Catechesi 79-2005 50495
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1. Nel progressivo svolgimento delle catechesi sulla Chiesa, siamo partiti dal disegno eterno di Dio, che l'ha voluta Sacramento, punto di confluenza e centro di irradiazione dell'economia della salvezza. Considerati i vari aspetti del mistero della Chiesa, come popolo di Dio, sacramento dell'unione tra l'umanità e Dio, Sposa di Cristo, comunione, comunità sacerdotale, abbiamo precisato in che cosa consistono i ministeri che essa è chiamata a svolgere. In ordine a questi ministeri abbiamo considerato la missione del collegio episcopale nella successione del collegio apostolico; la missione del Papa, successore di Pietro nell'episcopato romano e nel primato sulla Chiesa universale; la missione dei presbiteri e le implicazioni che essa ha nel loro stato di vita - la missione dei diaconi, oggi rivalorizzati come ai primi tempi del cristianesimo e considerati a ragione rinnovato lievito di speranza per l'intero popolo di Dio. E, ancora, abbiamo parlato dei laici, mettendone in luce il valore e la missione sia come "fedeli di Cristo" in generale, sia nelle loro diverse condizioni di vita personale, familiare e sociale. Infine, la nostra attenzione si è concentrata sulla vita consacrata come ricchezza della Chiesa, nelle forme tradizionali e nelle sue molteplici espressioni oggi fiorenti.
Nel corso di tali esposizioni, abbiamo sempre parlato anche della missione della Chiesa e di ogni suo membro. Ma è giunto il momento di trattarne in modo più sistematico, per determinare con maggior chiarezza l'essenza della missione universale della Chiesa, affrontandone nel contempo i problemi connessi.
Avremo così la possibilità di chiarire ulteriormente la portata della "cattolicità" che il Simbolo Niceno-Costantinopolitano attribuisce alla Chiesa quale nota essenziale, collegata a quella della "unità". Su tale via potremo giungere ad affrontare temi di grande attualità e analizzare problemi posti dal crescente impegno per l'ecumenismo.
2. Il Concilio Vaticano II ha ricordato che l'universalità della missione della Chiesa, la quale "si sforza di portare l'annuncio del Vangelo a tutti gli uomini", si basa sull'"ordine specifico" di Cristo e sulle "esigenze più profonde della cattolicità" della Chiesa (Decreto AGD 1).
Gesù affida un preciso mandato agli Apostoli: "Predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15), "ammaestrate tutte le genti" (Mt 28,19), con una predicazione destinata a suscitare "la conversione e il perdono dei peccati" (Lc 24,47). Al momento dell'Ascensione i discepoli limitano ancora la loro speranza al regno di Israele; chiedono infatti al loro Maestro: "Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno d'Israele?" (Ac 1,6). Nella risposta il Salvatore mostra loro chiaramente che questo orizzonte deve essere superato, ed essi stessi devono diventare suoi testimoni non solo a Gerusalemme, ma in tutta la Giudea e la Samaria e "fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8).
Il Redentore non conta semplicemente sulla docilità dei discepoli alla sua parola, ma sulla potenza superiore dello Spirito, che loro promette: "Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi" (Ac 1,8). Significativa al riguardo è la consegna di rimanere a Gerusalemme: i discepoli non potranno uscire dalla città, per una testimonianza universale, se non dopo aver ricevuto la promessa forza divina: "Voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto" (Lc 24,49).
3. L'universalità della missione entra nel cuore dei discepoli con il dono dello Spirito Santo. L'apertura universale non è dunque una caratteristica della Chiesa imposta dal di fuori, ma espressione di una proprietà che appartiene alla sua stessa essenza. La Chiesa è "cattolica", "sacramento universale di salvezza" (Costituzione LG 48) perché in essa, per opera dello Spirito Santo, si anticipa il Regno di Dio.
Prima di riportare la domanda dei discepoli sul ristabilimento del Regno di Israele, l'evangelista Luca racconta come nelle sue apparizioni durante quaranta giorni dopo la risurrezione, Gesù aveva parlato del "Regno di Dio" (Ac 1,3). "Regno di Dio" è Regno universale, che riflette in sé l'essere di Dio infinito, senza i limiti e le divisioni che caratterizzano i regni umani.
4. E presente nell'universalismo cristiano una scaturigine trinitaria. Gesù, come si è visto, ha attribuito alla potenza dello Spirito Santo l'opera degli Apostoli, e quindi della Chiesa, nella evangelizzazione universale. Ha parlato del "Regno del Padre" (Mt 13,43 Mt 26,29) ed ha insegnato a chiedere la venuta di questo Regno: "Padre nostro... venga il tuo Regno" (Mt 6,9-10 cfr. Lc 11,2); ma ha anche detto: "Il Regno mio" (Lc 22,30 Jn 18,36 cfr. Mt 20,21 Lc 23,42), precisando che questo Regno era stato preparato per lui da suo Padre (cfr. Lc 22,30) e non era di questo mondo (cfr. Jn 18,36).
Per i discepoli si trattava di oltrepassare i confini culturali e religiosi entro cui erano abituati a pensare e a vivere, per sentirsi al livello di un Regno di estensione universale. Nel colloquio con la samaritana Gesù sottolinea la necessità di superare i conflitti culturali, nazionali o etnici, storicamente legati a particolari santuari, per stabilire il culto autentico di Dio. "E giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme, adorerete il Padre... E giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori" (Jn 4,21 Jn 4,23).
E volontà del Padre quanto Gesù chiederà ai discepoli: passare dal Regno di Dio sul solo Israele al Regno di Dio su tutte le nazioni. Il Padre ha un cuore universale e stabilisce, mediante il Figlio e nello Spirito, un culto universale.
Come ho detto nell'Enciclica Redemptoris Missio, la Chiesa esce dal cuore universale del Padre, ed è cattolica perché il Padre apre la sua paternità all'intera umanità (cfr. RMi 12).
5. L'universalità dell'eterno disegno del Padre si è manifestata concretamente nell'opera messianica del suo Figlio unigenito fatto uomo, che è all'origine del cristianesimo.
La predicazione di Gesù, secondo il mandato del Padre, era limitata al popolo giudaico, "alle pecore perdute della casa d'Israele": lo dichiara egli stesso (cfr. Mt 15,24). Tale predicazione pero era soltanto un preambolo alla evangelizzazione universale e all'entrata di tutte le nazioni nel Regno, da lui stesso annunciato in armonia col senso profondo delle predicazioni dei profeti: "Ora vi dico che molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel Regno dei cieli" (Mt 8,11). Questa visuale universalistica affiora dalla presentazione che Gesù fece di se stesso come "Figlio dell'uomo", e non solo "Figlio di Davide", essendo anzi lui stesso Signore di Davide (cfr. Mt 22,45 Mc 12,37 Lc 20,44).
Il titolo di "Figlio dell'uomo", nel linguaggio della letteratura apocalittica giudaica ispirata al profeta Daniele (Da 7,13), costituisce un richiamo al personaggio celeste che avrebbe ricevuto da Dio il Regno escatologico. Gesù se ne servi per esprimere il vero carattere del suo messianismo, come missione compiuta al livello di vera umanità, ma trascendente ogni particolarismo etnico, nazionale e religioso.
6. L'universalità che procede dal Padre e dal Figlio incarnato viene definitivamente trasmessa alla Chiesa il giorno della Pentecoste, quando lo Spirito Santo riempie la prima comunità cristiana e la costituisce come universale. Gli Apostoli allora rendono testimonianza a Cristo rivolgendosi a uomini di ogni nazione e questi li comprendono come se parlassero nella lingua nativa di ciascuno (cfr. Ac 2,7-8). Da quel giorno la Chiesa con la "forza dello Spirito Santo", secondo la promessa di Gesù, agisce in maniera incisiva "a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8).
La missione universale della Chiesa, pertanto, non sale dal basso, ma scende dall'alto, dallo Spirito Santo, quasi per la penetrazione in essa dell'universalità dell'amore trinitario. E il mistero trinitario che, attraverso il mistero della redenzione mediante l'influsso dello Spirito Santo, comunica la proprietà dell'universalismo alla Chiesa. Dal mistero della Trinità si perviene così al mistero della Chiesa.
(Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli:] Mi rivolgo infine agli ammalati e agli sposi novelli. Carissimi, in questo ultimo tratto del cammino quaresimale, riviviamo con la mente ed il cuore la Passione del Signore, per trasformare il Getsemani in giardino di vita e di risurrezione.
A questa scuola di verità e di amore, voi, cari giovani, imparate il senso cristiano della vita; voi, cari ammalati, attingete forza dalla sapienza della Croce; e voi, cari sposi novelli, fatevi collaboratori del disegno d'amore di Dio.
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Roma,
Carissimi Fratelli e Sorelle!
1. Siamo nella "Settimana Santa", la settimana centrale dell'Anno Liturgico, che ci prepara immediatamente alla celebrazione della Pasqua. Domani inizierà il "Triduo Sacro", nel quale si commemorano gli eventi fondamentali della fede cristiana: l'istituzione dell'Eucaristia, la Passione e Morte di Gesù in croce, la sua gloriosa Risurrezione.
Vorrei quest'oggi soffermarmi a meditare con voi sul mistero pasquale, che da domani sino a domenica rivivremo in maniera intensa e suggestiva.
2. Il Giovedi Santo si apre con la "Messa crismale" celebrata di norma nella Cattedrale di ogni Diocesi dal Vescovo insieme col suo presbiterio. Nel corso di tale liturgia vengono benedetti l'Olio degli Infermi e quello dei Catecumeni e si consacra il Crisma. Questa Messa, detta appunto "crismale", è la manifestazione solenne della Chiesa locale, che celebra il Signore Gesù, Sacerdote del suo stesso Sacrificio, offerto al Padre come supremo atto di adorazione e di amore filiale.
Ed è pertanto significativo che in così singolare festa del Sacerdozio di Cristo e dei suoi Ministri, i presbiteri rinnovino coralmente, dinanzi al popolo cristiano, gli impegni e le promesse sacerdotali.
Il Giovedi Santo poi ricorda l'"Istituzione dell'Eucaristia". Per questo si commemora con commossa venerazione e con grande partecipazione spirituale l'evento dell'Ultima Cena; si fa memoria del Sacrificio di Gesù sul Calvario, si riscopre la dignità del Sacerdote, che, grazie all'ordinazione sacra, agisce "in persona Christi" quale ministro di salvezza, e si medita infine sul comandamento nuovo dell'amore evangelico e del servizio ai fratelli.
La realtà misteriosa dell'Eucaristia fa entrare i credenti nel "progetto" di Dio Creatore e Redentore: Dio ha voluto che il suo Figlio unigenito si incarnasse e rimanesse per sempre presente tra noi, quale nostro compagno di viaggio nell'arduo cammino verso l'eternità.
Nelle tumultuose vicende del nostro tempo è importante guardare all'Eucaristia: essa deve costituire il cuore dell'esistenza dei Sacerdoti e delle persone consacrate; la luce e la forza dei coniugi nel realizzare i loro impegni di fedeltà, di castità e di apostolato; l'ideale nell'educazione e nella formazione dei bambini, degli adolescenti e dei giovani; il conforto e il sostegno dei tribolati, dei malati e di quanti gemono nel Getsemani della vita. Per tutti deve essere stimolo nel realizzare il testamento della divina carità in umile e gioiosa disponibilità verso i fratelli, come il Signore ha insegnato col suo esempio, lavando i piedi agli Apostoli.
3. Il Venerdi Santo è giorno di dolore e di mestizia, perché fa rivivere la terribile agonia e la morte del Crocifisso, dopo le umiliazioni della condanna e gli oltraggi dei soldati e della folla, dopo la flagellazione, la coronazione di spine e le atroci lacerazioni della crocifissione.
Meditando sul Cristo in croce, il credente penetra nel "trattato del supremo abbandono" e della "infinita rassegnazione". Il lungo, oscuro e tribolato "venerdi santo" della storia trova la sua spiegazione nel "Venerdi Santo" del Verbo divino crocifisso. Con San Paolo possiamo affermare: "Questa vita che vivo nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Ga 2,20).
Guardando a Lui, come non considerare la gravità della condizione umana ribelle a Dio per il peccato? Come non sperimentare la misericordia dell'Altissimo, che perdona e redime mediante il sacrificio espiatorio della Croce, dando così significato autentico alla sofferenza umana? Solo in Cristo, immolato per noi, possiamo trovare conforto e pace, soprattutto nell'ora della prova.
4. Il Sabato Santo è il giorno del grande silenzio: Gesù, morto sulla croce, è stato deposto nel sepolcro.
Con il suo silenzio arcano e trepidante questa vigilia orante prepara la Chiesa alla "Veglia pasquale", madre di tutte le veglie. Nella notte, la Comunità cristiana, rischiarata dalla fiamma del fuoco, si raduna attorno al grande Cero, simbolo del Cristo Risorto, Signore del tempo e della storia. Da esso vengono accesi i ceri dei fedeli e la luce risplende sull'assemblea, mentre risuona l'annuncio della Risurrezione, il "Preconio pasquale" "Exsultet": "Esulti il coro degli Angeli...!".
La solenne Veglia prosegue con le letture dell'Antico e del Nuovo Testamento, che si concludono col grande e gioioso canto dell'"Alleluia!". Segue, quindi, la Liturgia battesimale, con la benedizione del sacro fonte, il canto delle Litanie dei Santi, la rinnovazione delle promesse battesimali, il conferimento del Sacramento del Battesimo e della Cresima ai catecumeni. La Liturgia eucaristica completa i riti suggestivi della Notte straordinaria che introduce alla solennità della Pasqua.
5. Prepariamoci, carissimi Fratelli e Sorelle, a ben celebrare il "Triduo Sacro" che con l'eloquenza delle sue celebrazioni richiama ai fedeli e all'intera umanità il grande prodigio della Morte e Risurrezione di Cristo. Egli è la nostra Pasqua, Egli è la luce e la vita del mondo.
Frastornati ed incerti, gli uomini del nostro tempo anelano, non di rado inconsapevolmente, al Signore. Cristo solo è, infatti, il Redentore che dona la pace. E la Chiesa fa sue le parole dell'Apostolo: "Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo... Chiunque crede in lui non sarà deluso" (Rm 10,9-11).
La storia umana è in continuo movimento; i tempi cambiano, si registrano nuove conquiste e progressi, ma nuovi affanni si affacciano all'orizzonte dell'umanità sempre in cammino. La verità di Cristo, pero, illumina e salva, perdura nel mutare degli eventi. Il Risorto è il Signore della storia.
Carissimi Fratelli e Sorelle! La Pasqua sia per voi e per tutti gli uomini la festa della gioia e della speranza. Il coraggio della fede in Cristo Risorto faccia superare le difficoltà del vivere quotidiano.
Con tali sentimenti, auguro a tutti una Buona Pasqua, in Cristo nostro Signore.
(Segue il saluto agli ammalati, ai giovani e agli sposi novelli]
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1. Erede e continuatrice degli Apostoli, inviati a rendere testimonianza a Cristo e a predicare il Vangelo "fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8), la Chiesa possiede la nota della "cattolicità", dalla quale deriva la sua "missionarietà". Questa seconda caratteristica ha una derivazione "dall'alto", che fa parte del suo mistero. Lo fa notare, nel Decreto Ad Gentes, il Concilio Vaticano II, secondo il quale "la Chiesa che vive nel tempo, per sua natura è missionaria, in quanto è dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva la propria origine" (AGD 2).
Mistero costituito dal disegno divino trinitario che si compie nella Chiesa e si manifesta, sin dal giorno della Pentecoste, come sua proprietà permanente.
2. L'essere essenzialmente "missionaria" non significa soltanto che la Chiesa possiede una missione universale nei confronti dell'intera umanità, ma che, nella sua realtà costitutiva, nella sua anima, e quindi si potrebbe dire nella sua stessa "psicologia", possiede un dinamismo che si dispiega concretamente nella predicazione del Vangelo, nella diffusione della fede e nell'invito alla conversione proclamato "fino agli estremi confini della terra". Questa spinta interiore, intimamente legata alla sua missione, proviene dallo Spirito Santo, e quindi fa parte del suo mistero. Il dinamismo che ne deriva si traduce così in una caratteristica distintiva di tutta la Chiesa. Questa si manifesta in modo concreto ed efficace specialmente in coloro che, a cominciare dagli Apostoli, si recano in regioni lontane dalla loro patria per la causa del Vangelo. Anche se non tutti sono personalmente chiamati ad andare in terra di missione, ognuno nella Chiesa e con la Chiesa ha il compito di propagare la luce del Vangelo secondo la missione salvifica, trasmessa dal Redentore alla Comunità ecclesiale. Tutti sono infatti chiamati a cooperare a questa missione.
3. Dobbiamo insistere nell'approfondimento dell'origine trinitaria di tale dinamismo missionario, a cui fa riferimento il Decreto Ad Gentes (cfr. AGD 2-3 AGD 5).
Dinamismo che scaturisce dalla "fonte d'amore", cioè dalla "carità di Dio Padre", dalla "sua immensa misericordiosa benevolenza". E lui il Dio che ci crea e "gratuitamente ci chiama a partecipare alla sua vita e alla sua gloria". E lui che "effonde la sua bontà" per essere "tutto in tutti" (1Co 15,28). E da quella sua infinita generosità, destinata ad ogni creatura, che proviene come dono dello Spirito Santo il movimento missionario della Chiesa, impegnata a diffondere nel mondo l'annuncio della salvezza.
4. La comunicazione del dinamismo della vita divina è avvenuta prima di tutto nell'Incarnazione del Figlio eterno di Dio, mandato dal Padre a portare agli uomini la rivelazione e la salvezza. La venuta nel mondo del Verbo fatto carne (cfr. Jn 1,14) può essere considerata un "tipo" o "archetipo" - come direbbero i Padri - dell'impulso missionario della Chiesa, che oltrepassando i confini dell'antico Israele estende il Regno dei cieli all'intera umanità. Tale impulso si realizza specialmente nel "salto" dei missionari, che, come gli Apostoli, lasciano le loro patrie terrene per annunciare il divino messaggio a "tutte le nazioni" (Mt 28,19).
Primo missionario, il Figlio Unigenito mandato dal Padre sulla terra per redimere il mondo, invia gli Apostoli a continuare la sua missione (cfr. Jn 20,21). La tipologia missionaria del "Verbo fatto carne" comprende anche lo spogliamento di colui che sussiste in forma di Dio e che assume la forma di servo, divenendo simile agli uomini (cfr. Ph 2,6-7). Il concetto paolino della "kenosi" (exinanivit semetipsum) permette di vedere nell'Incarnazione il primo modello dello spogliamento di coloro che, accogliendo il mandato di Cristo, lasciano tutto per portare la buona novella "fino agli estremi confini della terra".
5. Nell'affermare l'origine trascendente del dinamismo missionario della sua Incarnazione, Gesù ne rivela anche la finalità che consiste nell'aprire a tutti la via del ritorno a Dio. Gesù traccia per primo questa via. Egli lo dichiara: "Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio invece il mondo e vado al Padre" (Jn 16,28). Egli precisa che questo suo "andarsene" ha come scopo la preparazione, "nella casa de! Padre", di un posto per i discepoli, ai quali dice: "Vi prendero con me, affinché siate anche voi dove io sono" (Jn 14,3). Il ritorno di Gesù al Padre si effettua per mezzo di un sacrificio, nel quale egli manifesta il suo amore per gli uomini "sino alla fine" (Jn 13,1).
Egli desidera far partecipare gli uomini alla sua ascesa verso il Padre.
Per attuare questa partecipazione manda i suoi Apostoli, e insieme con loro, la Chiesa intera, che ne prolunga la predicazione e l'azione in tutti i luoghi e in tutti i tempi.
6. Abbiamo sottolineato il fatto che l'attività missionaria di Cristo culmina nell'offerta del sacrificio. Secondo il disegno del Padre, Gesù ha dedicato soltanto un breve periodo della sua esistenza terrena alla predicazione, limitata alle "pecore perdute della casa di Israele" (Mt 15,24), tra le quali, del resto, delimito in un primo tempo anche il ministero dei Dodici (cfr. Mt 10,6). Con il sacrificio della Croce pero, egli raggiunge pienamente lo scopo missionario della sua venuta sulla terra: la salvezza non solo del popolo d'Israele o dei Samaritani, ma anche dei "Greci" (cfr. Jn 12,20-24), anzi dell'intera umanità (cfr. Jn 12,32).
Questo fatto getta luce sull'attività missionaria della Chiesa, che non può non essere segnata da una nota sacrificale, predetta da Gesù: "Un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone" (Mt 10,24); "Sarete odiati da tutti a causa del mio nome" (Mt 10,22).
Si tratta di seguire il divino Maestro sul cammino della croce. E questa la via della Chiesa e la via dei missionari, come ricorda il Concilio: "E necessario che la Chiesa sempre sotto l'influsso dello Spirito di Cristo, segua la stessa strada seguita da Cristo, la strada cioè della povertà, dell'obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso fino alla morte, da cui usci vincitore" (AGD 5).
7. Su questa via della Chiesa e dei missionari, il Cristo non è solo l'iniziatore e il modello perfetto: è anche colui che fornisce l'energia necessaria per camminare, comunicando in ogni tempo alla sua Chiesa lo Spirito Santo. Come leggiamo ancora nel Concilio, per il raggiungimento della salvezza universale "Cristo invio da parte del Padre lo Spirito Santo, perché compisse dal di dentro la sua opera di salvezza e stimolasse la Chiesa a svilupparsi" (AGD 4). Ritorniamo ancora una volta alla fonte trinitaria del dinamismo missionario della Chiesa, che lo Spirito Santo ha acceso nella Pentecoste e continuamente alimenta nei cuori, in quanto Amore del Padre e del Figlio - Ignis, Caritas - che partecipa alla Chiesa il fuoco dell'eterna Carità.
La Pentecoste non fu soltanto un momento di intensa emozione: fu l'inizio di un dinamismo di origine soprannaturale, sviluppatosi poi lungo la storia della Chiesa (cfr. RMi 24). Come nel giorno di Pentecoste, anche ai nostri tempi lo Spirito Santo continua ad essere l'intimo ispiratore dell'entusiasmo missionario e il datore dei doni gerarchici e carismatici (cfr. 1Co 12,4s), che producono l'"unità intima ministeriale della Chiesa" (AGD 4 cfr. LG 4). Questa intima unità dei discepoli di Gesù si traduce nella "comunione fraterna", nell'essere "un cuor solo e un'anima sola" (RMi 26).
8. Lo Spirito Santo illumina ed infiamma di amore divino l'intera persona, operando efficacemente nelle menti e nei cuori. Interviene profondamente nell'azione missionaria della Chiesa, che egli stesso "a volte previene visibilmente, e incessantemente in vari modi accompagna e dirige" (AGD 4). così la Chiesa, "mossa dalla grazia e dalla carità dello Spirito Santo", compie la sua missione rendendo a tutti gli uomini "libera e sicura la possibilità di partecipare pienamente al mistero di Cristo" (AGD 5).
(Ai gruppi giunti da diverse diocesi italiane:] Saluto ora con affetto i pellegrini di lingua italiana. In particolare, il gruppo della parrocchia San Giuseppe di Montefiascone e sono lieto di benedire, al termine dell'Udienza, la statua del loro santo Patrono, il Custode del Redentore. Saluto i professionisti della squadra di ciclismo "Amore & Vita - Galatron", come pure i dilettanti ed i giovanissimi "Mamma e Michela Fanini", venuti insieme ai dirigenti e agli accompagnatori.
Mi rivolgo poi con grande cordialità agli scolastici della Compagnia di Gesù ordinati diaconi proprio ieri ed ai seminaristi del biennio propedeutico del Seminario Arcivescovile di Catania, esortando ciascuno a seguire con intatta fedeltà il divino Maestro nella realizzazione del suo universale disegno di salvezza.
(Ai giovani, agli ammalati e alle coppie di sposi novelli:] Desidero, inoltre, formulare vivissimi voti augurali per la Santa Pasqua agli ammalati, agli sposi novelli ed ai giovani presenti a questa Udienza. Tra i giovani, vorrei ricordare quelli della parrocchia di Castelleone (diocesi di Cremona), i ragazzi e ragazze venuti a Roma da varie parti d'Italia per la "professione di Fede" e i partecipanti al pellegrinaggio della gioventù pallottina, provenienti da Nazioni di diversi continenti. Gesù risorto, apparso a Pietro, ai discepoli ed alle pie donne, sia per voi, cari giovani, il primo ed insostituibile Maestro nella ricerca del senso dell'esistenza e nell'orientamento vocazionale, come lo è stato per San Vincenzo Pallotti, del quale quest'anno celebriamo il bicentenario della nascita. Il Signore, vincitore della morte, rechi conforto e consolazione a voi, cari ammalati, che con le vostre sofferenze prendete parte più intensamente al suo sacrificio pasquale; doni a voi, cari sposi novelli, il gusto e la gioia della vita da accogliere e promuovere sempre come dono del suo infinito amore.
Augurandovi, carissimi, di essere gioiosi ed intrepidi testimoni della Pasqua, di gran cuore tutti vi benedico.
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Roma,
1. La missione universale della Chiesa si svolge nel tempo e si compie lungo la storia dell'umanità. Prima della venuta di Cristo, il periodo della preparazione (cfr. Ga 3,23 He 1,1) e dell'attesa (cfr. Rm 3,26 Ac 17,30) si è concluso con la venuta della "pienezza del tempo", quando il Figlio di Dio si è incarnato per la salvezza dell'uomo (cfr. Ga 4,4). Da questo evento ha avuto inizio un nuovo periodo, che non ci è dato di misurare e che si estende fino alla consumazione della storia.
L'evangelizzazione del mondo è sottoposta dunque anche alle leggi della successione dei secoli e delle generazioni umane. Essa si rivolge ad ogni uomo, ad ogni tempo e ad ogni cultura. L'annuncio evangelico deve pertanto sempre rinnovarsi: deve essere capace di farsi costantemente più completo e profondo, anche nelle regioni e nelle culture di antica evangelizzazione. In definitiva esso deve ricominciare ogni giorno, fino alla venuta dell'"ultimo giorno" (Jn 12,48).
2. L'evangelizzazione va vista nella prospettiva in cui la colloca Cristo stesso: il suo pieno compimento avverrà solo alla fine del mondo: "Questo Vangelo del Regno sarà annunziato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine" (Mt 24,14).
A noi non è dato di "conoscere i tempi e i momenti" (Ac 1,7) stabiliti dal disegno divino circa il compimento dell'opera di evangelizzazione, premessa per l'avvento del Regno di Dio. Nemmeno possiamo conoscere quale grado di profondità debba raggiungere l'opera missionaria perché "venga la fine". Sappiamo solo che l'evangelizzazione è progressiva nella storia, alla quale darà il definitivo significato quando sarà compiuta. Fino a quel momento, c'è un mistero dell'evangelizzazione che compenetra il mistero stesso della storia.
3. Si deve constatare che siamo ancora lontani da una completa evangelizzazione di "tutte le genti" (Mt 24,14 Mt 28,19), e che la grande maggioranza degli uomini non ha ancora aderito al Vangelo né alla Chiesa. Ed allora, come ho scritto nella Redemptoris Missio "l'attività missionaria è solo agli inizi" (RMi 30). Tale conclusione di ordine storico non si oppone alla volontà salvifica universale del Padre celeste di far pervenire, con la luce di Cristo, il dono della redenzione al cuore di ogni uomo mediante la forza dello Spirito Santo. Questo mistero di presenza e di azione salvifica è senza dubbio fondamentale per l'impegno ecclesiale dell'evangelizzazione. In questa prospettiva si deve intendere il mandato di Gesù affidato agli Apostoli, e quindi alla Chiesa di "andare", di "battezzare", di "insegnare", di "predicare il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15), "a tutte le genti" (Mt 28,19 Lc 24,47), "sino alla fine del mondo" (Mt 28,20).
Nella conclusione del Vangelo di Marco leggiamo che gli Apostoli "partirono e predicarono dappertutto mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano" (Mc 16,20). Si potrebbe dire che la missione affidata a loro da Cristo abbia suscitato quasi una sorta di urgenza nell'adempiere il mandato ricevuto di evangelizzare tutte le genti. I primi cristiani condivisero tale spirito e sentirono con forza il bisogno di recare la lieta novella in ogni regione della terra. Dopo duemila anni, lo stesso compito e la stessa responsabilità permangono intatti nella Chiesa. Infatti, ancora oggi viene chiesto ai cristiani di dedicarsi, ciascuno nel suo stato di vita, all'importante opera di evangelizzazione.
4. In una precedente catechesi ho ricordato la domanda che discepoli rivolgono a Cristo al momento dell'Ascensione: "Signore, è questo il tempo in cui ricostruirai il Regno d'Israele?" (Ac 1,6).
Non avevano ancora compreso quale Regno Cristo era venuto ad instaurare.
Il Regno di Dio, che si estende al mondo intero e ad ogni generazione, è la trasformazione spirituale dell'umanità mediante un processo di conversione di cui solo il Padre celeste conosce i tempi. Infatti, ai discepoli, ancora incapaci di comprendere l'opera di Cristo, il Risorto risponde: "Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta" (Ac 1,7).
Il Padre, dunque, ha previsto una successione di tempi e di momenti per il compimento del suo disegno salvifico. A Lui appartengono questi "kairoi", questi istanti di grazia, che scandiscono le tappe della realizzazione del suo Regno. Pur essendo l'Onnipotente, egli ha deciso di operare nella storia con pazienza secondo i ritmi dello sviluppo umano - personale e collettivo -, tenendo conto delle possibilità, delle resistenze, della disponibilità e della libertà dell'uomo.
Tale divina pedagogia deve essere il modello a cui si ispira ogni azione missionaria della Chiesa. Gli evangelizzatori debbono accettare i tempi della evangelizzazione, a volte lenti, a volte anche lentissimi, con pazienza, consapevoli che Dio, al quale appartengono "i tempi e i momenti", guida instancabilmente con sovrana sapienza il corso della storia.
5. I tempi di attesa, come ho già rilevato, possono essere lunghi prima di pervenire al momento favorevole. La Chiesa, pur soffrendo di resistenze, sordità e ritardi, astutamente orchestrati dal "Principe di questo mondo" (Jn 12,31), sa che deve agire con pazienza, nel profondo rispetto di ogni situazione etnica, culturale, psicologica e sociologica. Essa, tuttavia, non potrà mai perdersi d'animo se i suoi sforzi non sono sempre immediatamente coronati da successo; soprattutto non potrà deviare dal compito fondamentale che le è stato affidato, quello di annunciare la Buona Novella a tutte le genti.
Il saper attendere "i tempi e i momenti" di Dio comporta un atteggiamento vigile per poter cogliere, nel variare delle condizioni storiche, le occasioni e le possibilità dell'annuncio evangelico. Lo raccomanda il Concilio, quando ricorda che "tali condizioni dipendono sia dalla Chiesa sia dai popoli, dai gruppi o dagli uomini, a cui la missione è indirizzata. La Chiesa, pur possedendo in forma piena e totale i mezzi atti alla salvezza, né sempre né subito agisce o può agire in maniera completa" (AGD 6). La sua azione "conosce inizi e gradi, anzi, talvolta, dopo un progresso felicemente avviato, deve registrare dolorosamente un regresso, o almeno si viene a trovare in uno stadio di inadeguatezza e di insufficienza" (Ibedem). Anche ciò fa parte del mistero della croce che pervade la storia.
6. E noto che, lungo i secoli, per svariate ragioni siano scomparse intere comunità cristiane. Si tratta della dolorosa eloquenza della storia, la quale ammonisce sulle possibilità di fallimento inerenti all'agire umano. Da ciò non è preservata nemmeno l'opera evangelizzatrice. Ma la storia ci attesta altresi che per grazia di Dio, i regressi, limitati ad alcuni luoghi o ad alcuni tempi, non impediscono lo sviluppo generale dell'evangelizzazione che, secondo la parola di Cristo, si estenderà progressivamente a tutta l'umanità (cfr. Mt 24,14). La Chiesa, infatti, pur tra le vicissitudini, prosegue nella missione evangelizzatrice con lo stesso slancio dei primi secoli ed il Regno di Dio continua a svilupparsi e diffondersi.
7. Anche oggi essa è cosciente delle difficoltà che si presentano sul suo cammino lungo la storia. Essa tuttavia crede vivamente nella potenza dello Spirito Santo che apre i cuori al Vangelo e che la guida nella missione. E lui, infatti, ad attrarre a Cristo ogni uomo, ogni cultura e ogni popolo, rispettandone la libertà e i ritmi, tutti guidando con dolcezza alla Verità. Pertanto, quello che potrebbe apparire agli occhi umani un processo lento e accidentato, è in realtà il modo di agire di Dio. E tale certezza a sostenere e ad irrobustire nei discepoli di Cristo - a cominciare dai pastori e dai missionari - la speranza che il loro lavoro non è vano né andrà perduto. Tale speranza è fondata sulla prospettiva escatologica che sta alla base dell'opera evangelizzatrice della Chiesa, pellegrina sulla terra sino alla fine dei tempi.
(Il Papa ha quindi ricordato la tragedia del Rwanda:]
In questi giorni di letizia pasquale giungono dall'amato continente africano sempre più frequenti e preoccupanti notizie drammatiche.
Un nuovo terribile massacro ha causato tante vittime innocenti nel Rwanda, tra gente già così provata dal genocidio e dalla guerra. Chiedo ai responsabili di fermarsi di fronte al sangue degli innocenti che grida davanti a Dio. Né posso tacere una grave violazione della libertà religiosa, avvenuta con la recente espulsione di un missionario dal Sudan. E giunta notizia che un simile provvedimento per altri tre missionari è stato preso e poi revocato. Queste misure creano un clima di tensione che turba la convivenza e non favorisce il dialogo interreligioso.
In troppi Paesi africani poi le armi continuano ad imporsi, prolungando annosi conflitti che provocano terribili episodi e seminano distruzione e morte.
Vi invito pertanto ad unirvi alla mia preghiera al Signore Resuscitato, affinché illumini la mente e il cuore di tutti i responsabili. Il rispetto dei diritti fondamentali della persona e l'impegno unanime sul cammino della riconciliazione sono condizioni insostituibili per un futuro di speranza e di pace per quei popoli.
(Poi Giovanni Paolo II si è rivolto ai fedeli italiani:]
Porgo il più cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare alle numerose Religiose, tra cui le Operatrici Sanitarie e le aderenti al Movimento dei Focolari, come pure ai Diaconi della diocesi di Como, ai seminaristi di Bolzano-Bressanone ed al gruppo di Laici Betlemiti.
Sono poi particolarmente lieto di accogliere il pellegrinaggio diocesano di Siracusa, guidato dall'Arcivescovo, Mons. Giuseppe Costanzo, per ricambiare la Visita da me compiuta nel novembre scorso, quando mi fu dato di consacrare il Santuario della Madonna delle Lacrime.
Grazie, carissimi, per la squisita ospitalità che allora mi avete afferto! Grazie soprattutto per la vostra corale testimonianza di fede e di convinta adesione ai valori cristiani ed alla spiritualità mariana. Vi esorto a proseguire generosamente su questa strada.
Vi guidi la materna protezione della Beata Vergine delle Lacrime. Ed io volentieri imparto a ciascuno di voi, alle vostre famiglie ed all'intera vostra Arcidiocesi l'Apostolica Benedizione.
(Ai giovani, ai malati e agli sposi novelli:]
Ed ora un pensiero ai giovani, ai malati e agli sposi novelli, ispirato all'apparizione di Cristo ai due "discepoli di Emmaus" (cfr. Lc 24,13-35).
Cari giovani sappiate incontrare Gesù nella preghiera e nella riflessione, e il vostro cuore, come avvenne per i viandanti di Emmaus, arderà per i desideri, gli entusiasmi e le certezze che solo il divino Maestro sa suggerire.
Voi, cari malati guardando alla misteriosa sofferenza del Signore potrete comprendere che anche il dolore contribuisce validamente alla santificazione della Chiesa ed alla salvezza del mondo. E voi, cari sposi novelli, invitate Gesù a restare con voi; Egli si fermerà stabilmente nella vostra casa, e spezzerà con voi e per voi il pane della sapienza, della gioia e dell'amore.
Catechesi 79-2005 50495