Catechesi 79-2005 30299
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Un male di stagione mi ha obbligato a sospendere le attività di questi giorni. Oggi, però, non posso mancare di rivolgere la mia parola a voi che siete venuti per il consueto appuntamento del mercoledì.
Carissimi Fratelli e Sorelle, vi saluto tutti con affetto. Il Signore, che nella festa di ieri abbiamo contemplato come Luce che illumina il cammino di salvezza d'ogni uomo, risplenda nella vita di ciascuno e la ricolmi della sua gioia e della sua pace. Un saluto speciale rivolgo ai Diaconi dell'Arcidiocesi di Milano e a tutti i Sacerdoti, Religiosi e Religiose presenti.
Vorrei poi inviare un cordiale pensiero a quanti stanno maggiormente soffrendo per il freddo, soprattutto ai senza tetto, ai terremotati, agli ammalati, agli anziani e ai bambini. Possa esservi per ciascuno l'aiuto necessario.
Spero che, come dice un noto proverbio, "Quando vien la Candelora, de l'inverno semo fora", e tornino presto belle e calde giornate di sole. A tutti una speciale benedizione.
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1. Sono ancora vive in me le impressioni suscitate dal recente pellegrinaggio in Messico e negli Stati Uniti, sul quale desidero quest'oggi soffermarmi.
Sgorga spontaneo dal mio animo il rendimento di grazie al Signore: nella sua provvidenza, Egli ha voluto che ritornassi in America, a vent'anni esatti dal mio primo viaggio internazionale, per concludere ai piedi della Vergine di Guadalupe l'Assemblea Speciale per l'America del Sinodo dei Vescovi, svoltasi in Vaticano alla fine del 1997. Da questa Assemblea - come è stato per l'Africa e sarà poi anche per l'Asia, l'Oceania e l'Europa - ho raccolto analisi e proposte in un'Esortazione apostolica dal titolo Ecclesia in America, che a Città del Messico ho ufficialmente consegnato ai destinatari.
Desidero oggi ripetere il mio più vivo ringraziamento a coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo pellegrinaggio. Anzitutto sono grato ai Signori Presidenti del Messico e degli Stati Uniti d'America, che con grande cortesia mi hanno offerto il loro benvenuto; agli Arcivescovi di Città del Messico e di Saint Louis e agli altri venerati Fratelli nell'episcopato, che mi hanno accolto con affetto. Ringrazio, inoltre, i sacerdoti, i religiosi e le religiose e gli innumerevoli fratelli e sorelle, che con tanta fede e calore mi hanno accompagnato durante quei giorni di grazia. Abbiamo vissuto insieme l'esperienza toccante di un "incontro con Gesù Cristo vivo, via per la conversione, la comunione e la solidarietà".
2. Ho deposto i frutti del primo Sinodo panamericano della storia ai piedi di Santa Maria di Guadalupe, sotto la cui materna protezione si è sviluppata l'evangelizzazione del Nuovo Mondo. Giustamente Ella viene oggi invocata come la stella della sua nuova evangelizzazione. Per questo ho stabilito che la ricorrenza liturgica a Lei dedicata, il 12 dicembre, sia estesa come festa a tutto il Continente americano.
Sul modello della Vergine Maria, la Chiesa in America ha accolto la Buona Novella del Vangelo e, nell'arco di quasi cinque secoli, ha generato molti popoli alla fede. Ora - come diceva il motto della visita in Messico: "Nasce un Millennio. Riaffermiamo la Fede" - le comunità cristiane del Nord, del Centro, del Sud e dei Caraibi sono chiamate a rinnovarsi nella fede, per sviluppare una solidarietà sempre più forte. Esse sono invitate a collaborare in progetti pastorali coordinati, ognuna apportando le proprie ricchezze spirituali e materiali all'impegno comune.
Questo spirito di cooperazione è indispensabile, naturalmente, anche sul piano civile e necessita perciò di basi etiche condivise, come ho avuto modo di sottolineare nell'incontro con il Corpo Diplomatico in Messico.
3. I cristiani sono "anima" e "luce" del mondo: ho ricordato questa verità all'immensa folla convenuta per la celebrazione eucaristica domenicale nell'Autodromo della Capitale messicana. A tutti, specialmente ai giovani, ho rivolto l'appello contenuto nel Grande Giubileo: convertirsi e seguire Cristo. I messicani hanno risposto con il loro inconfondibile entusiasmo all'invito del Papa, e sui loro volti, nella loro fede ardente, nella loro adesione convinta al Vangelo della vita ho riconosciuto ancora una volta segni consolatori di speranza per il grande Continente americano.
Ho toccato con mano questi segni anche nell'incontro con il mondo della sofferenza, là dove l'amore e la solidarietà umana sanno rendere presente nella debolezza la forza e la sollecitudine di Cristo risorto.
A Città del Messico, lo Stadio Azteca, famoso per memorabili gare sportive, è stato sede di uno straordinario momento di preghiera e di festa con i rappresentanti di tutte le generazioni del secolo ventesimo, dai più anziani ai più giovani: una meravigliosa testimonianza di come la fede riesca ad unire le generazioni e sappia rispondere alle sfide di ogni stagione della vita.
In questo passaggio di secolo e di millennio, la Chiesa, in America e nel mondo intero, vede nei giovani cristiani il frutto più bello e promettente del suo lavoro e delle sue sofferenze. Grande è la mia gioia per aver incontrato, sia nel Messico che negli Stati Uniti, un gran numero di giovani. Con la loro partecipazione ricca di entusiasmo ed insieme attenta e trepida, con i loro applausi nei passaggi del discorso in cui presentavo gli aspetti più esigenti della proposta cristiana, essi hanno dimostrato di voler essere i protagonisti di una nuova stagione di coraggiosa testimonianza, di fattiva solidarietà, di generoso impegno a servizio del Vangelo.
4. Mi piace aggiungere che ho trovato i cattolici americani molto attenti ed impegnati nella difesa della vita e della famiglia, valori inseparabili che costituiscono una grande sfida per il presente ed il futuro dell'umanità. Questo mio viaggio ha costituito, in un certo senso, un grande appello all'America, perché accolga il Vangelo della vita e della famiglia; perché ripudi e combatta qualsiasi forma di violenza contro la persona umana, dal suo concepimento fino alla morte naturale, con coerenza intellettuale e morale. No all'aborto ed all'eutanasia; basta con il non necessario ricorso alla pena di morte; no al razzismo come ai soprusi sui bambini, sulle donne e sugli indigeni; si metta fine alle speculazioni sulle armi e sulla droga ed alla distruzione del patrimonio ambientale!
Per vincere queste battaglie occorre diffondere la cultura della vita, che tiene unite libertà e verità. La Chiesa opera quotidianamente per questo annunciando Cristo, verità su Dio e verità sull'uomo. Opera anzitutto nelle famiglie, che costituiscono i santuari della vita e le fondamentali scuole della cultura della vita: nella famiglia, infatti, la libertà impara a crescere su solide basi morali e, in fondo, sulla legge di Dio. L'America potrà svolgere il suo importante ruolo nella Chiesa e nel mondo solo se difenderà e promuoverà l'immenso patrimonio spirituale e sociale delle sue famiglie.
5. Messico e Stati Uniti, due grandi Paesi che ben rappresentano la multiforme ricchezza del Continente americano, come pure le sue contraddizioni. Profondamente inserita nel tessuto culturale e sociale, la Chiesa invita tutti ad incontrare Gesù Cristo, che continua ad essere anche oggi "via per la conversione, la comunione e la solidarietà".
Questo incontro, col materno intervento di Santa Maria di Guadalupe, ha segnato in maniera indelebile la storia dell'America. Affido all'intercessione della Patrona di quell'amato Continente l'auspicio che l'incontro con Cristo continui ad illuminare i popoli del Nuovo Mondo nel millennio che sta per iniziare.
Traduzione italiana del saluto in lingua slovena
Saluto i pellegrini della parrocchia di Šentvid v Podjuni na Koroškem in Austria, venuti con il Parroco per consolidare la loro fede presso le tombe dei santi Apostoli Pietro e Paolo, nonché professare la fedeltà al Successore di san Pietro. Affinché possiate essere perseveranti nella fede e zelanti nella vita, vi imparto la Benedizione Apostolica.
Traduzione italiana del saluto in lingua lituana
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini dalla Lituania, in particolare ai componenti del coro “Vilnelè” e ai loro accompagnatori. Carissimi, vi auguro che questo vostro pellegrinaggio nella città dei santi Pietro e Paolo abbia per ciascuno il significato dell’itinerario spirituale, sia l’immagine dell’ulteriore e costante ricerca di Dio.
Mentre vi affido alla materna protezione di Maria Santissima, imparto con affetto a tutti voi, ai vostri familiari e all’intero popolo lituano la mia Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!
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Saluto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i partecipanti al Corso per futuri Postulatori e Collaboratori delle Cause dei Santi; come pure i sacerdoti italiani ordinati lo scorso anno, venuti per il convegno della FACI, e quelli impegnati negli Esercizi Spirituali organizzati dai Legionari di Cristo.
Sono lieto, poi, di accogliere i soci del Lions Club del Distretto di Lodi e i rappresentanti del Centro Internazionale di Studi e Documentazione Pio XI, che ringrazio per i cortesi omaggi.
Volentieri benedico la prima pietra per il nuovo Oratorio della parrocchia di San Mauro in Campofiorenzo di Casatenovo, diocesi di Milano, e incoraggio i volontari della Croce Rossa Italiana della Regione Campania a proseguire con generosità il loro servizio alle persone sofferenti.
Mi rivolgo, infine, ai giovani - in particolare ai ragazzi dell'Azione Cattolica di Massa Carrara-Pontremoli, accompagnati dal Vescovo, Mons. Eugenio Binini -, ed inoltre ai malati ed agli sposi novelli. Carissimi, domani celebreremo la festa della Beata Vergine di Lourdes, settima Giornata Mondiale del Malato.
Maria Immacolata vi aiuti, cari giovani, a conservarvi sempre fedeli nell'impegno di seguire Cristo; rivolga il suo sguardo pieno di amore e di tenerezza su voi, cari malati, e vi sostenga nel portare con serenità la vostra croce, in unione a quella di Cristo; illumini voi, cari sposi novelli, nel cammino familiare che avete da poco iniziato, e lo renda ricco di bene e aperto alla vita, dono del Signore.
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1. Inizia quest'oggi, con l'austera cerimonia dell'imposizione delle ceneri, l'itinerario penitenziale della Quaresima. Quest'anno esso è particolarmente contrassegnato dal richiamo alla misericordia divina: siamo, infatti, nell'Anno del Padre, che immediatamente ci prepara al Grande Giubileo del Duemila.
«Padre, ho peccato contro di te . . . » (Lc 15,18). Queste parole, nel periodo di Quaresima, suscitano singolare emozione, essendo questo un tempo in cui la Comunità ecclesiale è invitata a profonda conversione. Se è vero che il peccato chiude l'uomo a Dio, al contrario, la sincera confessione dei peccati ne riapre la coscienza all'azione rigeneratrice della sua grazia. In effetti, l'uomo non ritrova l'amicizia con Dio fino a quando non sgorgano dalle sue labbra e dal suo cuore le parole: «Padre, ho peccato». Il suo sforzo viene allora reso efficace dall'incontro di salvezza che avviene grazie alla morte ed alla risurrezione di Cristo. E' nel mistero pasquale, cuore della Chiesa, che il penitente riceve in dono il perdono delle colpe e la gioia della rinascita alla vita immortale.
2. Alla luce di questa straordinaria realtà spirituale, acquista un'immediata eloquenza la parabola del figliol prodigo, con la quale Gesù ha voluto parlarci della tenera misericordia del Padre celeste. Sono tre i momenti chiave nella storia di questo giovane, col quale ciascuno di noi, in un certo senso, si identifica quando cede alla tentazione e cade nel peccato.
Il primo momento: l'allontanamento. Ci allontaniamo da Dio, come quel figlio da suo padre quando, dimenticando che i beni ed i talenti che possediamo ci sono dati da Dio come un compito, li sperperiamo con grande leggerezza. Il peccato è sempre uno sperpero della nostra umanità, sperpero di valori quanto mai preziosi, quali la dignità della persona e l'eredità della grazia divina.
Il secondo momento è il processo di conversione. L'uomo, che con il peccato volontariamente si è allontanato dalla casa paterna, riscontrando quanto ha perso, matura il passo decisivo del ritorno in se stesso: «Mi leverò e andrò da mio padre» (Lc 15,18). La certezza che Dio "è buono e mi ama" è più forte della vergogna e dello scoraggiamento: illumina con una luce nuova il senso della colpa e della propria indegnità.
Infine, il terzo momento: il ritorno. Per il padre una cosa è importante: il figlio è stato ritrovato. L'abbraccio tra lui ed il figlio prodigo diviene la festa del perdono e della gioia. Commovente è questa scena evangelica, che manifesta in ogni dettaglio l'attitudine del Padre del Cielo, "ricco di misericordia" (cfr Ep 2,4).
3. Quanti uomini d'ogni tempo hanno riconosciuto in questa parabola i tratti fondamentali della loro storia personale! Il cammino che, dopo l'amara esperienza del peccato, riconduce alla casa del Padre passa attraverso l'esame di coscienza, il pentimento ed il fermo proposito di conversione. E' un processo interiore che cambia il modo di valutare la realtà, fa toccare con mano la propria fragilità e spinge il credente ad abbandonarsi fra le braccia di Dio. Quando l'uomo, sostenuto dalla grazia, percorre all'interno del suo spirito queste tappe, nasce in lui il bisogno vivo di ritrovare se stesso e la propria dignità di figlio nell'abbraccio del Padre.
Questa parabola, tanto cara alla tradizione della Chiesa, descrive così, in modo semplice e profondo, la realtà della conversione, offrendo la più concreta espressione dell'opera della misericordia divina nel mondo umano. L'amore misericordioso di Dio "rivaluta, promuove e trae il bene da tutte le forme di male esistenti nel mondo e nell'uomo . . . costituisce il contenuto fondamentale del messaggio messianico di Cristo e la forza costitutiva della sua missione" (cfr Dives in misericordia DM 6).
4. All'inizio della Quaresima è importante preparare il nostro spirito a ricevere in abbondanza il dono della divina misericordia. La parola di Dio ci ammonisce a convertirci ed a credere al Vangelo, e la Chiesa ci indica nella preghiera, nella penitenza e nel digiuno, come nel generoso aiuto ai fratelli i mezzi, attraverso i quali possiamo entrare nel clima dell'autentico rinnovamento interiore e comunitario. Ci è dato, in tal modo, di sperimentare la sovrabbondanza dell'amore del Padre celeste, donato in pienezza all'intera umanità nel mistero pasquale. Potremmo dire che la Quaresima è il tempo di una particolare sollecitudine di Dio nel perdonare e rimettere i nostri peccati: è il tempo della riconciliazione. Per questo essa è periodo quanto mai propizio per accostarci con frutto al sacramento della Penitenza.
Fratelli e Sorelle carissimi, consapevoli che la nostra riconciliazione con Dio si attua grazie ad un'autentica conversione, percorriamo il pellegrinaggio quaresimale con lo sguardo fisso su Cristo, nostro unico Redentore.
La Quaresima ci aiuterà a rientrare in noi stessi, ad abbandonare con coraggio quanto ci impedisce di seguire fedelmente il Vangelo. Contempliamo, specialmente in questi giorni, l'icona dell'abbraccio fra il Padre ed il figlio tornato alla casa paterna, che ben simboleggia il tema di quest'anno introduttivo al Grande Giubileo dell'Anno Duemila. L'abbraccio della riconciliazione fra il Padre e l'intera umanità peccatrice è avvenuto sul Calvario. Il Crocifisso, segno dell'amore di Cristo che si è immolato per la nostra salvezza, susciti nel cuore di ogni uomo e di ogni donna del nostro tempo quella stessa fiducia che animò il figliol prodigo a dire: «Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato!». Egli ricevette in dono il perdono e la gioia.
Traduzione italiana del saluto in lingua neerlandese
Un cordiale saluto a tutti i pellegrini belgi e neerlandesi!
Auguro che il vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli vi rinnovi interiormente, in particolare durante il periodo di Quaresima, che inizia oggi con il mercoledì delle Ceneri.
Di cuore imparto la Benedizione Apostolica.
Sia lodato Gesù Cristo!
Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca
Cordialmente saluto i pellegrini slovacchi da Banovce nad Bebravou e dintorni.
Con il Mercoledì delle Ceneri inizia il tempo di Quaresima. Auspico che questi giorni di preparazione alla Pasqua, accrescano il fervore spirituale ed il generoso impegno di testimonianza cristiana nella vostra Patria. Di cuore benedico voi, i vostri cari e tutta la Slovacchia.
Sia lodato Gesù Cristo!
Traduzione italiana del saluto in lingua romena
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini provenienti da Fagaras si Brasov, in Romania.
Carissimi, vi ringrazio di cuore per la vostra gradita visita, e mentre auspico che il tempo quaresimale, che stiamo per iniziare, valga a confermare la vostra fede e il vostro generoso impegno di testimonianza evangelica, volentieri benedico voi e le vostre famiglie.
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Rivolgo un cordiale saluto a tutti i pellegrini italiani presenti, ed a ciascuno assicuro il mio ricordo nella preghiera, all'inizio di questo tempo quaresimale.
Abbraccio con affetto, in modo speciale, i giovani, i malati e gli sposi novelli.
Cari giovani, vi esorto a vivere la Quaresima con un autentico spirito penitenziale, come un ritorno alla casa del Padre, che tutti attende a braccia aperte. Cari malati, vi incoraggio ad offrire le vostre sofferenze insieme con Cristo per la conversione di quanti ancora si trovano lontano da Dio ed auguro a voi, cari sposi novelli, di costruire con coraggio e generosità la vostra famiglia sulla salda roccia dell'amore divino.
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1. “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo” (Ep 1,3). Queste parole di Paolo ben ci introducono nella grande novità della conoscenza del Padre quale emerge dal Nuovo Testamento. Qui Dio appare nel suo volto trinitario. La sua paternità non si limita più ad indicare il rapporto con le creature, ma esprime la relazione fondamentale che caratterizza la sua vita intima; non è più un tratto generico di Dio, ma proprietà della prima Persona in Dio. Nel suo mistero trinitario, infatti, Dio è padre per essenza, padre da sempre, in quanto dall’eterno genera il Verbo a lui consustanziale e a lui unito nello Spirito Santo “che procede dal Padre e dal Figlio”. Con la sua incarnazione redentrice, il Verbo si fa solidale con noi proprio per introdurci a questa vita filiale che egli possiede dall’eternità. “A quanti l’hanno accolto - dice l’evangelista Giovanni - ha dato potere di diventare figli di Dio” (Jn 1,12).
2. Alla base di questa specifica rivelazione del Padre c’è l’esperienza di Gesù. Dalle sue parole e dai suoi atteggiamenti traspare che Egli sperimenta il rapporto col Padre in una maniera del tutto singolare. Nei Vangeli possiamo constatare come Gesù abbia differenziato “la sua filiazione da quella dei suoi discepoli non dicendo mai ‘Padre nostro’ tranne che per comandar loro: ‘Voi dunque pregate così: Padre nostro’ (Mt 6,9); e ha sottolineato tale distinzione: ‘Padre mio e Padre vostro’ (Jn 20,17)” (CEC 443).
Fin da piccolo, a Maria e a Giuseppe che lo stavano cercando con angoscia, risponde: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,48). Ai Giudei che continuavano a perseguitarlo perché aveva operato di sabato una guarigione miracolosa, egli risponde: “Il Padre mio opera sempre e anch’io opero” (Jn 5,17). Sulla croce invoca il Padre perché perdoni i suoi carnefici e accolga il suo spirito (Jn 23,34 Jn 23,46). La distinzione tra il modo con cui Gesù percepisce la paternità di Dio nei suoi confronti e quella che riguarda tutti gli altri esseri umani, è radicata nella sua coscienza e viene da lui ribadita con le parole che rivolge a Maria di Magdala dopo la risurrezione: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro” (Jn 20,17).
3. Il rapporto di Gesù con il Padre è unico. Egli sa di essere esaudito sempre, sa che il Padre manifesta attraverso di Lui la sua gloria, anche quando gli uomini possono dubitarne ed hanno bisogno di esserne da Lui stesso convinti. Constatiamo tutto questo nell'episodio della risurrezione di Lazzaro: “Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: ‘Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato'” (Jn 11,41). In forza di questa singolare intesa, Gesù può presentarsi come il rivelatore del Padre, con una conoscenza che è frutto di un'intima e misteriosa reciprocità, com'egli sottolinea nell'inno di giubilo: “Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11,27) (cfr CEC 240). Da parte sua, il Padre manifesta questo rapporto singolare che il Figlio intrattiene con Lui chiamandolo il suo “prediletto”: così al battesimo nel Giordano (cfr Mc 1,11) e nella Trasfigurazione (cfr Mc 9,7). Gesù è anche adombrato come figlio in senso speciale nella parabola dei cattivi vignaioli che maltrattano prima i due servi e poi il “figlio prediletto” del padrone, inviati a riscuotere i frutti della vigna (cfr Mc 12,1-11, spec. v. 6).
4. Il Vangelo di Marco ci ha conservato il termine aramaico “Abbà” (cfr Mc 14,36), con cui Gesù, nell’ora dolorosa del Getsemani, ha invocato il Padre, pregandolo di allontanare da lui il calice della passione. Il Vangelo di Matteo ce ne ha riportato nello stesso episodio la traduzione “Padre mio” (cfr Mt 26,39 cfr Mt 26,42) mentre Luca ha semplicemente “Padre” (cfr Lc 22,42). Il termine aramaico, che potremmo tradurre nelle lingue moderne con “papà”, “babbo caro”, esprime la tenerezza affettuosa di un figlio. Gesù lo usa in maniera originale per rivolgersi a Dio e per indicare, nella piena maturità della sua vita che sta per concludersi sulla croce, lo stretto rapporto che anche in quell’ora drammatica lo lega al Padre suo. “Abbà” indica la straordinaria vicinanza tra Gesù e Dio Padre, un’intimità senza precedenti nel contesto religioso biblico o extra-biblico. In forza della morte e risurrezione di Gesù, Figlio unico di questo Padre, anche noi, al dire di san Paolo, siamo elevati alla dignità di figli e possediamo lo Spirito Santo che ci spinge a gridare “Abbà, Padre!” (cfr Rm 8,15 Ga 4,6). Questa semplice espressione del linguaggio infantile, in uso quotidiano nell'ambiente di Gesù e presso tutti i popoli, ha assunto così un significato dottrinale di profonda rilevanza, per esprimere la singolare paternità divina nei riguardi di Gesù e dei suoi discepoli.
5. Nonostante si sentisse unito al Padre in modo così intimo, Gesù ha dichiarato di ignorare l'ora dell'avvento finale e decisivo del Regno: “Quanto a quel giorno e a quell'ora, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre” (Mt 24,36). Questo aspetto ci mostra Gesù nella condizione di abbassamento propria dell'Incarnazione, che nasconde alla sua umanità il termine escatologico del mondo. In tal modo Gesù disillude i calcoli umani per invitarci alla vigilanza e alla fiducia nel provvido intervento del Padre. D’altra parte, nella prospettiva dei vangeli, l'intimità e l’assolutezza del suo essere “figlio” non vengono minimamente pregiudicate da questa non conoscenza. Al contrario, proprio l'essersi fatto tanto solidale con noi, lo rende decisivo per noi davanti al Padre: “Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli” (Mt 10,32).
Riconoscere Gesù davanti agli uomini è indispensabile per poter essere riconosciuti da lui davanti al Padre. In altri termini, la nostra relazione filiale con il Padre celeste dipende dalla nostra coraggiosa fedeltà verso Gesù, Figlio prediletto.
Je salue cordialement les pèlerins francophones présents ce matin, particulièrement les Petites Soeurs de Jésus du Père de Foucauld en année de renouveau, ainsi que les séminaristes du Puy. Je leur souhaite de se préparer avec une ardeur renouvelée aux célébrations des fêtes pascales. À tous, je donne de grand coeur la Bénédiction apostolique.
Traduzione italiana del saluto in lingua croata
Saluto cordialmente i fedeli della Parrocchia della Santissima Trinità in Precko a Zagreb. Benvenuti!
Carissimi, con l’auspicio che la fede, che vi ha portati qui, cresca e porti abbondanti frutti, imparto la Benedizione Apostolica a ciascuno di voi, alle vostre famiglie e all’intera Comunità parrocchiale.
Siano lodati Gesù e Maria!
Traduzione italiana del saluto in lingua ceca
Un cordiale benvenuto ai ragazzi del Coro della Parrocchia di Zidlochovice.
Domenica scorsa ci sono state proposte le parole del Vangelo di Matteo: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo!” (Mt 17,1-9). Obbedendo a Gesù diveniamo partecipi della vera Trasfigurazione, quella eterna.
Vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.
Sia lodato Gesù Cristo!
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Rivolgo ora un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, ai fedeli dell'Arcidiocesi di Bari-Bitonto, guidati dall'Arcivescovo Monsignor Andrea Mariano Magrassi, qui convenuti per ricordare il quindicesimo anniversario della mia visita alla loro Comunità diocesana. Carissimi, vi ringrazio per la vostra presenza così numerosa e vi assicuro la mia preghiera perché si rafforzi in voi il fermo desiderio di annunciare a tutti Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo.
Saluto, inoltre, il pellegrinaggio dell'Azione Cattolica della Diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo, con il Vescovo Monsignor Luca Brandolini. Cari fratelli e sorelle, mentre vi esprimo apprezzamento per questa iniziativa in preparazione al Grande Giubileo dell'Anno Duemila, auspico di cuore che essa valga a rafforzare il vostro impegno di testimonianza cristiana nella società.
Saluto, poi, il personale del Centro Alti Studi della Difesa, gli ingegneri e gli architetti dei Vigili del fuoco, i membri dell'Associazione Cuochi Baresi e quelli dell'Associazione Memoria, come pure il Consiglio Nazionale della Federazione Maestri del Lavoro d'Italia.
Rivolgo, altresì, un affettuoso pensiero ai bambini della Regione di Chernobyl, ospiti a Forlimpopoli, e domando al Signore di proteggere voi, cari ragazzi, e quanti generosamente vi ospitano.
Cordiale come sempre, infine, è il mio saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. In particolare, ai numerosi gruppi di studenti e di ragazzi, molti fra i quali sono venuti a Roma per fare la loro professione di fede in Cristo, in occasione della prima comunione o della cresima.
Cari ragazzi e ragazze, preparatevi ad affrontare le importanti tappe della vita con impegno spirituale, edificando ogni vostro progetto sulle solide basi della fedeltà a Dio in tutte le circostanze.
Cari malati, siate sempre consapevoli che contribuite in modo misterioso alla costruzione del Regno di Dio, offrendo generosamente le vostre sofferenze al Padre celeste in unione a quelle di Cristo.
E voi, cari sposi novelli, sappiate quotidianamente edificare la vostra famiglia nell'ascolto di Dio, nel fedele reciproco amore e nell'accoglienza dei più bisognosi, seguendo l'esempio della Santa Famiglia di Nazaret.
A tutti la mia affettuosa benedizione.
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1. Come abbiamo visto nella precedente catechesi, con le sue parole e le sue opere Gesù intrattiene con “suo” Padre un rapporto del tutto speciale. Il vangelo di Giovanni sottolinea che quanto egli comunica agli uomini è frutto di questa unione intima e singolare: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Jn 10,30). E ancora: “Tutto quello che il Padre possiede è mio” (Jn 16,15). Esiste una reciprocità tra il Padre e il Figlio, in quello che conoscono di se stessi (cfr Jn 10,15), in quello che sono (cfr Jn 14,10), in quello che fanno (cfr Jn 5,19 Jn 10,38) e in quello che possiedono: “Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie” (Jn 17,10). È uno scambio reciproco che trova la sua espressione piena nella gloria che Gesù consegue dal Padre nel mistero supremo della morte e della risurrezione, dopo averla egli stesso procurata al Padre durante la vita terrena: “Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te . . . Io ti ho glorificato sopra la terra . . . E ora, Padre, glorificami davanti a te” (Jn 17,1 Jn 17, ).
Questa unione essenziale con il Padre non solo accompagna l’attività di Gesù, ma qualifica tutto il suo essere. “L’Incarnazione del Figlio di Dio rivela che Dio è il Padre eterno e che il Figlio è consustanziale al Padre, cioè che in lui e con lui è lo stesso unico Dio” (CEC 262). L'evangelista Giovanni mette in evidenza che proprio a questa pretesa divina reagiscono i capi religiosi del popolo, non tollerando che egli chiami Dio suo Padre e si faccia quindi uguale a Dio (Jn 5,18 cfr Jn 10,33 Jn 19,7).
2. In forza di questa consonanza nell’essere e nell’agire, sia con le parole che con le opere Gesù rivela il Padre: “Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Jn 1,18). La “predilezione” di cui Cristo gode è proclamata nel suo battesimo secondo la narrazione dei Vangeli sinottici (cfr Mc 1,11 Mt 3,17 Lc 3,22). Essa è ricondotta dall’evangelista Giovanni alla sua radice trinitaria, ossia alla misteriosa esistenza del Verbo “presso” il Padre (Jn 1,1), che nell’eternità lo ha generato.
Partendo dal Figlio, la riflessione del Nuovo Testamento, e poi la teologia in essa radicata, hanno approfondito il mistero della “paternità” di Dio. Il Padre è colui che nella vita trinitaria costituisce il principio assoluto, colui che non ha origine e dal quale scaturisce la vita divina. L’unità delle tre persone è condivisione dell’unica essenza divina, ma nel dinamismo di reciproche relazioni che hanno nel Padre la sorgente e il fondamento. “È il Padre che genera, il Figlio che è generato, lo Spirito Santo che procede” (Concilio Lateranense IV: DS 804).
3. Di questo mistero che sorpassa infinitamente la nostra intelligenza, l’apostolo Giovanni ci offre una chiave, quando nella prima lettera proclama: “Dio è amore” (1Jn 4,8). Questo vertice della rivelazione indica che Dio è agape, ossia dono gratuito e totale di sé, di cui Cristo ci ha dato testimonianza specialmente con la sua morte in croce. Nel sacrificio di Cristo, si rivela l’infinito amore del Padre per il mondo (cfr Jn 3,16 Rm 5,8). La capacità di amare infinitamente, donandosi senza riserve e senza misura, è propria di Dio. In forza di questo suo essere Amore, Egli, prima ancora della libera creazione del mondo, è Padre nella stessa vita divina: Padre amante che genera il Figlio amato e dà origine con lui allo Spirito Santo, la Persona-Amore, reciproco vincolo di comunione.
Su questa base la fede cristiana comprende l'uguaglianza delle tre persone divine: il Figlio e lo Spirito sono uguali al Padre non come principi autonomi, quasi fossero tre dèi, ma in quanto ricevono dal Padre tutta la vita divina, distinguendosi da lui e reciprocamente solo nella diversità delle relazioni (cfr CEC 254).
Mistero grande, mistero di amore, mistero ineffabile, di fronte al quale la parola deve lasciare il posto al silenzio dello stupore e dell’adorazione. Mistero divino che ci interpella e ci coinvolge, perché la partecipazione alla vita trinitaria ci è stata offerta per grazia, attraverso l’incarnazione redentrice del Verbo e il dono dello Spirito Santo: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Jn 14,23).
4. La reciprocità tra il Padre e il Figlio, diventa così per noi credenti principio di vita nuova, che ci consente di partecipare alla stessa pienezza della vita divina: “Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio” (1Jn 4,15). Il dinamismo della vita trinitaria viene vissuto dalle creature, in modo tale che tutto converge verso il Padre, mediante Gesù Cristo, nello Spirito Santo. È quanto sottolinea il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Tutta la vita cristiana è comunione con ognuna delle Persone divine, senza in alcun modo separarle. Chi rende gloria al Padre lo fa per il Figlio nello Spirito Santo” (CEC 259).
Il Figlio è divenuto “primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29); attraverso la sua morte il Padre ci ha rigenerati (1P 1,3 cfr Rm 8,32 Ep 1,3), sicché nello Spirito Santo possiamo invocarlo con lo stesso termine usato da Gesù: Abbà (Rm 8,15 Ga 4,6). San Paolo illustra ulteriormente questo mistero, dicendo che “il Padre ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto” (Col 1,12-13). E l’Apocalisse così descrive la sorte escatologica di colui che lotta e vince con Cristo la potenza del male: “Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono” (Ap 3,21). Questa promessa di Cristo ci apre una prospettiva meravigliosa di partecipazione alla sua intimità celeste con il Padre.
Traduzione italiana del saluto in lingua croata
Saluto di cuore i vari gruppi di pellegrini croati provenienti da Zagabria e da altre località.
Carissimi, il vostro pellegrinaggio a Roma nel contesto di questo tempo di Quaresima vi aiuti a riscoprire quell’ “intimo e vitale legame dell’uomo con Dio” (Gaudium et spes GS 19), che ci ha creati e ci ha redenti in Cristo per amore.
Imparto volentieri la Benedizione Apostolica a voi ed ai vostri familiari.
Siano lodati Gesù e Maria!
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Nel rivolgere ora un saluto ai pellegrini di lingua italiana, desidero anzitutto ricordare i bambini rumeni ospiti dell'"Associazione con i Fatebenefratelli per i malati lontani" e la delegazione del Comitato promotore della Seconda Giornata Nazionale della donazione e del trapianto di organi.
Saluto anche i pellegrini del Collegio Rotondi di Gorla Minore, venuti per ricordare il loro quarto centenario di fondazione; gli allievi della Scuola delle Trasmissioni e del Quarantaquattresimo Reggimento di Sostegno Telecomunicazioni dell'Esercito Italiano, come pure quelli della Scuola di Sanità e Veterinaria Militare di Roma.
Saluto, poi, i membri della Società sportiva Pool Industrie di Civita Castellana, quelli del Centro Lombardo per l'incremento della Floro Orto Frutticoltura di Vertemate con Minorpio ed il gruppo del Centro Anziani di Campagnano di Roma, che ricordano il loro ventesimo anniversario di fondazione. Tutti ringrazio per la visita ed invoco volentieri su ciascuno copiosi doni della benevolenza divina.
Il mio più cordiale saluto, infine, va ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli.
Cari giovani, anche oggi così numerosi, il cammino quaresimale che stiamo percorrendo sia occasione di autentica conversione che vi conduca alla maturità della fede in Cristo.
Cari ammalati, partecipando con amore alla stessa sofferenza del Figlio di Dio incarnato, possiate condividere fin d'ora la gloria e la gioia della sua risurrezione.
E voi, cari sposi novelli, trovate nell'alleanza che, a prezzo del suo sangue, Cristo ha stretto con la sua Chiesa, il sostegno del vostro patto coniugale e della vostra missione al servizio del Vangelo. A tutti di cuore imparto la Benedizione Apostolica.
Catechesi 79-2005 30299