dalla responsabilità personale. Fate in modo che si sviluppi un comportamento sempre più scrupoloso nel rispetto delle norme della circolazione, che, nel loro insieme, non corrispondono a doveri soltanto giuridici, ma anche e soprattutto morali e religiosi. La violenza deve essere sempre condannata, anche quando si manifesta nella conduzione del mezzo meccanico, trasformato in strumento di distruzione e di morte.
* * *


DESIDERO ANCHE porgere un cordiale saluto ai familiari, qui presenti, degli operatori del soccorso stradale, dei cantonieri, della polizia e dei carabinieri caduti nel compimento del loro dovere.
* * *


UN SALUTO, INFINE, alle Superiore e Direttrici della Federazione Italiana Religiose dell’Assistenza Sociale ed alle Figlie di Maria Ausiliatrice presenti in Roma per un corso di aggiornamento.

A tutti la mia Benedizione Apostolica, estensibile alle persone care.

Ai giovani, agli ammalati, agli sposi novelli

Mi rivolgo ora a voi, giovani, ammalati, e sposi novelli con un cordiale saluto e con un grazie per la vostra presenza.

AI GIOVANI AUGURO di vivere con saggezza questi loro anni preziosi e decisivi. Invito i malati, specialmente in questo scorcio della santa Quaresima, a unire le loro croci alla Croce di Gesù, perché la loro sofferenza sia addolcita, santificata e diventi fonte di incalcolabile merito. Raccomando, infine, agli sposi novelli di fondare il loro reciproco amore sulla stima, sulla fiducia, sul rispetto, facendosi guidare dalla fede in Dio e dalla fiducia nella sua Madre Santissima.

Per tutti invoco il sostegno della grazia divina, e tutti con affetto vi benedico, come benedico quanti a voi sono cari.

Un augurio a tutte le donne è rivolto dal Papa nel corso dell’udienza generale di oggi, mercoledì 8 marzo, giorno in cui si celebra la Festa Internazionale della Donna. Destinatarie dirette dell’augurio sono le componenti di un gruppo di donne italiane impegnate nella vita politica, nelle attività sociali e nei movimenti di ispirazione cristiana, presenti all’udienza con il Ministro per gli Affari Sociali del Governo Italiano, Senatrice Rosa Jervolino Russo. Tramite loro, l’augurio è esteso a tutte le donne.
Queste le parole del Santo Padre.

A voi e per mezzo vostro a tutte le donne rivolgo l’augurio che sempre più si comprenda e si valorizzi il contributo indispensabile della donna nell’edificazione della società e della Chiesa. La presenza attiva delle donne nelle strutture della vita pubblica e sociale di ogni Paese è certamente un “segno dei tempi”: possa ad essa accompagnarsi l’impegno di tutti per la difesa e la promozione della dignità della donna, della sua uguaglianza, in quanto persona umana, con l’uomo, dei suoi inalienabili diritti. Il riconoscimento della sublime vocazione della donna nella comunità civile ed in quella ecclesiale è una conquista che deve favorire una più larga partecipazione delle donne allo sviluppo del bene comune, affinché sia sempre meglio apprezzato lo specifico carisma femminile e la sua importanza per l’avvento di un mondo nel quale sia pienamente accolta la poliedrica ricchezza dell’essere umano, quale uscì dalle mani di Dio nel mattino della creazione.






Catechesi 79-2005 22289