Catechesi 79-2005 17980
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1. Durante l’ultima riflessione, ci siamo chiesti che cosa è il "desiderio", di cui parlava Cristo nel Discorso della montagna (Mt 5,27-28). Ricordiamo che egli ne parlava in rapporto al comandamento: "Non commettere adulterio". Lo stesso "desiderare" (precisamente: "guardare per desiderare") è definito un "adulterio commesso nel cuore". Ciò fa molto pensare. Nelle precedenti riflessioni abbiamo detto che Cristo, nell’esprimersi in quel modo, voleva indicare ai suoi ascoltatori il distacco dal significato sponsale del corpo, sperimentato dall’uomo (nel caso, il maschio), quando asseconda la concupiscenza della carne con l’atto interiore del "desiderio". Il distacco dal significato sponsale del corpo comporta al tempo stesso un conflitto con la sua dignità di persona: un autentico conflitto di coscienza.
A questo punto appare che il significato biblico (quindi anche teologico del "desiderio" è diverso da quello puramente psicologico. Lo psicologo descriverà il "desiderio" come un intenso orientamento verso l’oggetto, a causa del suo peculiare valore: nel caso qui considerato, per il suo valore "sessuale". A quanto sembra, troveremo tale definizione nella maggior parte delle opere dedicate a simili temi. Tuttavia, la descrizione biblica, pur senza sottovalutare l’aspetto psicologico, pone in rilievo soprattutto quello etico, dato che c’è un valore che viene leso. Il "desiderio" è, direi, l’inganno del cuore umano nei confronti della perenne chiamata dell’uomo e della donna - una chiamata che è stata rivelata nel mistero stesso della creazione - alla comunione attraverso un dono reciproco. Così, dunque, quando Cristo nel Discorso della montagna (Mt 5,27-28) fa riferimento "al cuore" o all’uomo interiore, le sue parole non cessano di esser cariche di quella verità circa il "principio", alla quale, rispondendo ai farisei (cf. Mt 19,8), egli aveva riportato tutto il problema dell’uomo, della donna e del matrimonio.
2. La perenne chiamata, di cui abbiamo cercato di fare l’analisi seguendo il Libro della Genesi (Gn 2,23-25) e, in certo senso, la perenne attrazione reciproca da parte dell’uomo verso la femminilità e da parte della donna verso la mascolinità, è un invito mediato dal corpo, ma non è il desiderio nel senso delle parole di Matteo 5,27-28. Il "desiderio", come attuazione della concupiscenza della carne (anche e soprattutto nell’atto puramente interiore), sminuisce il significato di ciò che erano - e che sostanzialmente non cessano di essere - quell’invito e quella reciproca attrazione. L’eterno "femminino" (das ewig weibliche), così come, del resto, l’eterno "mascolino", anche sul piano della storicità tende a liberarsi dalla pura concupiscenza, e cerca un posto di affermazione sul livello proprio del mondo delle persone. Ne dà testimonianza quella vergogna originaria, di cui parla Genesi 3. La dimensione dell’intenzionalità dei pensieri e dei cuori costituisce uno dei principali filoni della universale cultura umana. Le parole di Cristo nel Discorso della montagna confermano appunto tale dimensione.
3. Nondimeno, queste parole esprimono chiaramente che il "desiderio" fa parte della realtà del cuore umano. Quando affermiamo che il "desiderio", nei confronti della originaria attrazione reciproca della mascolinità e della femminilità, rappresenta una "riduzione", abbiamo in mente una "riduzione" intenzionale, quasi una restrizione o chiusura dell’orizzonte della mente e del cuore. Una cosa, infatti, è aver coscienza che il valore del sesso fa parte di tutta la ricchezza di valori, con cui al maschio appare l’essere femminile; e un’altra cosa è "ridurre" tutta la ricchezza personale della femminilità a quell’unico valore, cioè al sesso, come oggetto idoneo all’appagamento della propria sessualità. Lo stesso ragionamento si può fare nei riguardi di ciò che è la mascolinità per la donna, sebbene le parole di Matteo 5,27-28 si riferiscano direttamente soltanto all’altro rapporto. La "riduzione" intenzionale è, come si vede, di natura soprattutto assiologica. Da una parte l’eterna attrazione dell’uomo verso la femminilità (cf. Gn 2,23) libera in lui - o forse dovrebbe liberare - una gamma di desideri spirituali-carnali di natura soprattutto personale e "di comunione" (cf. l’analisi del "principio"), ai quali corrisponde una proporzionale gerarchia di valori. Dall’altra, il "desiderio" limita tale gamma, offuscando la gerarchia dei valori che contrassegna l’attrazione perenne della mascolinità e della femminilità.
4. Il desiderio fa sì che all’interno, cioè nel "cuore", nell’orizzonte interiore dell’uomo e della donna, si offuschi il significato del corpo, proprio della persona. La femminilità cessa così di essere per la mascolinità soprattutto soggetto; cessa di essere uno specifico linguaggio dello spirito; perde il carattere di segno. Cessa, direi, di portare su di sé lo stupendo significato sponsale del corpo. Cessa di essere collocato nel contesto della coscienza e della esperienza di tale significato. Il "desiderio" che nasce dalla stessa concupiscenza della carne, dal primo momento dell’esistenza all’interno dell’uomo - dell’esistenza nel suo "cuore" - passa in un certo senso accanto a tale contesto (si potrebbe dire, con una immagine, che passa sulle macerie del significato sponsale del corpo e di tutte le sue componenti soggettive), e in virtù della propria intenzionalità assiologica tende direttamente verso un fine esclusivo: a soddisfare solo il bisogno sessuale del corpo, come proprio oggetto.
5. Tale riduzione intenzionale ed assiologica può verificarsi, secondo le parole di Cristo (Mt 5,27-28), già nell’ambito dello "sguardo" (del "guardare") o piuttosto nell’ambito di un atto puramente interiore espresso dallo sguardo. Lo sguardo (o piuttosto il "guardare"), in se stesso, è un atto conoscitivo. Quando nella sua struttura interiore entra la concupiscenza, lo sguardo assume un carattere di "conoscenza desiderosa". L’espressione biblica "guarda per desiderare" può indicare sia un atto conoscitivo, di cui "si serve" l’uomo desiderando (cioè conferendogli il carattere proprio del desiderio teso verso un oggetto), sia un atto conoscitivo che suscita il desiderio nell’altro soggetto e soprattutto nella sua volontà e nel suo "cuore". Come si vede, è possibile attribuire una interpretazione intenzionale ad un atto interiore, avendo presente l’uno o l’altro polo della psicologia dell’uomo: la conoscenza o il desiderio inteso come appetitus. L’appetitus è qualcosa di più ampio del "desiderio", poiché indica tutto ciò che si manifesta nel soggetto come "aspirazione", e come tale si orienta sempre verso un fine, cioè verso un oggetto conosciuto sotto l’aspetto del valore). Tuttavia, un’adeguata interpretazione delle parole di Matteo 5,27-28 richiede che - attraverso l’intenzionalità propria della conoscenza o dell’"appetitus" - scorgiamo qualcosa di più, cioè l’intenzionalità dell’esistenza stessa dell’uomo in rapporto con l’altro uomo; nel nostro caso: dell’uomo in rapporto alla donna e della donna in rapporto all’uomo.
Su questo argomento ci converrà ritornare. Concludendo l’odierna riflessione, bisogna ancora aggiungere che in quel "desiderio", nel "guardare per desiderare", di cui tratta il Discorso della montagna, la donna, per l’uomo che "guarda" così, cessa di esistere come soggetto dell’eterna attrazione e comincia ad essere solo oggetto di concupiscenza carnale. A ciò è collegato il profondo distacco interno dal significato sponsale del corpo, di cui abbiamo parlato già nella precedente riflessione.
Saluti:
Ad un gruppo musicale giapponese della "Cultural Association from Osaka"
Ad alcuni pellegrinaggi tedeschi
Ad un gruppo di sacerdoti della diocesi spagnola di Lugo
Al pellegrinaggio di Adria
Vada ora un saluto ed un augurio ai partecipanti al pellegrinaggio della diocesi di Adria-Rovigo che sono qui presenti numerosi, insieme col loro Vescovo.
Figli carissimi, una sola parola valga per tutte quelle che ho nel cuore per voi ed è questa: sappiate trovare nella Chiesa, che vi educa ai valori dello spirito e vi assiste nel vostro cammino di fede, la forza che rende buona, attiva e lieta la vostra vita. Vi sia in ciò di aiuto la speciale Benedizione che volentieri imparto a voi e ai vostri cari.
Ai "Gruppi di Preghiera di Padre Pio"
Desidero salutare con molta cordialità i "Gruppi di Preghiera di Padre Pio", i quali in questi giorni sono riuniti a Roma per il loro Congresso Internazionale.
A voi, fratelli e sorelle carissimi, va il mio ringraziamento per la vostra presenza, con cui intendete riaffermare una solida fede in Cristo, una filiale devozione alla Madonna, una leale fedeltà alla Chiesa, al Papa, ai Vescovi, e volete altresì ribadire l’impegno della conversione interiore, della preghiera, della penitenza, della operosa carità verso i fratelli bisognosi.
Insieme con voi, saluto i rappresentanti del "Collegamento Mariano Nazionale" e tutti gli altri Gruppi mariani qui presenti. Nell’esortarvi ad impegnarvi per una sempre più profonda ed autentica pietà mariana, di cuore benedico voi e le vostre famiglie.
Ai giovani
E’ ora il momento di rivolgere a tutti i giovani e ragazzi, qui presenti, il mio saluto ed il mio incoraggiamento. Miei cari, la stagione delle vacanze estive è al termine e molti di voi stanno per tornare a scuola. Siate alunni diligenti e disciplinati, siate studenti pieni di impegno nel vostro lavoro, che è prezioso, perché vi prepara alla vita.
Ma, nello stesso tempo, io vi esorto a non perdere mai di vista un’altra scuola, un altro maestro: una scuola che è per tutti ed è di tutti i giorni, un maestro che è il più valente e il più persuasivo. Voi capite: è la scuola delle cose necessarie all’anima, è l’istruzione religiosa, è l’approfondimento della fede; e il maestro è Gesù, il quale parla per mezzo del vangelo, per mezzo della Chiesa, per mezzo dei genitori, degli educatori e dei Sacerdoti. Cresca nella vostra mente la luce del sapere umano, ma cresca nella vostra anima anche la luce di Dio, cioè la fede, che è scienza di vita. Con queste raccomandazioni e con questi auguri prego per voi, cari giovani e con vivo affetto vi benedico.
Agli ammalati
A voi, carissimi ammalati, giunga adesso una parola di particolare benevolenza, perché coloro che soffrono sono sempre oggetto di predilezione da parte di Dio. Umanamente la vostra condizione è, senza dubbio, non facile e non lieta. Ma anche Gesù ha vissuto la storia della sofferenza; ed anche Maria, con Gesù, come ci ha ricordato, nei giorni scorsi, la sacra liturgia con le due ricorrenze dell’Esaltazione della Croce e dell’Addolorata. Gesù e Maria, insieme nell’opera della redenzione, insieme nell’offrire all’umanità i frutti del loro patire, siano con voi sulla via della croce, per aiutarvi nei vostri generosi propositi, per consolarvi, per sostenervi.
Sono con voi anch’io con la mia preghiera, con la mia Benedizione.
Alle coppie di sposi novelli
Un saluto speciale vada pure agli Sposi Novelli, con l’augurio di una convivenza serena, generosa, virtuosa. Debbo però premettere un sincero grazie, cari Sposi, per questa vostra presenza, che equivale ad un vero atto di fede, un atto che merita lode, perché rivela in voi nobili sentimenti.
Quel che specialmente desidero raccomandarvi è di conservare sempre vivo il pensiero di Dio, sostenuto da una costante pratica religiosa. Che la vostra nuova famiglia sia sempre aperta verso l’alto, sempre legata al Signore! Così non invecchierà il vostro amore, ma rimarrà sempre schietto e profondo e pieno di comprensione. Per voi la mia preghiera, a voi la mia Benedizione.
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1. Nel discorso della montagna Cristo dice: "Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore" (Mt 5,27-28). Da qualche tempo cerchiamo di penetrare nel significato di questa enunciazione, analizzandone le singole componenti per comprendere meglio l’insieme del testo.
Quando Cristo parla dell’uomo, che "guarda per desiderare", non indica soltanto la dimensione dell’intenzionalità del "guardare", quindi della conoscenza concupiscente, la dimensione "psicologica", ma indica anche la dimensione della intenzionalità della esistenza stessa dell’uomo. Dimostra, cioè, chi "è" o piuttosto chi "diventa", per l’uomo, la donna che egli "guarda con concupiscenza". In questo caso, l’intenzionalità della conoscenza determina e definisce l’intenzionalità stessa dell’esistenza. Nella situazione descritta da Cristo quella dimensione intercorre unilateralmente dall’uomo, che è soggetto, verso la donna, che è divenuta oggetto (ciò però non vuol dire che tale dimensione sia soltanto unilaterale); per ora non capovolgiamo la situazione analizzata, né la estendiamo ad entrambe le parti, ad ambedue i soggetti. Soffermiamoci sulla situazione tracciata da Cristo, sottolineando che si tratta di un atto "puramente interiore", nascosto nel cuore e fermo alla soglia dello sguardo.
Basta costatare che in tal caso la donna - la quale, a motivo della soggettività personale esiste perennemente "per l’uomo" attendendo che anche lui, per lo stesso motivo, esista "per lei" - resta privata del significato della sua attrazione in quanto persona, la quale, pur essendo propria dell’"eterno femminino", nello stesso tempo per l’uomo diviene solo oggetto: comincia, cioè, ad esistere intenzionalmente come oggetto di potenziale appagamento del bisogno sessuale inerente alla sua mascolinità. Sebbene l’atto sia del tutto interiore, nascosto nel "cuore" ed espresso solo dallo "sguardo", in lui avviene già un cambiamento (soggettivamente unilaterale) dell’esistenza. Se non fosse così, se non si trattasse di un cambiamento così profondo, non avrebbero senso le seguenti parole della stessa frase: "Ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore" (Mt 5,28).
2. Quel cambiamento della intenzionalità della esistenza, mediante cui una certa donna comincia ad esistere per un certo uomo non come soggetto di chiamata e di attrazione personale o soggetto "di comunione", ma esclusivamente come oggetto di potenziale appagamento del bisogno sessuale, si attua nel "cuore" in quanto si è attuato nella volontà. La stessa intenzionalità conoscitiva non vuol dire ancora asservimento del "cuore". Solo quando la riduzione intenzionale, illustrata in precedenza, trascina la volontà nel suo ristretto orizzonte, quando ne suscita la decisione di un rapporto con un altro essere umano (nel nostro caso: con la donna) secondo la scala dei valori propria della "concupiscenza" solo allora si può dire che il "desiderio" si è anche impadronito del "cuore". Solo quando la "concupiscenza" si è impadronita della volontà, è possibile dire che essa domina sulla soggettività della persona e che sta alla base della volontà e della possibilità di scegliere e decidere, attraverso cui - in virtù dell’autodecisione o autodeterminazione - viene stabilito il modo stesso di esistere nei riguardi di un’altra persona. L’intenzionalità di siffatta esistenza acquista allora una piena dimensione soggettiva.
3. Solo allora - cioè da quel momento soggettivo e sul suo prolungamento soggettivo - è possibile confermare ciò che abbiamo letto, per esempio, nel Siracide (Si 23,17-22) circa l’uomo dominato dalla concupiscenza, e che leggiamo in descrizioni ancor più eloquenti nella letteratura mondiale. Allora possiamo anche parlare di quella "costrizione" più o meno completa, che altrove viene chiamata "costrizione del corpo" e che porta con sé la perdita della "libertà del dono", connaturale alla profonda coscienza del significato sponsale del corpo, di cui abbiamo anche parlato nelle precedenti analisi.
4. Quando parliamo del "desiderio" come trasformazione dell’intenzionalità di una concreta esistenza, per es. dell’uomo, per il quale secondo Matteo 5,27-28, una certa donna diviene solo oggetto di potenziale appagamento del "bisogno sessuale" inerente alla sua mascolinità, non si tratta in alcun modo di mettere in questione quel bisogno, quale dimensione oggettiva della natura umana con la finalità procreativa che le è propria. Le parole di Cristo nel Discorso della montagna (in tutto il suo ampio contesto) sono lontane dal manicheismo, come lo è anche l’autentica tradizione cristiana. In questo caso, non possono quindi sorgere obiezioni del genere. Si tratta, invece, del modo di esistere dell’uomo e della donna come persone, ossia di quell’esistere in un reciproco "per", il quale - anche in base a ciò che secondo l’oggettiva dimensione della natura umana è definibile come "bisogno sessuale" - può e deve servire alla costruzione dell’unità "di comunione" nei loro reciproci rapporti. Tale, infatti, è il fondamentale significato proprio della perenne e reciproca attrazione della mascolinità e della femminilità, contenuta nella realtà stessa della costituzione dell’uomo come persona, corpo e sesso insieme.
5. All’unione o "comunione" personale, cui l’uomo e la donna sono reciprocamente chiamati "dal principio", non corrisponde, anzi è in contrasto la eventuale circostanza che una delle due persone esista solo come soggetto di appagamento del bisogno sessuale, e l’altra divenga esclusivamente oggetto di tale soddisfazione. Inoltre, non corrisponde a tale unità di "comunione" - anzi la contrasta - il caso che entrambi, l’uomo e la donna, esistano vicendevolmente quale oggetto di appagamento del bisogno sessuale, e ciascuna da parte sua sia soltanto soggetto di quell’appagamento. Tale "riduzione" di un così ricco contenuto della reciproca e perenne attrazione delle persone umane, nella loro mascolinità o femminilità, non corrisponde appunto alla "natura" dell’attrazione in questione. Tale "riduzione", infatti, spegne il significato personale e "di comunione", proprio dell’uomo e della donna, attraverso cui, secondo Genesi 2,24, "l’uomo... si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne". La "concupiscenza" allontana la dimensione intenzionale della reciproca esistenza dell’uomo e della donna dalle prospettive personali e "di comunione", proprie della loro perenne e reciproca attrazione, riducendola e, per così dire, sospingendola verso dimensioni utilitaristiche, nel cui ambito l’essere umano "si serve" dell’altro essere umano, "usandolo" soltanto per appagare i propri "bisogni".
6. Sembra di poter appunto ritrovare tale contenuto, carico di esperienza interiore umana propria di epoche ed ambienti diversi, nella concisa affermazione di Cristo nel Discorso della montagna. Al tempo stesso, non si può in alcun caso perdere di vista il significato che tale affermazione attribuisce all’"interiorità" dell’uomo, all’integrale dimensione del "cuore" come dimensione dell’uomo interiore. Qui sta il nucleo stesso della trasformazione dell’ethos, verso cui tendono le parole di Cristo secondo Matteo 5,27-28, espresse con potente forza ed insieme con mirabile semplicità.
Saluti:
Al pellegrinaggio francese della Savoia
Ai rappresentanti di diverse province francesi
Al simposio internazionale "Basi biologiche ed implicazioni cliniche della radioresistenza dei tumori"
Al pellegrinaggio statunitense proveniente dalla diocesi di Des Moines
Ad un pellegrinaggio proveniente dalla Repubblica Federale di Germania
Ad un gruppo olandese
Ai pellegrini di lingua spagnola
Ai membri della Corale della Cattedrale de la Redonda de Logroño
Al pellegrinaggio delle "Antiguas Alumnas Concepcionistas de España"
A un pellegrinaggio proveniente dall’Arcidiocesi di Split-Makarska (Jugoslavia)
A tre gruppi italiani
Desidero, ora, salutare tre gruppi distinti di fedeli, i quali mi hanno recato in questa Udienza una particolare attestazione di omaggio.
Il primo gruppo, guidato dal Vescovo, è rappresentativo di una intera diocesi, quella di Susa. Carissimi, voi avete voluto ricordare il 50° anniversario dell’incoronazine della Madonna del Rocciamelone con varie iniziative diocesane culminanti in questo pellegrinaggio. Nel manifestarvi il mio compiacimento, esprimo l’augurio che la significativa ricorrenza valga a ravvivare nelle anime la devozione a Maria, stimolando in ciascuno un crescente impegno di fedeltà a Cristo e di amore verso i fratelli. Con la mia Apostolica Benedizione.
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C’è poi il gruppo dei Sacristi, aderenti alla Federazione Italiana Unioni Diocesane Addetti al Culto. Il vostro, figli carissimi, è un servizio umile ma nobile, perché vi mette a contatto con i misteri più augusti della nostra religione. Fate in modo che nulla di burocratico o di sciatto si insinui nel vostro lavoro, ma che esso sia per voi motivo di crescita spirituale e, per gli altri, opportuno richiamo ad un atteggiamento di fede e di devozione. Accompagno questo auspicio con una particolare Benedizione Apostolica.
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Vi è poi il pellegrinaggio della parrocchia ambrosiana di San Vittore Olona. Carissimi, la fiaccola che il Papa qui accende, perché arda nella vostra nuova chiesa dedicata alla Madonna del Rosario, è simbolo della spirituale comunione di fede che la vostra Comunità vuole conservare con la Sede di Pietro. Nel congratularmi con voi per questo intendimento, che Sant’Ambrogio avrebbe certamente caldeggiato, esprimo l’augurio che la fiamma della fede brilli sempre luminosa nella vostra parrocchia mediante la personale e comunitaria testimonianza di una vita autenticamente cristiana. Con la mia Benedizione Apostolica.
Ai giovani
Uno speciale saluto vada ora a tutti i giovani, e ragazzi, i quali con l’entusiasmo proprio della loro età, con i loro applausi e con i loro canti rallegrano questa piazza.
Carissimi, vi ringrazio di essere qui venuti a manifestare al Papa e a tutti i fedeli il senso della vostra speranza, del vostro ottimismo e della vostra fraternità umana e cristiana. Sono valori, questi, che il mondo rischia di perdere, se voi, proprio voi giovani, non li proclamate e non li vivete fortemente.
Vi auguro di mirare sempre, senza stanchezze, a questi traguardi luminosi dello spirito. Il Signore Gesù, da cui proviene quanto c’è di più nobile, e di più vero nel cuore dell’uomo, vi sostenga nei vostri propositi e vi sia di conforto la mia Benedizione Apostolica.
Agli ammalati
A voi, ammalati, che portate a questa Udienza l’omaggio delle vostre sofferenze e che mi date l’occasione di esprimervi la mia commossa affezione e di condividere le vostre pene, io rivolgo un pensiero grato e riverente, con l’augurio che torni presto a rifiorire la vostra salute fisica e la gioia dell’animo. A questo fine vi ricordo nella celebrazione della S. Messa al Signore Gesù, perché vi protegga e vi assista sempre. Voi, da parte vostra, accostatevi a Lui, come già facevano i malati della Palestina durante la sua vita terrena, perché Lui emanava una forza che guariva. In cambio, voi sappiate offrire a Lui il vostro dolore per la salvezza del mondo: diventerete così partecipi dell’opera redentrice dell’umanità. Vi sia di conforto la mia Benedizione.
Agli sposi novelli
Un saluto beneaugurante va infine agli Sposi novelli.
Cari sposi, alla vigilia del Sinodo dei Vescovi, che intende approfondire il significato e i compiti della famiglia, voi che avete da poco formato la vostra sotto il segno della grazia propria del Sacramento, non perdete mai di vista le grandi mete che la vita matrimoniale vi addita, anzi vivetela in pienezza, in gioia, in un amore vero, crescente e indivisibile. E il Signore non mancherà di sostenere i vostri passi e di moltiplicare la vostra gioia per la sua gloria e per la vostra pace. Con la mia Benedizione Apostolica.
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1. Arriviamo nella nostra analisi alla terza parte dell’enunciato di Cristo nel Discorso della Montagna (Mt 5,27-28). La prima parte era: "Avete inteso che fu detto: non commetterete adulterio". La seconda: "Ma io vi dico, chiunque guarda una donna per desiderarla", è grammaticalmente connessa alla terza: "ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore".
Il metodo qui applicato, che è quello di dividere, di "spezzare" l’enunciato di Cristo in tre parti, che si susseguono, può sembrare artificioso. Tuttavia, quando cerchiamo il senso etico dell’intero enunciato, nella sua globalità, può esser utile appunto la divisione del testo da noi usata, a patto che non venga applicata solo in modo disgiuntivo ma congiuntivo. Ed è quello che intendiamo fare. Ognuna delle distinte parti ha un proprio contenuto e connotazioni che le sono specifiche, ed è appunto quanto vogliamo mettere in rilievo, mediante la divisione del testo; ma al tempo stesso va segnalato che ognuna delle parti si spiega nel rapporto diretto con le altre. Ciò si riferisce in primo luogo ai principali elementi semantici, mediante i quali l’enunciato costituisce un insieme. Ecco questi elementi: commettere adulterio, desiderare, commettere adulterio nel corpo, commettere adulterio nel cuore. Sarebbe particolarmente difficile stabilire il senso etico del "desiderare" senza l’elemento indicato qui per ultimo, cioè l’"adulterio nel cuore". Già l’analisi precedente ha in un certo grado preso in considerazione questo elemento; tuttavia una più piena comprensione della componente: "commettere adulterio nel cuore" è possibile solo dopo un’apposita analisi.
2. Come già abbiamo accennato all’inizio, si tratta qui di stabilire il senso etico. L’enunciato di Cristo, in Matteo Mt 5,27-28, prende inizio dal comandamento: "non commettere adulterio", per mostrare come occorra intenderlo e metterlo in pratica, affinché abbondi in esso la "giustizia" che Dio Jahvè come Legislatore ha voluto: affinché essa abbondi in misura maggiore di quanto risultasse dall’interpretazione e dalla casistica dei dottori dell’Antico Testamento. Se le parole di Cristo in tale senso tendono a costruire il nuovo ethos (e in base allo stesso comandamento), la via a ciò passa attraverso la riscoperta dei valori, che - nella comprensione generale anticotestamentaria e nell’applicazione di questo comandamento - sono andate perdute.
3. Da questo punto di vista è significativa anche la formulazione del testo di Matteo Mt 5,27-28. Il comandamento "non commettere adulterio" è formulato come una interdizione che esclude in modo categorico un determinato male morale. È noto che la stessa Legge (Decalogo), oltre alla interdizione "non commettere adulterio" comprende anche l’interdizione "non desiderare la moglie del tuo prossimo" (Ex 20,14 Ex 20,17 Dt 5,18 Dt 5,21). Cristo non vanifica un divieto rispetto all’altro. Sebbene parli del "desiderio", tende ad una chiarificazione più profonda dell’"adulterio". È significativo che dopo aver citato il divieto "non commettere adulterio", come noto agli ascoltatori, in seguito, nel corso del suo enunciato cambia il suo stile e la struttura logica da normativa in quella narrativo-affermativa. Quando dice: "Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore", descrive un fatto interiore, la cui realtà può essere facilmente compresa dagli ascoltatori. Al tempo stesso, attraverso il fatto così descritto e qualificato, egli indica come occorre intendere e mettere in pratica il comandamento: "non commettere adulterio", affinché conduca alla "giustizia" voluta dal Legislatore.
4. In tal modo siamo giunti all’espressione "ha commesso adulterio nel cuore", espressione-chiave, come pare, per intendere il suo giusto senso etico. Questa espressione è in pari tempo la fonte principale per rivelare i valori essenziali del nuovo ethos: dell’ethos del Discorso della Montagna. Come accade spesso nel Vangelo, anche qui riscontriamo un certo paradosso. Come, infatti, può aver luogo l’"adulterio" senza "commettere adulterio", cioè senza l’atto esteriore, che consente di individuare l’atto vietato dalla Legge? Abbiamo visto quanto si impegnasse la casistica dei "dottori della Legge" nel precisare questo problema. Ma anche indipendentemente dalla casistica, sembra evidente che l’adulterio possa essere individuato solo "nella carne" (cfr Gn 2,24), cioè quando i due: l’uomo e la donna, che si uniscono fra loro così: da diventare una sola carne, non sono coniugi legali: marito e moglie. Quale significato può quindi avere l’"adulterio commesso nel cuore"? Non è questa forse una espressione soltanto metaforica, adoperata dal Maestro per mettere in risalto la peccaminosità della concupiscenza?
5. Se ammettessimo tale lettura semantica dell’enunciato di Cristo (Mt 5,27-28) occorrerebbe riflettere profondamente sulle conseguenze etiche che ne deriverebbero, cioè sulle conclusioni circa la regolarità etica del comportamento. L’adulterio avviene quando l’uomo e la donna, che si uniscono fra loro così da diventare una sola carne (cfr Gn 2,24), cioè nel modo proprio dei coniugi, non sono coniugi legali. L’individuazione dell’adulterio come peccato commesso "nel corpo" è strettamente ed esclusivamente unita all’atto "esteriore", alla convivenza coniugale che si riferisce anche allo stato delle persone agenti, riconosciuto dalla società. Nel caso in questione questo stato è improprio e non autorizza a tale atto (di qui, appunto, la denominazione: "adulterio").
6. Passando alla seconda parte dell’enunciato di Cristo (cioè a quello in cui inizia a configurarsi il nuovo ethos) bisognerebbe intendere l’espressione: "chiunque guarda una donna per desiderare", nel riferimento esclusivo alle persone secondo il loro stato civile, riconosciuto cioè dalla società, siano o no coniugi. Qui cominciano a moltiplicarsi gli interrogativi. Siccome non può creare dubbi il fatto che Cristo indichi la peccaminosità dell’atto interiore della concupiscenza espressa attraverso lo sguardo rivolto ad ogni donna che non sia la moglie di colui che la guardi in tal modo, pertanto possiamo e perfino dobbiamo chiederci se con la stessa espressione Cristo ammetta e comprovi tale sguardo, tale atto interiore della concupiscenza, diretto verso la donna che è moglie dell’uomo, che così la guarda. In favore della risposta affermativa a tale domanda sembra essere la seguente premessa logica: (nel caso in questione) può commettere l’"adulterio nel cuore" soltanto l’uomo che è soggetto potenziale dell’"adulterio nella carne". Dato che questo soggetto non può essere l’uomo-marito nei riguardi della propria legittima moglie, dunque l’"adulterio nel cuore" non può riferirsi a lui, ma può addebitarsi a colpa di ogni altro uomo. Se marito, egli non può commetterlo nei riguardi della propria moglie. Egli soltanto ha il diritto esclusivo di "desiderare", di "guardare con concupiscenza" la donna che è sua moglie, e mai si potrà dire che a motivo di un tale atto interiore meriti d’esser accusato dell’"adulterio commesso nel cuore". Se in virtù del matrimonio ha il diritto di "unirsi con sua moglie", così che "i due saranno una sola carne", questo atto non può mai essere chiamato "adulterio"; analogamente non può essere definito "adulterio commesso nel cuore" l’atto interiore del "desiderio" di cui tratta il Discorso della Montagna.
7. Tale interpretazione delle parole di Cristo in Matteo 5,27-28, sembra corrispondere alla logica del Decalogo, in cui, oltre al comandamento "non commettere adulterio" (VI), c’è anche il comandamento "non desiderare la moglie del tuo prossimo" (IX). Inoltre il ragionamento che è stato fatto a suo sostegno ha tutte le caratteristiche della correttezza obiettiva e dell’esattezza. Nondimeno, resta fondatamente in dubbio se questo ragionamento tiene conto di tutti gli aspetti della rivelazione nonché della teologia del corpo che debbono essere considerati, soprattutto quando vogliamo comprendere le parole di Cristo. Abbiamo già visto in precedenza qual è il "peso specifico" di questa locuzione, quanto ricche sono le implicazioni antropologiche e teologiche dell’unica frase in cui Cristo si riporta "all’origine" (cfr Mt 19,8). Le implicazioni antropologiche e teologiche dell’enunciato del Discorso della Montagna, in cui Cristo si richiama al cuore umano conferiscono all’enunciato stesso anche un "peso specifico" proprio, e in pari tempo ne determinano la coerenza con l’insieme dell’insegnamento evangelico. E perciò dobbiamo ammettere che l’interpretazione sopra presentata, con tutta la sua oggettiva correttezza e precisione logica, richiede un certo ampliamento e, soprattutto, un approfondimento. Dobbiamo ricordare che il richiamo al cuore umano, espresso forse in modo paradossale (cfr Mt 5,27-28), proviene da Colui che "sapeva quel che c’è in ogni uomo" (Jn 2,25). E se le sue parole confermano i comandamenti del Decalogo (non soltanto il sesto, ma anche il nono), al tempo stesso esprimono quella scienza sull’uomo, che - come abbiamo altrove rilevato - ci consente di unire la consapevolezza della peccaminosità umana con la prospettiva della "redenzione del corpo" (cf. Rm 8,23). Appunto tale "scienza sta alle basi del nuovo ethos" che emerge dalle parole del Discorso della Montagna.
Prendendo in considerazione tutto ciò, concludiamo che, come nell’intendere l’"adulterio nella carne" Cristo sottopone a critica l’interpretazione erronea e unilaterale dell’adulterio che deriva dalla mancata osservanza della monogamia (cioè del matrimonio inteso come l’alleanza indefettibile delle persone), così anche nell’intendere l’"adulterio nel cuore" Cristo prende in considerazione non soltanto il reale stato giuridico dell’uomo e della donna in questione. Cristo fa dipendere la valutazione morale del "desiderio" soprattutto dalla stessa dignità personale dell’uomo e della donna; e questo ha la sua importanza sia quando si tratta di persone non sposate, sia - e forse ancor più - quando sono coniugi, moglie e marito. Da questo punto di vista ci converrà completare l’analisi delle parole del Discorso della Montagna, e lo faremo la prossima volta.
Saluti:
Alle Piccole Sorelle di Gesù
Alle delegate dell’"Association Catholique Internationale des Services de la Jeunesse Féminine"
Ai partecipanti ad una conferenza internazionale medica
Ai membri della "Japanese Association of Volunteer Probation Officers"
Ai nuovi studenti del Collegio Nord Americano
Ai minatori e metallurgici di Essen
Ai seminaristi dell’Arcidiocesi di Vienna
A un pellegrinaggio di Sorelle Terziarie Francescane della Sacra Famiglia
Ai giovani
Un cordiale saluto rivolgo a tutti voi, giovani, presenti in questa piazza, e proprio all’inizio del mese di ottobre, che vede la maggior parte di voi ritornare a scuola, desidero raccomandare, in particolare, l’impegno dello studio: anche nelle aule scolastiche voi preparate il vostro futuro e quello della società, di cui sarete fra non molto autentici protagonisti. Tale preparazione sia animata dalla serietà, dal rispetto verso gli altri, dall’amore nei confronti di tutti gli uomini; ma sia, specialmente, fecondata dalla fede in Cristo, il vostro amico, il vostro fratelli, il vostro Salvatore.
A tutti voi la mia Benedizione Apostolica.
Ai malati
Ed a voi, carissimi fratelli e sorelle infermi, che nell’animo e nel corpo rinnovate, per la vita del mondo e per la crescita della Chiesa, la Passione misteriosa di Gesù, va il mio affettuoso e commosso saluto, unito all’assicurazione che Dio è con voi; che la Chiesa vi predilige; che i vostri fratelli vi amano. A voi chiediamo le vostre preghiere, impreziosite dalle vostre umane sofferenze, mentre vi diciamo il nostro "grazie" sincero.
La mia confortatrice Benedizione Apostolica vi accompagni sempre e dappertutto.
Agli sposi novelli
A voi, cari sposi novelli, che in questi giorni avete consacrato nel Matrimonio il vostro amore dinanzi a Dio e dinanzi alla Chiesa, rivolgo l’augurio che manteniate sempre, per tutto il corso della vostra vita, "nella gioia e nel dolore", il gioioso entusiasmo di questo felice periodo dell’inizio della vostra famiglia cristiana, che voi state già costruendo, giorno dopo giorno.
Alcuni giorni or sono è iniziata l’Assemblea del Sinodo dei Vescovi, che, per quasi tutto il mese di ottobre, mediterà e rifletterà sui compiti della famiglia cristiana oggi. Come vedete, la Chiesa tutta guarda a voi con immenso affetto e con profonda trepidazione e prega per voi, perché formiate una serena ed autentica "Chiesa domestica".
Con la mia Benedizione Apostolica.
Pregare per Monsignor Aaron Marton, Vescovo già di Alba Julia, in Romania
Ieri è pervenuta dalla Romania la notizia che Monsignor Aaron Marton, Vescovo già di Alba Julia, è stato chiamato alla Casa del Padre. Il venerando Presule, di oltre 80 anni di età, aveva retto per oltre 40 anni la sua vasta diocesi, affrontando anche con grande fiducia in Dio e serenità di spirito momenti particolarmente difficili. La sua memoria resterà in benedizione per la sua insigne pietà, per il suo ardente zelo apostolico, per la sua intima e costante unione con questa Sede di Pietro.
Ieri, appena conosciuta la notizia della morte di Monsignor Marton, ho subito invitato i Padri sinodali ad elevare insieme con me preghiere di suffragio per la sua grande Anima. Ora mi rivolgo a voi tutti, perché insieme preghiamo per il compianto Presule e per tutta la Chiesa in Romania.
Catechesi 79-2005 17980