Discorsi 2005-13 14029

AI VESCOVI DELLA NIGERIA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sala del Concistoro Sabato, 14 febbraio 2009

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Cari fratelli vescovi,

è con grande gioia che vi accolgo, vescovi della Nigeria, in occasione della vostra visita ad limina sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo. In quanto successore di Pietro apprezzo questo incontro che rafforza il nostro vincolo di comunione e amore fraterno e ci permette di rinnovare la nostra responsabilità sacra nella Chiesa. Ringrazio l'arcivescovo Job per le cordiali parole che mi ha rivolto a vostro nome. Da parte mia, sono lieto di esprimere i miei sentimenti di rispetto e di gratitudine per voi e per tutti i fedeli della Nigeria.

Fratelli, dalla vostra ultima visita ad limina Dio Onnipotente ha benedetto la Chiesa nel vostro Paese con uno sviluppo generoso. Ciò è particolarmente visibile nel numero di nuovi cristiani che, nel vostro Paese, hanno ricevuto Cristo nei loro cuori e accettano gioiosamente la Chiesa come "colonna e sostegno della verità" (
1Tm 3,15). Le abbondanti vocazioni sacerdotali e religiose sono anche un segno chiaro dell'opera dello Spirito fra voi. Per queste benedizioni rendo grazie a Dio ed esprimo il mio apprezzamento a voi, ai vostri sacerdoti, religiosi e catechisti che avete lavorato nella vigna del Signore.

L'espansione della Chiesa richiede una cura speciale nella pianificazione diocesana della formazione del personale mediante attività formative per facilitare il necessario approfondimento della fede del vostro popolo (cfr. Ecclesia in Africa ). Dai vostri resoconti deduco che siete ben consapevoli dei passi da compiere: insegnare l'arte della preghiera, incoraggiare la partecipazione alla liturgia e ai sacramenti, predicare in modo saggio e adeguato, impartire il catechismo, fornire una guida morale e spirituale. Da questo fondamento la fede si sviluppa in virtù cristiana e anima parrocchie vitali e un servizio generoso alla più ampia comunità. Voi stessi, insieme ai sacerdoti, dovete guidare con umiltà, distacco dalle ambizioni terrene, preghiera, obbedienza alla volontà di Dio e trasparenza nel governare. In tal modo diverrete segno di Cristo, il Buon Pastore.

La celebrazione della liturgia è una fonte privilegiata di rinnovamento della vita cristiana. Lodo i vostri sforzi volti a mantenere il giusto equilibrio fra momenti di contemplazione e gesti esteriori di partecipazione e di gioia nel Signore. A questo fine bisogna prestare attenzione alla formazione liturgica dei sacerdoti ed evitare eccessi estranei. Proseguite lungo questo cammino ricordando che il dialogo di amore e di venerazione del Signore viene molto migliorato dalla pratica dell'adorazione eucaristica nelle parrocchie, nelle comunità religiose e in altri luoghi adatti (cfr. Sacramentum caritatis, n. 67)!

Il prossimo Sinodo dei vescovi per l'Africa affronterà, fra gli altri temi, quello della conflittualità etnica. L'immagine meravigliosa della Gerusalemme Celeste, la riunione di innumerevoli uomini e donne di ogni tribù, lingua, popolo e nazione redenti dal Sangue di Cristo (cfr. Ap Ap 5,9), vi incoraggi ad affrontare la sfida del conflitto etnico laddove è presente, anche in seno alla Chiesa! Esprimo il mio apprezzamento per quanti di voi hanno accettato una missione pastorale al di fuori dei confini del proprio gruppo linguistico o regionale e ringrazio i sacerdoti e le persone che vi hanno accolto e sostenuto. La vostra disponibilità ad adattarvi agli altri è un segno eloquente del fatto che, quale nuova famiglia di tutti coloro che credono in Cristo (cfr. Mc Mc 3,31-35), nella Chiesa non è c'è posto per alcun tipo di divisione. Ai catecumeni e ai neofiti bisogna insegnare ad accettare questa verità mentre si impegnano a seguire Cristo e a condurre una vita di amore cristiano. Tutti i credenti, in particolare seminaristi e sacerdoti, diverranno più maturi e generosi, permettendo al messaggio evangelico di purificare e superare qualsiasi eventuale ristrettezza di vedute locali. La selezione saggia e ponderata dei seminaristi è fondamentale per il benessere spirituale del vostro Paese. La loro formazione personale deve essere garantita da un costante orientamento spirituale, dalla riconciliazione sacramentale, dalla preghiera e dalla meditazione sulle Sacre Scritture. Nella Parola di Dio seminaristi e sacerdoti troveranno i valori che distinguono il buon sacerdote consacrato al Signore nel corpo e nello spirito (cfr 1Co 2,1).

Desidero evidenziare il compito del vescovo di sostenere l'importante realtà sociale ed ecclesiale del matrimonio e della vita familiare. Con la cooperazione di sacerdoti e di laici, di esperti e di coniugi ben preparati eserciterete con responsabilità e zelo la vostra sollecitudine in questa area di priorità pastorale (cfr. Familiaris consortio FC 73). Corsi per fidanzati, insegnamento catechetico generale e specifico sul valore della vita umana, sul matrimonio e sulla famiglia rafforzeranno i vostri fedeli aiutandoli ad affrontare le sfide rappresentate dai cambiamenti sociali. Parimenti non mancate di incoraggiare le associazioni o i movimenti che assistono validamente i coniugi nella loro vita di fede e coniugale.

Rendendo un importante servizio alla nazione, avete mostrato impegno nel dialogo fra le religioni, in particolare con l'Islam. Con pazienza e perseveranza si instaurano forti rapporti di rispetto, amicizia e cooperazione concreta con i membri di altre religioni. Grazie ai vostri sforzi di promotori di buona volontà intelligenti e instancabili, la Chiesa diverrà un segno e uno strumento più chiari di comunione con Dio e dell'unità con l'intera razza umana (cfr. Lumen gentium LG 1).

Molto apprezzato è il vostro impegno a trarre dai principi cattolici commenti illuminati sugli attuali problemi nazionali. La legge naturale, inscritta dal Creatore nel cuore di ogni essere umano (cfr. Messaggio in occasione della Giornata mondiale della pace 2009, n. 8) e il Vangelo, correttamente compreso e applicato alle realtà politiche e civili, non riducono in alcun modo la gamma di valide opzioni politiche. Al contrario, costituiscono una garanzia per tutti i cittadini di una vita di libertà, con rispetto per la loro dignità di persone e tutela dalla manipolazione ideologica e dall'abuso basati sulla legge del più forte (cfr. Discorso alla sessione Plenaria della Commissione Teologica Internazionale, 5 dicembre 2008). Con fiducia nel Signore, continuate a esercitare la vostra autorità episcopale nella lotta contro la corruzione e le pratiche ingiuste e contro tutte le cause e le forme di discriminazione e di criminalità, in particolare il trattamento degradante delle donne e il deplorevole fenomeno dei rapimenti. Promuovendo la dottrina sociale cattolica offrite un contributo leale al vostro Paese e promuovete il consolidamento di un ordine nazionale basato sulla solidarietà e su una cultura dei diritti umani.

Miei cari fratelli vescovi, vi esorto con le parole dell'Apostolo Paolo: "Vigilate, state saldi nella fede, comportatevi da uomini, siate forti. Tutto si faccia tra voi nella carità" (1Co 16,13-14). Vi prego di trasmettere i miei saluti al vostro amato popolo, in particolare ai numerosi fedeli che rendono testimonianza di Cristo nella speranza attraverso la preghiera e la sofferenza (cfr. Spe salvi Spe salvi, 35 e 36). Il mio sincero affetto va anche a quanti servono nella famiglia, nelle parrocchie e nelle stazioni missionarie, nei campi dell'educazione, della sanità e in altre sfere della carità cristiana.

Affidando voi e quanti seguite con la vostra sollecitudine pastorale alle preghiere del beato Cyprian Michael Iwene Tansi e alla protezione materna di Maria, Madre della Chiesa, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.




AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO DI STUDI PROMOSSO IN OCCASIONE DELL'80° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO Sala Clementina Sabato, 14 febbraio 2009

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Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
gentili Signori e Signore!

E’ con vero piacere che rivolgo il mio cordiale saluto a tutti voi, organizzatori, relatori e partecipanti al Convegno di studi promosso per celebrare la ricorrenza dell’80.mo anniversario della fondazione dello Stato della Città del Vaticano. "Un piccolo territorio per una grande missione" è il tema sul quale si è soffermata la vostra attenzione, riflettendo insieme sul valore spirituale e civile che riveste questo piccolo Stato sovrano, posto interamente al servizio della grande missione affidata da Gesù Cristo all’apostolo Pietro e ai suoi Successori. Ringrazio il Signor Cardinale Giovanni Lajolo non solo per l’indirizzo di saluto che a vostro nome mi ha rivolto, ma anche per l’impegno che egli e i suoi collaboratori del Governatorato hanno profuso per solennizzare il significativo traguardo degli ottant’anni di esistenza e di attività dello Stato Vaticano.

Vivo compiacimento esprimo per le celebrazioni e per le diverse iniziative commemorative di questi giorni, tese ad approfondire e a far meglio conoscere la storia e la fisionomia della Civitas Vaticana. Essa, a ottant’anni dalla sua fondazione, costituisce una realtà pacificamente acquisita, anche se non sempre ben compresa nelle sue ragioni d’essere e nei molteplici compiti che è chiamata a svolgere. Per chi opera quotidianamente a servizio della Santa Sede o per chi vive nell’Urbe è un dato di fatto scontato che esista nel cuore di Roma un piccolo Stato sovrano, ma non a tutti è noto che esso è frutto di un processo storico alquanto tormentato, che ne ha reso possibile la costituzione, motivata da alti ideali di fede e da lungimirante consapevolezza delle finalità a cui doveva soddisfare. Potremmo così dire che la ricorrenza, che giustifica il nostro odierno incontro, invita a guardare con più viva consapevolezza a quello che lo Stato della Città del Vaticano significa ed è.

Quando si torna con la memoria all’11 febbraio del 1929, non si può fare a meno di ripensare con profonda riconoscenza a colui che dei Patti Lateranensi fu il primo e principale artefice e protagonista, il mio venerato Predecessore Pio XI: era il Papa della mia infanzia, al quale abbiamo guardato con tanta venerazione e amore. Giustamente in questi giorni è risuonato più volte il suo nome, perché egli fu con lucida lungimiranza e indomita volontà il vero fondatore e il primo costruttore dello Stato della Città del Vaticano. Del resto, gli studi storici tuttora in corso sul suo pontificato ci fanno sempre più percepire la grandezza di Papa Ratti, il quale guidò la Chiesa nei difficili anni fra le due guerre mondiali. Con mano ferma egli diede forte impulso all’azione ecclesiale nelle sue molteplici dimensioni: pensiamo all’espansione missionaria, alla cura per la formazione dei ministri di Dio, alla promozione dell’attività dei fedeli laici nella Chiesa e nella società, all’intenso rapporto con la comunità civile. Durante il suo pontificato il "Papa Bibliotecario" dovette misurarsi con le difficoltà e le persecuzioni che la Chiesa subiva in Paesi quali il Messico e la Spagna e con la lotta che ad essa portarono i totalitarismi – nazionalsocialismo e fascismo - sorti e consolidatisi in quegli anni. In Germania è indimenticata la sua grande Enciclica Mit brennender Sorge, come forte segnale contro il nazismo. Si rimane davvero ammirati di fronte all’opera saggia e forte di questo Pontefice, che per la Chiesa volle solo quella libertà che le permettesse di svolgere integralmente la sua missione. Anche lo Stato della Città del Vaticano, sorto a seguito dei Patti Lateranensi e in particolare del Trattato, fu considerato da Pio XI uno strumento per garantire la necessaria indipendenza da ogni potestà umana, per dare alla Chiesa e al suo Supremo Pastore la possibilità di adempiere pienamente al mandato ricevuto da Cristo Signore. Quanto poi questa piccola, ma completa realtà statuale fosse utile e benefica per la Santa Sede, per la Chiesa, come pure per Roma e il mondo intero, lo si vide appena dieci anni dopo, allorquando scoppiò la seconda guerra mondiale, una guerra che arrivò con le sue violenze e sofferenze fino alle porte del Vaticano.

Si può allora affermare che lungo gli otto decenni della sua esistenza, lo Stato Vaticano si è dimostrato uno strumento duttile e sempre all’altezza delle esigenze che ad esso ponevano e continuano a porre sia la missione del Papa, sia i bisogni della Chiesa, sia le sempre mutevoli condizioni della società. Proprio per questo, sotto la guida dei miei venerati Predecessori - dal Servo di Dio Pio XII a Papa Giovanni Paolo II -, si è realizzato, ed ancor oggi si attua sotto gli occhi di tutti, un costante adeguamento delle norme, delle strutture e dei mezzi di questo singolare Stato edificato intorno alla Tomba dell’Apostolo Pietro. Il significativo anniversario, che in questi giorni stiamo commemorando, è dunque motivo di profondo ringraziamento al Signore, che guida le sorti della sua Chiesa nelle vicende spesso turbolente del mare della storia, ed assiste il suo Vicario in terra nello svolgimento del suo ufficio di Christianae religionis summus Antistes. La mia gratitudine si estende a quanti sono stati in passato e sono oggi protagonisti della vita dello Stato della Città del Vaticano, alcuni noti, ma molti altri sconosciuti nel loro umile e prezioso servizio. Ai membri dell’attuale comunità di vita e di lavoro del Governatorato e delle altre strutture dello Stato va il mio pensiero riconoscente, interpretando così i sentimenti dell’intero popolo di Dio. Allo stesso tempo, vorrei incoraggiare coloro che operano nei diversi uffici e servizi vaticani a svolgere le loro mansioni non solo con onestà e competenza professionale, ma anche con una sempre più viva consapevolezza che il loro lavoro costituisce un prezioso servizio alla causa del Regno di Dio.

La Civitas Vaticana è in verità un punto quasi invisibile sui mappamondi della geografia mondiale, uno Stato minuto ed inerme privo di eserciti temibili, apparentemente irrilevante nelle grandi strategie geopolitiche internazionali. Eppure, questo presidio visibile dell’assoluta indipendenza della Santa Sede, è stato ed è centro di irradiazione di una costante azione a favore della solidarietà e del bene comune. E non è forse vero che proprio per questo da ogni parte si guarda a questo piccolo lembo di terra con grande attenzione? Lo Stato Vaticano, che racchiude in sé tesori di fede, di storia, di arte, custodisce un patrimonio prezioso per l’umanità intera. Dal suo cuore, dove presso la tomba di san Pietro abita il Papa, si leva un incessante messaggio di vero progresso sociale, di speranza, di riconciliazione e di pace. Ora, questo nostro Stato, dopo aver solennemente ricordato l’80.mo anniversario della sua fondazione, riprende il cammino con più forte slancio apostolico. Possa la Città del Vaticano essere sempre più una vera "città sul monte", luminosa grazie alle convinzioni e alla generosa dedizione di quanti vi operano al servizio della missione ecclesiale del Successore di Pietro. Con tale auspicio, mentre invoco la materna protezione di Maria, l’intercessione dei Santi Pietro e Paolo e degli altri martiri che con il loro sangue hanno reso sacro questo suolo, imparto volentieri la mia Benedizione a voi tutti qui convenuti, estendendola con affetto alla grande famiglia dello Stato della Città del Vaticano.




ALLA COMUNITÀ DEL PONTIFICIO COLLEGIO PIO LATINO AMERICANO DI ROMA Sala Clementina Giovedì, 19 febbraio 2009

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Venerati fratelli nell'episcopato,
caro padre Rettore, cari superiori, religiose e alunni del Pontificio Collegio Pio Latino Americano di Roma
1. Ringrazio per le cordiali parole che, a nome di voi tutti, mi ha rivolto monsignor Carlos José Ñáñez, arcivescovo di Cordoba e presidente della commissione episcopale del Pontificio Collegio Pio Latino Americano. Sono lieto di ricevervi mentre state celebrando i centocinquant'anni della fondazione di questa benemerita istituzione.

Il 27 novembre del 1858 ebbe inizio il fecondo cammino di questo collegio come prezioso centro di formazione, prima di seminaristi e poi, da poco più di tre decenni, di diaconi e sacerdoti. Oggi più di quattromila alunni si sentono membri di questa grande famiglia. Tutti loro hanno guardato a questa alma mater con profondo affetto, perché si è contraddistinta fin dall'inizio per il clima di semplicità, di accoglienza, di preghiera e di fedeltà al Magistero del Sommo Pontefice, il che contribuisce fortemente a far sì che negli allievi crescano l'amore per Cristo e il desiderio di servire umilmente la Chiesa, cercando sempre la maggior gloria di Dio e il bene delle anime.

2. Voi, cari alunni del Collegio Pio Latino Americano, siete eredi di questo ricco patrimonio umano e spirituale, che bisogna perpetuare e arricchire con uno studio serio delle diverse discipline ecclesiastiche e con l'esperienza gioiosa dell'universalità della Chiesa. Qui, in questa città, gli Apostoli Pietro e Paolo proclamarono con audacia il Vangelo e posero fondamenta salde per diffonderlo in tutto il mondo, nel compimento del mandato del Maestro: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (
Mt 28,19-20).

Voi stessi siete frutto di questa meravigliosa semina del messaggio redentore di Cristo nel corso della storia. In effetti, provenite da diversi Paesi, nei quali, più di cinquecento anni fa, alcuni valorosi missionari fecero conoscere Gesù, nostro Salvatore. In tal modo, per mezzo del battesimo, quei popoli si aprirono alla vita della grazia che fece di essi figli di Dio per adozione e inoltre ricevettero lo Spirito Santo, che fecondò le loro culture, purificandole e facendo crescere i semi che il Verbo incarnato aveva posto in esse, indirizzandole così lungo le vie del Vangelo (cfr. Discorso nella Sessione inaugurale della V Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, n. 1).

A Roma, vicino alla Cattedra del Principe degli Apostoli, avete un'opportunità privilegiata di forgiare il vostro cuore di veri apostoli, nel quale l'essere e l'agire siano fermamente ancorati al Signore, che deve essere sempre per voi base, bussola e meta dei vostri sforzi. Il collegio vi permette inoltre di condividere fraternamente la vostra esperienza umana e sacerdotale e vi offre un'opportunità propizia per aprirvi permanentemente alla conoscenza di altre culture ed espressioni ecclesiali. Ciò vi aiuterà a essere autentici discepoli di Gesù Cristo e intrepidi missionari della sua Parola, con ampiezza di vedute e grandezza d'animo. In tal modo sarete maggiormente capaci di essere uomini di Dio che lo conoscono in profondità, generosi operai nella sua vigna e solleciti dispensatori della carità di Gesù Cristo verso i più bisognosi.

3. I vostri vescovi vi hanno inviato al Pontificio Collegio Pio Latino Americano affinché vi colmiate della sapienza di Cristo crocifisso, di modo che, una volta tornati nella vostra diocesi, possiate mettere questo tesoro a disposizione degli altri nei diversi incarichi che vi saranno affidati. Per farlo dovete sfruttare bene il tempo del vostro soggiorno a Roma. La costanza nello studio e la ricerca rigorosa, oltre a farvi conoscere i misteri della fede e la verità sull'uomo alla luce del Vangelo e della tradizione della Chiesa, promuoverà in voi una vita spirituale radicata nella Parola di Dio e alimentata sempre dalla ricchezza incomparabile dei sacramenti.

4. L'amore e l'adesione alla Sede Apostolica sono fra le caratteristiche più importanti dei popoli latinoamericani e dei Caraibi. Per questo, il mio incontro con voi mi ricorda i giorni che ho trascorso ad Aparecida, quando ho assistito emozionato alle manifestazioni di collegialità e di comunione fraterna nel ministero episcopale dei rappresentanti delle conferenze episcopali di quei nobili Paesi. Con la mia presenza lì ho voluto incoraggiare i vescovi nella loro riflessione su un aspetto fondamentale per ravvivare la fede della Chiesa che peregrina in quelle amate terre: portare tutti i nostri fedeli a essere "discepoli e missionari di Gesù Cristo, perché i nostri popoli in Lui abbiano vita" (Jn 14,6).

Vi invito a unirvi con entusiasmo a questo spirito, espresso nel dinamismo con cui tutte quelle diocesi hanno iniziato, o stanno iniziando, la "Missione continentale", promossa ad Aparecida, iniziativa che faciliterà la messa in atto di programmi catechetici e pastorali destinati alla formazione e allo sviluppo di comunità cristiane evangelizzatrici e missionarie.

Accompagnate questi propositi con la vostra fervente preghiera, affinché i fedeli conoscano, si dedichino e imitino sempre più Gesù Cristo, partecipando frequentemente alle celebrazioni domenicali di ogni comunità e rendendogli testimonianza, in modo da diventare strumenti efficaci di quella "nuova evangelizzazione", alla quale ha ripetutamente invitato il Servo di Dio Giovanni Paolo II, mio venerato predecessore.

5. Nel concludere questo incontro, desidero rinnovare il mio cordiale ringraziamento a tutti i presenti, in particolare alla commissione episcopale per il collegio, che ha la missione di incoraggiare i suoi alunni e di rafforzare il loro senso di comunione e di fedeltà al Romano Pontefice e ai loro Pastori. Allo stesso tempo desidero manifestare attraverso i superiori del collegio la mia riconoscenza alla Compagnia di Gesù, alla quale il mio predecessore san Pio X affidò la direzione perpetua di questa insigne istituzione, come pure le religiose e il personale che seguono con attenzione e gioia questi giovani. Penso anche con gratitudine a quanti finanziano con il loro aiuto economico e sostengono con la loro generosità e preghiera questa opera ecclesiale.

6. Affido a Maria Santissima, Nostra Signora di Guadalupe, tutti voi, come anche le vostre famiglie e comunità di origine, affinché con la sua materna protezione vi assista amorevolmente nei vostri compiti e vi aiuti a radicarvi profondamente in suo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, frutto benedetto del suo seno.
Grazie.



AI PARTECIPANTI ALLA 31ª SESSIONE DEL CONSIGLIO DEI GOVERNATORI DEL FONDO INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO AGRICOLO (IFAD) Sala Clementina Venerdì, 20 febbraio 2009

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Signor presidente del Consiglio Governativo,
Governatori, Rappresentanti Permanenti degli Stati membri,
funzionari dell'Ifad,
Signore e Signori,

sono lieto di avere l'opportunità di incontrare tutti voi a conclusione delle celebrazioni del XXX anniversario della creazione del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo. Ringrazio il presidente uscente, signor Lennart Båge, per le sue cortesi parole e porgo congratulazioni e buoni auspici al signor Kanayo Nwanze per la sua elezione a questo alto ufficio. Ringrazio tutti voi per essere qui oggi e vi assicuro delle mie preghiere per l'opera importante che svolgete nel promuovere lo sviluppo agricolo. La vostra opera è particolarmente cruciale in questo momento a motivo dell'effetto dannoso sulla sicurezza alimentare dell'attuale instabilità dei prezzi dei prodotti agricoli. Ciò richiede strategie nuove e lungimiranti per la lotta alla povertà rurale e per la promozione dello sviluppo rurale. Come sapete, la Santa Sede condivide pienamente il vostro impegno per superare la povertà e la fame, e per aiutare le popolazioni più povere del mondo. Prego affinché la celebrazione dell'anniversario dell'Ifad sia per voi un incentivo a perseguire nei prossimi anni questi obiettivi meritevoli con energia e determinazione rinnovate.

Fin dall'inizio, il Fondo Internazionale ha ottenuto una forma esemplare di cooperazione e corresponsabilità fra nazioni in diverse fasi di sviluppo.

Quando Paesi prosperi e nazioni in via di sviluppo si uniscono per prendere decisioni congiunte e per definire criteri specifici relativamente al contributo che ogni Paese deve dare al Fondo, si può veramente affermare che i vari Stati membri si incontrano sullo stesso piano, esprimendo la loro solidarietà reciproca e il loro impegno comune per sradicare la povertà e la fame. In un mondo sempre più interdipendente, i processi decisionali congiunti di questo tipo sono essenziali se gli affari internazionali devono essere condotti con equità e avvedutezza.

Ugualmente lodevole è l'enfasi posta dall'Ifad sulla promozione delle opportunità di sviluppo nelle comunità rurali, con l'intenzione di far sì che, a lungo termine, esse divengano indipendenti dall'aiuto esterno. L'assistenza fornita ai produttori locali serve a edificare l'economia e contribuisce allo sviluppo generale della nazione interessata. In questo senso, i progetti di "credito rurale", elaborati per aiutare i piccoli proprietari terrieri e gli agricoltori che invece non possiedono terreni propri, possono promuovere la più ampia economia e garantire una sicurezza alimentare maggiore a tutti.

Questi progetti aiuteranno anche le comunità indigene a prosperare nella propria terra e a vivere in armonia con la loro cultura tradizionale, invece di essere costrette allo sradicamento per cercare occupazione in città sovraffollate, piene di problemi sociali, in cui spesso devono sopportare condizioni di vita squallide.

Questo approccio ha il merito particolare di restituire al settore agricolo il proprio posto nell'economia e nel tessuto sociale delle nazioni in via di sviluppo. A questo proposito un contributo prezioso può essere reso dalle Organizzazioni Non Governative, alcune delle quali sono strettamente legate alla Chiesa cattolica e sono impegnate nell'applicazione della sua dottrina sociale. Il principio di solidarietà richiede che ogni gruppo nella società sia libero di rendere il proprio contributo al bene generale. Troppo spesso, agli agricoltori delle nazioni in via di sviluppo viene negata quest'opportunità, il loro lavoro viene sfruttato avidamente e i loro prodotti vengono stornati verso mercati lontani con pochissimo o nessun beneficio per la comunità locale stessa.

Circa cinquant'anni fa, il mio predecessore Papa Giovanni XXIII ebbe a dire a proposito del compito di lavorare la terra: "I lavoratori della terra possono facilmente costatare quanto sia nobile il loro lavoro... perché lo si vive nel tempio maestoso della creazione... È un lavoro inoltre che presenta" una dignità propria (Mater et magistra
MM 130-131). Tutto il lavoro umano è partecipazione alla provvidenza creativa di Dio Onnipotente, ma l'agricoltura lo è in maniera preminente. Una società autenticamente umana saprà sempre come apprezzare e ricompensare in modo appropriato il contributo reso dal settore agricolo. Se sostenuto nel modo giusto, esso ha il potenziale di liberare una nazione dalla povertà e di gettare le fondamenta di una sempre maggiore prosperità.

Signore e Signori, mentre rendiamo grazie per i risultati di questi ultimi trent'anni, dobbiamo rinnovare la determinazione ad agire in armonia e solidarietà con tutti i differenti elementi della famiglia umana per garantire un accesso equo alle risorse della Terra ora e in futuro. La motivazione a comportarsi così scaturisce dall'amore: amore per i poveri, amore che non può tollerare ingiustizia o privazione, amore che rifiuta di riposare fino a quando la povertà e la fame non saranno bandite.

Gli obiettivi dello sradicamento della miseria e della fame e della promozione della sicurezza alimentare e dello sviluppo rurale, lungi dall'essere eccessivamente ambiziosi o irrealistici, divengono, in questo contesto, imperativi vincolanti per l'intera comunità internazionale. Prego con fervore affinché le attività di organizzazioni come la vostra continuino a rendere un significativo contributo al raggiungimento di questi obiettivi.

Nel ringraziarvi e nell'incoraggiarvi a perseverare nella buona opera che svolgete, vi affido alla sollecitudine costante del nostro Padre amorevole, il Creatore del Cielo e della Terra e di tutto ciò che è in essa. Che Dio vi benedica tutti!





AI PARTECIPANTI ALLA RIUNIONE PLENARIA DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE PER L'AMERICA LATINA Sala del Concistoro Venerdì, 20 febbraio 2009

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Signori cardinali,
Cari fratelli nell'episcopato,

Saluto cordialmente i consiglieri e i membri della Pontificia Commissione per l'America Latina, che nella loro assemblea plenaria hanno riflettuto su "la situazione attuale della formazione sacerdotale nei seminari" di quel continente. Ringrazio per le parole che, a nome di tutti, mi ha rivolto il presidente della commissione, il cardinale Giovanni Battista Re, presentandomi le linee centrali dei lavori e le raccomandazioni pastorali delineatesi in questo incontro.

Rendo grazie a Dio per i frutti ecclesiali di questa Pontificia Commissione fin dalla sua creazione nel 1958, quando Papa Pio XII vide la necessità di creare un organismo della Santa Sede per intensificare e coordinare più strettamente l'opera svolta a favore della Chiesa in America Latina, dinanzi all'esiguo numero dei suoi sacerdoti e missionari. Il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II sostenne e potenziò questa iniziativa, al fine di mettere in risalto la speciale sollecitudine pastorale del Successore di Pietro per le Chiese che peregrinano in quelle amate terre. In questa nuova tappa della Commissione, non posso non menzionare con viva gratitudine il lavoro realizzato da colui che per lunghi anni è stato il suo Vicepresidente, il vescovo Cipriano Calderón Polo, scomparso di recente, il cui generoso lavoro e fedele servizio alla Chiesa sarà premiato dal Signore.

Lo scorso anno ho ricevuto molti vescovi dell'America Latina e dei Caraibi nella loro visita ad limina. Con essi ho parlato della realtà delle Chiese particolari che sono state affidate loro, potendo così conoscere più da vicino le speranze e le difficoltà del loro ministero apostolico. Li accompagno tutti con la mia preghiera, affinché continuino ad esercitare con fedeltà e gioia il loro servizio al Popolo di Dio, promuovendo nel momento presente la "Missione continentale", che è stata avviata quale frutto della V Conferenza Generale dell'Episcopato dell'America Latina e dei Caraibi (cfr. Documento conclusivo, n. 362).

Serbo un grato ricordo della mia permanenza ad Aparecida, dove abbiamo vissuto un'esperienza di intensa comunione ecclesiale, con l'unico desiderio di accogliere il Vangelo con umiltà e di seminarlo generosamente. Il tema scelto - Discepoli e missionari di Gesù Cristo affinché i nostri popoli in Lui abbiano vita - continua a orientare gli sforzi dei membri della Chiesa in quelle amate nazioni.

Quando ho presentato un bilancio del mio viaggio apostolico in Brasile ai membri della Curia Romana, mi sono chiesto: "Ha fatto bene Aparecida, nella ricerca di vita per il mondo, a dare la priorità al discepolato di Gesù Cristo e all'evangelizzazione? Era forse un ripiegamento sbagliato nell'interiorità?". A ciò ho risposto con totale certezza: "No! Aparecida ha deciso giustamente, perché proprio mediante il nuovo incontro con Gesù Cristo e il suo Vangelo - e solo così - vengono suscitate le forze che ci rendono capaci di dare la giusta risposta alle sfide del tempo" (Discorso alla Curia Romana, 21 dicembre 2007). Continua a essere fondamentale questo incontro personale con il Signore, alimentato dall'ascolto della sua Parola e dalla partecipazione all'Eucaristia, come pure la necessità di trasmettere con grande entusiasmo la nostra propria esperienza di Cristo.
Noi vescovi, successori degli Apostoli, siamo i primi a dover mantenere sempre viva la chiamata gratuita e amorevole del Signore, come quella che Egli fece ai primi discepoli (cfr.
Mc 1,16-20). Come loro, anche noi siamo stati scelti per "stare con lui" (cfr. Mc 3,14), per accogliere la sua Parola e ricevere la sua forza, e vivere così come lui, annunciando a tutte le genti la Buona Novella del Regno di Dio.

Per tutti noi, il seminario è stato un tempo decisivo di discernimento e di preparazione. Lì, in dialogo profondo con Cristo, si è rafforzato il nostro desiderio di radicarci profondamente in lui. In quegli anni, abbiamo imparato a sentirci nella Chiesa come a casa nostra, accompagnati da Maria, la Madre di Gesù e amatissima Madre nostra, sempre obbediente alla volontà di Dio. Per questo sono lieto che questa assemblea plenaria abbia dedicato la sua attenzione alla situazione attuale dei seminari in America Latina.

Per avere presbiteri secondo il cuore di Cristo, bisogna confidare nell'azione dello Spirito Santo, più che nelle strategie e nei calcoli umani, e chiedere con grande fede al Signore, "il Signore della messe", di inviare numerose e sante vocazioni al sacerdozio (cfr. Lc Lc 10,2), unendo sempre a questa supplica l'affetto e la vicinanza a quanti sono nel seminario in vista dei sacri ordini. D'altro canto, la necessità di sacerdoti per affrontare le sfide del mondo di oggi non deve indurre a rinunciare a un attento discernimento dei candidati e neppure a trascurare le esigenze necessarie, persino rigorose, affinché il loro processo formativo contribuisca a fare di essi dei sacerdoti esemplari.

Di conseguenza, le raccomandazioni pastorali di questa assemblea devono essere un punto di riferimento imprescindibile per illuminare l'operato dei vescovi dell'America Latina e dei Caraibi in questo delicato campo della formazione sacerdotale. Oggi più che mai è necessario che i seminaristi, con retta intenzione e senza alcun altro interesse, aspirino al sacerdozio mossi unicamente dalla volontà di essere autentici discepoli e missionari di Gesù Cristo che, in comunione con i propri vescovi, lo rendano presente con il loro ministero e la loro testimonianza di vita. Per questo è estremamente importante curare attentamente la loro formazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale, come pure la scelta adeguata dei loro formatori e professori, che devono distinguersi per preparazione accademica, spirito sacerdotale e fedeltà alla Chiesa, in modo da saper infondere nei giovani ciò di cui il Popolo di Dio ha bisogno e si aspetta dai suoi pastori.

Affido alla protezione materna della Santissima Vergine Maria le iniziative di questa assemblea plenaria, supplicandola di accompagnare quanti si stanno preparando al ministero sacerdotale nel loro cammino sulle orme del suo divino Figlio, Gesù Cristo, nostro Redentore. Con questi sentimenti, vi imparto con affetto la benedizione apostolica.





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