Discorsi 2005-13 9088
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Eccellenza,
Signor Presidente della Regione,
Signor Sindaco,
Signori Consiglieri comunali,
Signore e Signori!
L’onore che mi ha riconosciuto il comune di Bressanone con il conferimento della cittadinanza onoraria è per me una grande gioia, che accolgo con profonda gratitudine e che ora mi accompagnerà nelle future epoche della mia vita. Grazie a questo atto sono ora di casa a Bressanone non soltanto – per così dire – con il cuore, ma in qualche modo anche legalmente: faccio parte della sua cittadinanza. Anche quando non potrò venire, sarò in qualche modo comunque legalmente presente. Non penso sia necessario che vi dica che spesso sono qui con il cuore. Un grande grazie cordiale! E ringrazio di cuore anche il coro, che ha confermato e trasformato in realtà le Sue belle parole su Bressanone e sulla musica.
Quando, in tempi passati, venivo da Nord, sulla via del Brennero, a Bressanone, ricordo che era per me sempre un momento emozionante quando la valle si apriva davanti ai miei occhi e apparivano le torri di Bressanone – questa città, circondata da vigneti e frutteti, adagiata tra le montagne, così ricca di storia e di bellezza. Allora sapevo: qui si sta bene! Allora sapevo: ho scelto l’angolo giusto e potrò poi tornare con nuove forze ai miei compiti.
Come già detto, a Bressanone ho scritto gran parte dei miei libri, mi sono rilassato, ho trovato amicizie; soprattutto, a Bressanone ho ricevuto ricordi che porterò con me. E questo è l’aspetto bello: che posso andare a passeggio nel paesaggio dei ricordi e, una volta tornato a Roma, le mie passeggiate nel paesaggio dei ricordi passeranno ripetutamente per Bressanone, e sarò di nuovo qui e potrò di nuovo rilassarmi e riprendere le forze.
Bressanone ha acquistato per me un’importanza particolare anche perché – come Lei, signor Sindaco, ha già espresso in termini così belli e profondi – è un luogo di incontro, di incontro tra le culture: nelle tre lingue infatti – italiano, tedesco e ladino – si incontrano le culture, e l’incontro tra le culture, di cui oggi tanto abbiamo bisogno, ha una sua storia a Bressanone. Sappiamo che non sempre è facile, ma che sempre è fruttuoso e ricco di doni, che aiuta tutti e ci rende più ricchi, più aperti e più umani.
Bressanone è per me un luogo di incontri: incontro delle culture; incontro anche tra una sana laicità ed una gioiosa fede cattolica; incontro tra una grande storia e il presente e il futuro. E vediamo che questa storia, che qui realmente è presente e tangibile, non impedisce la formazione, il dinamismo, la vitalità del presente e del futuro, ma al contrario ispira e dinamizza. E poi è anche un incontro tra le radici cristiane e lo spirito della modernità, che solo insieme possono costruire una società realmente degna di questo nome, una società realmente umana.
Per me, in questo senso, Bressanone è anche un modello europeo, una vera città europea: le radici cristiane, l’identità, l’identità cristiana della nostra cultura è presente; essa non ci rinchiude in noi stessi, al contrario, ci apre agli altri, ci dona la comunione dell’incontro e ci dà anche i criteri e i valori secondo cui vivere.
Il mio cordiale ringraziamento a tutti voi, e soprattutto chiedo per voi tutti la benedizione di Dio. Il Signore continui a proteggere questa bella città e l’aiuti a costruire un futuro grande e bello e umano. Grazie ancora!
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Liebe Freunde! Ich freue mich, daß ich auch heute in dieser schönen Pfarrkirche bei Euch sein kann. Das Evangelium erzählt uns heute, wie der Herr den sinkenden Petrus an die Hand nimmt und ihn sicher über die Wasser führt. Es ist ein Bild für unser Leben: Auch uns nimmt er an der Hand. Lassen wir uns an der Hand nehmen von ihm im Gebet, im Glauben, im Mitleben mit der Kirche, und geben wir auch anderen die Hand, die unsere Hand brauchen.
[Cari amici! Mi fa piacere di potere essere anche oggi con voi in questa bella chiesa parrocchiale. Il Vangelo di oggi ci racconta, che il Signore ha preso per mano San Pietro che stava affondando e lo ha condotto al sicuro, sulle acque. E’ un’immagine per la nostra vita: il Signore prende per mano anche noi. Lasciamoci prendere per mano da Lui nella preghiera, nella fede, nella vita con la Chiesa e diamo la nostra mano anche agli altri, che ne hanno bisogno.]
Cari amici, sono felice di essere ancora una volta in questa domenica con voi. Oggi il Vangelo ci racconta come San Pietro, in pericolo sul mare, è salvato dal Signore che gli da la mano. Il Signore da la mano anche a noi, ci guida sulle strade della nostra vita e cerchiamo di prendere la mano del Signore, nella preghiera, nella fede, nella comunione dei Sacramenti. E diamo anche ad altri la nostra mano e guidiamoli, in quanto possiamo, con l’aiuto del Signore. Grazie a voi tutti! Una buona domenica a tutti voi!
Dò ancora la mia benedizione: Sit Nomen Domini benedictum ...
Schönen Sonntag – buona domenica a tutti voi! E grazie!
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Posso soltanto dire grazie per la vostra presenza e la discrezione con la quale avete lavorato per me. Solo adesso vedo quale esercito di “angeli custodi” mi ha circondato, mi ha garantito questo tempo di pace e di gioia. Realmente, potevo vivere in un’isola di pace, vedere la bellezza della natura e, nello stesso tempo, sapere che tanti si impegnano per me, mi aiutano a vivere bene in questa isola di pace.
Spero che anche per voi sia stato un po’ un tempo di respiro di questa aria buona e non solo di lavoro e di impegno, ma anche di un po’ di riposo in questa bellezza della natura, in questa bella e piccola città, con tanta storia e con un presente così vivace e bello.
Mi mancano le parole per dire di più. Auguro a tutti voi ogni Benedizione del Nostro Signore, la gioia e tutte le belle cose che desiderate per le vostre famiglie, per ognuno di voi. Il Signore vi benedica sempre. Speriamo che questi giorni siano nella nostra memoria giorni che ci aiutano anche in seguito a credere nella bellezza della vita e ad avere fiducia nel nostro futuro.
Grazie a voi tutti!
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[Cari amici, Signor sindaco, cari cittadini di Bressanone, dei quali ora faccio parte anch’io in quanto cittadino onorario! Tutte le cose belle vengono a finire e così, purtroppo, anche la mia vacanza a Bressanone. Ma posso dirvi: è stata bellissima! E anche se queste giornate materialmente finiscono, rimane tuttavia un tesoro di ricordi che porto con me e mediante i quali potrò continuare ad essere con voi. E soprattutto attraverso il ponte della preghiera voglio rimanere con voi. Così saremo uniti, e grazie al Signore staremo in contatto e gioiremo insieme e cerchiamo di fare quel che è giusto per oggi per domani.]
Cari amici, grazie per tutto! Questi giorni finiscono, ma porto con me un tesoro di ricordi; soprattutto sul ponte della preghiera siamo sempre uniti. A tutti voi i migliori auguri, il Signore vi benedica sempre!
[A voi tutti auguro di cuore la benedizione del Signore e le mie preghiere vi accompagneranno. Posso concludere con la benedizione:]
Sit nomen Domini benedictum! …
Grazie moltissimo! Auf Wiedersehen! Arrivederci!
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[Signor Mandlig, Signore e Signori!
Questo non è stato semplicemente un film, è stato un pellegrinaggio. Il Bayerischer Rundfunk ci ha coinvolto nel pellegrinaggio di molte persone alla Madonna: giovani e anziani, uomini e donne, tutte le generazioni, e le diverse sfaccettature del nostro Paese si sono rese evidenti a noi. Quello che ha accomunato tutti, però, è stato il fatto di essere in cammino verso Maria e che la fiducia nella Madre del Signore conserva e conduce tutti nel loro cammino.
Abbiamo potuto sentire la fede delle persone che l’hanno testimoniata nella semplicità del loro pensiero e del loro essere e proprio per questo con la credibilità di chi non finge ma è spontaneo. E attraverso la fede abbiamo visto Maria stessa, la Madre di Dio: in lei si rispecchia la bontà di Dio.
Per questo dono ringrazio Lei, caro signor Mandlig, tutti i suoi collaboratori e il Bayerischer Rundfunk; mi auguro e spero che tante persone, guardando questo film, vengano coinvolte personalmente nel pellegrinaggio alla Madre e al Signore. Ma non voglio dimenticare di dire un cordiale "Vergelt’s Gott" ai cittadini di Oberaudorf, che già a Monaco mi avevano salutato in maniera splendida con il "Gott grüße Dich" e che ora sono venuti fino a noi e ci hanno fatto sentire nuovamente la bellezza della musica popolare bavarese. Dio vi ricompensi!]
Cari amici, questo non è stato semplicemente un film, è stato un pellegrinaggio. La Radio Bavarese ci ha coinvolti in un pellegrinaggio alla Madonna: c’erano giovani, anziani, persone semplici e gente colta, tutti in cammino verso la Madonna. E nel loro pellegrinaggio abbiamo sentito anche la loro fede, nella fede risplende il volto della Madonna e risplende la bontà di Dio. Per questo siamo grati alla Radio Bavarese e speriamo che questo film possa coinvolgere molti nel pellegrinaggio alla Madonna e guidarli sulla via della fede. Grazie: nella vigilia della Madonna Assunta, questo è un dono speciale! Buona festa a tutti! Grazie.
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Eminenze, Eccellenze,
Autorità, cari amici,
è per me motivo di profonda gioia che mio fratello adesso appartenga al collegio illustre dei concittadini onorari di questa bella città. Così Castel Gandolfo, se possibile, diventa ancora più cara, più vicina al mio cuore. Dunque grazie per questo gesto, anche da parte mia.
Dall'inizio della mia vita mio fratello è stato sempre per me non solo compagno, ma anche guida affidabile. È stato per me un punto di orientamento e di riferimento con la chiarezza, la determinazione delle sue decisioni. Mi ha mostrato sempre la strada da prendere, anche in situazioni difficili.
Lei, signor Sindaco, con le sue belle parole mi ha fatto ripensare agli anni trascorsi a Ratisbona, dove realmente la bella musica ascoltata in cattedrale, domenica dopo domenica, per me è stata un conforto, una consolazione, una gioia intima, riflesso della bellezza di Dio.
Mio fratello ha accennato al fatto che nel frattempo siamo arrivati all'ultima tappa della nostra vita, alla vecchiaia. I giorni da vivere si riducono progressivamente. Ma anche in questa tappa mio fratello mi aiuta ad accettare con serenità, con umiltà e con coraggio il peso di ogni giorno. Lo ringrazio.
Ringrazio il comune di Castel Gandolfo per questo gesto, che è realmente gratificante anche per me. Concludiamo questa bella cerimonia con la benedizione.
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Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari amici,
abbiamo trascorso una bella serata, nella quale ci è stato dato di riascoltare alcuni brani musicali famosi, che hanno suscitato in noi emozioni e suggestioni spirituali profonde. Con sentimenti di sincera cordialità, rivolgo il mio saluto a tutti voi qui convenuti, ed esprimo viva gratitudine a quanti hanno promosso e organizzato questo evento musicale. Sono certo di farmi interprete dei comuni sentimenti nel formulare un grato ed ammirato apprezzamento alla Signorina Yvonne Timoianu e al Signor Christoph Cornaro, che hanno suonato rispettivamente il violoncello e il pianoforte con encomiabile talento. Grazie alla loro magistrale esecuzione abbiamo potuto gustare la ricchezza multiforme del linguaggio musicale che caratterizza i brani proposti. Mi piace ricordare che la mia conoscenza del Signor Cornaro risale al periodo in cui egli è stato Ambasciatore d’Austria presso la Santa Sede. Sono molto lieto di ritrovarlo oggi come pianista.
Questo concerto ci ha dato l’occasione di vedere il felice accostamento della poesia di Wilhelm Müller alla musica di Franz Schubert in un genere melodico a lui caro. Sono in effetti oltre seicento i Lieder che Schubert ci ha lasciato: il grande compositore, non sempre compreso dai suoi contemporanei, fu, com’è noto, il "principe del Lied". Egli, come recita il suo epitaffio, "fece risuonare la poesia e parlare la musica". Poc’anzi abbiamo potuto assaporare il capolavoro della liederistica schubertiana: Die Winterreise (Il viaggio d’inverno). Ben 24 Lieder composti su liriche di Wilhelm Müller, nei quali Schubert esprime un’intensa atmosfera di triste solitudine, da lui particolarmente avvertita dato lo stato d’animo di prostrazione causatogli dalla lunga malattia e dal susseguirsi di non poche delusioni sentimentali e professionali. È un viaggio tutto interiore, che il celebre compositore austriaco scrisse nel 1827, solo un anno prima della prematura morte, che lo colse a 31 anni.
Quando Schubert fa calare un testo poetico nel suo universo sonoro, lo interpreta attraverso un intreccio melodico che penetra nell’anima con dolcezza, portando anche chi l’ascolta a provare lo stesso struggente rimpianto avvertito dal musicista, lo stesso richiamo di quelle verità del cuore che vanno al di là di ogni raziocinio. Nasce così un affresco che parla di schietta quotidianità, di nostalgia, di introspezione, di futuro. Tutto riaffiora lungo il percorso: la neve, il paesaggio, gli oggetti, le persone, gli eventi, in un fluire struggente di ricordi. In particolare, è stata per me un’esperienza nuova e bella ascoltare quest’opera nella versione che ci è stata proposta, cioè con il violoncello al posto della voce umana. Non sentivamo le parole della poesia, ma il loro riflesso ed i sentimenti in esse contenuti espressi con la "voce" quasi umana del violoncello.
Presentando Il viaggio d’inverno agli amici, Schubert ebbe a dire: "Vi canterò un ciclo di Lieder che mi hanno coinvolto più di quanto non mi sia mai successo prima. Mi piacciono più di tutti, e piaceranno anche a voi". Sono parole a cui possiamo assentire anche noi, dopo averli ascoltati nella luce della speranza della nostra fede. Il giovane Schubert, spontaneo ed esuberante, è riuscito a comunicare anche a noi questa sera ciò che egli ha vissuto e sperimentato. Meritato è pertanto il riconoscimento che universalmente viene tributato a questo illustre genio della musica, che onora la civiltà europea e la grande cultura e spiritualità dell’Austria cristiana e cattolica.
Interiormente confortati dalla splendida esperienza musicale di stasera, rinnoviamo il nostro grazie a chi ne è stato promotore e a chi l’ha magnificamente realizzata. Porgo ancora il mio saluto cordiale a quanti sono qui presenti, e a tutti imparto con affetto la mia Benedizione.
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Cari fratelli e sorelle,
Nella lettura odierna, san Paolo ci dice che abbiamo bisogno di un rinnovamento dello spirito per poter riconoscere la volontà di Dio. Questo rinnovamento non lo possiamo realizzare noi, non possiamo darcelo da noi stessi, ma dobbiamo essere rinnovati. Questo rinnovamento è la morte e la risurrezione. Può avvenire solo nella novità operata da Dio stesso, nel perderci in Cristo, che ci attrae a sé nella Santa Eucaristia e che attraverso il battesimo ci ha resi partecipi della sua morte e della sua risurrezione. Così, a partire da questo testo di Paolo, oggi si rende comprensibile anche ciò che il Signore dice nel Vangelo, ossia che possiamo solo prendere la croce e seguirlo. Non si tratta di un'ascesi limitata, ma si parla di una novità che possiamo ricevere solo nella comunione con la sua morte e la sua risurrezione. All'inizio di questa Santa Messa desideriamo pregare il Signore perché porti via tutto il vecchio che è in noi, perché infranga la nostra vecchia chiusura in noi stessi e la nostra autosufficienza, perché ci renda nuovi.
60908
Cari fratelli nell'episcopato,
Ricevervi tutti insieme, pastori della Chiesa in Nicaragua, durante la vostra visita ad limina Apostolorum, suscita in me una grande gioia e mi offre l'opportunità di esprimere la mia vicinanza ai vostri impegni apostolici e agli aneliti e alle inquietudini del popolo nicaraguense, che in questi giorni mi avete fatto vivamente presente. Ringrazio monsignor Leopoldo José Brenes Solórzano, arcivescovo di Managua e presidente della Conferenza episcopale, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome di tutti, manifestando il vostro desiderio di rafforzare sempre più i vincoli di unità, di amore e di pace con il Successore di Pietro (cfr. Lumen gentium LG 22), così come la comunione fra voi nell'"ufficio apostolico come testimoni di Cristo al cospetto di tutti gli uomini" (Christus Dominus CD 11).
Conosco i vostri sforzi per portare il messaggio del Vangelo in ogni ambito del Nicaragua, con la generosa collaborazione dei vostri sacerdoti e degli istituti religiosi presenti nel Paese. Spesso ricevete anche un aiuto prezioso dai catechisti e dai delegati della Parola, che sono un canale attraverso il quale il dono della fede cresce nei bambini e illumina le diverse tappe della vita in luoghi lontani dove è praticamente impossibile la presenza stabile di un sacerdote che guidi la comunità. Molto deve la Chiesa a queste persone che presentano la Buona Novella e la dottrina cristiana con spirito fraterno, personalmente, giorno dopo giorno e a viva voce, come è proprio di un messaggio che si porta nel profondo ed è destinato a trasformarsi in vita nuova in quanti lo ricevono. Perciò è imprescindibile che questi generosi servitori e collaboratori nella missione evangelizzatrice della Chiesa ricevano l'incoraggiamento dei loro pastori, abbiano una formazione religiosa profonda e costante, e mantengano un'ineccepibile fedeltà alla dottrina della Chiesa. Essi devono essere in modo molto particolare "discepoli" eccellenti che imparano dai "maestri autentici" che insegnano con l'autorità di Cristo (cfr. Lumen gentium LG 25), e che infondono in quanti li ascoltano la nostalgia del Maestro e dei suoi ministri, che lo rendono realmente presente mediante i sacramenti e soprattutto l'Eucaristia, per costituire in tal modo una vera e piena comunione cristiana riunita attorno al Signore e presieduta da uno dei suoi sacerdoti (cfr. Sacramentum caritatis, n. 75).
La necessità di clero ben preparato dal punto di vista spirituale, intellettuale e umano, vi ha portato a rivedere di recente l'impostazione dei seminari nel Paese, con la speranza di poter offrire così una formazione migliore ai seminaristi delle vostre diocesi, formazione sempre necessaria e che richiede una vicinanza e un'attenzione scrupolosa da parte di ogni vescovo, senza venir meno nel diligente discernimento dei candidati, e neppure nelle rigorose esigenze necessarie per divenire sacerdoti esemplari e traboccanti di amore per Cristo e la Chiesa. In tal modo si potranno nutrire nuove speranze di poter assistere pastoralmente e in modo adeguato settori tanto importanti come la catechesi sistematica, incisiva e organizzata per bambini e giovani, per i quali avete preparato un catechismo specifico per la Confermazione e avete promosso l'"infanzia missionaria". È auspicabile che migliori anche la dovuta assistenza religiosa negli ospedali, nei centri penitenziari e in altre istituzioni.
A tale proposito, non bisogna mai dimenticare che il seme del Vangelo si deve piantare ogni volta, in ogni epoca, in ogni generazione, affinché germogli vigoroso e il suo fiore non appassisca. Anche la religiosità popolare, tanto radicata fra la vostra gente e che è una grande ricchezza per il vostro popolo, deve essere qualcosa in più di una semplice tradizione ricevuta passivamente, rivitalizzandola continuamente mediante un'azione pastorale che faccia splendere la profondità dei gesti e dei segni, indicando il mistero insondabile di salvezza e di speranza al quale si riferiscono e del quale Dio ci ha resi partecipi, illuminando la mente, colmando il cuore e impegnando la vita.
Una delle grandi sfide che dovete affrontare è proprio la solida formazione religiosa dei vostri fedeli, facendo sì che il Vangelo resti profondamente impresso nella loro mente, nella loro vita e nel loro lavoro, di modo che siano fermento del Regno di Dio con la propria testimonianza nei diversi ambiti della società e contribuiscano a far sì che le questioni temporali si ordinino secondo la giustizia e si adeguino alla vocazione totale dell'uomo sulla terra (cfr. Apostolicam actuositatem AA 7).
Ciò è particolarmente importante in una situazione in cui alla povertà e all'emigrazione si sommano marcate disuguaglianze sociali e una radicalizzazione politica, specialmente negli ultimi anni. Osservo con soddisfazione che, come pastori, condividete le vicissitudini del vostro popolo e, rispettando scrupolosamente l'autonomia della gestione pubblica, vi sforzate di creare un clima di dialogo e di distensione, senza rinunciare a difendere i diritti fondamentali dell'uomo, a denunciare le situazioni di ingiustizia e a favorire una concezione della politica che, più che ambizione per il potere e il controllo, sia un servizio generoso e umile al bene comune. Vi incoraggio in questo cammino, esortandovi allo stesso tempo a promuovere e a seguire le tante iniziative di carità e di solidarietà con i più bisognosi che sono nelle vostre Chiese, affinché non manchi aiuto alle famiglie in difficoltà né quello spirito generoso di tanti laici che, a volte in forma anonima, si sforzano di ottenere il pane quotidiano per i loro fratelli più poveri.
In questo, come in molti altri campi, non bisogna dimenticare il dinamismo, la dedizione e la creatività dei religiosi e delle religiose, un tesoro per la vita ecclesiale in Nicaragua. Essi sono testimoni del fatto che "quanto più si vive di Cristo, tanto meglio Lo si può servire negli altri, spingendosi fino agli avamposti della missione, e assumendo i più grandi rischi" (Vita consecrata VC 76). Che non manchi loro il riconoscimento dei pastori e neppure l'incoraggiamento a restare fedeli al proprio carisma e alla missione specifica della Chiesa!
Una menzione particolare meritano le istituzioni educative, soprattutto le scuole cattoliche dove si reca la maggior parte degli studenti nicaraguensi, svolgendo così, fra grandi difficoltà e senza l'aiuto dovuto, una missione essenziale della Chiesa e un'inestimabile servizio alla società. È encomiabile il servizio degli educatori che, a volte con grandi sacrifici, si dedicano a una formazione integrale che apra ai giovani le porte di un futuro promettente. Un Paese che ricerca lo sviluppo e una Chiesa che vuole essere più dinamica devono concentrare i propri sforzi su di loro, senza nascondergli la grandezza che possiede per l'essere umano la dimensione trascendente e religiosa. Vi esorto, pertanto, a incoraggiare gli educatori e a sforzarvi di tutelare i diritti che hanno i genitori a formare i propri figli secondo le loro convinzioni e credenze.
Al termine di questo incontro, desidero rinnovare il mio ringraziamento e la mia stima per la vostra sollecita opera di pastori, incoraggiando lo spirito missionario nelle vostre Chiese particolari. Vi chiedo di trasmettere il mio saluto al signor cardinale Miguel Obando Bravo, ai vescovi emeriti, ai sacerdoti e ai seminaristi, alle numerose comunità religiose e, in modo particolare, alle suore contemplative del vostro Paese, ai catechisti e a quanti vi aiutano a diffondere continuamente il Vangelo in Nicaragua. Mentre affido il vostro lavoro alla Vergine Maria, Nostra Signora della Purissima Concezione, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.
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Cari fratelli nel Sacerdozio,
cari seminaristi e studenti di teologia,
cari fratelli e sorelle!
Conservo viva negli occhi l’immagine suggestiva della solenne celebrazione eucaristica di questa mattina presso la Basilica di Nostra Signora di Bonaria. Attorno a Maria, speciale Patrona di tutta la Sardegna, si sono date appuntamento le comunità parrocchiali dell’intera Regione. Ed ora, quasi a prolungamento di quell’incontro spirituale, ho la gioia di intrattenermi con voi, cari sacerdoti, seminaristi, alunni e docenti della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, in questa Cattedrale, anch’essa dedicata a Santa Maria Vergine. In questo tempio antico, rinnovato e abbellito nel corso degli anni dalla cura di zelanti Pastori, tutto parla di fede: una fede viva, testimoniata dalla devota conservazione delle reliquie dei Martiri cagliaritani, tra i quali mi piace citare i santi Vescovi Siridonio, Martino, Ninfo, Ilario, Fabrizio e Giovenale.
Ringrazio di cuore l’Arcivescovo, Mons. Giuseppe Mani, per il rinnovato saluto che mi ha rivolto a nome di tutti i Vescovi, i presbiteri di Cagliari e della Regione. Incontrando voi, cari sacerdoti qui presenti, penso con affetto e gratitudine ai vostri confratelli che lavorano nell’Isola su un terreno dissodato e coltivato con ardore apostolico da coloro che vi hanno preceduto. Sì! La Sardegna ha conosciuto presbiteri che, come autentici maestri di fede, hanno lasciato meravigliosi esempi di fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Lo stesso tesoro inestimabile di fede, di spiritualità e di cultura è affidato oggi a voi; è posto nelle vostre mani, perché di esso siate attenti e saggi amministratori. Abbiatene cura e custoditelo con gioia e passione evangelica!
Mi rivolgo ora con paterno affetto alla comunità del Seminario e della Facoltà Teologica, dove molti di voi hanno potuto realizzare la loro formazione dottrinale e pastorale, e dove attualmente diversi giovani si vanno preparando al futuro ministero sacerdotale. Mi preme ringraziare gli educatori e i professori, che quotidianamente si dedicano a un così importante lavoro apostolico. Accompagnare nel loro percorso formativo i candidati alla missione sacerdotale, significa aiutarli innanzitutto a conformarsi a Cristo. In quest’impegno, voi, cari formatori e docenti, siete chiamati a svolgere un ruolo insostituibile, poiché è proprio durante questi anni che si pongono le basi del futuro ministero del sacerdote. Ecco perché, come in diverse occasioni ho avuto modo di ribadire, occorre guidare i seminaristi ad una personale esperienza di Dio attraverso la quotidiana preghiera personale e comunitaria, e soprattutto attraverso l’Eucaristia, celebrata e sentita come il centro di tutta la propria esistenza. Nell’Esortazione post-sinodale Pastores dabo vobis Giovanni Paolo II ha scritto: “Formazione intellettuale teologica e vita spirituale, in particolare vita di preghiera, s’incontrano e si rafforzano a vicenda, senza nulla togliere né alla serietà della ricerca né al sapore spirituale della preghiera” (n.53).
Cari seminaristi e alunni della Facoltà Teologica, voi sapete che la formazione teologica – lo ricordava ancora il mio venerato Predecessore nella citata Esortazione Apostolica - è opera quanto mai complessa e impegnativa. Essa deve condurvi a possedere una visione “completa e unitaria” delle verità rivelate e del loro accoglimento nell’esperienza di fede della Chiesa. Di qui scaturisce la duplice esigenza di conoscere la totalità delle verità cristiane, e di conoscere tali verità non come verità separate una dall’altra, ma in modo organico, come un’unità, come un’unica verità di fede in Dio, operando “una sintesi che sia il frutto degli apporti delle diverse discipline teologiche, la cui specificità acquista autentico valore soltanto nella loro profonda coordinazione” (ibid n.54), che ci fa vedere l’unità della verità, l’unità della nostra fede. Inoltre, in questi anni, ogni attività e iniziativa deve disporvi a comunicare alla carità di Cristo Buon Pastore. Di Lui siete chiamati ad essere domani ministri e testimoni: ministri della sua grazia e testimoni del suo amore. Accanto allo studio e alle esperienze pastorali ed apostoliche delle quali potete usufruire, non dimenticate pertanto di porre al primo posto la costante ricerca di un’intima comunione con Cristo. Sta qui, solo qui, il segreto del vostro vero successo apostolico.
Cari presbiteri, cari aspiranti al sacerdozio e alla vita consacrata, Iddio vi vuole tutti per sé e vi chiama ad essere operai nella sua vigna, così come ha fatto con tanti uomini e donne lungo la storia cristiana della vostra bella Isola. Essi hanno saputo rispondere con un “sì” generoso alla sua chiamata. Penso, ad esempio, all’opera evangelizzatrice svolta dai religiosi: dai Francescani ai Mercedari, dai Domenicani ai Gesuiti, dai Benedettini ai Vincenziani, dai Salesiani agli Scolopi, dai Fratelli delle Scuole Cristiane ai Giuseppini, agli Orionini, a tanti altri ancora. E come dimenticare la grande fioritura di vocazioni religiose femminili, di cui la Sardegna è un vero e proprio vivaio? In tanti Ordini e Congregazioni sono presenti donne sarde, specie nei monasteri di clausura. Senza questo grande “nugolo di testimoni” (cfr He 12,1), sarebbe stato certamente più difficile diffondere l’amore di Cristo nei paesi, nelle famiglie, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri e nei luoghi di lavoro. Quale patrimonio di bene è venuto accumulandosi grazie alla loro dedizione! Senza il seme del cristianesimo la Sardegna sarebbe più fragile e povera. Insieme a voi rendo grazie a Dio che mai fa mancare al suo popolo guide e testimoni santi!
Cari fratelli e sorelle, a voi tocca ora proseguire l’opera di bene compiuta da chi vi ha preceduto. A voi, in particolare, cari presbiteri - e mi rivolgo con affetto a tutti i sacerdoti della Sardegna - assicuro la mia vicinanza spirituale, perché possiate rispondere all’appello del Signore con totale fedeltà come, pure di recente, hanno fatto alcuni vostri confratelli. Ricordo don Graziano Muntoni, sacerdote della diocesi di Nuoro ucciso alla vigilia del Natale del 1998, mentre si recava in Chiesa a celebrare la Messa, e Padre Battore Carzedda del PIME, che ha dato la vita perché i credenti di tutte le religioni si aprano ad un dialogo sincero sorretto dall’amore. Non vi spaventino, né vi scoraggino le difficoltà: il grano e la zizzania, lo sappiamo, cresceranno insieme sino alla fine del mondo (cfr Mt 13,30). È importante essere chicchi di buon grano che, caduti in terra, portano frutto. Approfondite la consapevolezza della vostra identità: il sacerdote, per la Chiesa e nella Chiesa, è segno umile ma reale dell’unico ed eterno Sacerdote che è Gesù. Deve proclamarne autorevolmente la parola, rinnovarne i gesti di perdono e di offerta, esercitarne l’amorevole sollecitudine al servizio del suo gregge, in comunione con i Pastori e fedelmente docile agli insegnamenti del Magistero. Ravvivate dunque ogni giorno il carisma che avete ricevuto con l’imposizione delle mani (cfr 2Tm 1,6), identificandovi con Gesù Cristo nella sua triplice funzione di santificare, ammaestrare e pascere il gregge. Vi protegga e vi accompagni Maria Santissima, Madre della Chiesa. Quanto a me, tutti vi benedico, con uno speciale ricordo per i sacerdoti anziani e malati, e per le persone affidate alle vostre cure pastorali. Grazie per questo incontro e auguri per il vostro ministero.
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